“Contatti nel privè” - Capitolo 9
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
La musica nel Club era un flusso continuo, ipnotico. Il tempo sembrava dilatarsi tra le luci viola e oro che si riflettevano sui bicchieri ancora pieni a metà. I corpi delle ballerine si muovevano sulla pedana come ombre liquide, mentre Loretta, Mauro e Carlo sembravano sempre più immersi in una sospensione sensuale, dove ogni gesto aveva un doppio significato.
Il loro tavolo dava loro spazio e intimità, ma non li isolava. Ogni tanto, qualche ballerina si avvicinava con eleganza, un sorriso malizioso sulle labbra, domandando se desiderassero un privé. Nessuna insistenza, solo inviti detti con sguardi o frasi lievi, posate sulle labbra come piume. Loretta osservava tutto con occhi accesi. Non era intimidita, né estranea. Si muoveva con la sicurezza di chi sa esattamente quanto desiderio può suscitare, e ne gode. Indossava il suo potere con grazia. Carlo lo sentiva, lo vedeva. E lo voleva spingere oltre. Si chinò verso di lei, il fiato caldo all’orecchio. «Ne condividiamo una?»
Lei lo guardò, interrogativa.
«Io, tu… e una di loro.» Fece un cenno con il mento verso una ballerina bionda, sinuosa, che stava danzando vicino a un altro tavolo. «Solo noi tre. Immaginando solo lo sguardo di Mauro.» Loretta sorrise. Non un sì. Ma neanche un no. Solo un lampo negli occhi. Si voltò verso il marito, gli accarezzò la coscia sotto al tavolo.
«Io e Carlo andiamo a giocare con la bionda.»
Lui non rispose. Sollevò il calice, la guardò a lungo. Poi disse piano ad entrambi: «Divertitevi… poi tornate da me.»
La stanza del privé era piccola, ovattata. Solo un divano basso, teli bianchi, e una luce calda e dorata che rendeva ogni contorno più morbido. La ballerina - si chiamava Karina, e aveva un accento dell’est che la rendeva ancora più misteriosa - si mosse tra loro con una grazia da pantera. Carlo sedeva al centro del divano, Loretta alla sua destra. Karina si inginocchiò tra di loro. Iniziò a danzare, lentamente, sfiorando le gambe di entrambi con i capelli sciolti, poi con la pelle nuda. I suoi occhi passavano da Loretta a Carlo come a misurare la distanza, il calore. Loretta si lasciò andare, appoggiandosi a Carlo, accarezzando il braccio della ballerina, poi il ventre, poi i seni piccoli e tesi. Le due donne si baciarono con una lentezza che aveva qualcosa di sacro. Karina si muoveva come acqua, si lasciava toccare, baciava a sua volta. Carlo le guidava con lo sguardo, con una mano tra le cosce di Loretta e l’altra che scivolava lungo la schiena della ballerina. I loro corpi si toccavano, si cercavano, ma non era sesso. C’era gioco, desiderio, e una libertà pura.
Quando il tempo finì, e Karina si congedò con un sorriso sornione, Loretta rimase per un attimo seduta, gli occhi socchiusi, il respiro profondo. Poi si voltò verso Carlo e lo baciò, lunga, profonda, come per suggellare quel momento.
Poco dopo, compiaciuti, tornarono al tavolo. Lì Mauro stava scambiando qualche battuta con una ragazza bruna, accoccolati sul divanetto. Loretta riprese a sorseggiare lentamente lo champagne, le gambe accavallate, ancora luminosa della sua esperienza. Carlo però non perse tempo e si chinò all’orecchio di Mauro. «Ci concediamo un privè?»
Mauro lo guardò perplesso.
«Solo io, tu… e questa ragazza. Per capire fino a dove possiamo arrivare.»
Carlo prese la palla al balzo per baciarlo «Arriviamo fino in fondo.»
La ragazza accoccolata con Mauro apprezzò la scena e la volontà di condividere il privè. Aline, nome francese, lunghi capelli bruni e un corpo sinuoso, con un tatuaggio a spirale lungo il fianco. La stanza del privé era simile alla precedente. Carlo si sedette questa volta accanto a Mauro, più vicino del solito. Aline danzava solo per loro, ma i veri sguardi erano tra i due uomini. I movimenti della ballerina facevano da cornice. Carlo appoggiò una mano sul petto di Mauro, facendola scorrere verso il basso. Non ci fu resistenza. I respiri si fecero più lenti, profondi. La ballerina si avvicinò, si inginocchiò tra loro, facendo passare le mani sul sene, poi sulle cosce. Ma non era lei il centro. Aline sembrava saperlo: lasciava spazio. Guardava. Creava solo la cornice di quel quadro che andava formandosi tra le dita, i corpi, gli sguardi dei due uomini. A un certo punto, Carlo sfiorò la mascella di Mauro, poi lo baciò. Un bacio vero, lungo, privo di esitazione. Mauro rispose con lentezza, con pienezza. I loro corpi si avvicinarono. La ballerina si mosse attorno, ma loro restarono fermi, concentrati l’uno sull’altro. Quando il bacio finì, rimasero per lunghi secondi a guardarsi, la fronte contro fronte. La stanza era silenziosa. C’era qualcosa di nuovo tra loro. Una confidenza che non era solo fisica. Tornarono al tavolo un po’ dopo, seguiti da Aline che in qualche modo aveva suggellato l’incontro. Loretta li osservò. Aveva forse intuito e nell’attesa del loro ritorno le sue fantasie erano cresciute immaginandoli in quella stanza.
Mauro si sedette accanto alla Moglie e fu lui a prendere la mano di Carlo, stringendola. «Non pensavo…» disse. Carlo sorrise. «Lo so.» Mauro si voltò verso Loretta. «Mi sento… ancora più vicino e ho voglia di vedervi ballare»
Loretta li guardò entrambi. Solo ora le aveva comprese davvero.
Poi si alzò, sicura, e disse: «Usciamo. Il resto… è già nostro.»
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
La musica nel Club era un flusso continuo, ipnotico. Il tempo sembrava dilatarsi tra le luci viola e oro che si riflettevano sui bicchieri ancora pieni a metà. I corpi delle ballerine si muovevano sulla pedana come ombre liquide, mentre Loretta, Mauro e Carlo sembravano sempre più immersi in una sospensione sensuale, dove ogni gesto aveva un doppio significato.
Il loro tavolo dava loro spazio e intimità, ma non li isolava. Ogni tanto, qualche ballerina si avvicinava con eleganza, un sorriso malizioso sulle labbra, domandando se desiderassero un privé. Nessuna insistenza, solo inviti detti con sguardi o frasi lievi, posate sulle labbra come piume. Loretta osservava tutto con occhi accesi. Non era intimidita, né estranea. Si muoveva con la sicurezza di chi sa esattamente quanto desiderio può suscitare, e ne gode. Indossava il suo potere con grazia. Carlo lo sentiva, lo vedeva. E lo voleva spingere oltre. Si chinò verso di lei, il fiato caldo all’orecchio. «Ne condividiamo una?»
Lei lo guardò, interrogativa.
«Io, tu… e una di loro.» Fece un cenno con il mento verso una ballerina bionda, sinuosa, che stava danzando vicino a un altro tavolo. «Solo noi tre. Immaginando solo lo sguardo di Mauro.» Loretta sorrise. Non un sì. Ma neanche un no. Solo un lampo negli occhi. Si voltò verso il marito, gli accarezzò la coscia sotto al tavolo.
«Io e Carlo andiamo a giocare con la bionda.»
Lui non rispose. Sollevò il calice, la guardò a lungo. Poi disse piano ad entrambi: «Divertitevi… poi tornate da me.»
La stanza del privé era piccola, ovattata. Solo un divano basso, teli bianchi, e una luce calda e dorata che rendeva ogni contorno più morbido. La ballerina - si chiamava Karina, e aveva un accento dell’est che la rendeva ancora più misteriosa - si mosse tra loro con una grazia da pantera. Carlo sedeva al centro del divano, Loretta alla sua destra. Karina si inginocchiò tra di loro. Iniziò a danzare, lentamente, sfiorando le gambe di entrambi con i capelli sciolti, poi con la pelle nuda. I suoi occhi passavano da Loretta a Carlo come a misurare la distanza, il calore. Loretta si lasciò andare, appoggiandosi a Carlo, accarezzando il braccio della ballerina, poi il ventre, poi i seni piccoli e tesi. Le due donne si baciarono con una lentezza che aveva qualcosa di sacro. Karina si muoveva come acqua, si lasciava toccare, baciava a sua volta. Carlo le guidava con lo sguardo, con una mano tra le cosce di Loretta e l’altra che scivolava lungo la schiena della ballerina. I loro corpi si toccavano, si cercavano, ma non era sesso. C’era gioco, desiderio, e una libertà pura.
Quando il tempo finì, e Karina si congedò con un sorriso sornione, Loretta rimase per un attimo seduta, gli occhi socchiusi, il respiro profondo. Poi si voltò verso Carlo e lo baciò, lunga, profonda, come per suggellare quel momento.
Poco dopo, compiaciuti, tornarono al tavolo. Lì Mauro stava scambiando qualche battuta con una ragazza bruna, accoccolati sul divanetto. Loretta riprese a sorseggiare lentamente lo champagne, le gambe accavallate, ancora luminosa della sua esperienza. Carlo però non perse tempo e si chinò all’orecchio di Mauro. «Ci concediamo un privè?»
Mauro lo guardò perplesso.
«Solo io, tu… e questa ragazza. Per capire fino a dove possiamo arrivare.»
Carlo prese la palla al balzo per baciarlo «Arriviamo fino in fondo.»
La ragazza accoccolata con Mauro apprezzò la scena e la volontà di condividere il privè. Aline, nome francese, lunghi capelli bruni e un corpo sinuoso, con un tatuaggio a spirale lungo il fianco. La stanza del privé era simile alla precedente. Carlo si sedette questa volta accanto a Mauro, più vicino del solito. Aline danzava solo per loro, ma i veri sguardi erano tra i due uomini. I movimenti della ballerina facevano da cornice. Carlo appoggiò una mano sul petto di Mauro, facendola scorrere verso il basso. Non ci fu resistenza. I respiri si fecero più lenti, profondi. La ballerina si avvicinò, si inginocchiò tra loro, facendo passare le mani sul sene, poi sulle cosce. Ma non era lei il centro. Aline sembrava saperlo: lasciava spazio. Guardava. Creava solo la cornice di quel quadro che andava formandosi tra le dita, i corpi, gli sguardi dei due uomini. A un certo punto, Carlo sfiorò la mascella di Mauro, poi lo baciò. Un bacio vero, lungo, privo di esitazione. Mauro rispose con lentezza, con pienezza. I loro corpi si avvicinarono. La ballerina si mosse attorno, ma loro restarono fermi, concentrati l’uno sull’altro. Quando il bacio finì, rimasero per lunghi secondi a guardarsi, la fronte contro fronte. La stanza era silenziosa. C’era qualcosa di nuovo tra loro. Una confidenza che non era solo fisica. Tornarono al tavolo un po’ dopo, seguiti da Aline che in qualche modo aveva suggellato l’incontro. Loretta li osservò. Aveva forse intuito e nell’attesa del loro ritorno le sue fantasie erano cresciute immaginandoli in quella stanza.
Mauro si sedette accanto alla Moglie e fu lui a prendere la mano di Carlo, stringendola. «Non pensavo…» disse. Carlo sorrise. «Lo so.» Mauro si voltò verso Loretta. «Mi sento… ancora più vicino e ho voglia di vedervi ballare»
Loretta li guardò entrambi. Solo ora le aveva comprese davvero.
Poi si alzò, sicura, e disse: «Usciamo. Il resto… è già nostro.»
6
voti
voti
valutazione
3.5
3.5
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
“Assieme al night club” - Capitolo 8racconto sucessivo
“Ancora un passo deciso” - Capitolo 10
Commenti dei lettori al racconto erotico