“Assieme al night club” - Capitolo 8

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com

Carlo aveva un modo di stare nel mondo che sfuggiva alle definizioni. Alto, il corpo asciutto senza eccessi. La pelle olivastra, liscia, sembrava sempre appena baciata dal sole. Aveva un taglio netto della mascella e gli occhi - verdi, profondi - avevano quella lucentezza sottile che nasce solo in chi osserva molto prima di agire. Era silenzioso, ma non timido, più introverso. Presente, senza mai imporsi. Più giovane di Loretta e Mauro, sì, ma con una maturità non ostentata, quasi sorprendente. I suoi silenzi erano pieni, mai vuoti. E quando parlava, lo faceva con precisione, come chi sceglie ogni parola per accendere qualcosa, o spegnere con grazia un dubbio.
Era un sabato mattina d’estate quando Carlo parlò. I tre erano ancora avvolti in una dolce lentezza post-intimità, quella che segue una notte intensa e non ha bisogno di troppe spiegazioni. Loretta era seduta su un cuscino a terra nella camera da letto della villetta della coppia, le gambe nude raccolte sotto di sé. Mauro, steso su una chaise longue, leggeva svogliatamente. Carlo, ancora sdraiato a letto prima di concedersi una doccia, si voltò lentamente verso di loro, con lo sguardo limpido ma attraversato da una scintilla che sapeva di gioco e di trasgressione.
«C’è un posto dove mi piacerebbe portarvi.»
Loretta lo guardò da sotto, incuriosita. «Dove?»
«Un night club. Uno elegante, qui verso il lago. Ce n’è uno che conosco… ci sono ragazze interessanti, spettacoli veri. Niente sesso da vetrina, ma sensualità. Arte erotica. Un’atmosfera perfetta per… alimentare fantasie.»
Mauro alzò un sopracciglio, ma non disse nulla.
Carlo proseguì: «Vorrei vedervi lì. Tu, Loretta, vestita in modo che nessuno possa ignorarti. E tu, Mauro… elegante, rilassato. Ma anche possessivo. Vorrei che vi godeste il locale come spettatori, ma anche come complici. E magari… lasciarvi guardare. Lasciarvi andare. Dentro quell’ambiente.»
Loretta sorrise, muovendo appena le dita sulle sue caviglie. «E tu?»
Carlo si avvicinò, chinandosi a pochi centimetri da lei. «Io voglio guardarvi. Sentirmi libero di desiderarvi in mezzo a corpi che si offrono. Vedere quanto mi eccita vedervi eccitati.»
Un silenzio denso calò nella stanza. Mauro richiuse il libro, lentamente. Lo posò sul tavolino. Poi si voltò verso Carlo, serio, ma senza durezza.
«Facciamolo questa sera. Spesa mia. Ma stavolta… voglio che sia tu a guidarci.»
Il pomeriggio fu propedeutico alla serata e, abbondantemente oltre la mezzanotte, Carlo faceva strada alla coppia all’interno del locale. Luci viola soffuse, un bancone di marmo scuro, tavoli bassi con divanetti in velluto, e sul fondo, sul lato opposto alla zona privè una pedana ampia con un palo cromato al centro. Carlo parlava confidenzialmente con la giovane patrona, la richiesta: un tavolo al centro della sala. E lì furono subito accompagnati da una ragazza vestita solo di lustrini e tacchi assassini.
Loretta camminava tra i due uomini, avvolta in un abito nero corto, spalle scoperte, gambe nude e luminose. Tacchi alti, rossetto scuro, i capelli raccolti in uno chignon spettinato. Non sembrava fuori posto. Sembrava la padrona di quel mondo. Mauro era impeccabile in giacca scura e camicia bianca. Ma negli occhi portava qualcosa di più: l’eccitazione di chi si lascia sorprendere. Carlo indossava una camicia blu scura, sbottonata fino al petto, pantaloni neri aderenti e scarpe lucide. Aveva una sicurezza nuova, alimentata dalla conoscenza del posto, dalla confidenza con alcune ragazze e soprattutto con la patrona, o forse semplicemente liberata. Camminava come se avesse finalmente trovato il suo ruolo.
Si sedettero comodi vicino alla pedana e immediatamente una ragazza portò loro tre coppe di champagne, senza bisogno di ordini. Intorno, la musica era sensuale, lenta. Diverse donne si muovevano tra i tavoli servendo cocktail o facendo compagnia ai clienti.
Una ballerina iniziò lo show: corpo statuario, movimenti eleganti, uno strip lento che puntava tutto sul ritmo. Carlo guardava Loretta. Le parlava con lo sguardo. Le prese una mano e la posò sulla propria coscia. Lei non si ritrasse. Al contrario, accarezzò piano la stoffa. Mauro osservava, un sorso dopo l’altro, senza perdere nulla di quella scena. Quando un’altra ballerina - alta, dai lunghi capelli rossi - si avvicinò al loro tavolo, danzando per loro, fu Carlo a tirare leggermente Loretta per la vita, avvicinandola al suo fianco. «Guardala… e immagina di essere tu lì sopra.» Loretta deglutì piano, le gambe strette, il respiro più corto.
«E tu?» chiese.
«Io voglio vederti scivolare via. Sentirti osare. Farti desiderare da tutti… ma restare nostra.»
La notte era solo all’inizio. E la danza, stavolta, si ballava con lo sguardo, tra ombre, champagne e ragazze che ancora non avevano nome.
Mauro sollevò il calice. «Brindiamo a questo! A essere osservati, voluti.»
di
scritto il
2025-07-16
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