Trilogia della resa. # 2 L’odore della Bestia.

di
genere
esibizionismo



 “Tre momenti.
Tre discese.
Una donna che smette di fingere.
E si lascia attraversare.”

Luce bassa.
Leto regola l’inquadratura. La camera è fissa.
Giulia è seduta sul bordo del letto. Una vestaglia sottile le sfiora le cosce, accavallate con eleganza, le vene sottili sul seno, una smagliatura sulla coscia, la curva del ventre, dolce e piena, le dita che si muovono lente sull’addome. Il viso è truccato, ma stanco. Gli occhi, invece, brillano. Di qualcosa che non è passato.
Davanti a lei, una tazza di caffè fumante — intatta.
Leto preme REC.
Leto (fuori campo, voce bassa):
— Parlami di questa notte. Di te.
[FLASHBACK – Inizia il montaggio]
Musica pulsante, bassa.
La luce cambia: calda, avvolgente, sensuale: una stanza afosa di una notte d’estate.Il ventilatore gira lento, ma l’aria resta ferma, satura. Un letto disfatto. Giulia è sola, discinta, le gambe nude contro il lenzuolo spiegazzato. Il corpo generoso — non deborda, ma seduce con un’eleganza quasi antica. La porta si spalanca. Entra la Bestia. Largo di petto, massiccio. Le mani enormi. I peli ispidi sembrano aggredire la luce.”
 
 
 
 
 Cammina pesante, cupo, quasi affondando nel pavimento. L’odore lo precede: sudore, afrore, carne e che sembra attraversare lo schermo. Gli occhi — piccoli, incassati — brillano determinati. Come se vedessero dentro. Come se sapessero già.
[Giulia (voce fuori campo, grave, sensuale)]:
— Non era un uomo ma piuttosto  l’idea incarnata del desiderio primordiale. Carne, pelo, odore. Istinto puro sostanziato. Desideravo che mi si vedesse per quello che stavo diventando: non era sesso, era il mio disonore che prendeva carne. Una signora che si lascia umiliare da un animale, che si eccita nel precipizio del suo stesso degrado.”
[Montaggio – Dettagli della “Bestia”]
Close-up:
— le dita tozze e ruvide
— il torace che si alza e si abbassa
— la mascella contratta
— il respiro animalesco, roco, quasi tangibile
 
[Giulia (fuori campo)]:
— E io?
[Leto (fuori campo)]:
— Eri perfetta. Pettinata. Profumata.
Una donna che sa dominare gli sguardi.
Ma davanti a lui… ogni tua difesa si è sciolta.
Eri solo brama.
[FLASHBACK – Scena della penetrazione]
Giulia finge sgomento. Ma la finzione è un filo sottile.
Il corpo è teso, le cosce tremano, lucide.
La pelle chiara, levigata, contrasta con la  ruvidità del bruto.
Lui si china. L’annusa, le narici si dilatano; è un predatore che ha fiutato il sangue.
— Puttana profumata…Sotto quel cazzo di profumo da signora perbene, sento l’odore vero: la figa che pulsa tra le cosce, aperta, bagnata. Chiama me. Altro che crema e sapone: sa di femmina che aspetta solo d’essere presa, scopata. E io te la mangio, capito? Prima col naso, poi col cazzo. Fino in fondo.
Le mani dure le stringono i fianchi. La solleva.
La vestaglietta vola via, come carta strappata. Lei si apre, inconsciamente, come guidata dal proprio corpo. Calda, bagnata. E spalancata.
E lui entra. Unico colpo, violento. Lui la attraversa. E un grido le esplode in gola, come uno strappo. Ogni colpo è un morso. Ogni affondo, una lacerazione.
Le mani e la bocca della Bestia non chiedono permesso.
Pretendono piacere.
Afferrano i seni, li succhiano, li divorano.
La lingua sbava, schiocca, esplora.
Giulia (sussurrando, fuori controllo):
— Sì… fammi tua… mangiami…
Non lasciare niente. Strappami, scopami... fammi urlare da puttana…
La  mano di lui le schiocca forte sul culo.
Giulia sussulta. Non sa più se è dolore o godimento.
Il ritmo è bestiale. Imposto.
La Bestia la monta, la schiaccia col peso, la inonda di caldo, di pelo, di sudore.
Ogni colpo è uno schianto. Le loro pance si sbattono in un suono sordo, umido. Il petto villoso le graffia la pelle. Lui la scava, la affonda. La inchioda al letto, al materasso, al mondo. Vuole marchiarla. Dentro. Giulia si aggrappa. Trema. Si apre. L’eleganza non c’è più: è solo figa.
Ogni parola che le esce è sporca. Godere è arrendersi, essere sfondata.
E la camera riprende tutto.
Il cazzo che comanda. Il corpo che si piega, si fa scopare come una cagna in calore.
Il respiro feroce della Bestia, i suoi grugniti riempiono l’aria frammisti ai gemiti rotti di Giulia. Poi un tremito. Un grido spezzato.Un attimo. Un battito di cuore.Un pensiero, quasi:  — Chi sono? — Poi di nuovo la carne, il pelo, il ritmo.
Giulia viene, forte.
Il silenzio che segue è greve.
Sulla pelle di lei resta l’odore di lui. Sudore, sperma, possesso. Uno stigma.
[Giulia – verso la videocamera]
Sottovoce, ma concitata:
— Hai visto cosa mi piace?
Si ho goduto nel vedere la mia maschera di donna perbene sciogliersi sotto i colpi di un bruto. Sì, sono scesa nelle viscere del disgusto, nella fogna del desiderio più sporco.
E ho trovato me stessa. Quella che gode a essere chiamata troia,  che si apre a una bestia, e ringrazia. Quella che si fa scopare come un oggetto, e ride. Perché non è più schiava della decenza. Voglio che anche tu mi prenda, che riempia ogni mio orifizio, che mi strappi via l’eleganza, centimetro dopo centimetro.
Che mi schianti dentro col tuo cazzo e mi faccia urlare il tuo nome, come una troia posseduta. Volutamente più calma:
— Ti  ho fatto venire voglia?
[La luce si spegne. Il suo sguardo resta acceso, come brace.]
 
[INTERNO STANZA / TEMPO PRESENTE]
Il caffè è freddo.
Giulia guarda la camera. La voce rotta.
Leto si avvicina. Si siede accanto.
— Bravissima. Oltre ogni aspettativa.
— E ora… chi mi raccoglie?
— Non sei caduta. Sei solo più autentica.
La luce si spegne. Lenta.
Nel buio, resta solo il bagliore ardente degli occhi di Giulia.
 
 
scritto il
2025-07-02
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