La Stanza di Giorgia – Dove il piacere non conosce domani
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Ogni uomo ha una stanza nella mente dove torna, anche contro la sua volontà.
La mia è rivestita di velluto rosso, profuma di pelle, di figa bagnata e della bocca di Giorgia.
⸻
Primo Incontro
Era una semplice sala riunioni.
Pareti insonorizzate. Tavolo in vetro. Luci soffuse.
Giorgia, alta, capelli neri, tette perfette sotto il pizzo trasparente, un tailleur aderente che sembrava scolpito sulla pelle. Nessuna mutandina. Tacchi alti. Bocca da succhiarti via l’anima.
Mi aveva scritto:
“Aspettami. Voglio il tuo cazzo duro appena entro.”
Entrò. Silenziosa. Chiuse a chiave.
Fece scivolare la giacca sulle spalle, sbottonò lentamente la camicetta. Le tette uscirono fuori senza vergogna. Due seni pieni, capezzoli tesi, pronti per essere leccati e morsi.
— “Voglio giocare. Voglio il tuo cazzo in bocca ora.”
Si inginocchiò. Aprì la zip.
Lo tirò fuori con lentezza e rispetto. E poi se lo prese tutto.
Mi succhiava come una troia affamata, sbavando, gorgogliando, tenendomi stretto per le palle.
Mi guardava con quegli occhi da puttana elegante.
Poi si girò, si piegò sul tavolo.
Alzò la gonna. Il culo nudo. Tondo. Divino. La figa lucida, spalancata, grondante.
— “Scopami. Fammi urlare. Fammi tua.”
Glielo infilai fino in fondo.
Ogni colpo era un tuono. Le prendevo il culo a due mani mentre le mordevo il collo. Le tette sbattevano sul vetro. Le dita le finivano in bocca e lei le succhiava come un’altra sega.
Le venni dentro, senza pietà, sentendo il suo corpo tremare sotto il mio.
Si sistemò con calma. Mi guardò. E sussurrò:
“Fine del gioco. Ma ogni volta che passerai davanti a questa sala… ti verrà duro solo a ricordare.”
⸻
Secondo Incontro
Passarono settimane.
Pensavo fosse finita. E invece…
Un messaggio sul telefono:
“Stanotte. Stanza B. Porta il cazzo, e lascia la vergogna fuori.”
Entrai. La stanza era diversa. Tende nere. Una poltrona in pelle. Un letto. Luci rosse. Una croce appesa al muro. Manette. Toys. Un tappeto con uno specchio inclinato.
Giorgia mi aspettava in ginocchio.
Completamente nuda. Collare al collo. Calze autoreggenti.
Le tette tese, il culo sollevato, la bocca aperta.
— “Oggi non comando io. Ma voglio essere trattata come una troia. Come la tua troia personale.”
La legai alla croce. Le aprii le gambe. Le feci leccare il mio cazzo mentre la vibravo tra le cosce.
Le infilai le dita in figa e in culo. Alternati. Insieme. Dentro. Forte.
La sentivo urlare, gemere, ansimare.
Poi la slegai e la costrinsi a inginocchiarsi davanti allo specchio.
— “Guarda quanto sei porca. Guarda come ti sborro in faccia.”
E le venni addosso. In bocca, sulla lingua, sulle tette.
Lei si spalancava tutta, prendeva ogni goccia, se la spalmava sul viso come crema.
Poi si voltò. Si sdraiò a gambe aperte.
Figa dilatata. Culo segnato. Bocca lucida di sperma.
— “Ora vienimi dentro di nuovo. E lasciami senza respiro.”
Le feci male. Le feci godere. Le feci dimenticare chi era.
E quando venni una seconda volta, urlando, dentro la sua figa bagnata, capii che quella donna era un vizio eterno.
⸻
Epilogo
Giorgia è sparita.
Forse si è trasferita. Forse no.
Ma ogni stanza in cui entro la cerco.
Ogni bocca che mi prende, ogni figa che scopo, ogni culo che tengo tra le mani… cerco lei.
Perché non era solo sesso.
Era fuoco. Era sporco. Era l’inferno che sapeva di paradiso.
E se il mondo dovesse finire domani,
voglio essere ancora in quella stanza.
Con il mio cazzo in gola a Giorgia.
Con la sua figa che mi stringe.
Con il suo culo che vibra.
E con il suo sguardo che mi dice:
“Se questo è l’ultimo giorno… vienimi dentro come se fosse l’ultimo respiro.”
La mia è rivestita di velluto rosso, profuma di pelle, di figa bagnata e della bocca di Giorgia.
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Primo Incontro
Era una semplice sala riunioni.
Pareti insonorizzate. Tavolo in vetro. Luci soffuse.
Giorgia, alta, capelli neri, tette perfette sotto il pizzo trasparente, un tailleur aderente che sembrava scolpito sulla pelle. Nessuna mutandina. Tacchi alti. Bocca da succhiarti via l’anima.
Mi aveva scritto:
“Aspettami. Voglio il tuo cazzo duro appena entro.”
Entrò. Silenziosa. Chiuse a chiave.
Fece scivolare la giacca sulle spalle, sbottonò lentamente la camicetta. Le tette uscirono fuori senza vergogna. Due seni pieni, capezzoli tesi, pronti per essere leccati e morsi.
— “Voglio giocare. Voglio il tuo cazzo in bocca ora.”
Si inginocchiò. Aprì la zip.
Lo tirò fuori con lentezza e rispetto. E poi se lo prese tutto.
Mi succhiava come una troia affamata, sbavando, gorgogliando, tenendomi stretto per le palle.
Mi guardava con quegli occhi da puttana elegante.
Poi si girò, si piegò sul tavolo.
Alzò la gonna. Il culo nudo. Tondo. Divino. La figa lucida, spalancata, grondante.
— “Scopami. Fammi urlare. Fammi tua.”
Glielo infilai fino in fondo.
Ogni colpo era un tuono. Le prendevo il culo a due mani mentre le mordevo il collo. Le tette sbattevano sul vetro. Le dita le finivano in bocca e lei le succhiava come un’altra sega.
Le venni dentro, senza pietà, sentendo il suo corpo tremare sotto il mio.
Si sistemò con calma. Mi guardò. E sussurrò:
“Fine del gioco. Ma ogni volta che passerai davanti a questa sala… ti verrà duro solo a ricordare.”
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Secondo Incontro
Passarono settimane.
Pensavo fosse finita. E invece…
Un messaggio sul telefono:
“Stanotte. Stanza B. Porta il cazzo, e lascia la vergogna fuori.”
Entrai. La stanza era diversa. Tende nere. Una poltrona in pelle. Un letto. Luci rosse. Una croce appesa al muro. Manette. Toys. Un tappeto con uno specchio inclinato.
Giorgia mi aspettava in ginocchio.
Completamente nuda. Collare al collo. Calze autoreggenti.
Le tette tese, il culo sollevato, la bocca aperta.
— “Oggi non comando io. Ma voglio essere trattata come una troia. Come la tua troia personale.”
La legai alla croce. Le aprii le gambe. Le feci leccare il mio cazzo mentre la vibravo tra le cosce.
Le infilai le dita in figa e in culo. Alternati. Insieme. Dentro. Forte.
La sentivo urlare, gemere, ansimare.
Poi la slegai e la costrinsi a inginocchiarsi davanti allo specchio.
— “Guarda quanto sei porca. Guarda come ti sborro in faccia.”
E le venni addosso. In bocca, sulla lingua, sulle tette.
Lei si spalancava tutta, prendeva ogni goccia, se la spalmava sul viso come crema.
Poi si voltò. Si sdraiò a gambe aperte.
Figa dilatata. Culo segnato. Bocca lucida di sperma.
— “Ora vienimi dentro di nuovo. E lasciami senza respiro.”
Le feci male. Le feci godere. Le feci dimenticare chi era.
E quando venni una seconda volta, urlando, dentro la sua figa bagnata, capii che quella donna era un vizio eterno.
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Epilogo
Giorgia è sparita.
Forse si è trasferita. Forse no.
Ma ogni stanza in cui entro la cerco.
Ogni bocca che mi prende, ogni figa che scopo, ogni culo che tengo tra le mani… cerco lei.
Perché non era solo sesso.
Era fuoco. Era sporco. Era l’inferno che sapeva di paradiso.
E se il mondo dovesse finire domani,
voglio essere ancora in quella stanza.
Con il mio cazzo in gola a Giorgia.
Con la sua figa che mi stringe.
Con il suo culo che vibra.
E con il suo sguardo che mi dice:
“Se questo è l’ultimo giorno… vienimi dentro come se fosse l’ultimo respiro.”
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