Capitolo 3 – Il marito in salotto, io nella sua figa
di
Angelo B
genere
corna
Ore 21:08.
Mi scrive:
“Vieni. Porta il cazzo duro. Il marito è sul divano. Non parlare.”
Non ho risposto. Ho solo preso le chiavi di casa.
Il portone era aperto.
La porta di casa sua socchiusa.
Dentro, la luce della TV tremolava sul muro.
Lui era lì.
In salotto.
Cuffie nelle orecchie. Occhi fissi su un film d’azione.
E Laura, la troia più malata del mondo, mi aspettava in cucina.
A piedi nudi. Senza mutande.
Vestita solo con la sua vestaglia da casa, aperta sul davanti.
Appena mi vide, si inginocchiò.
Senza una parola.
Mi abbassò i pantaloni, mi prese in bocca con foga assassina, ingoiandomi senza fiato, senza rispetto, come se avesse fame solo di me.
Sopra di noi, si sentiva il volume del film.
— Se fa rumore, mi fermi. Ma devi venirmi dentro. Capito? Mi stai sentendo? Mi devi riempire. Dentro. Voglio andare a dormire con la tua sborra addosso.
Mi guidò in camera da letto.
Ma non chiuse la porta.
Si sdraiò a pancia in giù, tirò su il culo e lo aprì con le mani:
— Scegli tu: figa o culo. Basta che mi spacchi.
Scelsi entrambi.
Cominciai con la figa.
Calda. Fradicia. Succhiosa.
La prendeva come una drogata. Si mordeva le lenzuola.
Mi graffiava le gambe.
Ma quando infilai un dito nel culo, godette di colpo.
Urlò piano. Un suono spezzato.
— Più forte… Se ci scopre… voglio che ci trovi così… col tuo cazzo nel mio culo.
Le sputai addosso.
Le presi la testa, gliela schiacciai sul materasso.
E glielo ficcai nel culo con un colpo secco.
Il respiro le si fermò.
Si sollevò di scatto, poi si piegò come una bestia impalata.
— Dio! Così! Fammi la troia, sfondami… e fammi godere!
I colpi erano pazzi.
Violenti.
Il mio bacino esplodeva contro il suo culo.
Sbattevo le palle contro la sua figa gocciolante.
Ogni botta era un peccato gridato nel silenzio.
A un certo punto la porta si è socchiusa.
Era il marito?
Non lo so.
Laura non smise.
Anzi. Strinse le chiappe.
Come a dire: “Vieni. Vieni adesso. Riempimi.”
E io lo feci.
Le venni dentro. Nel culo.
Spingendo forte.
Tenendole la bocca chiusa con la mano.
Mentre lei tremava, bagnava il letto, godeva come una condannata.
⸻
Finale – Peccato consumato
Poi si alzò.
Si infilò le mutandine.
Si sedette sul bordo del letto e sussurrò:
— Domani farò colazione con lui, col tuo sperma che mi cola ancora dal culo.
Ti guardò.
E disse:
— Sei la mia rovina. Ma anche la mia verità. Torna quando vuoi. La mia figa non mente.
Mi scrive:
“Vieni. Porta il cazzo duro. Il marito è sul divano. Non parlare.”
Non ho risposto. Ho solo preso le chiavi di casa.
Il portone era aperto.
La porta di casa sua socchiusa.
Dentro, la luce della TV tremolava sul muro.
Lui era lì.
In salotto.
Cuffie nelle orecchie. Occhi fissi su un film d’azione.
E Laura, la troia più malata del mondo, mi aspettava in cucina.
A piedi nudi. Senza mutande.
Vestita solo con la sua vestaglia da casa, aperta sul davanti.
Appena mi vide, si inginocchiò.
Senza una parola.
Mi abbassò i pantaloni, mi prese in bocca con foga assassina, ingoiandomi senza fiato, senza rispetto, come se avesse fame solo di me.
Sopra di noi, si sentiva il volume del film.
— Se fa rumore, mi fermi. Ma devi venirmi dentro. Capito? Mi stai sentendo? Mi devi riempire. Dentro. Voglio andare a dormire con la tua sborra addosso.
Mi guidò in camera da letto.
Ma non chiuse la porta.
Si sdraiò a pancia in giù, tirò su il culo e lo aprì con le mani:
— Scegli tu: figa o culo. Basta che mi spacchi.
Scelsi entrambi.
Cominciai con la figa.
Calda. Fradicia. Succhiosa.
La prendeva come una drogata. Si mordeva le lenzuola.
Mi graffiava le gambe.
Ma quando infilai un dito nel culo, godette di colpo.
Urlò piano. Un suono spezzato.
— Più forte… Se ci scopre… voglio che ci trovi così… col tuo cazzo nel mio culo.
Le sputai addosso.
Le presi la testa, gliela schiacciai sul materasso.
E glielo ficcai nel culo con un colpo secco.
Il respiro le si fermò.
Si sollevò di scatto, poi si piegò come una bestia impalata.
— Dio! Così! Fammi la troia, sfondami… e fammi godere!
I colpi erano pazzi.
Violenti.
Il mio bacino esplodeva contro il suo culo.
Sbattevo le palle contro la sua figa gocciolante.
Ogni botta era un peccato gridato nel silenzio.
A un certo punto la porta si è socchiusa.
Era il marito?
Non lo so.
Laura non smise.
Anzi. Strinse le chiappe.
Come a dire: “Vieni. Vieni adesso. Riempimi.”
E io lo feci.
Le venni dentro. Nel culo.
Spingendo forte.
Tenendole la bocca chiusa con la mano.
Mentre lei tremava, bagnava il letto, godeva come una condannata.
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Finale – Peccato consumato
Poi si alzò.
Si infilò le mutandine.
Si sedette sul bordo del letto e sussurrò:
— Domani farò colazione con lui, col tuo sperma che mi cola ancora dal culo.
Ti guardò.
E disse:
— Sei la mia rovina. Ma anche la mia verità. Torna quando vuoi. La mia figa non mente.
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