La tardona di Matera

di
genere
prime esperienze

Prefazione

Matera, tarda primavera. La città dorme sotto il cielo rosso del tramonto, ma dentro quell’hotel scivolato tra i Sassi, qualcosa di marcio e divino sta per succedere.

Sei in viaggio per lavoro. Camicia sbottonata, drink in mano, un misto di noia e voglia che ti stringe le palle. Avevi visto quella donna nella hall: minigonna nera, camminata lenta, sguardo da puttana vissuta. Sessant’anni? Forse. Ma il culo era da quarantenne in forma, con la fame nel sangue e l’umidità tra le cosce. Occhi da troia esperta, labbra da succhiacazzi consumata.

Non ci avevi nemmeno parlato. Ma un biglietto scivolato sotto la porta bastò:
“Camera 18. Portami la fame. Voglio essere scopata come un animale.”

Non resisti. Ti alzi, entri. E lì comincia tutto.



Il corpo (scena principale)

Lei è in piedi, completamente nuda. Tacchi a spillo. Il seno pieno, sodo, i capezzoli tesi. La figa rasata, lucida, spalancata, già colante.

«Voglio sentirtelo tutto, porco» ti dice, allargando le gambe. «Sfonda questa fessura da maiala e fammi zitta solo col cazzo.»

Le infili due dita senza chiedere, e lei geme. Non un gemito dolce: un verso roco, sporco, da cagna che si offre. Te lo tira fuori, duro, e lo prende in bocca come se dovesse strozzarsi.
Sbatte la lingua, sbava, ti guarda dal basso con quegli occhi da femmina drogata di piacere.

«Se non mi scopi ora, mi masturbo davanti a te e ti vengo in faccia.»

La rovesci sul letto. Le gambe spalancate, la figa grondante.
La entri con uno scatto secco. Lei urla. Non un lamento: un ringhio. Ti si aggrappa alle chiappe e si spinge contro.
«Più forte, bastardo! Più dentro!»
Le tiri una sberla sul culo, poi un’altra. Lei gode. Si contorce, ti stringe dentro con quella fica stretta da puttana vera.

«Schiaccia questo clitoride col pollice… così… Sì, sì, Cristo! Mi viene!»

Ti cavalca a quattro zampe, col culo in aria e la figa che gocciola. Ti bagni di lei fino alle cosce.
«Fottila! Fottaaaamiiii!»
Lo urla. Non geme: urla. E quando la prendi in bocca da dietro, succhiandole il sapore mentre le tieni le chiappe spalancate, sviene di piacere.

Poi di nuovo sopra. Si slaccia i capelli, si infila il dito in gola mentre ti cavalca.
«Ti piace la tardona? Guarda come ti inzuppo il cazzo, porco!»
Viene di nuovo, tremando come un animale in calore.

Quando ti senti esplodere, lei si mette in ginocchio:
«In faccia. Vienimi addosso. Sporcami.»

Lo fai. Le sbatti lo sperma sul viso, tra i capelli, sulla lingua. E lei lo ingoia ridendo, soddisfatta.



Epilogo

Resta lì, nuda, col trucco sciolto e il tuo seme sulle tette.

«Mi avevano detto che Matera è magica» dice lei, accendendosi una sigaretta.
«Ma io vengo qui solo per farmi scopare come una bestia. La prossima volta… ti porto anche mia sorella.»

Sorride. Si lecca le dita. E tu sai che non è finita.
scritto il
2025-06-05
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