Mia cugina: Parte 11
di
Catartico
genere
incesti
Arriva l’ultimo giorno del mese. L'azienda per cui lavoro ha già licenziato tutti i dipendenti il giorno prima. Sono da solo nell'ufficio a raccogliere le mie cose. Se avessi accettato l'offerta di Ilaria di lavorare per lei, ora sarei lì. Adesso dovrò cercarmi un altro lavoro. Ma forse mi prenderò una pausa. Credo che mi farà bene e mi schiarirà le idee.
Vado alla porta, lancio un ultimo sguardo nel mio ufficio e sorrido malinconico. Sono stato qui per undici anni. Ho cominciato come stagista e sono arrivato a diventare direttore di sezione. E ora è tutto finito. Tutto il mio sudore, tutti i miei sforzi sono stati vanificati.
Sospiro e vado via.
È l'unica cosa che posso fare.
Poco dopo arrivo nel mio appartamento. Ha solo quattro stanze. Non è un granché. E ci sono pochissimi oggetti in giro. Si può dire che è vuota. Passo il resto del mattino e del pomeriggio a guardare una serie. Non ho proprio voglia di fare niente. Mi sento depresso.
Bussano alla porta.
Mi acciglio confuso e vado ad aprire. Ilaria entra senza nemmeno salutare. Chiudo la porta e la raggiungo. — Che ci fai qui?
— Oggi era il tuo ultimo giorno di lavoro, vero? — domanda fredda.
— Era ieri formalmente.
Mi allunga una busta. — Il tuo nuovo contratto.
— Il mio che?
Lei mi incita a prenderla.
Prendo la busta, la apro e leggo il contratto. — Mi vuoi assumere?
— Ti sei già dimenticato della mia offerta?
— No, è solo che… Voglio dire, se accetto dovrò anche…
— No. Sono qui perché mi servono le tue capacità. Come hai letto, ti assumerò come direttore di sezione e avrai il doppio del tuo stipendio. Non ho intenzione di farti lavorare per la concorrenza.
Aggrotto le sopracciglia turbato. — L’ultima volta abbiamo litigato…
— Accetti?
— Beh…
— Ti do un giorno per pensarci. Ora vado.
Afferrò il suo braccio. — Aspetta.
Si volta a guardarmi. Non parla.
— Vuoi bere qualcosa o…
Lei ritrae il braccio dalla mia presa. — Ho da fare. Fammi sapere entro domani sera. Ciao. — Si avvia verso la porta.
— Perché ti comporti da estranea? Siamo amici. Migliori amici.
Poggia una mano sulla maniglia. — Non posso essere tua amica. Non più.
— Parliamone.
— Non c'è nulla da dire.
La raggiungo. — Vuoi buttare al vento la nostra amicizia?
Si volta di scatto verso di me, il viso teso dal nervoso. — Mi hai rifiutata. Non ho nemmeno il coraggio di guardarti in faccia e tu mi dici di restare amici. — Si passa una mano sul viso con un sorriso ancora più nervoso. — Sai quanto sforzo mi è costato presentarmi qui? L’ho fatto solo perché tra pochi giorni ti pioveranno offerte di lavoro da tutte le parti. Ho solo preceduto la concorrenza, sfruttato l’occasione.. Perciò rifletti bene sul contratto che ti ho offerto. Nessuno ti pagherà quella cifra. Ora se vuoi scusarmi, ho un impegno.
La guardo aprire la porta e chiuderla alle sue spalle. Perché ha detto che l’ho rifiutata? Non l’ho mai fatto o detto. Anzi, le ho detto ti amo ed è impazzita.
Il pomeriggio del giorno dopo faccio una passeggiata nel parco. Scorgo mia cugina mano nella mano con Oronzo. Lo stomaco mi si contorce dalla gelosia. Serro la mascella e mi dirigo verso di loro. Ma mi fermo a metà strada. Che sto facendo? Non ha senso. Perché sono geloso? Mia cugina si è rimessa di nuovo con lo stronzo. E poi non vuole stare con me. Devo ignorarla.
Faccio per girarmi e andare via, ma mi ritrovo davanti la mia assistente in abiti da jogging. La guardo sorpreso. — Ma…
— Che bella sorpresa — dice lei con un sorriso infantile. — Che ci fa al parco, signor Valeriano?
— Mi stavi seguendo?!
Mi indica i vestiti. — Non vede? Faccio una corsetta. Vengo qui tutti i giorni dopo il lavoro. Ma oggi sono venuta prima, perché… Beh, l'azienda è fallita.
— Capisco.
Un bambino ci passa accanto correndo inseguito da un altro.
La mia assistente incrocia le braccia. — Pensava che la stessi seguendo?
— Beh…
Scuote la testa. — Come vede, la mia vita non gira attorno a lei. Ma ammetto che mi piacerebbe molto.
Mi massaggio la fronte a disagio. — Allora, ci vediamo.
— Aspetti. Le va di venire a cena a casa mia?
— No, grazie. Ho già un impegno.
— Domani?
— Anche domani.
La mia assistente serra gli occhi irritata. — Se non voleva venire bastava dirlo. — Muta espressione in un sorriso. — Ma lei è gentile. Non voleva essere scortese con me. Mi piace questo suo essere, scusi il francesismo, stronzo e gentile allo stesso tempo. È proprio da lei.
Pianto le mani sui fianchi infastidito. — Senti, ora devo proprio andare.
— Ha visto sua cugina? — chiede con il volto apatico. — È proprio laggiù. La vede? È con il suo ragazzo. Si sono rimessi insieme.
Aggrotto la fronte geloso e arrabbiato. — Come lo sai?
— Non ricorda? So tutto. Vuole sapere perché si erano lasciati?
— Non m'interessa.
— Lui l’ha tradita con un’altra.
— Lo so.
— Quindi sa anche che è un uomo sposato.
La guardo incredulo. — Cosa!? Sposato?
— Sembra che lei non sappia nulla di sua cugina. Ora cosa intende fare? Sono curiosa.
Sposto lo sguardo su mia cugina seduta sulla panchina insieme a Oronzo. Tutt'attorno gente che chiacchiera e passeggia. Alberi e cespugli. Vialetti e lampioni.
La mia assistente mi prende per mano. — Ci presentiamo? Voglio vedere se sua cugina è gelosa di lei. Non sembra divertente?
Ritraggo la mano. — Tu sei completamente fuori di testa.
— Allora cosa farà?
— Niente. Non farò proprio niente.
— Mmmh… deludente — Mi sorride come se si fosse ricordata appena di qualcosa. — Oh, devo andare. Bye! Bye! — Corre via.
Le guardo il sedere per un attimo e distolgo lo sguardo. Quella là è tutta pazza. Com'è che non me ne sono accorto quando l’avevo assunta? Sembrava taciturna e introversa, invece è tutto l'opposto.
Guardo mia cugina. Ride e parla con lui. Sembra divertirsi. Veramente è tornata da quello stronzo? E quello stronzo è veramente sposato?
Vado alla porta, lancio un ultimo sguardo nel mio ufficio e sorrido malinconico. Sono stato qui per undici anni. Ho cominciato come stagista e sono arrivato a diventare direttore di sezione. E ora è tutto finito. Tutto il mio sudore, tutti i miei sforzi sono stati vanificati.
Sospiro e vado via.
È l'unica cosa che posso fare.
Poco dopo arrivo nel mio appartamento. Ha solo quattro stanze. Non è un granché. E ci sono pochissimi oggetti in giro. Si può dire che è vuota. Passo il resto del mattino e del pomeriggio a guardare una serie. Non ho proprio voglia di fare niente. Mi sento depresso.
Bussano alla porta.
Mi acciglio confuso e vado ad aprire. Ilaria entra senza nemmeno salutare. Chiudo la porta e la raggiungo. — Che ci fai qui?
— Oggi era il tuo ultimo giorno di lavoro, vero? — domanda fredda.
— Era ieri formalmente.
Mi allunga una busta. — Il tuo nuovo contratto.
— Il mio che?
Lei mi incita a prenderla.
Prendo la busta, la apro e leggo il contratto. — Mi vuoi assumere?
— Ti sei già dimenticato della mia offerta?
— No, è solo che… Voglio dire, se accetto dovrò anche…
— No. Sono qui perché mi servono le tue capacità. Come hai letto, ti assumerò come direttore di sezione e avrai il doppio del tuo stipendio. Non ho intenzione di farti lavorare per la concorrenza.
Aggrotto le sopracciglia turbato. — L’ultima volta abbiamo litigato…
— Accetti?
— Beh…
— Ti do un giorno per pensarci. Ora vado.
Afferrò il suo braccio. — Aspetta.
Si volta a guardarmi. Non parla.
— Vuoi bere qualcosa o…
Lei ritrae il braccio dalla mia presa. — Ho da fare. Fammi sapere entro domani sera. Ciao. — Si avvia verso la porta.
— Perché ti comporti da estranea? Siamo amici. Migliori amici.
Poggia una mano sulla maniglia. — Non posso essere tua amica. Non più.
— Parliamone.
— Non c'è nulla da dire.
La raggiungo. — Vuoi buttare al vento la nostra amicizia?
Si volta di scatto verso di me, il viso teso dal nervoso. — Mi hai rifiutata. Non ho nemmeno il coraggio di guardarti in faccia e tu mi dici di restare amici. — Si passa una mano sul viso con un sorriso ancora più nervoso. — Sai quanto sforzo mi è costato presentarmi qui? L’ho fatto solo perché tra pochi giorni ti pioveranno offerte di lavoro da tutte le parti. Ho solo preceduto la concorrenza, sfruttato l’occasione.. Perciò rifletti bene sul contratto che ti ho offerto. Nessuno ti pagherà quella cifra. Ora se vuoi scusarmi, ho un impegno.
La guardo aprire la porta e chiuderla alle sue spalle. Perché ha detto che l’ho rifiutata? Non l’ho mai fatto o detto. Anzi, le ho detto ti amo ed è impazzita.
Il pomeriggio del giorno dopo faccio una passeggiata nel parco. Scorgo mia cugina mano nella mano con Oronzo. Lo stomaco mi si contorce dalla gelosia. Serro la mascella e mi dirigo verso di loro. Ma mi fermo a metà strada. Che sto facendo? Non ha senso. Perché sono geloso? Mia cugina si è rimessa di nuovo con lo stronzo. E poi non vuole stare con me. Devo ignorarla.
Faccio per girarmi e andare via, ma mi ritrovo davanti la mia assistente in abiti da jogging. La guardo sorpreso. — Ma…
— Che bella sorpresa — dice lei con un sorriso infantile. — Che ci fa al parco, signor Valeriano?
— Mi stavi seguendo?!
Mi indica i vestiti. — Non vede? Faccio una corsetta. Vengo qui tutti i giorni dopo il lavoro. Ma oggi sono venuta prima, perché… Beh, l'azienda è fallita.
— Capisco.
Un bambino ci passa accanto correndo inseguito da un altro.
La mia assistente incrocia le braccia. — Pensava che la stessi seguendo?
— Beh…
Scuote la testa. — Come vede, la mia vita non gira attorno a lei. Ma ammetto che mi piacerebbe molto.
Mi massaggio la fronte a disagio. — Allora, ci vediamo.
— Aspetti. Le va di venire a cena a casa mia?
— No, grazie. Ho già un impegno.
— Domani?
— Anche domani.
La mia assistente serra gli occhi irritata. — Se non voleva venire bastava dirlo. — Muta espressione in un sorriso. — Ma lei è gentile. Non voleva essere scortese con me. Mi piace questo suo essere, scusi il francesismo, stronzo e gentile allo stesso tempo. È proprio da lei.
Pianto le mani sui fianchi infastidito. — Senti, ora devo proprio andare.
— Ha visto sua cugina? — chiede con il volto apatico. — È proprio laggiù. La vede? È con il suo ragazzo. Si sono rimessi insieme.
Aggrotto la fronte geloso e arrabbiato. — Come lo sai?
— Non ricorda? So tutto. Vuole sapere perché si erano lasciati?
— Non m'interessa.
— Lui l’ha tradita con un’altra.
— Lo so.
— Quindi sa anche che è un uomo sposato.
La guardo incredulo. — Cosa!? Sposato?
— Sembra che lei non sappia nulla di sua cugina. Ora cosa intende fare? Sono curiosa.
Sposto lo sguardo su mia cugina seduta sulla panchina insieme a Oronzo. Tutt'attorno gente che chiacchiera e passeggia. Alberi e cespugli. Vialetti e lampioni.
La mia assistente mi prende per mano. — Ci presentiamo? Voglio vedere se sua cugina è gelosa di lei. Non sembra divertente?
Ritraggo la mano. — Tu sei completamente fuori di testa.
— Allora cosa farà?
— Niente. Non farò proprio niente.
— Mmmh… deludente — Mi sorride come se si fosse ricordata appena di qualcosa. — Oh, devo andare. Bye! Bye! — Corre via.
Le guardo il sedere per un attimo e distolgo lo sguardo. Quella là è tutta pazza. Com'è che non me ne sono accorto quando l’avevo assunta? Sembrava taciturna e introversa, invece è tutto l'opposto.
Guardo mia cugina. Ride e parla con lui. Sembra divertirsi. Veramente è tornata da quello stronzo? E quello stronzo è veramente sposato?
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