Mia cugina: Parte 2
di
Catartico
genere
incesti
Tre settimane dopo incontro mia cugina alle poste. La fila è lunga e c'è molta gente.
Mi avvicino con un sorriso. — Oggi fa caldissimo.
Lei mi sorride sorpresa di vedermi. — Sì.
Il mio occhio cade sulla sua spaccatura dei seni sudati. Lei intercetta il mio sguardo. Guardo da un'altra parte. Se n'è accorta. Che figura!
Cala il silenzio per un po'.
Lei mi guarda di sottecchi. — Come mai non sei venuto l'ultima volta a cenare in trattoria? C'erano tutti i tuoi colleghi.
La guardo. — Non sono miei colleghi, ma clienti. Comunque avevo un impegno.
Altro silenzio.
— Pensavo ce l'avessi con me — dice mia cugina.
— Per cosa?
— Per la domanda che ti ho fatto l'altra volta.
— Ah, no. Figurati.
— Quindi lo pensi davvero?
— Cosa?
Mi fissa. — Niente.
Ancora silenzio. Più lungo.
— Piangevi per Oronzo, giusto? — domando. Non sono perché l'abbia chiesto, ma credo sia per accertarmi che piangesse per lui e non per qualcos'altro.
— Sì...
Silenzio.
— Perché? — mi domanda.
— Così.
— Ti sono sembrata una stupida, immagino.
— No, affatto.
— Beh, io mi sono sentita così.
— Non c'è nulla di male. Ci tenevi.
— Ha preferito un'altra a me.
Ancora silenzio. La posta si è un po' svuotata.
— Sei fidanzato? — mi domanda.
— No.
— Strano. Avrei giurato che lo fossi.
— Da cosa?
— Ti ho visto con una ragazza l'altro giorno. Sabato. Sembravate intimi.
— Ah, parli di Ilaria? Non c'è nulla. È solo molto espansiva.
— Capisco. Quindi... — Si interrompe.
— Credo tocchi a te tra poco.
— A me? — chiede sorpresa.
— Il biglietto. Non hai il 56?
— Ah, sì. Tocca a me tra poco.
Restiamo in silenzio.
Quattro giorni dopo sono di nuovo all'azienda vinicola con gli altri. Cibo e vino. Gli animi si accendono come sempre. Mia cugina mi lancia degli sguardi. Anche io. Ogni tanto ci ritroviamo a guardarci, ma distogliamo subito lo sguardo. L'atmosfera si sta facendo strana tra noi due. In particolare il suo sguardo. Non so, ha qualcosa di strano.
Dopo cena tutti vanno via. Mia cugina ha bevuto poco. Io un bel po', ma reggo bene l'alcool. Non mi trasforma.
Faccio la solita passeggiata sotto il cielo stellato, ma afoso. Sento i grilli lungo i filati esterni d'uva e poi dei passi alle mie spalle. Riconosco la sagoma di mia cugina nel buio. I suoi fianchi larghi, il suo corpo sodo.
— È qui che viene dopo cena? — mi chiede.
— Sì.
— È bellissimo.
— Già.
— Non avevo idea che di notte qui fosse così bello.
Camminiamo in silenzio per un momento.
— Stasera hai bevuto molto — dice mia cugina. — Stai bene?
— Reggo bene l'alcol
— Vedo.
— Come mai sei qui?
Silenzio.
Continuiamo a camminare. Faccio finta di niente.
— Posso farti una domanda? — chiede mia cugina.
— Certo.
— È imbarazzante.
— Non fa niente.
— Ce l'ho in testa da quella notte. Tu... Come mi vedi?
La guardo. — Con questo buio vedo poco e niente.
Lei fa una risatina divertita. — Stupido. Non intendevo quello.
— Lo so.
Lei si ferma.
Mi volto a guardarla.
— Non mi hai risposto — mi dice.
— Devo?
— Sì.
— La risposta potrebbe cambiare le cose tra noi.
Silenzio.
Torno a camminare.
Mia cugina mi blocca per un polso. — Come mi vedi?
— Sei una bella donna. Intelligente, sveglia. Forse un po' piagnucolona.
Lei mi molla uno schiaffetto sul braccio con una risatina divertita. — Non sono piagnucolona.
Sorrido. Riprendo a camminare.
Lei mi affianca. — Quella volta in macchina...
— Lo so.
— Cosa sai?
— So cosa vuoi dirmi.
— Sì?
— Già.
— Cosa?
— Vuoi giocare al dottore.
I suoi passi si fermano alle mie spalle.
Mi volto. — Devo fare di nuovo il paziente?
Nel buio della notte non riesco a vedere la sua espressione. Non so se abbia capito bene, oppure se sono fuori strada. Ma sembrava che volesse andare sul serio a letto con me. O forse sono io ad averci visto qualcosa che non c'è.
Lei si ferma davanti a me. — Sono tua cugina! — dice con tono disgustato. — Non so se sia una battuta di pessimo gusto o altro, ma fingerò di non aver sentito. — Mi supera e si allontana.
Sollevo gli occhi alle stelle. Mi sono eccitato. Solo per un attimo. Poi è svanito tutto.
Forse ho la mente traviata, oppure non la vedo affatto come mia cugina. Non lo so. Sono un po' confuso.
Qualche giorno dopo la incontro nel centro commerciale. Mi sto rendendo conto che la incontro spesso ultimamente. È interessante.
Mia cugina finge di non vedermi. Faccio lo stesso. Più tardi vedo anche mio cugino con la sua ragazza. Mi raggiungono.
— Ehi! — dice lui.
— Ciao.
— Hai visto mia sorella?
— È entrata poco fa da Zara.
— Ah, ok. Grazie.
Si allontanano.
Più tardi esco dal centro commerciale e metto la spesa nella macchina. Quando faccio per salire, mia cugina sta venendo nella mia direzione con il carrello. Si accorge di me solo all'ultimo momento. Distoglie lo sguardo e prende il largo.
Le vado dietro. — Ehi!
Mi ignora.
— C'è proprio bisogno di fare così?
Silenzio.
— Se è per quella cosa, allora ti chiedo scusa. Ho frainteso o qualcosa del genere.
Si ferma e si volta a guardarmi. — Qualcosa del genere?
— Beh... Mi hai chiesto come ti vedevo. Poi... Quelle domande in macchina...
— Ero ubriaca.
— Lo so, io...
— Lascia stare.
La guardo allontanarsi. Perché ho l'impressione che non sia tutto?
Una settimana dopo sono alla trattoria a mangiare. Sono con i miei genitori e quelli di mia cugina. I suoi festeggiano il venticinquesimo anniversario di matrimonio. C'è anche mio cugino e la sua ragazza.
Mia cugina sta lavorando all'azienda vinicola, quindi non è con noi. Ma è passata a salutare e non mi ha degnato di uno sguardo.
Più tardi i miei zii e i miei genitori vanno via. Mio cugino e la sua ragazza si chiudono in una camera a fare sesso.
Io faccio la mia passeggiata notturna attorniato dall'afa e dai grilli. Cammino per quasi un'ora, poi ritorno alla trattoria e passo dal retro. Mia cugina è seduta sugli scalini. Sapevo di trovarla lì. Sembra che sia il suo posto per rilassarsi come il mio è lungo i filari d'uva.
Mi guarda, ma distoglie subito lo sguardo.
Mi siedo accanto. — Tutto bene?
Non risponde.
— Dicevo sul serio l'altro giorno. Mi dispiace.
Nessuna risposta.
Mi alzo. — Buonanotte.
Faccio per andare via, ma mi prende il polso. — Siediti — dice.
Mi siedo e la guardo.
Mia cugina molla la presa. Non parla.
Restiamo a lungo in silenzio.
— Vuoi dirmi qualcosa? — domando.
— No.
— Ho l'impressione che tu voglia dirmi qualcosa.
— Ti sbagli.
— Va bene.
Mi guarda corrucciata. — Perché lo hai detto?
— Cosa?
— 'Vuoi giocare al medico con me?'
— Pensavo... Insomma, credevo che...
— Pensi davvero che voglia venire a letto con te?
— Beh...
— Come hai potuto pensare a una cosa simile?!
Arriccio le labbra perplesso. — Da quello che mi hai detto in macchina. Sembrava che volessi farlo.
— Ero...
— Lo so, ubriaca.
— Appunto. E poi sono tua cugina!
— Già. Ho frainteso tutto.
Un breve silenzio.
— Davvero non ti faresti problemi a venire a letto con me? — domanda, senza guardarmi.
Faccio un mezzo sorriso. — Sei troppo curiosa.
— Beh, è normale. Tuo cugino ti dice che vuole fare l'amore con te. Non saresti curioso anche tu?
— Per questo ti ho detto quella cosa l’altra sera. Ero curioso.
Altro silenzio.
— Sei un porco! — dice.
— Può essere.
— Come puoi pensare certe cose?
Restiamo in silenzio.
— Ora vado — dico. E mi alzo. — ‘Notte. — Faccio per andare via, ma lei mi afferra il polso. Mi volto. — Che c'è?
Non risponde.
Mi siedo. — Hai cambiato idea?
Ritrae la mano. Nessuno risposta.
— Sai cosa penso? — dico.
— Cosa?
— Che tu voglia giocare al medico con me.
Mia cugina sgrana gli occhi scioccata come se le avessi detto chissà che. — Cosa!?
— Non è così?
— No!
— Eppure sembra di sì.
— Tu non ci stai con la testa.
— Probabile.
— Come può dirmi una cosa del genere dal nulla?
Avvicino il viso al suo con un sorriso furbo. — Vuoi che faccia il medico stavolta?
Lei continua a fissarmi scioccata. Non parla.
— Facciamo così. Conterò fino a tre. Se non ti muovi, allora…
— Allora?
Il mio sorriso diventa più malandrino. — Uno. Due. Tr…
Mia cugina mi tira uno schiaffo in faccia, lo sguardo confuso. — Porco schifoso!
— Sei velo…
Mi bacia e mi spinge sui gradini. La guardo. Ha gli occhi chiusi. Continuiamo a baciarci per un po'. Poi mi ficca la lingua in bocca e continuano così a lungo.
Mia cugina si ritrae, le labbra umide e arrossate. — È tutta colpa tua! Mi hai confusa.
— Sei tu che mi hai confuso!
— Non è vero! Non ho fatto niente.
— L’altra sera. In macchina. Hai fatto quelle domande…
— Ma… ma…
— È colpa tua!
— No.
Restiamo a fissarci negli occhi per un momento.
Lei mi bacia di nuovo. Con più trasporto. Si mette a cavalcioni su di me senza smettere di baciarmi. È indemoniata. Il mio pene si indurisce. Sono eccitato. Parecchio.
Poi il rumore delle gomme sulla brecciolina.
Mia cugina si alza subito da me e si mette a sedere. I fari di un'auto corrono lungo la parete della trattoria. Una macchina si ferma davanti a noi. Un uomo alto, moro, con un accenno di barba e molto ben curato apre la portiera e scende.
— Oronzo — dice mia cugina.
— Sarah — dice lui.
Si guardano entrambi per un momento.
Oronzo sposta gli occhi su di me. Sembra incazzato.
— Lui è mio cugino Tommaso — dice mia cugina in tutta fretta come se temesse che lui potesse farmi qualcosa.
L’espressione di Oronzo muta di colpo in un sorriso. — Oh, piacere. Mi chiamo Oronzo. — Mi allunga una mano.
Gliela stringo. — Piacere mio.
— Che ci fai qui? — gli chiede mia cugina.
Lui mi lancia uno sguardo e riguarda Sarah. — Possiamo parlare da soli?
Mi alzo. — Io vado.
Mia cugina mi ignora, le labbra ancora arrossate. Ma non era lo stronzo che l’ha mollata per scoparsi un’altra?
Mi avvicino con un sorriso. — Oggi fa caldissimo.
Lei mi sorride sorpresa di vedermi. — Sì.
Il mio occhio cade sulla sua spaccatura dei seni sudati. Lei intercetta il mio sguardo. Guardo da un'altra parte. Se n'è accorta. Che figura!
Cala il silenzio per un po'.
Lei mi guarda di sottecchi. — Come mai non sei venuto l'ultima volta a cenare in trattoria? C'erano tutti i tuoi colleghi.
La guardo. — Non sono miei colleghi, ma clienti. Comunque avevo un impegno.
Altro silenzio.
— Pensavo ce l'avessi con me — dice mia cugina.
— Per cosa?
— Per la domanda che ti ho fatto l'altra volta.
— Ah, no. Figurati.
— Quindi lo pensi davvero?
— Cosa?
Mi fissa. — Niente.
Ancora silenzio. Più lungo.
— Piangevi per Oronzo, giusto? — domando. Non sono perché l'abbia chiesto, ma credo sia per accertarmi che piangesse per lui e non per qualcos'altro.
— Sì...
Silenzio.
— Perché? — mi domanda.
— Così.
— Ti sono sembrata una stupida, immagino.
— No, affatto.
— Beh, io mi sono sentita così.
— Non c'è nulla di male. Ci tenevi.
— Ha preferito un'altra a me.
Ancora silenzio. La posta si è un po' svuotata.
— Sei fidanzato? — mi domanda.
— No.
— Strano. Avrei giurato che lo fossi.
— Da cosa?
— Ti ho visto con una ragazza l'altro giorno. Sabato. Sembravate intimi.
— Ah, parli di Ilaria? Non c'è nulla. È solo molto espansiva.
— Capisco. Quindi... — Si interrompe.
— Credo tocchi a te tra poco.
— A me? — chiede sorpresa.
— Il biglietto. Non hai il 56?
— Ah, sì. Tocca a me tra poco.
Restiamo in silenzio.
Quattro giorni dopo sono di nuovo all'azienda vinicola con gli altri. Cibo e vino. Gli animi si accendono come sempre. Mia cugina mi lancia degli sguardi. Anche io. Ogni tanto ci ritroviamo a guardarci, ma distogliamo subito lo sguardo. L'atmosfera si sta facendo strana tra noi due. In particolare il suo sguardo. Non so, ha qualcosa di strano.
Dopo cena tutti vanno via. Mia cugina ha bevuto poco. Io un bel po', ma reggo bene l'alcool. Non mi trasforma.
Faccio la solita passeggiata sotto il cielo stellato, ma afoso. Sento i grilli lungo i filati esterni d'uva e poi dei passi alle mie spalle. Riconosco la sagoma di mia cugina nel buio. I suoi fianchi larghi, il suo corpo sodo.
— È qui che viene dopo cena? — mi chiede.
— Sì.
— È bellissimo.
— Già.
— Non avevo idea che di notte qui fosse così bello.
Camminiamo in silenzio per un momento.
— Stasera hai bevuto molto — dice mia cugina. — Stai bene?
— Reggo bene l'alcol
— Vedo.
— Come mai sei qui?
Silenzio.
Continuiamo a camminare. Faccio finta di niente.
— Posso farti una domanda? — chiede mia cugina.
— Certo.
— È imbarazzante.
— Non fa niente.
— Ce l'ho in testa da quella notte. Tu... Come mi vedi?
La guardo. — Con questo buio vedo poco e niente.
Lei fa una risatina divertita. — Stupido. Non intendevo quello.
— Lo so.
Lei si ferma.
Mi volto a guardarla.
— Non mi hai risposto — mi dice.
— Devo?
— Sì.
— La risposta potrebbe cambiare le cose tra noi.
Silenzio.
Torno a camminare.
Mia cugina mi blocca per un polso. — Come mi vedi?
— Sei una bella donna. Intelligente, sveglia. Forse un po' piagnucolona.
Lei mi molla uno schiaffetto sul braccio con una risatina divertita. — Non sono piagnucolona.
Sorrido. Riprendo a camminare.
Lei mi affianca. — Quella volta in macchina...
— Lo so.
— Cosa sai?
— So cosa vuoi dirmi.
— Sì?
— Già.
— Cosa?
— Vuoi giocare al dottore.
I suoi passi si fermano alle mie spalle.
Mi volto. — Devo fare di nuovo il paziente?
Nel buio della notte non riesco a vedere la sua espressione. Non so se abbia capito bene, oppure se sono fuori strada. Ma sembrava che volesse andare sul serio a letto con me. O forse sono io ad averci visto qualcosa che non c'è.
Lei si ferma davanti a me. — Sono tua cugina! — dice con tono disgustato. — Non so se sia una battuta di pessimo gusto o altro, ma fingerò di non aver sentito. — Mi supera e si allontana.
Sollevo gli occhi alle stelle. Mi sono eccitato. Solo per un attimo. Poi è svanito tutto.
Forse ho la mente traviata, oppure non la vedo affatto come mia cugina. Non lo so. Sono un po' confuso.
Qualche giorno dopo la incontro nel centro commerciale. Mi sto rendendo conto che la incontro spesso ultimamente. È interessante.
Mia cugina finge di non vedermi. Faccio lo stesso. Più tardi vedo anche mio cugino con la sua ragazza. Mi raggiungono.
— Ehi! — dice lui.
— Ciao.
— Hai visto mia sorella?
— È entrata poco fa da Zara.
— Ah, ok. Grazie.
Si allontanano.
Più tardi esco dal centro commerciale e metto la spesa nella macchina. Quando faccio per salire, mia cugina sta venendo nella mia direzione con il carrello. Si accorge di me solo all'ultimo momento. Distoglie lo sguardo e prende il largo.
Le vado dietro. — Ehi!
Mi ignora.
— C'è proprio bisogno di fare così?
Silenzio.
— Se è per quella cosa, allora ti chiedo scusa. Ho frainteso o qualcosa del genere.
Si ferma e si volta a guardarmi. — Qualcosa del genere?
— Beh... Mi hai chiesto come ti vedevo. Poi... Quelle domande in macchina...
— Ero ubriaca.
— Lo so, io...
— Lascia stare.
La guardo allontanarsi. Perché ho l'impressione che non sia tutto?
Una settimana dopo sono alla trattoria a mangiare. Sono con i miei genitori e quelli di mia cugina. I suoi festeggiano il venticinquesimo anniversario di matrimonio. C'è anche mio cugino e la sua ragazza.
Mia cugina sta lavorando all'azienda vinicola, quindi non è con noi. Ma è passata a salutare e non mi ha degnato di uno sguardo.
Più tardi i miei zii e i miei genitori vanno via. Mio cugino e la sua ragazza si chiudono in una camera a fare sesso.
Io faccio la mia passeggiata notturna attorniato dall'afa e dai grilli. Cammino per quasi un'ora, poi ritorno alla trattoria e passo dal retro. Mia cugina è seduta sugli scalini. Sapevo di trovarla lì. Sembra che sia il suo posto per rilassarsi come il mio è lungo i filari d'uva.
Mi guarda, ma distoglie subito lo sguardo.
Mi siedo accanto. — Tutto bene?
Non risponde.
— Dicevo sul serio l'altro giorno. Mi dispiace.
Nessuna risposta.
Mi alzo. — Buonanotte.
Faccio per andare via, ma mi prende il polso. — Siediti — dice.
Mi siedo e la guardo.
Mia cugina molla la presa. Non parla.
Restiamo a lungo in silenzio.
— Vuoi dirmi qualcosa? — domando.
— No.
— Ho l'impressione che tu voglia dirmi qualcosa.
— Ti sbagli.
— Va bene.
Mi guarda corrucciata. — Perché lo hai detto?
— Cosa?
— 'Vuoi giocare al medico con me?'
— Pensavo... Insomma, credevo che...
— Pensi davvero che voglia venire a letto con te?
— Beh...
— Come hai potuto pensare a una cosa simile?!
Arriccio le labbra perplesso. — Da quello che mi hai detto in macchina. Sembrava che volessi farlo.
— Ero...
— Lo so, ubriaca.
— Appunto. E poi sono tua cugina!
— Già. Ho frainteso tutto.
Un breve silenzio.
— Davvero non ti faresti problemi a venire a letto con me? — domanda, senza guardarmi.
Faccio un mezzo sorriso. — Sei troppo curiosa.
— Beh, è normale. Tuo cugino ti dice che vuole fare l'amore con te. Non saresti curioso anche tu?
— Per questo ti ho detto quella cosa l’altra sera. Ero curioso.
Altro silenzio.
— Sei un porco! — dice.
— Può essere.
— Come puoi pensare certe cose?
Restiamo in silenzio.
— Ora vado — dico. E mi alzo. — ‘Notte. — Faccio per andare via, ma lei mi afferra il polso. Mi volto. — Che c'è?
Non risponde.
Mi siedo. — Hai cambiato idea?
Ritrae la mano. Nessuno risposta.
— Sai cosa penso? — dico.
— Cosa?
— Che tu voglia giocare al medico con me.
Mia cugina sgrana gli occhi scioccata come se le avessi detto chissà che. — Cosa!?
— Non è così?
— No!
— Eppure sembra di sì.
— Tu non ci stai con la testa.
— Probabile.
— Come può dirmi una cosa del genere dal nulla?
Avvicino il viso al suo con un sorriso furbo. — Vuoi che faccia il medico stavolta?
Lei continua a fissarmi scioccata. Non parla.
— Facciamo così. Conterò fino a tre. Se non ti muovi, allora…
— Allora?
Il mio sorriso diventa più malandrino. — Uno. Due. Tr…
Mia cugina mi tira uno schiaffo in faccia, lo sguardo confuso. — Porco schifoso!
— Sei velo…
Mi bacia e mi spinge sui gradini. La guardo. Ha gli occhi chiusi. Continuiamo a baciarci per un po'. Poi mi ficca la lingua in bocca e continuano così a lungo.
Mia cugina si ritrae, le labbra umide e arrossate. — È tutta colpa tua! Mi hai confusa.
— Sei tu che mi hai confuso!
— Non è vero! Non ho fatto niente.
— L’altra sera. In macchina. Hai fatto quelle domande…
— Ma… ma…
— È colpa tua!
— No.
Restiamo a fissarci negli occhi per un momento.
Lei mi bacia di nuovo. Con più trasporto. Si mette a cavalcioni su di me senza smettere di baciarmi. È indemoniata. Il mio pene si indurisce. Sono eccitato. Parecchio.
Poi il rumore delle gomme sulla brecciolina.
Mia cugina si alza subito da me e si mette a sedere. I fari di un'auto corrono lungo la parete della trattoria. Una macchina si ferma davanti a noi. Un uomo alto, moro, con un accenno di barba e molto ben curato apre la portiera e scende.
— Oronzo — dice mia cugina.
— Sarah — dice lui.
Si guardano entrambi per un momento.
Oronzo sposta gli occhi su di me. Sembra incazzato.
— Lui è mio cugino Tommaso — dice mia cugina in tutta fretta come se temesse che lui potesse farmi qualcosa.
L’espressione di Oronzo muta di colpo in un sorriso. — Oh, piacere. Mi chiamo Oronzo. — Mi allunga una mano.
Gliela stringo. — Piacere mio.
— Che ci fai qui? — gli chiede mia cugina.
Lui mi lancia uno sguardo e riguarda Sarah. — Possiamo parlare da soli?
Mi alzo. — Io vado.
Mia cugina mi ignora, le labbra ancora arrossate. Ma non era lo stronzo che l’ha mollata per scoparsi un’altra?
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