Angelina – Capitolo 3: Il punto di non ritorno
di
Angelo B
genere
tradimenti
Sono entrato piano, come sempre. Porta socchiusa, luce fioca nel corridoio. Il marito, ormai, era parte dell’arredamento. Disteso nel letto con la televisione accesa a basso volume, anestetizzato da una birra e qualche pillola. Dormiva già.
Angelina mi aspettava. Indossava solo una vestaglia di raso aperta. Nient’altro. Nulla sotto. Mi lanciò uno sguardo che diceva tutto: “Fammi tua. Qui. Ora. Ovunque tu voglia.”
«Hai idea di cosa voglio stanotte?» sussurrò, accostandosi a me.
«Sì. E ho intenzione di dartelo tutto.»
Le mie mani scivolarono sui fianchi e poi dietro, afferrando quelle curve che sembravano disegnate per la lussuria. Le sollevai la vestaglia. Il suo corpo era già caldo, morbido, eccitato. Mi chinai e le baciai la schiena, scendendo lento lungo la spina dorsale, fino a poggiare la lingua là dove cominciava il suo lato più proibito.
Angelina tremò. Le gambe le cedettero per un attimo.
«Non qui… non adesso…»
«Zitta. Sei mia. Ti apro dove lui non osa nemmeno guardare.»
La portai al divano, facendola inginocchiare. Le allargai le gambe e le sollevai i fianchi, esponendola completamente. La vista di quel corpo in offerta, con la testa piegata e il respiro corto, bastava a far perdere la testa.
Presi un lubrificante dal cassetto che ormai conoscevo bene. Lei lo sentì, e un brivido le attraversò la schiena. Sapeva cosa stava per succedere.
«Non muoverti. Voglio che ricordi ogni secondo.»
Cominciai con le dita. Una, poi due. Lei gemeva piano, sottomessa ma affamata. Si apriva sotto di me, lentamente, con fiducia e voglia. Quando la mia lingua raggiunse il punto esatto, il suo corpo si contrasse in un gemito muto. La leccai a lungo, con precisione, mentre con l’altra mano la tenevo ferma per i fianchi.
Lei ansimava. Piano, ma non troppo.
Poi mi alzai. La presi. Le passai la punta, lubrificata e pulsante, dove nessuno l’aveva mai avuta. Le spinsi la testa nel cuscino e iniziai a entrare. Lentamente. Con decisione. Lei spalancò gli occhi, e poi li chiuse, in un misto di dolore e piacere violento.
«Dio… sì… così… lì… fammi male… voglio essere aperta da te…»
Entrai fino in fondo. Il suo corpo mi accolse stretto, caldo, vivo. Le afferrai i capelli con una mano e il collo con l’altra. Ogni spinta era un colpo sordo, profondo, con l’eco nella stanza e il respiro di lei che accelerava senza controllo.
Lei si toccava mentre la prendevo nel suo posto più oscuro. Si spingeva contro di me, urlava a denti stretti. Nessuna paura. Nessuna vergogna.
Il marito si girò nel letto, un colpo di tosse.
Ci fermammo. Silenzio teso. Il cuore che martellava.
Poi ricominciammo. Più forte. Più crudo.
La stavo scopando nel culo a pochi metri da suo marito addormentato. E lei… godeva come mai prima. Aveva gli occhi lucidi, la bocca aperta, il corpo che tremava.
Venni dentro di lei, tenendola ferma, premendo fino in fondo, con un gemito sordo e profondo.
Quando uscii, il suo corpo rimase piegato, aperto, esausto.
Mi inginocchiai dietro di lei, passai le dita tra le sue cosce, ancora tremanti.
Lei si voltò, piano.
«Non sono più solo sua. Non lo sarò mai più.»
E lo sapevamo entrambi.
Angelina mi aspettava. Indossava solo una vestaglia di raso aperta. Nient’altro. Nulla sotto. Mi lanciò uno sguardo che diceva tutto: “Fammi tua. Qui. Ora. Ovunque tu voglia.”
«Hai idea di cosa voglio stanotte?» sussurrò, accostandosi a me.
«Sì. E ho intenzione di dartelo tutto.»
Le mie mani scivolarono sui fianchi e poi dietro, afferrando quelle curve che sembravano disegnate per la lussuria. Le sollevai la vestaglia. Il suo corpo era già caldo, morbido, eccitato. Mi chinai e le baciai la schiena, scendendo lento lungo la spina dorsale, fino a poggiare la lingua là dove cominciava il suo lato più proibito.
Angelina tremò. Le gambe le cedettero per un attimo.
«Non qui… non adesso…»
«Zitta. Sei mia. Ti apro dove lui non osa nemmeno guardare.»
La portai al divano, facendola inginocchiare. Le allargai le gambe e le sollevai i fianchi, esponendola completamente. La vista di quel corpo in offerta, con la testa piegata e il respiro corto, bastava a far perdere la testa.
Presi un lubrificante dal cassetto che ormai conoscevo bene. Lei lo sentì, e un brivido le attraversò la schiena. Sapeva cosa stava per succedere.
«Non muoverti. Voglio che ricordi ogni secondo.»
Cominciai con le dita. Una, poi due. Lei gemeva piano, sottomessa ma affamata. Si apriva sotto di me, lentamente, con fiducia e voglia. Quando la mia lingua raggiunse il punto esatto, il suo corpo si contrasse in un gemito muto. La leccai a lungo, con precisione, mentre con l’altra mano la tenevo ferma per i fianchi.
Lei ansimava. Piano, ma non troppo.
Poi mi alzai. La presi. Le passai la punta, lubrificata e pulsante, dove nessuno l’aveva mai avuta. Le spinsi la testa nel cuscino e iniziai a entrare. Lentamente. Con decisione. Lei spalancò gli occhi, e poi li chiuse, in un misto di dolore e piacere violento.
«Dio… sì… così… lì… fammi male… voglio essere aperta da te…»
Entrai fino in fondo. Il suo corpo mi accolse stretto, caldo, vivo. Le afferrai i capelli con una mano e il collo con l’altra. Ogni spinta era un colpo sordo, profondo, con l’eco nella stanza e il respiro di lei che accelerava senza controllo.
Lei si toccava mentre la prendevo nel suo posto più oscuro. Si spingeva contro di me, urlava a denti stretti. Nessuna paura. Nessuna vergogna.
Il marito si girò nel letto, un colpo di tosse.
Ci fermammo. Silenzio teso. Il cuore che martellava.
Poi ricominciammo. Più forte. Più crudo.
La stavo scopando nel culo a pochi metri da suo marito addormentato. E lei… godeva come mai prima. Aveva gli occhi lucidi, la bocca aperta, il corpo che tremava.
Venni dentro di lei, tenendola ferma, premendo fino in fondo, con un gemito sordo e profondo.
Quando uscii, il suo corpo rimase piegato, aperto, esausto.
Mi inginocchiai dietro di lei, passai le dita tra le sue cosce, ancora tremanti.
Lei si voltò, piano.
«Non sono più solo sua. Non lo sarò mai più.»
E lo sapevamo entrambi.
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