Sospesa nel vento Finale

di
genere
saffico

La luce filtrava morbida dalle tende, disegnando contorni caldi sulla pelle ancora nuda delle due donne distese tra le lenzuola stropicciate. Alessia fu la prima a rompere il silenzio, con la voce bassa, quasi pensosa.

«Credo di aver imparato a controllarlo… l’impulso, intendo. Riesco a trattenerlo, a canalizzarlo. Ma non so ancora come farlo scattare.»

Martina la guardava con gli occhi socchiusi, i capelli sparsi sul cuscino, l’azzurro del cerchio che circondava le sue pupille sembrava risaltare ancora di più in contrasto col suo iride scuro. «Eppure… stanotte è successo. Di nuovo. Con una naturalezza disarmante.»

«È come se ci abitasse dentro ormai. Sotto la pelle. Ma quando si manifesta del tutto… è come se non fossi solo io a decidere.»

Martina si avvicinò, sfiorandole il viso. «Forse dobbiamo smettere di combatterlo e imparare a viverlo. Senza paura.»

Un sorriso condiviso sancì quella tregua con sé stesse. Poi, senza aggiungere altro, si alzarono e si diressero alla doccia, dove l’acqua calda le avvolse in un abbraccio vaporoso. Si lavarono e si amarono ancora, con lentezza e dedizione, come due amanti che si conoscono da sempre, che sanno dove posare le mani e come leggere i sospiri.

Più tardi, nude e ancora umide di benessere, si sistemarono sul balcone dell’attico. Il sole di tarda mattinata scaldava la pelle esposta, e lì, senza nessun occhio indiscreto, si lasciarono andare a una nudità libera e senza vergogna. Le pupille, contornate di azzurro, brillavano alla luce come gemme vive.

Pranzarono con semplicità: frutta fresca, yogurt greco, qualche fetta di pane con miele. Tra un morso e un sorriso, si rubavano baci leggeri e sguardi complici. Poi si stesero sul divano, il corpo dell’una contro quello dell’altra, abbandonandosi a un riposo lento, fatto di carezze distratte e silenzi pieni.

Il pomeriggio scivolò via tranquillo, ma con l’avvicinarsi della sera, la promessa implicita di una Milano notturna e vibrante iniziava a far battere più forte i loro cuori.

Alessia si voltò lentamente verso Martina, mentre ancora si stiracchiava sotto il plaid leggero che le avvolgeva entrambe sul divano. I suoi occhi brillavano di un tono azzurro appena accennato, ma vivo, come se ogni emozione trovasse lì una porta d’uscita. «Allora Marty… che vogliamo fare stasera? Milano ci aspetta.»

Martina indugiò nel silenzio, lo sguardo perso verso la grande vetrata che dava sul tramonto caldo e morbido della città. I capelli ancora spettinati, la pelle leggermente arrossata dal sole, il profilo rilassato ma segnato da un pensiero in agguato.

«Non lo so Ale… non ho voglia di buttarmi in mezzo a quella fiera dei pavoni. Maschi sudati che ci scanneranno con lo sguardo come fossimo trofei da esibire dopo mezzanotte.» Fece una pausa, voltandosi verso di lei con un sorriso malizioso. «Con quello che ci portiamo addosso ora… sarebbe un incubo. Saremmo circondate come due gatte in calore in una stanza piena di cani affamati.»

Alessia rise piano, riconoscendo nel tono di Martina una verità che sentiva anch’essa sulla pelle. «Hai ragione… ci guarderebbero come se sapessero. Come se sentissero il profumo.»

Martina si sollevò su un gomito, avvicinandosi con lo sguardo acceso da un guizzo di fantasia. «E se invece cercassimo un vero stallone?»

Alessia aggrottò le sopracciglia, divertita. «In che senso?»

«Una corsa di cavalli. All’ippodromo. È sabato, ci saranno eventi. Aria aperta, eleganza, corpi scolpiti… e magari anche un paio di candidati all’altezza, se proprio ci prende la voglia.»

Alessia si leccò lentamente le labbra, lasciando che l’idea si sedimentasse tra le pieghe calde della sua immaginazione. Il sole accarezzava le loro pelli nude, ancora tiepide di passione e di luce. Le dita giocarono pigramente sul bordo del bicchiere di succo, mentre lo sguardo si fece più scuro e affamato.

«Cercare uno stallone…» sussurrò con voce roca, appena velata di complicità, «per due puledre come noi.»
Inarcò un sopracciglio. «Mi stuzzica l’idea, lo ammetto. Uno, però… ci basterà?»

Martina si girò lentamente verso di lei, le gambe elegantemente incrociate sul lettino, il profilo scolpito dalla luce del giorno che filtrava tra le tende leggere. I suoi occhi, profondi e truccati con cura, si accesero di un azzurro quasi liquido. Un sorriso, lento e sensuale, si distese sulle sue labbra lucide di rossetto nero.

«Secondo te…» disse, avvicinandosi con una lentezza studiata, calcolando ogni centimetro, ogni respiro, «un solo stallone riuscirebbe davvero a reggere il nostro ritmo?»
Le mani si sfiorarono, poi si intrecciarono come se si cercassero da sempre.

Alessia non rispose. Le sue dita si poggiarono sulle guance di Martina, tracciandone la linea morbida fino alle labbra. Le loro bocche si avvicinarono con la lentezza di un desiderio che voleva assaporarsi. E poi si fusero, senza più parole, in un bacio lungo, profondo, umido.

Un bacio che profumava di voglia e complicità.
Un bacio che, ancora prima della notte, prometteva tempesta.

Martina lanciò ad Alessia uno sguardo pieno di scintille e malizia, mordendosi appena il labbro inferiore mentre diceva:
«Facciamo un gioco… io scelgo il tuo outfit per stasera, e tu il mio.»

Alessia la fissò per un istante, sorpresa. Una risata le tremolò sulle labbra, incerta. Ma nei suoi occhi si accese una scintilla diversa, come se in quel gioco percepisse qualcosa di pericolosamente eccitante.
«Mmm… e se ti venisse in mente qualcosa di… troppo spinto?» chiese, incrociando le braccia sul petto, cercando di celare la curiosità dietro una parvenza di prudenza.

Martina le si avvicinò sinuosa, poggiandole un dito sulle labbra.
«Siamo già oltre il limite, tesoro. Questo è solo… divertimento.»
E le strizzò l’occhio, prima di voltarsi verso la camera da letto.

Le due donne si rifugiarono tra i vestiti e gli accessori sparsi negli armadi, le risate leggere e gli sguardi complici si mescolavano mentre si scambiavano abiti, lingerie, accessori. Fortunatamente avevano taglie simili – entrambe snelle, slanciate – tranne per il seno di Martina, più abbondante e prorompente, che richiedeva qualche attenzione in più nella scelta del sopra.

Giocavano come due modelle in una sfilata privata, ognuna vestendo l’altra con gusto, audacia e un pizzico di provocazione. Si aiutavano a infilare gonne strette, top aderenti, giacche tagliate al millimetro, ridendo come ragazzine mentre si osservavano a vicenda con crescente desiderio.

La stanza, intrisa del profumo della pelle e del tessuto, divenne un piccolo teatro sensuale dove la tensione cresceva con ogni zip tirata su e ogni bottone allacciato.
«Adesso vediamo se riesci a camminare con questo senza far impazzire l’intero ippodromo…» sussurrava una, mentre l’altra faceva una lenta giravolta.

Martina studiò Alessia per qualche istante come farebbe uno stilista davanti a una modella nuda. Fece scorrere le dita tra le grucce, valutando colori, tagli, trame. Poi, con un sorriso soddisfatto, tirò fuori un abito che pareva cucito per quel momento.

Per Alessia, la scelta ricadde su un abito longuette nero in seta opaca, dalla linea fasciante, con una profonda scollatura a V davanti e una schiena completamente nuda fino alla curva dei lombi. Il tessuto aderiva come una carezza, lasciando spazio all’immaginazione ma accennando con audacia le forme.
Sotto l’abito, niente reggiseno, ma solo dei copricapezzoli neri in pizzo – un vezzo, più che una protezione – e un perizoma a filo in raso nero, invisibile e peccaminoso.
Ai piedi, décolleté in vernice nera con tacco sottile, e orecchini pendenti di onice ad allungare il profilo del collo.

Alessia si guardò allo specchio, trattenendo il respiro.
«Sei impietosa, tesoro… mi hai spogliata con classe.»
Martina la osservò con occhi rapiti. «No. Ti ho solo rivelata.»

Poi fu il turno di Alessia nel vestire Martina. E lì la scelta fu altrettanto calibrata: un tailleur spezzato in tulle ricamato e cady color cipria, con una giacca corta, stretta in vita, lasciata volutamente senza niente sotto se non un reggiseno a triangolo in tulle nero effetto bagnato, che lasciava trasparire le curve abbondanti e perfette del seno, trattenute a fatica dal tessuto sottile.
La gonna, a tubino e spacco laterale fino a metà coscia, scopriva le gambe toniche e lunghissime, accompagnata da calze velatissime autoreggenti e sandali gioiello con cinturino alla caviglia.
I capelli corti erano perfetti già così, mentre Alessia scelse per lei un rossetto ciliegia scuro e un girocollo in argento sottile a incorniciare la gola.

Martina si osservò allo specchio, poi si voltò verso la sua amante con una luce viva negli occhi, gli angoli delle labbra curvati in un sorriso lento, malizioso.
«Hai idea di quanto ti voglio in questo momento?» sussurrò, la voce leggermente roca, come se l'eccitazione le graffiasse le corde vocali.

Alessia, ancora incantata dalla visione della donna che aveva vestito con tanta cura e desiderio, le si avvicinò con passo felpato. Le scostò una ciocca ribelle dalla guancia e, tenendole il volto tra le mani, rispose:
«Abbiamo tempo per le corse…»

Le labbra si cercarono, si trovarono, e subito il fuoco divampò. Le vesti scivolarono via come acqua, il profumo della pelle, dei capelli, dell’eccitazione, si fece denso nell’aria. Le due donne tornarono ad amarsi con una passione travolgente, che mescolava la tenerezza alla fame, il gioco alla resa. Ogni gesto era preciso, consapevole, carico d’intenzione.

Nel culmine del piacere, mentre i corpi vibravano all’unisono, un respiro più profondo si impadronì di entrambe, e quel profumo misterioso tornò ad avvolgerle, come un’esplosione silenziosa che attraversava le loro menti e incendiava gli ormoni, mandando in corto circuito ogni residuo di razionalità.

BUIO.

La luce del mattino filtrava attraverso le vetrate, accarezzando il pavimento in legno con sottili strisce dorate. Alessia aprì gli occhi lentamente, il corpo avvolto da una sensazione di benessere che non aveva mai provato prima. Il divano era confortevole, e il calore di Martina, rannicchiata contro di lei, la faceva sentire incredibilmente al sicuro.

Le loro mani si intrecciavano naturalmente, la pelle calda di entrambi, come se nulla di tutto ciò fosse stato più naturale. Martina, svegliandosi, alzò lo sguardo verso Alessia con un sorriso languido, ancora persa nell'effetto di ciò che avevano vissuto.

«Cosa… è successo?» chiese, la voce bassa, rilassata, come se non ci fosse alcuna fretta di sapere la risposta, ma solo curiosità.

Alessia la guardò, anche lei sorridendo, gli occhi brillanti di una luce azzurra intensa, come se il sole non fosse l’unica cosa a illuminarle. «Non lo so nemmeno io. Ma non me lo sono nemmeno chiesta.»

Le due donne rimasero in silenzio per un momento, entrambe consapevoli che qualcosa di profondo le stava cambiando. Non si sentivano più sopraffatte dal mistero del black out, né confuse. Erano appagate, come se avessero finalmente raggiunto un tipo di appagamento che nemmeno avevano saputo di cercare.

«Eravamo nel bel mezzo di qualcosa,» disse Martina, abbassando lo sguardo sulle mani di Alessia, «e poi… il nulla. Un vuoto. Ma non mi spaventa.»

Alessia annuì, sorridendo con tranquillità. «Non spaventa nemmeno me. È… diverso. Forse è proprio questo che ci serviva. Non c'è più nessuna paura, solo il piacere di vivere questo. E lo voglio ancora.»

Martina si stirò sul divano, sentendo la calda energia che ancora le percorreva il corpo. «Sì, anche io. È come se ci fosse un nuovo inizio.»

Si alzarono lentamente, ma non c’era fretta in loro. Le loro espressioni erano tranquille, appagate, ma con un’energia nuova che serpeggiava sotto la superficie. «Dobbiamo solo capire come gestirlo, senza perderci,» aggiunse Alessia, mentre le due si scambiavano uno sguardo complice.

Martina sorrise, con un sorriso che esprimeva tutto il desiderio di continuare a vivere quella nuova esperienza, senza timori, solo un’incrollabile fiducia in quello che sarebbe stato. «Certo. Ma per ora, tutto quello che voglio è di vivere questo momento con te.»

Alessia guardò Martina con un sorriso divertito, osservando i segni del trucco sfatto e i segni evidenti sui vestiti, segni che parlavano chiaro. "Ehm, vedo che la serata è stata... intensa," disse con una risata. "Scommetto che sei stata un po' monella stanotte."

Martina si girò verso di lei, fingendo di imbronciarsi, ma il sorriso che le brillava negli occhi tradiva la sua espressione. "Monella? Io? Ma guarda un po' cosa vedo io..." disse, con un tono di sfida. "Che cosa sono queste chiazze bianche all'attaccatura del mio seno? Sembri tu la monella, Alessia."

Alessia si fece seria per un attimo, poi scoppiò a ridere di nuovo. "Oh, ti assicuro che non sono state le mie mani a fare quelle chiazze, ma... credo che le nostre 'avventure' siano state più... esplosive di quanto pensassimo."

Martina ridacchiò e si toccò il collo, mentre si stendeva sul divano. "Esplosive, eh? Non credo di aver mai vissuto una notte così. Ma sinceramente, sono felice di averla condivisa con te."

Alessia si avvicinò a lei, sussurrando mentre la guardava con un'espressione affettuosa: "Anche io, tesoro. È... strano, ma bello. Non pensavo che le cose potessero andare così, ma non voglio cambiare nulla. È come se tutto fosse più intenso, più... vivo."

Martina si avvicinò lentamente, prendendo la mano di Alessia e intrecciandola con la sua. "Non lo cambierei nemmeno io. Mi sembra che ogni cosa sia più... libera adesso, come se tutto ciò che avevamo bloccato dentro stesse finalmente venendo fuori."

Le due rimasero in silenzio per un momento, godendosi la quiete che li circondava. La complicità tra di loro era palpabile, come un legame che stava crescendo e che sembrava inesplicabile ma perfetto. La loro risata, il loro gioco, era diventato qualcosa di più, e nessuna delle due voleva negarsi a ciò che stava crescendo tra loro.

"Pronta a affrontare la giornata?" chiese Alessia, cercando di recuperare un po' di serietà.

"Perché no?" rispose Martina, con un sorriso malizioso. "Chissà cosa ci riserverà il resto della giornata."

Le due donne si baciarono appassionatamente sul divano e mentre erano avvinghiate tra di loro successe.

Flash.
Sono in un piccolo locale dove i tavoli sono stati spinti sui bordi per permetter di ballare, loro stanno scatenandosi vicino a un uomo sui cinquantanni, ancora prestante e piacente.

Flash.
Ora i tre si stanno baciando, gli occhi delle due donne sono talmente azzurri da illuminarsi, le lingue saettano e le mani non si risparmiano, è sicuramente un inizio di qualcosa di eccitante.

Flash.
Ora sono in un bagno per disabili la dimensione interna permette ai tre di giocare senza essere limitati, Marty sta baciando profondamente il maschio, mentre Ale sta affondando il suo membro grosso e duro in fondo alla sua gola.

Flash.
Ale appoggiata sul lavandino viene presa da dietro dal maschio, la porta ad un orgasmo pazzesco che le fa piegare le gambe, la minigonna in pelle arrotolata sui fianchi denota tutta l'impazienza a consumare quel rapporto proibito, intanto Marty la sta toccando sul clitoride mentre la bacia profondamente.

Flash.
Ora è Marty piegata sul lavandino, anche lei viene presa ferocemente dal maschio da dietro, le affonda tutta la sua eccitazione nel centro del suo piacere, porta anche Marty all'orgasmo, anche questo incredibilmente potente e sonoro.

Flash.
Il maschio è seduto sulla tazza con le gambe spalancate e Ale davanti a lui accovacciata con la sua erezione in mezzo ai suoi seni la lingua e la bocca che lo accarezzano ogni volta che la punta esce dai suoi seni, accelera il ritmo e dopo le prime gocce di piacere che cadono sul suo seno imbocca l'asta e accoglie tutto il suo piacere in bocca. Lo raccoglie e lo conserva, appena ha finito di eruttare prende Marty per la nuca e condivide con lei tutto il piacere liquido che ha in bocca.

Flash.
Il maschio cerca di rivestirsi e di chiedere la possibilità di rivederle Marty e Ale abracciate e sorridenti lo salutano senza possibilità di replica.

Alessia le accarezzò la guancia con dolcezza, ancora sorridendo. La voce, roca e bassa, sembrava uscita da un sogno appena lasciato:
«Vieni con me… facciamo una doccia. Laviamo via la notte… e magari, ricominciamo da capo.»

Martina le rispose solo con uno sguardo complice e un sorriso languido. Si alzarono dal divano con movimenti pigri e sensuali, i corpi ancora caldi di un'intimità che sembrava non volersi spegnere.

L'acqua calda scivolava sulle loro curve mentre si accarezzavano con delicatezza e desiderio, come se volessero imprimere sulla pelle ogni emozione, ogni memoria. Non c’era fretta, solo la gioia di ritrovarsi, nude e vere, senza filtri, immerse in una nuova ondata di piacere condiviso.

Tra un bacio e un sospiro, si amarono di nuovo. I loro corpi si cercarono e si trovarono, come se fosse la prima volta. Ma con la naturalezza di chi si appartiene già.

Quando l’acqua cominciò a intiepidirsi, si abbracciarono sotto il getto che ormai sfiorava la pelle come una carezza, lasciandosi andare alla quiete dopo l’estasi.




Il momento del distacco era giunto, come una lama silenziosa che si era insinuata tra le pieghe della loro intimità. Martina si sistemò la borsa sulla spalla, lentamente, quasi a voler rimandare l’inevitabile. Alessia la accompagnò fino alla porta dell’ascensore con passi leggeri ma pesanti d’emozione, e si fermarono lì, a pochi centimetri l’una dall’altra, come sospese.

«Sono stati solo due giorni,» sussurrò Martina, la voce rotta da una malinconia dolce, ma reale.

Alessia scosse appena la testa, le labbra socchiuse. «Due giorni che valgono come una vita intera.»

Non era la quantità del tempo a pesare sui loro cuori, ma la qualità travolgente di ogni attimo vissuto insieme. Il corpo, la mente, i sensi: tutto si era risvegliato, amplificato. Avevano attraversato soglie che nessuna delle due aveva mai osato varcare. Il desiderio, la complicità, la scoperta. Non era stato solo erotismo, era stato un linguaggio nuovo, fatto di pelle, di odori, di respiri intrecciati e risate scomposte.

Alessia sollevò il mento di Martina con due dita, guidata da un gesto naturale, come se lo avesse sempre fatto. La guardò negli occhi — quegli occhi castano scuro, ora cerchiati da un anello azzurro vivido, ipnotico, come un segreto che bruciava in silenzio. Martina, a sua volta, incontrò lo sguardo di Alessia: grigio profondo, magnetico, ma anch’esso illuminato dallo stesso bagliore celeste, come se quell’intensità le avesse marchiate, unite.

«Hai visto i tuoi occhi?» sussurrò Alessia, con un sorriso lieve ma pieno di meraviglia.

Martina annuì, socchiudendo le palpebre. «Li ho visti… e sono bellissimi. Come i tuoi.»

Una carezza, un bacio lento, lungo, che sapeva di gratitudine e di promesse non dette. Le dita si sfiorarono fino all’ultimo secondo, fino a quando le porte dell’ascensore non si chiusero tra loro, lasciando solo l’eco di un’emozione che nessuna distanza avrebbe potuto cancellare.

La casa era immersa in un silenzio ovattato, quasi irreale. Un silenzio pieno della presenza di Alessia, ma irrimediabilmente svuotato da quella di Martina. Ogni passo riecheggiava sul parquet come un ricordo che faceva male. Ogni stanza pareva più grande, più vuota. Gli oggetti erano gli stessi, ma tutto sembrava diverso. Statico. Spento.

Alessia si appoggiò al muro del corridoio, chiudendo gli occhi un istante. Non riusciva a capacitarsi. Una vita intera passata a costruire una posizione impeccabile, rispettata, blindata dentro le convenzioni, eppure tutto era crollato in due giorni. Due giorni di passione, di risate complici, di parole sussurrate nel buio e corpi intrecciati nel calore. Due giorni in cui aveva vissuto come mai prima.

E non si trattava solo di sesso, no. Era stato molto di più. Un’esplosione sentimentale ed erotica insieme, una fusione totale. Non poteva — non voleva — pensare che sarebbe finita lì. Che avrebbe dovuto tornare a una vita dove tutto aveva un senso tranne quello.

Rifletté, mentre si avviava lentamente verso la camera da letto, che nessuna delle sue relazioni passate, sommate tutte insieme, le aveva mai dato ciò che aveva provato con Martina. E non durante una notte intera… no, neppure durante l’aperitivo. Neppure in quei primi minuti, quando il loro desiderio si era fuso in uno sguardo e poi in un bacio.

Mentre apriva la porta della stanza, notò qualcosa a terra. La camicia di Martina, quella che teneva in casa e che le ricadeva morbida addosso come una carezza. La raccolse con mani lente, quasi timorose. Se la portò al viso. Il profumo di lei era ancora lì, penetrante, caldo. Un’essenza che mescolava pelle e desiderio, dolcezza e mistero.

Si lasciò cadere sul letto, rannicchiandosi in posizione fetale, stringendo la camicia al petto. Lacrime le rigarono il viso senza che cercasse di trattenerle. Ma non erano di dolore. Era gioia amara, struggente. Era consapevolezza di avere toccato qualcosa di raro, forse irripetibile.

E così, col profumo di Martina tra le braccia, Alessia si addormentò. Sfinita, ma col cuore acceso.

Passarono le settimane anche alcuni mesi, come foglie trascinate da un vento stanco. Alessia non aveva più respirato davvero: il suo corpo eseguiva ogni gesto, ma la mente era rimasta altrove. Da quando Martina aveva varcato la soglia di quell’ascensore, nessun respiro le era più sceso in profondità, nessun pensiero si era fermato davvero.

Martina aveva preso dei giorni di malattia, lontana da casa e dal marito, incapace di spiegare quel vuoto che le si era scavato dentro come un desiderio senza appello.

Alessia, invece, si era rifugiata nel lavoro, tornando a muoversi con la precisione chirurgica che l’aveva sempre contraddistinta. Ogni passo, ogni stretta di mano, ogni sorriso istituzionale: tutto era tornato al suo posto. O almeno così pareva.

Ma la sera… la sera era un’altra storia.

Aveva cominciato a dormire nella camera degli ospiti. La sua vera stanza era rimasta chiusa, protetta, inviolata. Il letto ancora disfatto, il profumo di Martina ancora presente nell’aria come un ricordo troppo vivo per essere toccato.

Quella sera, per nessuna ragione apparente, aprì il cassetto della libreria. Dentro, c’era ancora il libro che Martina aveva sfogliato disattenta, ridendo tra le righe. Non lo prendeva in mano da allora. Lo aprì quasi con timore.

Qualcosa scivolò fuori, silenzioso come un respiro trattenuto: non era il segnalibro.

Un foglietto, piegato con cura. Carta semplice, un angolo lievemente consumato.

Sul fronte, poche parole, scritte con la calligrafia inconfondibile di Martina:

“Se riesci a resistere, brucia questo messaggio. Se non riesci… apri la porta. Sarò lì. Sempre.”
M.

La mano di Alessia tremò appena. Una lacrima sfuggì silenziosa al bordo dell’occhio, tracciando il volto come una carezza di sale. Il cerchio azzurro intorno alla pupilla, ormai quasi fuso nei grigi profondi del suo sguardo, sembrò tornare a vibrare per un istante.

La lacrima cadde sul foglio, sfumando l’inchiostro in una scia liquida, come se il tempo si stesse sciogliendo assieme alla carta.

Poi, un suono.

Un trillo nitido, improvviso.

Il citofono.

Non chiese chi fosse.
Le dita sfiorarono il pulsante dell’apertura automatica come se sapessero già la verità.
Il portone si sbloccò con un clic distante e profondo, e poi… silenzio.

Alessia rimase immobile nel corridoio, davanti alla porta spalancata. I battiti del cuore erano tornati a martellarle nel petto come la prima volta, quando Martina le aveva sfiorato le labbra con il respiro.

Nessuna voce, nessun rumore oltre al ronzio lento dell’ascensore che saliva. Piano.

Ogni secondo diventava liquido, scivoloso, pieno di elettricità.

Si avvicinò lentamente, un passo dopo l’altro, le mani serrate lungo i fianchi per non cedere al tremore. Il corridoio era vuoto, il silenzio irreale.

Poi un ding, e le porte dell’ascensore si aprirono.

Le porte dell’ascensore si aprirono con lentezza, quasi esitanti.
La luce tenue del pianerottolo illuminò una figura curva, piegata dal peso del tempo e del dolore. Martina era lì, un borsone logoro in una mano tremante, l’altra abbandonata lungo il fianco. I capelli scompigliati, incollati alle tempie, il viso segnato non solo dalla stanchezza ma da lividi sottili, sfumature violacee sulla pelle chiara che parlavano senza bisogno di parole.

Appena incrociò lo sguardo di Alessia, un bagliore—denso, pieno di dolore e desiderio—attraversò i suoi occhi castani. Il cerchio azzurro, debole ma ancora vivo, sembrava chiamare la sua controparte.

Alessia si mosse d’istinto. In un battito fu su di lei, la afferrò prima che il corpo si abbandonasse a terra, stringendola con forza, con paura. Le mani scorrevano sulla schiena di Martina come per assicurarsi che fosse davvero lì, intera.

— "Marty... mio Dio, amore..." — sussurrò, strozzata dall’emozione, mentre le sentiva il respiro incerto sulle clavicole.

Martina, aggrappata a lei con quel che restava delle sue forze, appoggiò il volto nel collo dell’unica persona che, in quel momento, le sembrava vera.

— "Non ce la facevo più... sono tornata a casa. Casa sei tu."

Alessia, con il cuore che batteva all'impazzata, la guardava senza fiato. Non riusciva a credere che Martina fosse finalmente lì, tra le sue braccia, ma quella figura tanto familiare, che una volta era il simbolo della sua forza, era ora fragile e consumata. Martina sembrava essere un'ombra di sé stessa, ma Alessia sapeva che non avrebbe mai chiesto, né insistito per sapere cosa le fosse accaduto.

Le parole di Martina, pronunciate con un filo di voce, segnarono l'inizio di una notte che Alessia non avrebbe mai dimenticato.

— "Giurami che non mi chiederai mai niente di che cosa mi è successo." — le disse, il suono delle sue parole basso, quasi spezzato, ma deciso. Le sue pupille, quel cerchio azzurro che avevano un tempo brillato di passione, erano ora opache, ma l'azzurro rimaneva, come una promessa silenziosa.

Alessia annuì con la testa, un'espressione di dolore trattenuto sulla faccia, e senza aggiungere altro, l'aiutò a camminare verso il divano. Il suo cuore era in subbuglio, ma in quel momento ciò che contava era avere Martina al sicuro, nel suo rifugio.

Appena l'ebbe adagiata, senza dire una parola, Alessia si precipitò nella sua camera da letto. In un attimo, cambiò le lenzuola, come se il gesto stesso fosse una forma di purificazione. Quella notte non avrebbero dormito separatamente. Martina avrebbe riposato accanto a lei, nel loro letto, dove sarebbe stata accudita, coccolata e protetta.

Quando Alessia la riportò nella sua camera, con l'aiuto di un gesto gentile ma fermo, la adagiò con dolcezza nel letto. Ogni movimento era un atto di cura, ogni gesto fatto con una delicatezza che non aveva mai conosciuto prima, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Martina, stremata, non fece una parola, non si mosse nemmeno di un centimetro. Respirava regolarmente, come se fosse finalmente al sicuro. Si addormentò in un abbraccio silenzioso, ma Alessia non riusciva a chiudere occhio. La vegliava, restando accanto a lei, nel silenzio che circondava la stanza.

Il buio della notte avvolgeva la stanza, ma per Alessia non esisteva nulla più sicuro di quel momento. Il suo cuore batteva piano, ma la consapevolezza che finalmente Martina fosse tornata tra le sue braccia, anche se ferita e stanca, la faceva sentire viva, con una speranza nuova che, per quanto dolente, era anche dolcissima.

Rimase lì, vegliando su di lei per tutta la notte, non perché dovesse, ma perché lo voleva. Nessun suono, nessuna parola. Solo la presenza di due corpi finalmente riuniti, nella pace più assoluta che potessero trovare insieme.

La mattina successiva, il silenzio della casa era diverso. Non c'era più quell'ombra di paura, ma la sensazione di un legame profondo che si stava ricostruendo, lentamente. Martina, ancora addormentata accanto a lei, si svegliò con gli occhi ancora pieni di quella tristezza e vulnerabilità che le aveva accompagnato nei giorni passati. Alessia la guardò, e sentì un forte impulso di proteggerla, di farle sentire che tutto sarebbe andato bene. Ma prima di poter dire qualsiasi cosa, Martina, con un lieve sorriso, le sfiorò le labbra con un piccolo bacio, delicato, quasi impercettibile.

— "Ho bisogno di qualche giorno." — disse, con voce appena udibile, come se quelle parole fossero un respiro che stava lasciando uscire dal suo cuore.

Alessia annuì, senza dire nulla, ma il peso di quelle parole non passò inosservato. Non c'era fretta. Non c'era nulla che avrebbe mai spinto Alessia a forzare il passo. Quella notte, quella mattina, non erano più la stessa cosa. Ogni momento passato insieme sarebbe stato solo per loro.

Subito dopo, Alessia prese il telefono e chiamò Gianni, l'autista di fiducia. Non c'era spazio per la paura, né per le incertezze. Se Martina avesse avuto bisogno di tempo e di spazio, Alessia avrebbe fatto tutto ciò che fosse necessario per garantire la sua sicurezza e serenità.

— "Gianni, prendi tutte le misure necessarie. Organizza una guardia fuori casa mia finché io non tornerò. Voglio che Martina sia al sicuro." — disse con voce ferma, ma anche con una dolcezza che risuonava nel suo tono.

Il giorno passò veloce, immersa nei ritmi del lavoro, ma nel profondo del cuore, la sua mente era sempre a Martina. Ogni tanto, nei momenti di calma, Alessia pensava a quanto fosse difficile per lei vedere Martina ferita, sia nel corpo che nell'anima.

La notte tornò, e quando finalmente ebbe il coraggio di portare Martina sotto la doccia, si accorse della profondità dei segni che la ragazza aveva sul corpo. Le lesioni erano ovunque: piccoli segni di violenza, graffi, lividi. Ogni nuovo segno che scopriva le stringeva il cuore, ma Alessia non si arrese. La amava con ogni fibra del suo essere, e in quel momento più che mai, sapeva che doveva essere forte per entrambe.

La sua decisione fu chiara. Non si sarebbe mai arresa. Non aveva bisogno di chiedere nulla. Piuttosto, avrebbe fatto tutto il possibile per vedere Martina stare di nuovo bene. Decise che era il momento di chiamare il suo amico medico, un uomo di cui si fidava ciecamente.

Il medico arrivò, e dopo una visita scrupolosa, disse che fisicamente Martina era provata, ma non c'era nulla di grave, nulla che non potesse guarire con il tempo e con l'amore di chi la stava accudendo.

— "Non è facile, lo so. Ma ti garantisco che la tua ragazza si riprenderà." — disse l'uomo, rassicurando Alessia.

Nonostante quelle parole, Alessia si sentiva ancora vulnerabile. Ogni notte passata insieme a Martina, vegliando su di lei, a tenere la sua mano mentre dormiva, cercando di lenire il suo dolore, si sentiva più forte. Ma ogni giorno, ogni piccolo passo che la ragazza faceva verso la guarigione, faceva sperare Alessia che finalmente tutto sarebbe andato bene.

Le settimane passarono. Le cicatrici nel corpo di Martina lentamente si chiuderono, ma ciò che si stava davvero rimarginando era l'anima della ragazza, ferita ma incredibilmente resistente. Alessia la coccolava, la sfiorava dolcemente, facendo ogni cosa possibile per farla sentire amata e protetta.

Un mese dopo, Martina era tornata allo splendore che Alessia ricordava. Il corpo non solo si era rimesso in forma, ma anche lo spirito della ragazza era rinato. La loro vita, anche se non tornata a quella di prima, stava ritrovando una nuova dimensione.

Una sera, finalmente, si sedettero a tavola insieme. Martina indossava un sorriso più luminoso, e le cicatrici, seppur visibili, non erano più il suo peso. Era tornata a vivere, ed era stata Alessia, con la sua tenacia e il suo amore, a farla risorgere.

La serata si concluse davanti alla TV, abbracciate. Non avevano bisogno di parole. Nessun altro avrebbe potuto comprendere la profondità della loro connessione, quella che le legava più di ogni altra cosa. I giorni che avevano vissuto, la passione, le difficoltà, avevano creato un legame che nessuno avrebbe mai potuto spezzare.

E così, lentamente, il tempo continuò a scorrere. La paura e il dolore avevano lasciato il posto a una nuova speranza, più forte che mai.

Quella sera l’aria in casa era diversa, carica di una vibrazione nuova, sottile ma palpabile. Martina, distesa sul divano con i piedi sulle gambe di Alessia, sembrava finalmente serena. Un sorriso spontaneo le curvava le labbra, come se per la prima volta dopo tanto tempo riuscisse a respirare davvero.

Alessia la osservava in silenzio. Ogni dettaglio del volto di Martina – gli occhi profondi, le ciglia lunghe, quella sfumatura azzurra che aveva ripreso intensità – la faceva vibrare nel profondo. Si chinò su di lei e la baciò, con dolcezza prima, poi con più decisione, lasciando che il desiderio parlasse con la lingua dell’intimità. Martina ricambiò, con tutta se stessa, come se non aspettasse altro da settimane.

— “Facciamo un gioco, piccola,” sussurrò Alessia, accarezzandole una guancia. “Ti voglio offrire un aperitivo. Uno spritz… select. Ti va?”

Lo sguardo di Martina si accese di un fuoco liquido. L’anello azzurro attorno ai suoi occhi sembrò pulsare, divenendo più vivido, come acceso da dentro. In silenzio si alzò, si mosse con grazia e determinazione verso la penisola della cucina e vi si sedette, sfilandosi lentamente i pantaloni. I suoi occhi non lasciarono mai quelli di Alessia nemmeno per un istante.

L’atmosfera era densa, satura di complicità e attesa. Il gesto era lo stesso di quella prima volta, ma il significato era diverso. Più profondo. Più consapevole.

Alessia si inginocchiò davanti a lei con una lentezza quasi cerimoniale, come se ogni movimento fosse sacro. La loro intesa non aveva bisogno di parole, e nel momento in cui i loro corpi si ritrovarono, fu come se mesi di distanza, dolore e silenzi si sciogliessero in un’unica, fluida corrente di piacere.

Il respiro di Martina si fece via via più denso, carico di elettricità, e quando raggiunse l’apice del piacere, si abbandonò ad Alessia come un’onda si frange sulla riva. Alessia si sollevò lentamente, la fronte contro la sua, e la baciò. Il profumo, quella nota inconfondibile e irresistibile, esplose tra di loro come una scintilla accesa nel buio. Lo sentirono entrambe, non nel naso, ma nel centro del cervello. Un richiamo animale, profondo, primitivo, come un’eco che risvegliava tutto ciò che era stato messo a tacere per troppo tempo.

Fu allora che il mondo sembrò svanire.

BUIO.

La luce del mattino filtrava attraverso le tende sottili, sfiorando con delicatezza i corpi nudi e intrecciati di Alessia e Martina. Il lenzuolo era scivolato ai piedi del letto, lasciando scoperte le loro schiene lucide di calore e le curve addormentate di un abbraccio che sembrava non essersi mai sciolto.

Si svegliarono quasi nello stesso istante, come se un filo invisibile avesse allineato i loro respiri. Gli occhi si cercarono subito, l'uno nell'altro, e l’azzurro che li circondava brillò con nuova vita: un bagliore sul grigio perla di Alessia, profondo e ipnotico; un fuoco liquido nel marrone intenso di Martina, che sembrava sciogliersi sotto quella luce.

Per un attimo rimasero così, in silenzio, le pupille dilatate che si raccontavano senza bisogno di parole. Poi, come spinte dallo stesso pensiero, sorridono. Un sorriso lieve, ancora un po’ stordito, ma pieno di complicità.

Martina fu la prima a parlare, con voce impastata ma morbida:
— “Cos’è successo…?”

Alessia la fissò, accarezzandole piano una guancia con il dorso della mano.
— “Non lo so. Ma i nostri corpi… parlano chiaro.”

Martina abbassò lo sguardo su di sé, poi su di lei. Il battito del cuore accelerò. I segni erano ovunque: piccoli arrossamenti, graffi leggeri, la pelle che odorava ancora del loro profumo mescolato, inconfondibile. Il letto, disfatto e ancora caldo, sembrava uscito da un sogno — o da una tempesta.

— “Non ricordo nulla…” sussurrò, ma senza ansia, solo sorpresa.

Alessia annuì.
— “Nemmeno io. Ma non ho paura. Non più.”

Martina si sporse per baciarla piano sulle labbra, poi la fronte, poi la punta del naso.
— “Non siamo sole, Ale. C’è qualcosa in noi… e io non lo voglio perdere.”

— “Neanch’io,” sussurrò Alessia, stringendola più forte.
Il silenzio tornò per un istante, ma era un silenzio pieno di senso, denso come il miele e dolce come la quiete dopo la tempesta.

Era sabato. Un nuovo sabato. E loro erano ancora insieme.

Spero che vi sia piaciuto, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com
scritto il
2025-05-01
1 . 3 K
visite
1 9
voti
valutazione
7.5
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Sospesa nel vento terza parte

racconto sucessivo

Di nuovo noi
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.