Sospesa nel vento terza parte
di
Ironwriter2025
genere
saffico
Alessia rimase seduta sul letto ancora qualche minuto, le lenzuola ancora attorcigliate intorno al suo corpo come se cercassero di trattenerla in quell’abisso di ricordi sfuocati. Il petto ancora si muoveva irregolarmente, ma non per lo sforzo fisico: era quel piacere misterioso e improvviso, prorompente, che l’aveva colta senza alcun contatto, e che adesso sembrava lasciarle un’eco profonda in ogni fibra.
Si passò una mano tra i capelli, cercando di rimettere insieme i pezzi del puzzle. «Sto recuperando con interessi da usuraia», pensò con un mezzo sorriso, mentre rifletteva su quanto tempo avesse trascorso senza ascoltare davvero il suo corpo, senza assecondarlo. Anni, forse. Ora, invece, era come se ogni cosa repressa si fosse scatenata, liberata, e stesse risalendo in superficie a una velocità vertiginosa.
Si alzò senza pensarci troppo, con movimenti più decisi del solito. Una lunga doccia calda, il vapore che le scivolava addosso come una carezza continua. Poi il trucco, i gesti automatici, veloci ma precisi. E infine il vestito, guidata solo da quella voce interna che ormai sembrava avere il timone della sua volontà. Appena pronta uscì di casa con la cartelletta del contratto firmato in mano.
Scese e trovò Gianni ad attenderla come sempre. La portiera della macchina si aprì davanti a lei con la consueta eleganza, e una volta seduta, si voltò a guardarlo. Lui le rivolse un sorriso complice, uno sguardo divertito e gentile.
«Devo dire che non ti vedevo così felice da tanto tempo», disse con tono amichevole. «Ieri sera… avevi un’espressione da estasi mistica quando ti ho aiutata a scendere dall’auto. Non hai detto una parola, ma sorridevi come se avessi appena vinto alla lotteria.»
Alessia abbassò lo sguardo, colta alla sprovvista, ma non imbarazzata. Si chiese se quella felicità l’avesse davvero provata o se fosse solo rimasta impressa sul suo volto da qualcosa che la sua mente ancora non riusciva a ricordare del tutto.
«Grazie, Gianni», mormorò. «Credo che, in effetti, stia vivendo qualcosa di… strano. Ma bello. Molto bello.»
Appena varcata la soglia dell’edificio, Alessia tornò a indossare la sua maschera da dirigente, quella che ogni giorno ispirava rispetto, a tratti timore. Ma quella mattina non era solo professionalità a distinguerla: c’era un’aura nuova intorno a lei, qualcosa che faceva voltare anche chi l’aveva già vista mille volte.
«Martina, vieni da me appena puoi, per favore», disse con naturalezza passando accanto alla scrivania della sua segretaria personale, senza rallentare il passo. Il tono era gentile, ma non lasciava spazio a risposte diverse dal sì.
Attraversò il corridoio centrale e spinse la porta del suo ufficio, un angolo elegante e minimale, fatto di vetro e acciaio, dove tutto sembrava progettato per riflettere la sua presenza. E infatti, lo specchio alla sua destra non mancò di farlo. Si fermò di colpo, colta da un riflesso che le fece sgranare appena gli occhi.
Il completo rosso Armani che indossava la fasciava alla perfezione, seguendo ogni linea del suo corpo con la precisione di una carezza pensata. La giacca a doppio petto abbracciava il punto vita, mentre la minigonna si stringeva audacemente sulle cosce, mostrando ma non cedendo mai al cattivo gusto. Ai piedi, le Louboutin nere in vernice, il tacco rosso come una dichiarazione non detta. Sotto la giacca, un corpetto in raso nero modellava il seno in una scollatura audace, che non aveva niente di involontario. E il trucco, sì, il trucco era deciso, profondo negli occhi e infuocato sulle labbra.
Il rossetto rosso fuoco.
Un piccolo brivido le corse sulla schiena al pensiero dell'immagine vista la mattina sul telefono. Eppure, questa volta non abbassò lo sguardo. Anzi, si mise leggermente di profilo e si guardò meglio, inclinando il viso, come si fa quando ci si studia con compiacimento. Non si era mai vista così… viva.
La porta si aprì alle sue spalle e Martina entrò con discrezione, portando con sé una pila di documenti. Alzò lo sguardo e si fermò un istante. Poi sorrise, complice.
«Direi che oggi è un giorno da segnare sul calendario…»
Martina entrò e chiuse la porta alle sue spalle con un lieve clic, ancora un po' ipnotizzata dall’immagine della sua capa riflessa nel vetro: una visione più da copertina di una rivista di moda che da dirigente d’azienda. Alessia, con un gesto lento e quasi teatrale, le porse una cartelletta lucida, poggiandola sulla scrivania tra loro.
«Lo credo bene,» disse, con un mezzo sorriso malizioso che le increspava appena le labbra. «Guarda il contratto firmato.»
Martina aprì la cartelletta e iniziò a leggere. Le righe scorrevano rapide davanti ai suoi occhi, ma il suo viso tradiva un crescente stupore. Le condizioni erano impensabili, incredibilmente vantaggiose. Alla fine sollevò lo sguardo, confusa e sinceramente colpita.
«Ma… come hai fatto ad ottenere tutto questo?»
Alessia si appoggiò allo schienale con naturale eleganza, accavallando le gambe con la grazia studiata di chi sa di avere il controllo. «Ovvio,» rispose con un tono che oscillava tra l'ironico e il disarmante. «L’ho fatto ragionare con il suo cervello basso. Non aveva più sangue per connettere razionalmente.»
Martina rimase senza parole per un attimo, con la cartelletta ancora aperta tra le mani. Quella frase, pronunciata con tanta disinvoltura, sembrava uscita da un’altra Alessia, una versione di lei che non aveva mai incontrato prima.
La donna si chinò leggermente in avanti, con uno sguardo che brillava di una complicità inaspettata. «Tu non hai idea,» sussurrò, quasi con tono da confidente, «di quanto un mero bordo di autoreggente possa cancellare qualunque tipo di eccezione durante una trattativa commerciale.»
Martina rimase senza parole per un attimo, con la cartelletta ancora aperta tra le mani. Quella frase, pronunciata con tanta disinvoltura, sembrava uscita da un’altra Alessia, una versione di lei che non aveva mai incontrato prima.
La guardò meglio, cercando un appiglio nella consueta compostezza della donna, ma ne trovò solo uno nuovo, quasi alieno. «I tuoi occhi…» mormorò incerta. «Stanno cambiando. Sembrano azzurri. Ma non azzurri e basta… sembrano… brillare. Come se avessero dentro una luce propria.»
Il silenzio tra loro si fece più denso. Poi Martina, più esitante ma sinceramente curiosa, aggiunse: «E il seno… ti si è ingrossato? Sembra voler esplodere dentro quel corpetto.»
Alessia non rispose. Lentamente si alzò in piedi, scivolando con eleganza attorno alla scrivania. I suoi tacchi ticchettarono leggeri sul pavimento lucido. Si fermò a pochi centimetri da Martina, e senza dire una parola, con una calma quasi ipnotica, si chinò e le sfiorò le labbra con un bacio. Un contatto morbido, misurato, ma carico di tensione. E poi un guizzo, rapido e caldo: la sua lingua accarezzò appena quella dell’altra donna, lasciando il sapore di un desiderio tanto inspiegabile quanto inarrestabile.
Martina restò immobile, gli occhi sgranati. Alessia si raddrizzò, sistemandosi un ciuffo ribelle dietro l’orecchio con noncuranza, come se nulla fosse accaduto.
Martina uscì in silenzio, lasciando dietro di sé solo l’eco leggero dei tacchi sul pavimento e una scia di emozioni sospese. Alessia restò immobile, ancora rivolta verso la porta, come se quel gesto improvviso — quel bacio, quel fremito — non le appartenesse del tutto. Poi tornò lentamente alla sua sedia, ma non si sedette. Si appoggiò con entrambe le mani al bordo della scrivania, la schiena leggermente incurvata, la testa china.
Cosa mi sta succedendo? si chiese, senza ironia, senza panico, ma con un’inquieta lucidità.
Ripensò a tutto. Ai vuoti di memoria, ai risvegli in abiti che non aveva coscientemente scelto, al sapore sulla pelle, ai contratti firmati, agli sguardi rapiti degli uomini e alle occhiate invidiose o incuriosite delle donne. Ripensò alla trasformazione che sembrava impossibile, eppure evidente. Come se una parte di sé, fino a quel momento taciuta, anestetizzata dalla ragione, si stesse facendo largo con forza, con fame.
Quella parte non si vergognava. Non chiedeva permesso. Ridefiniva il suo modo di camminare, di guardare, di essere. E, cosa ancora più destabilizzante, sembrava portare con sé un potere magnetico, sensuale, inarrestabile.
Sono io, questa? si domandò ancora. Ma la risposta, per quanto confusa, si stava già disegnando nei contorni sempre più netti della sua nuova identità.
Quella donna allo specchio — sensuale, disinvolta, consapevole — era sempre stata lì. Solo che ora le catene che fino a quel momento avevano inibito i suoi movimenti, le sue libertà più profonde, si stavano spezzando. Una a una. Con ogni buio, con ogni assenza, con ogni risveglio.
Non era debolezza. Era liberazione.
Poi, mentre si stava per sedere, il telefono vibrò con discrezione. Alessia lo afferrò distrattamente. Un messaggio.
“Cena alle otto? Vorrei restituirti il bacio… magari con calma.” — M.
Un sorriso appena accennato le piegò le labbra, ma nei suoi occhi brillò una nuova consapevolezza.
Alessia rispose al messaggio senza riflettere troppo, lasciando che le dita si muovessero rapide sulla tastiera, guidate più dall’istinto che dalla logica:
“Ti aspetto a casa mia. Saremo più libere senza tuo marito.”
Premette “Invia” e poi rimase a guardare lo schermo per qualche secondo, quasi aspettandosi che quelle parole potessero esplodere in qualcosa di irreversibile. Ma nulla accadde, se non il solito silenzio ovattato del suo ufficio.
Libere. Sì. Ma libere da cosa, poi? Dai giudizi? Dalle convenzioni? O forse da quelle catene invisibili che, giorno dopo giorno, continuavano a sgretolarsi sotto i suoi tacchi, lasciandola nuda — non solo nel corpo, ma nell’anima.
Martina non era solo una donna attraente. Era, forse, l’unica persona che potesse davvero comprenderla. In mezzo a quel turbinio di cambiamenti, vuoti di memoria e desideri che sfuggivano al controllo, Alessia sentiva il bisogno urgente di una presenza femminile con cui condividere — non il piacere in sé, ma la vertigine di ciò che le stava accadendo. Martina rappresentava un varco, un rifugio. E forse, quella sera, avrebbe trovato non solo un corpo accogliente, ma anche un’anima capace di guardarla senza timore.
La giornata volò via in un turbine di impegni, e lei si immerse completamente nei ritmi frenetici della sua azienda. Con Martina i contatti rimasero professionali, quasi formali. Nessun accenno alla conversazione del mattino, nessun cedimento o ambiguità. Solo, al momento in cui Martina infilò il cappotto per lasciare l’ufficio, un rapido "a dopo", pronunciato con naturalezza, lasciò aperte tutte le possibilità.
Rientrò a casa accompagnata da Gianni, a differenza degli scorsi anni cominciarono a chiacchierare di facezie nel tragitto fino a casa. Appena la porta si chiuse alle sue spalle, la tensione sottile del giorno lasciò spazio a un’attesa vibrante. La casa era silenziosa e profumata di agrumi e spezie. Prese tempo per dedicarsi alla preparazione della cena: un piatto leggero e raffinato, cruditè di verdure fresche e un filetto di trota al forno con erbe aromatiche. Nulla di eccessivo, solo la promessa di sapori delicati e attenzioni pensate.
Poi si concesse a sé stessa. Sapeva che non si trattava solo di piacere estetico, ma di una scelta di potere, di presenza, di consapevolezza. Indossò una minigonna nera, cortissima e aderente, lucida come vinile ma elegante, che sembrava disegnata direttamente sulla sua pelle. Sopra, una giacca dal taglio netto, chiusa con un solo bottone a sottolineare il punto vita, lasciando intuire — senza mostrare — l’assenza di reggiseno. Solo un perizoma nero, invisibile sotto la stoffa, a segnarne l’essenziale. I capelli sciolti le cadevano morbidi sulle spalle, lisci e brillanti. Sulle gambe lunghissimi stivali in pelle nera, tacco dieci, che coprivano tutto il polpaccio fino oltre il ginocchio.
Guardandosi allo specchio, Alessia non si riconobbe subito. Poi, lentamente, un sorriso curvò le sue labbra. Non stava solo aspettando Martina. Stava invitando sé stessa a uscire del tutto.
Prese un lungo, profondo respiro. Il profumo — quel profumo — la investì con la forza di un'onda. Rapido, netto, avvolgente. Sentì subito il messaggio in viaggio, il segnale che dal suo naso correva impazzito verso il centro esatto del suo piacere, come un’autostrada libera e luminosa diretta al cuore del suo desiderio.
Ma qualcosa cambiò. Un pensiero, una scintilla improvvisa. Una voce interna, ferma.
No.
Non adesso.
Non così.
"Voglio godermi Martina. Dal vivo."
E nel momento stesso in cui il pensiero si formò, tutto si spense.
BUIO.
A differenza delle volte precedenti, Alessia non affondò nel solito torpore profondo. Si risvegliò quasi subito, con un sussulto, come se il corpo stesso avesse rifiutato l’oblio per restare aggrappato al desiderio. Ma ciò che la percorreva ora era ben oltre il semplice risveglio. Era fame. Fame di piacere, liquida e calda come un’onda che le saliva lenta dallo stomaco al petto, dal basso ventre fino alla gola.
Il profumo—quella scia invisibile che ormai la riconosceva meglio di chiunque altro—non solo non era svanito, ma sembrava essersi fuso alla sua pelle, penetrando dentro di lei come un amante silenzioso. Ogni fibra si tendeva, ogni pensiero si dissolveva lasciando spazio solo al bisogno.
Sotto quell’influsso, Alessia si alzò. I suoi movimenti erano languidi, sensuali, privi di esitazione. Davanti allo specchio, prese a truccarsi come in un rito sacro. Le dita scivolavano sul viso con sicurezza, tracciando linee perfette. Era bellissima, e lo sapeva. Ma fu quando si guardò negli occhi che il respiro le mancò per un istante: le pupille erano interamente azzurre, accese da una luce propria, ipnotiche, divine, quasi sovrannaturali.
Ogni parte di lei sembrava gridare erotismo. La pelle era tesa, viva, pronta al contatto. I seni nudi sotto la giacca reagivano a ogni minimo movimento. La gonna aderiva come una carezza continua, e ogni passo degli stivali alti era un invito.
Quando il citofono trillò, un fremito le percorse la schiena.
Un brivido lungo e dolce come una lingua sulla pelle.
Sorrise.
La volontà del raggiungere il piacere fisico si contrapponeva al bisogno viscerale di condivisione della sua situazione, ancora non sapeva come sarebbe andata la serata, ma il suo basso ventre le comunicava che aveva idee ben precise su come la avrebbe conclusa.
Quando Alessia aprì la porta e il suono dell’ascensore cessò, Martina fece il suo ingresso nella stanza. La luce soffusa del soggiorno si rifletteva sul suo corpo, accentuando ogni curva, ogni dettaglio del suo essere. Era alta, 170 cm di pura grazia e sensualità. Indossava un abito nero che le aderiva perfettamente come una seconda pelle, mettendo in risalto le sue forme generose e femminili. La minigonna nera, corta e perfetta, lasciava intravedere le sue gambe lunghe e scolpite, accentuate da un paio di stivali neri in pelle con il tacco alto, che la rendevano ancora più elegante e provocante.
Il top a maniche lunghe, leggermente trasparente in alcuni punti, era un gioco di sensualità velata: le spalle erano libere, scoperte, mentre il seno, sostenuto da un reggiseno che ne esaltava la rotondità, sembrava prigioniero di quel tessuto aderente. La scollatura, benché discreta, donava una sensazione di eleganza irresistibile, attirando l’attenzione su di lei senza mai risultare volgare. Il contrasto tra il nero del suo abito e la sua pelle scura e liscia era una combinazione potente, una presenza che riempiva la stanza.
Gli occhi, ampi e pesantemente truccati, sembravano brillare di un'intensità che li rendeva magnetici, quasi ipnotici. Il trucco marcato, con un sottile ma deciso contorno di eyeliner, esaltava la profondità del suo sguardo, che ora si rifletteva in quello di Alessia, come un gioco silenzioso di seduzione. Le sue labbra, dipinte di un rossetto nero lucido, erano perfette, carnose e morbide, un invito a perdersi nel loro abbraccio. Ogni movimento del viso e delle labbra sembrava enfatizzare quel contrasto tra il dolce e il seducente, il misterioso e il provocante.
I capelli, corti ma estremamente femminili, erano pettinati con cura, incorniciando il suo viso con una sensualità naturale. Ogni ciocca sembrava scegliere di muoversi con lei, riflettendo la luce con un’intensità che catturava l’attenzione. Gli orecchini ad anello, grandi e lucidi, cadevano delicatamente sulle sue spalle, aggiungendo un ulteriore tocco di eleganza e sensualità al suo look.
Alessia la accolse con un sorriso aperto, caldo, e si avvicinò a Martina con naturalezza. Le porse un bacio su una guancia, poi sull’altra, come da consuetudine… ma dopo il secondo bacio, la sua mano si mosse con dolce decisione. Le dita si insinuarono dietro la nuca della ragazza, sfiorandole la pelle, afferrandola con fermezza e desiderio. I loro sguardi si incrociarono per un attimo eterno, poi Alessia piegò il viso e posò le labbra su quelle di Martina.
Fu un bacio pieno, sensuale, profondo. Le labbra si cercarono e si trovarono con fame antica, esplorandosi, aprendosi, fondendosi. Le lingue si intrecciarono in un gioco lento e umido, e il respiro di entrambe divenne breve, irregolare. Un bacio bagnato, audace, che diceva molto più di qualsiasi parola, svelando attrazione, tensione, promessa.
Quando si staccarono, lo fecero a malincuore, come se qualcosa di prezioso fosse stato interrotto. Alessia le accarezzò piano la guancia con il dorso della mano, poi sorrise con un misto di dolcezza e desiderio e, con voce bassa e vellutata, sussurrò:
— Sei bellissima.
Martina, ancora confusa ma visibilmente colpita dall’intensità di quell’accoglienza, si avvicinò lentamente ad Alessia. Con gesti lenti, quasi a voler prendere tempo per assimilare tutto, le slacciò con grazia il bottone della giacca, lasciando che il tessuto si aprisse quel tanto che bastava a lasciar intravedere la pelle nuda sottostante. I loro occhi si incrociarono ancora, pieni di tensione ed elettricità. Poi, con un sussurro carico di significati, Martina le disse:
— Abbiamo tutta la notte… e domani è sabato.
Alessia sorrise complice, come se avesse atteso quelle parole da sempre, e con passo elegante la guidò verso il cuore della casa. — Ti preparo un aperitivo — disse con voce bassa e roca — uno spritz Select, come si deve.
Si avvicinò al bancone della cucina e, senza voltarsi, lasciò scivolare la giacca a terra con studiata naturalezza, rimanendo a seno nudo. La pelle liscia, i capezzoli tesi, si muovevano in sincronia con ogni gesto mentre prendeva i bicchieri, apriva la bottiglia e miscelava con cura.
Martina la osservava da dietro, ipnotizzata. Poi, con un sorrisetto malizioso, commentò:
— Così sarà davvero difficile concentrarmi su uno spritz…
Alessia si voltò appena, lanciandole uno sguardo carico di ironia e complicità. Martina, mordendosi il labbro inferiore, si voltò e sparì nella camera da letto per qualche minuto.
Quando riemerse, era un’apparizione: indossava solo la parte superiore di un costume da bagno a triangolo, nero lucido effetto bagnato. Il tessuto, sottile e aderente, sembrava accentuare le curve più di quanto avrebbe fatto la nudità. I seni, pieni e sodi, sembravano spingere il tessuto al limite, mentre la luce della stanza giocava sulle superfici brillanti.
Alessia la vide arrivare, bicchieri in mano, e un brivido le attraversò la schiena. Quella sera, i confini tra desiderio, intimità e istinto si stavano già dissolvendo.
Martina raccolse con grazia la giacca di Alessia da terra, la piegò sommariamente e, avvicinandosi con un gesto dolce e rispettoso, gliela porse.
— Tieni, magari ti sentirai più a tuo agio… anche se, devo ammettere, l’effetto è mozzafiato.
Alessia sorrise, colpita dalla premura della ragazza. Indossò la giacca senza fretta, lasciandola aperta, senza abbottonarla: voleva sentirsi libera, e sapeva benissimo quale effetto provocasse quel lieve ondeggiare del tessuto sul triangolo pieno del reggiseno. Era un gioco di vedo-non vedo che parlava più di mille parole.
Si scambiarono i bicchieri e brindarono, i cristalli che si toccavano delicatamente sembravano suggellare qualcosa di nuovo, ancora indefinito.
— A questa serata… qualunque cosa diventi — disse Alessia, sollevando leggermente il calice, lo sguardo puntato dritto negli occhi di Martina.
Martina sorrise, ma subito dopo, con un’espressione incuriosita e quasi incantata, inclinò leggermente la testa.
— Devo dirtelo… sono spettacolari. Le lenti a contatto azzurre ti rendono magnetica. Sembrano brillare.
Alessia esitò. Poi abbassò il bicchiere. Quel momento era arrivato.
— Non sono lenti, Martina.
Il tono era calmo, quasi protettivo.
Martina la guardò confusa, ma non interruppe. Alessia posò il bicchiere sul bancone, si sistemò meglio la giacca — che, nel movimento, lasciò nuovamente intravedere la curva perfetta del seno — e si avvicinò alla ragazza con passo lento.
— Ti ho invitata a cena perché sei l’unica persona, in tutto questo caos che mi sta succedendo, con cui potrei anche solo provare a parlare apertamente… senza sentirmi pazza.
Martina si fece seria, annuì lentamente, mentre Alessia iniziava a raccontare. Dall’odore misterioso, ai blackout di memoria, ai messaggi lasciati sul telefono, al contratto firmato senza sapere come, fino alla trasformazione del suo corpo e del suo desiderio.
Ogni parola era un frammento di verità che cercava un appiglio. Ogni sguardo tra loro due era un tentativo di capire se fosse il momento giusto per fidarsi.
Martina ascoltava in silenzio, incantata, e forse anche un po’ turbata. Ma i suoi occhi — truccati di scuro e profondi — non si allontanarono mai da quelli di Alessia.
Martina restò in silenzio per qualche istante, i suoi occhi neri come la notte fissi su quelli brillanti di Alessia, come se cercassero di cogliere ogni singola sfumatura di quella confessione, ogni non detto, ogni vibrazione sottopelle. Aveva ascoltato con attenzione, ma ora sembrava agire d’istinto, guidata da qualcosa di più primitivo della ragione.
Fece un piccolo passo avanti, poi un altro, il calore dei loro corpi iniziava già a fondersi nell’aria sospesa tra loro. Con gesti lenti e morbidi, Martina portò una mano al fianco di Alessia, la sfiorò con le dita aperte, come se stesse verificando che fosse davvero lì, che fosse reale. Poi le fece scivolare la giacca dalle spalle con naturalezza, come si spoglia un’amante prima di un rituale, e la lasciò scivolare a terra senza distogliere lo sguardo dal suo volto.
«È tutto vero quello che mi hai detto… ma tu sei ancora più vera,» sussurrò, con un tono basso, graffiato dal desiderio trattenuto.
Le loro bocche si cercarono ancora una volta, stavolta senza esitazione. Non fu un bacio rubato, ma un incontro voluto, languido, lungo, pieno di tensione e di promesse. Le mani di Martina si poggiarono sui fianchi di Alessia, esplorandola lentamente, mentre la sua bocca si apriva alla sua con dolce avidità.
Non c’erano più segreti né paure. Solo pelle, respiro, sguardi che parlavano il linguaggio del desiderio. E la notte era appena cominciata.
Alessia prese Martina per mano, conducendola con delicatezza fino alla penisola della cucina. Le fece segno di sedersi, mentre lei si posizionava tra le sue gambe, lo sguardo fisso nei suoi occhi, come a voler leggere ogni emozione che le attraversava il volto.
Martina, ancora scossa dalla forza dei sentimenti che la serata stava facendo emergere, si abbandonò a quell’invito muto, lasciando che le mani di Alessia le accarezzassero le cosce con una lentezza carica di tensione. L’atmosfera era densa, quasi sospesa, come se il tempo avesse deciso di rallentare per permettere ai loro respiri di fondersi.
Alessia si chinò, posando un bacio sul ventre teso di Martina, poi un altro più in basso, in una traiettoria che faceva vibrare la pelle e l’attesa. Le mani di Martina si aggrapparono ai bordi della superficie sotto di lei, il capo leggermente all'indietro, gli occhi chiusi, mentre un fremito le attraversava il corpo.
Fece scivolare in alto l'orlo inferiore della minigonna e scostato lo splendido perizoma di pizzo si tuffò con la bocca ad esplorare il caldo e profumato anfratto, con le dita si aiutò a scoprire la parte rosa nascosta e con la lingua cominciò a stuzzicare la sua parte più sensibile, dove le labbra si uniscono in un invito al peccato. I gemiti emessi dalla ragazza le fecero capire immediatamente che il trattamento era più che gradito, la ragazza era bagnata dal piacere che stava provando adesso e dall'eccitazione che aveva provato prima. Ma non le bastava, iniziò a succhiare quella piccola cellula di piacere fino a rendere la sua azione un piacere dolore misto, all'ennesimo mugolio di piacere inserì due dita dentro alla sua tana mentre continuava il lavorio con la sua bocca e la sua lingua, i mugolii divennero veri e propri gemiti di piacere con un intensità sempre crescente, la lubrificazione interna causata dalla lingua e dalle due dita dentro di lei fecero infiammare Alessia, che senza alcun preavviso divise le due dita per profanare contemporaneamente gli antri del piacere di Martina, questo colse di sorpresa la ragazza, che dopo un piccolo urlo, si lasciò andare ad un orgasmo intenso, prolungato e molto liquido.
Risalì lentamente lungo il corpo di Martina, assaporando ogni sfumatura del contatto appena consumato. Le sue mani continuavano a massaggiarla delicatamente per farle calmare l'orgasmo appena provato. I loro occhi si incrociarono, lucidi e profondi, mentre l’aria intorno a loro sembrava essersi fatta più densa, carica di una tensione elettrica che faceva vibrare ogni centimetro della pelle.
Martina chiuse gli occhi per un istante, pronta a lasciarsi cullare da quella quiete, ma un aroma improvviso, avvolgente e sconosciuto, le colpì le narici. Non era un semplice profumo: era qualcosa di più primordiale, come se portasse con sé un richiamo ancestrale.
L’impulso fu immediato, quasi animalesco. Una scossa percorse il suo corpo, attraversandole la schiena e dirigendosi in basso, nel suo profondo, dove il desiderio si fece impellente e totalizzante. Il suo respiro si spezzò, il busto si arcuò in un movimento istintivo e travolgente. Le mani a serrare il piano della penisola fino a sbiancarsi le dita per l'intensità, la tensione del suo corpo era al limite quando la scossa la fece venire nuovamente, ma in modo ancora più intenso, più prolungato, furono secondi di occhi sbarrati ed in apnea, fu un orgasmo devastante e squassante, nulla era mai stato, in tutta la sua vita, minimamente paragonabile a quanto provato in quello momento. Poi lentamente il piacere lasciò il posto ad una sensazione di appagamento strabiliante.
Aprì gli occhi, ancora inebriata, e incontrò lo sguardo placido e sicuro di Alessia.
Lei con in mano il suo bicchiere di aperitivo, la guardava sorniona con un sorriso soddisfatto sul volto «Ma che begli occhi azzurri, tesoro,» sussurrò lei con un sorriso soddisfatto. «Benvenuta.»
«Alessia…» sussurrò con un filo di voce, «non ho mai sentito nulla di simile. Era… travolgente. Irreale.»
Alessia le accarezzò lentamente l’interno coscia, con un tocco che non voleva eccitare, ma rassicurare. «Lo so,» rispose, con dolcezza. «Neanche per me è stato normale. Ma non c’è niente che non vada, ho fatto tutti gli esami. Sono perfetta, almeno per la medicina.»
Martina le prese il viso tra le mani, osservandola a fondo. «E gli occhi? Quel bagliore azzurro… è come se entrassero in me.»
Un sorriso complice increspò le labbra rosse di Alessia. «Lo stesso che ho visto nei tuoi, tesoro. Forse siamo cambiate entrambe.»
Ci fu una pausa, silenziosa e piena di senso. Le due donne si baciarono lentamente, senza urgenza, con labbra morbide e lingue che si sfioravano con grazia e desiderio. Era un bacio carico di nuove promesse, più che di ardore.
Poi si staccarono, sorridendo come due complici sorprese dalla propria intesa.
«Vieni,» disse Alessia, prendendole la mano. «Ti preparo una cena che non dimenticherai.»
Martina rise, scendendo dalla penisola con la leggerezza di chi ha appena scoperto un nuovo mondo. «Dopo quello che ho appena provato… voglio scoprire tutto. Ogni dettaglio.»
La cena fu un intreccio di sapori e sguardi. Le cruditè, croccanti e profumate, sembravano danzare sul palato amplificato dai sensi risvegliati. La trota, morbida e delicata, si scioglieva in bocca come un bacio leggero, e ogni brindisi era un’occasione per un nuovo sorriso, un contatto di dita, uno scambio di complicità sempre più profondo.
Le candele sulla tavola proiettavano ombre tremule sulle pareti, e il riflesso azzurro dei loro occhi creava un’aura quasi mistica tra i cristalli dei bicchieri e le posate d’argento. Alessia si scopriva più leggera, più viva, e notava come anche Martina si fosse lasciata andare, il suo corpo più rilassato, la sua risata più calda, il suo sguardo pieno di un desiderio morbido e presente.
Parlavano. Di loro, delle stranezze accadute, ma anche di sogni e fantasie. Nessuna delle due sentiva il bisogno di etichette o spiegazioni razionali. Quel momento era autentico, fluido, e bastava da solo.
Martina si alzò, il bicchiere ancora in mano, e si avvicinò ad Alessia. Le si avvicinò all’orecchio, e con un tono che era un sussurro e una carezza insieme, disse:
«Andiamo a letto?»
Alessia la guardò sorpresa. «Martina… sono solo le dieci.»
Martina sorrise con malizia, le dita che giocherellavano con il primo bottone della giacca di Alessia. «Mica per dormire.»
Un brivido percorse la schiena della padrona di casa. Senza aggiungere altro, prese la mano di Martina e la condusse nella penombra soffusa della camera da letto, dove il resto della notte era ancora tutto da scrivere.
La camera era pervasa da una luce calda e soffusa, quella delle candele che ancora tremolavano sui mobili. Quando Alessia e Martina si stesero sul letto, i loro corpi si attrassero come due poli magnetici finalmente liberi di congiungersi. Le labbra si cercarono senza fretta, con una dolcezza carica di promessa, e le mani iniziarono il loro viaggio alla scoperta di curve, respiri e sussulti.
Ogni tocco era una scintilla, ogni carezza un crescendo. Si scambiavano piacere in silenzi interrotti solo da sospiri, parole sussurrate e nomi pronunciati con voce spezzata dal desiderio. Le due donne esplorarono ogni centimetro l’una dell’altra con una naturalezza che sembrava scritta nel loro istinto, come se si fossero sempre appartenute.
Il tempo perse significato. Si spostarono, si rincorsero, si trovarono ancora. Tra lenzuola stropicciate e corpi intrecciati, provarono e riprovarono tutte le forme che il piacere può assumere quando è condiviso, quando è puro e travolgente. Nessuna regola, nessuna inibizione: solo libertà, fiducia e un desiderio che sembrava inesauribile.
E quando infine il sole cominciò a filtrare dalle tende leggere, illuminando i loro corpi sfiniti, si abbracciarono, nude e sazie, con la pelle ancora calda e il cuore ancora in tumulto. Nessuna delle due disse nulla. Non ce n’era bisogno.
Si addormentarono così, l’una tra le braccia dell’altra, con un sorriso sulle labbra e gli occhi socchiusi che ancora brillavano di azzurro.
Il silenzio ovattato della stanza venne infranto dal trillo insistente di un cellulare. Martina, ancora immersa nel tepore del letto e del corpo nudo di Alessia accanto a lei, si stirò lentamente prima di allungarsi verso il comodino. Guardò il display: “Amore mio” lampeggiava accanto a una foto sorridente di suo marito.
Uno sguardo a Alessia fu sufficiente per capirsi. La donna le passò con dolcezza una mano tra i capelli scompigliati, come a rassicurarla. Martina rispose con voce ancora impastata di sonno:
«Ciao amore… Sì, tutto bene. Volevo proprio scriverti. Hanno prolungato la convention di un giorno, torno domani sera… Sì, tranquillo, tutto a posto. Ti scrivo più tardi.»
Chiuse la chiamata con un sospiro leggero. Poi si voltò verso Alessia, che la guardava in silenzio, con un’espressione calma e serena. Si baciarono piano, con la tenerezza delle prime luci del mattino, poi si alzarono senza fretta, si infilarono due camicie leggere e andarono in cucina.
Sedute una di fronte all’altra, con tazze di caffè fumante tra le mani, si studiarono a lungo. I loro occhi erano cambiati. Il cerchio azzurro intorno alle pupille, nitido e luminoso, sembrava quasi pulsare lentamente, come il battito di un cuore che comunica.
Martina fu la prima a rompere il silenzio. «Hai visto anche tu, vero? I nostri occhi… non sono più gli stessi.»
Alessia annuì. «Sì. Ma non è solo quello. È come se tutto in me fosse... più vivo. Più intenso. Il piacere, i sensi, perfino i pensieri.»
Martina sorrise, ma era un sorriso velato da una nuova consapevolezza. «Non ho mai provato niente del genere. Mai. Con nessuno. È stato… totale. E tu, tu eri perfetta. Mi bastava un tuo sguardo per sentire il sangue bollire.»
«E non era solo fisico,» aggiunse Alessia, con tono più profondo. «Era come se le nostre menti si fossero toccate. Come se i nostri corpi sapessero esattamente cosa fare, dove cercare, dove dare piacere. E non era solo istinto. Era… connessione.»
Martina abbassò lo sguardo nella tazza, riflettendo. «Ti rendi conto? Ieri eravamo semplicemente due colleghe. E adesso… sento come se avessimo scoperto qualcosa di sacro, di irripetibile.»
«Oppure di appena iniziato,» sussurrò Alessia, con un filo di voce, guardandola dritta negli occhi.
Martina le prese la mano e la strinse tra le sue. «Hai paura?»
«No. Ma mi sento diversa. E non solo per ciò che abbiamo fatto. È come se ci fosse una parte di me che si è svegliata. Come se tutto il resto fosse stato solo un’attesa. Di te, di questo. Di noi.»
Le due donne restarono in silenzio per qualche istante, lasciando che il momento si sedimentasse nei loro cuori.
Poi Alessia sorrise con leggerezza. «Abbiamo tutto il giorno. E occhi azzurri come il cielo. Vediamo dove ci porteranno.»
Spero che vi sia piaciuto, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com
Si passò una mano tra i capelli, cercando di rimettere insieme i pezzi del puzzle. «Sto recuperando con interessi da usuraia», pensò con un mezzo sorriso, mentre rifletteva su quanto tempo avesse trascorso senza ascoltare davvero il suo corpo, senza assecondarlo. Anni, forse. Ora, invece, era come se ogni cosa repressa si fosse scatenata, liberata, e stesse risalendo in superficie a una velocità vertiginosa.
Si alzò senza pensarci troppo, con movimenti più decisi del solito. Una lunga doccia calda, il vapore che le scivolava addosso come una carezza continua. Poi il trucco, i gesti automatici, veloci ma precisi. E infine il vestito, guidata solo da quella voce interna che ormai sembrava avere il timone della sua volontà. Appena pronta uscì di casa con la cartelletta del contratto firmato in mano.
Scese e trovò Gianni ad attenderla come sempre. La portiera della macchina si aprì davanti a lei con la consueta eleganza, e una volta seduta, si voltò a guardarlo. Lui le rivolse un sorriso complice, uno sguardo divertito e gentile.
«Devo dire che non ti vedevo così felice da tanto tempo», disse con tono amichevole. «Ieri sera… avevi un’espressione da estasi mistica quando ti ho aiutata a scendere dall’auto. Non hai detto una parola, ma sorridevi come se avessi appena vinto alla lotteria.»
Alessia abbassò lo sguardo, colta alla sprovvista, ma non imbarazzata. Si chiese se quella felicità l’avesse davvero provata o se fosse solo rimasta impressa sul suo volto da qualcosa che la sua mente ancora non riusciva a ricordare del tutto.
«Grazie, Gianni», mormorò. «Credo che, in effetti, stia vivendo qualcosa di… strano. Ma bello. Molto bello.»
Appena varcata la soglia dell’edificio, Alessia tornò a indossare la sua maschera da dirigente, quella che ogni giorno ispirava rispetto, a tratti timore. Ma quella mattina non era solo professionalità a distinguerla: c’era un’aura nuova intorno a lei, qualcosa che faceva voltare anche chi l’aveva già vista mille volte.
«Martina, vieni da me appena puoi, per favore», disse con naturalezza passando accanto alla scrivania della sua segretaria personale, senza rallentare il passo. Il tono era gentile, ma non lasciava spazio a risposte diverse dal sì.
Attraversò il corridoio centrale e spinse la porta del suo ufficio, un angolo elegante e minimale, fatto di vetro e acciaio, dove tutto sembrava progettato per riflettere la sua presenza. E infatti, lo specchio alla sua destra non mancò di farlo. Si fermò di colpo, colta da un riflesso che le fece sgranare appena gli occhi.
Il completo rosso Armani che indossava la fasciava alla perfezione, seguendo ogni linea del suo corpo con la precisione di una carezza pensata. La giacca a doppio petto abbracciava il punto vita, mentre la minigonna si stringeva audacemente sulle cosce, mostrando ma non cedendo mai al cattivo gusto. Ai piedi, le Louboutin nere in vernice, il tacco rosso come una dichiarazione non detta. Sotto la giacca, un corpetto in raso nero modellava il seno in una scollatura audace, che non aveva niente di involontario. E il trucco, sì, il trucco era deciso, profondo negli occhi e infuocato sulle labbra.
Il rossetto rosso fuoco.
Un piccolo brivido le corse sulla schiena al pensiero dell'immagine vista la mattina sul telefono. Eppure, questa volta non abbassò lo sguardo. Anzi, si mise leggermente di profilo e si guardò meglio, inclinando il viso, come si fa quando ci si studia con compiacimento. Non si era mai vista così… viva.
La porta si aprì alle sue spalle e Martina entrò con discrezione, portando con sé una pila di documenti. Alzò lo sguardo e si fermò un istante. Poi sorrise, complice.
«Direi che oggi è un giorno da segnare sul calendario…»
Martina entrò e chiuse la porta alle sue spalle con un lieve clic, ancora un po' ipnotizzata dall’immagine della sua capa riflessa nel vetro: una visione più da copertina di una rivista di moda che da dirigente d’azienda. Alessia, con un gesto lento e quasi teatrale, le porse una cartelletta lucida, poggiandola sulla scrivania tra loro.
«Lo credo bene,» disse, con un mezzo sorriso malizioso che le increspava appena le labbra. «Guarda il contratto firmato.»
Martina aprì la cartelletta e iniziò a leggere. Le righe scorrevano rapide davanti ai suoi occhi, ma il suo viso tradiva un crescente stupore. Le condizioni erano impensabili, incredibilmente vantaggiose. Alla fine sollevò lo sguardo, confusa e sinceramente colpita.
«Ma… come hai fatto ad ottenere tutto questo?»
Alessia si appoggiò allo schienale con naturale eleganza, accavallando le gambe con la grazia studiata di chi sa di avere il controllo. «Ovvio,» rispose con un tono che oscillava tra l'ironico e il disarmante. «L’ho fatto ragionare con il suo cervello basso. Non aveva più sangue per connettere razionalmente.»
Martina rimase senza parole per un attimo, con la cartelletta ancora aperta tra le mani. Quella frase, pronunciata con tanta disinvoltura, sembrava uscita da un’altra Alessia, una versione di lei che non aveva mai incontrato prima.
La donna si chinò leggermente in avanti, con uno sguardo che brillava di una complicità inaspettata. «Tu non hai idea,» sussurrò, quasi con tono da confidente, «di quanto un mero bordo di autoreggente possa cancellare qualunque tipo di eccezione durante una trattativa commerciale.»
Martina rimase senza parole per un attimo, con la cartelletta ancora aperta tra le mani. Quella frase, pronunciata con tanta disinvoltura, sembrava uscita da un’altra Alessia, una versione di lei che non aveva mai incontrato prima.
La guardò meglio, cercando un appiglio nella consueta compostezza della donna, ma ne trovò solo uno nuovo, quasi alieno. «I tuoi occhi…» mormorò incerta. «Stanno cambiando. Sembrano azzurri. Ma non azzurri e basta… sembrano… brillare. Come se avessero dentro una luce propria.»
Il silenzio tra loro si fece più denso. Poi Martina, più esitante ma sinceramente curiosa, aggiunse: «E il seno… ti si è ingrossato? Sembra voler esplodere dentro quel corpetto.»
Alessia non rispose. Lentamente si alzò in piedi, scivolando con eleganza attorno alla scrivania. I suoi tacchi ticchettarono leggeri sul pavimento lucido. Si fermò a pochi centimetri da Martina, e senza dire una parola, con una calma quasi ipnotica, si chinò e le sfiorò le labbra con un bacio. Un contatto morbido, misurato, ma carico di tensione. E poi un guizzo, rapido e caldo: la sua lingua accarezzò appena quella dell’altra donna, lasciando il sapore di un desiderio tanto inspiegabile quanto inarrestabile.
Martina restò immobile, gli occhi sgranati. Alessia si raddrizzò, sistemandosi un ciuffo ribelle dietro l’orecchio con noncuranza, come se nulla fosse accaduto.
Martina uscì in silenzio, lasciando dietro di sé solo l’eco leggero dei tacchi sul pavimento e una scia di emozioni sospese. Alessia restò immobile, ancora rivolta verso la porta, come se quel gesto improvviso — quel bacio, quel fremito — non le appartenesse del tutto. Poi tornò lentamente alla sua sedia, ma non si sedette. Si appoggiò con entrambe le mani al bordo della scrivania, la schiena leggermente incurvata, la testa china.
Cosa mi sta succedendo? si chiese, senza ironia, senza panico, ma con un’inquieta lucidità.
Ripensò a tutto. Ai vuoti di memoria, ai risvegli in abiti che non aveva coscientemente scelto, al sapore sulla pelle, ai contratti firmati, agli sguardi rapiti degli uomini e alle occhiate invidiose o incuriosite delle donne. Ripensò alla trasformazione che sembrava impossibile, eppure evidente. Come se una parte di sé, fino a quel momento taciuta, anestetizzata dalla ragione, si stesse facendo largo con forza, con fame.
Quella parte non si vergognava. Non chiedeva permesso. Ridefiniva il suo modo di camminare, di guardare, di essere. E, cosa ancora più destabilizzante, sembrava portare con sé un potere magnetico, sensuale, inarrestabile.
Sono io, questa? si domandò ancora. Ma la risposta, per quanto confusa, si stava già disegnando nei contorni sempre più netti della sua nuova identità.
Quella donna allo specchio — sensuale, disinvolta, consapevole — era sempre stata lì. Solo che ora le catene che fino a quel momento avevano inibito i suoi movimenti, le sue libertà più profonde, si stavano spezzando. Una a una. Con ogni buio, con ogni assenza, con ogni risveglio.
Non era debolezza. Era liberazione.
Poi, mentre si stava per sedere, il telefono vibrò con discrezione. Alessia lo afferrò distrattamente. Un messaggio.
“Cena alle otto? Vorrei restituirti il bacio… magari con calma.” — M.
Un sorriso appena accennato le piegò le labbra, ma nei suoi occhi brillò una nuova consapevolezza.
Alessia rispose al messaggio senza riflettere troppo, lasciando che le dita si muovessero rapide sulla tastiera, guidate più dall’istinto che dalla logica:
“Ti aspetto a casa mia. Saremo più libere senza tuo marito.”
Premette “Invia” e poi rimase a guardare lo schermo per qualche secondo, quasi aspettandosi che quelle parole potessero esplodere in qualcosa di irreversibile. Ma nulla accadde, se non il solito silenzio ovattato del suo ufficio.
Libere. Sì. Ma libere da cosa, poi? Dai giudizi? Dalle convenzioni? O forse da quelle catene invisibili che, giorno dopo giorno, continuavano a sgretolarsi sotto i suoi tacchi, lasciandola nuda — non solo nel corpo, ma nell’anima.
Martina non era solo una donna attraente. Era, forse, l’unica persona che potesse davvero comprenderla. In mezzo a quel turbinio di cambiamenti, vuoti di memoria e desideri che sfuggivano al controllo, Alessia sentiva il bisogno urgente di una presenza femminile con cui condividere — non il piacere in sé, ma la vertigine di ciò che le stava accadendo. Martina rappresentava un varco, un rifugio. E forse, quella sera, avrebbe trovato non solo un corpo accogliente, ma anche un’anima capace di guardarla senza timore.
La giornata volò via in un turbine di impegni, e lei si immerse completamente nei ritmi frenetici della sua azienda. Con Martina i contatti rimasero professionali, quasi formali. Nessun accenno alla conversazione del mattino, nessun cedimento o ambiguità. Solo, al momento in cui Martina infilò il cappotto per lasciare l’ufficio, un rapido "a dopo", pronunciato con naturalezza, lasciò aperte tutte le possibilità.
Rientrò a casa accompagnata da Gianni, a differenza degli scorsi anni cominciarono a chiacchierare di facezie nel tragitto fino a casa. Appena la porta si chiuse alle sue spalle, la tensione sottile del giorno lasciò spazio a un’attesa vibrante. La casa era silenziosa e profumata di agrumi e spezie. Prese tempo per dedicarsi alla preparazione della cena: un piatto leggero e raffinato, cruditè di verdure fresche e un filetto di trota al forno con erbe aromatiche. Nulla di eccessivo, solo la promessa di sapori delicati e attenzioni pensate.
Poi si concesse a sé stessa. Sapeva che non si trattava solo di piacere estetico, ma di una scelta di potere, di presenza, di consapevolezza. Indossò una minigonna nera, cortissima e aderente, lucida come vinile ma elegante, che sembrava disegnata direttamente sulla sua pelle. Sopra, una giacca dal taglio netto, chiusa con un solo bottone a sottolineare il punto vita, lasciando intuire — senza mostrare — l’assenza di reggiseno. Solo un perizoma nero, invisibile sotto la stoffa, a segnarne l’essenziale. I capelli sciolti le cadevano morbidi sulle spalle, lisci e brillanti. Sulle gambe lunghissimi stivali in pelle nera, tacco dieci, che coprivano tutto il polpaccio fino oltre il ginocchio.
Guardandosi allo specchio, Alessia non si riconobbe subito. Poi, lentamente, un sorriso curvò le sue labbra. Non stava solo aspettando Martina. Stava invitando sé stessa a uscire del tutto.
Prese un lungo, profondo respiro. Il profumo — quel profumo — la investì con la forza di un'onda. Rapido, netto, avvolgente. Sentì subito il messaggio in viaggio, il segnale che dal suo naso correva impazzito verso il centro esatto del suo piacere, come un’autostrada libera e luminosa diretta al cuore del suo desiderio.
Ma qualcosa cambiò. Un pensiero, una scintilla improvvisa. Una voce interna, ferma.
No.
Non adesso.
Non così.
"Voglio godermi Martina. Dal vivo."
E nel momento stesso in cui il pensiero si formò, tutto si spense.
BUIO.
A differenza delle volte precedenti, Alessia non affondò nel solito torpore profondo. Si risvegliò quasi subito, con un sussulto, come se il corpo stesso avesse rifiutato l’oblio per restare aggrappato al desiderio. Ma ciò che la percorreva ora era ben oltre il semplice risveglio. Era fame. Fame di piacere, liquida e calda come un’onda che le saliva lenta dallo stomaco al petto, dal basso ventre fino alla gola.
Il profumo—quella scia invisibile che ormai la riconosceva meglio di chiunque altro—non solo non era svanito, ma sembrava essersi fuso alla sua pelle, penetrando dentro di lei come un amante silenzioso. Ogni fibra si tendeva, ogni pensiero si dissolveva lasciando spazio solo al bisogno.
Sotto quell’influsso, Alessia si alzò. I suoi movimenti erano languidi, sensuali, privi di esitazione. Davanti allo specchio, prese a truccarsi come in un rito sacro. Le dita scivolavano sul viso con sicurezza, tracciando linee perfette. Era bellissima, e lo sapeva. Ma fu quando si guardò negli occhi che il respiro le mancò per un istante: le pupille erano interamente azzurre, accese da una luce propria, ipnotiche, divine, quasi sovrannaturali.
Ogni parte di lei sembrava gridare erotismo. La pelle era tesa, viva, pronta al contatto. I seni nudi sotto la giacca reagivano a ogni minimo movimento. La gonna aderiva come una carezza continua, e ogni passo degli stivali alti era un invito.
Quando il citofono trillò, un fremito le percorse la schiena.
Un brivido lungo e dolce come una lingua sulla pelle.
Sorrise.
La volontà del raggiungere il piacere fisico si contrapponeva al bisogno viscerale di condivisione della sua situazione, ancora non sapeva come sarebbe andata la serata, ma il suo basso ventre le comunicava che aveva idee ben precise su come la avrebbe conclusa.
Quando Alessia aprì la porta e il suono dell’ascensore cessò, Martina fece il suo ingresso nella stanza. La luce soffusa del soggiorno si rifletteva sul suo corpo, accentuando ogni curva, ogni dettaglio del suo essere. Era alta, 170 cm di pura grazia e sensualità. Indossava un abito nero che le aderiva perfettamente come una seconda pelle, mettendo in risalto le sue forme generose e femminili. La minigonna nera, corta e perfetta, lasciava intravedere le sue gambe lunghe e scolpite, accentuate da un paio di stivali neri in pelle con il tacco alto, che la rendevano ancora più elegante e provocante.
Il top a maniche lunghe, leggermente trasparente in alcuni punti, era un gioco di sensualità velata: le spalle erano libere, scoperte, mentre il seno, sostenuto da un reggiseno che ne esaltava la rotondità, sembrava prigioniero di quel tessuto aderente. La scollatura, benché discreta, donava una sensazione di eleganza irresistibile, attirando l’attenzione su di lei senza mai risultare volgare. Il contrasto tra il nero del suo abito e la sua pelle scura e liscia era una combinazione potente, una presenza che riempiva la stanza.
Gli occhi, ampi e pesantemente truccati, sembravano brillare di un'intensità che li rendeva magnetici, quasi ipnotici. Il trucco marcato, con un sottile ma deciso contorno di eyeliner, esaltava la profondità del suo sguardo, che ora si rifletteva in quello di Alessia, come un gioco silenzioso di seduzione. Le sue labbra, dipinte di un rossetto nero lucido, erano perfette, carnose e morbide, un invito a perdersi nel loro abbraccio. Ogni movimento del viso e delle labbra sembrava enfatizzare quel contrasto tra il dolce e il seducente, il misterioso e il provocante.
I capelli, corti ma estremamente femminili, erano pettinati con cura, incorniciando il suo viso con una sensualità naturale. Ogni ciocca sembrava scegliere di muoversi con lei, riflettendo la luce con un’intensità che catturava l’attenzione. Gli orecchini ad anello, grandi e lucidi, cadevano delicatamente sulle sue spalle, aggiungendo un ulteriore tocco di eleganza e sensualità al suo look.
Alessia la accolse con un sorriso aperto, caldo, e si avvicinò a Martina con naturalezza. Le porse un bacio su una guancia, poi sull’altra, come da consuetudine… ma dopo il secondo bacio, la sua mano si mosse con dolce decisione. Le dita si insinuarono dietro la nuca della ragazza, sfiorandole la pelle, afferrandola con fermezza e desiderio. I loro sguardi si incrociarono per un attimo eterno, poi Alessia piegò il viso e posò le labbra su quelle di Martina.
Fu un bacio pieno, sensuale, profondo. Le labbra si cercarono e si trovarono con fame antica, esplorandosi, aprendosi, fondendosi. Le lingue si intrecciarono in un gioco lento e umido, e il respiro di entrambe divenne breve, irregolare. Un bacio bagnato, audace, che diceva molto più di qualsiasi parola, svelando attrazione, tensione, promessa.
Quando si staccarono, lo fecero a malincuore, come se qualcosa di prezioso fosse stato interrotto. Alessia le accarezzò piano la guancia con il dorso della mano, poi sorrise con un misto di dolcezza e desiderio e, con voce bassa e vellutata, sussurrò:
— Sei bellissima.
Martina, ancora confusa ma visibilmente colpita dall’intensità di quell’accoglienza, si avvicinò lentamente ad Alessia. Con gesti lenti, quasi a voler prendere tempo per assimilare tutto, le slacciò con grazia il bottone della giacca, lasciando che il tessuto si aprisse quel tanto che bastava a lasciar intravedere la pelle nuda sottostante. I loro occhi si incrociarono ancora, pieni di tensione ed elettricità. Poi, con un sussurro carico di significati, Martina le disse:
— Abbiamo tutta la notte… e domani è sabato.
Alessia sorrise complice, come se avesse atteso quelle parole da sempre, e con passo elegante la guidò verso il cuore della casa. — Ti preparo un aperitivo — disse con voce bassa e roca — uno spritz Select, come si deve.
Si avvicinò al bancone della cucina e, senza voltarsi, lasciò scivolare la giacca a terra con studiata naturalezza, rimanendo a seno nudo. La pelle liscia, i capezzoli tesi, si muovevano in sincronia con ogni gesto mentre prendeva i bicchieri, apriva la bottiglia e miscelava con cura.
Martina la osservava da dietro, ipnotizzata. Poi, con un sorrisetto malizioso, commentò:
— Così sarà davvero difficile concentrarmi su uno spritz…
Alessia si voltò appena, lanciandole uno sguardo carico di ironia e complicità. Martina, mordendosi il labbro inferiore, si voltò e sparì nella camera da letto per qualche minuto.
Quando riemerse, era un’apparizione: indossava solo la parte superiore di un costume da bagno a triangolo, nero lucido effetto bagnato. Il tessuto, sottile e aderente, sembrava accentuare le curve più di quanto avrebbe fatto la nudità. I seni, pieni e sodi, sembravano spingere il tessuto al limite, mentre la luce della stanza giocava sulle superfici brillanti.
Alessia la vide arrivare, bicchieri in mano, e un brivido le attraversò la schiena. Quella sera, i confini tra desiderio, intimità e istinto si stavano già dissolvendo.
Martina raccolse con grazia la giacca di Alessia da terra, la piegò sommariamente e, avvicinandosi con un gesto dolce e rispettoso, gliela porse.
— Tieni, magari ti sentirai più a tuo agio… anche se, devo ammettere, l’effetto è mozzafiato.
Alessia sorrise, colpita dalla premura della ragazza. Indossò la giacca senza fretta, lasciandola aperta, senza abbottonarla: voleva sentirsi libera, e sapeva benissimo quale effetto provocasse quel lieve ondeggiare del tessuto sul triangolo pieno del reggiseno. Era un gioco di vedo-non vedo che parlava più di mille parole.
Si scambiarono i bicchieri e brindarono, i cristalli che si toccavano delicatamente sembravano suggellare qualcosa di nuovo, ancora indefinito.
— A questa serata… qualunque cosa diventi — disse Alessia, sollevando leggermente il calice, lo sguardo puntato dritto negli occhi di Martina.
Martina sorrise, ma subito dopo, con un’espressione incuriosita e quasi incantata, inclinò leggermente la testa.
— Devo dirtelo… sono spettacolari. Le lenti a contatto azzurre ti rendono magnetica. Sembrano brillare.
Alessia esitò. Poi abbassò il bicchiere. Quel momento era arrivato.
— Non sono lenti, Martina.
Il tono era calmo, quasi protettivo.
Martina la guardò confusa, ma non interruppe. Alessia posò il bicchiere sul bancone, si sistemò meglio la giacca — che, nel movimento, lasciò nuovamente intravedere la curva perfetta del seno — e si avvicinò alla ragazza con passo lento.
— Ti ho invitata a cena perché sei l’unica persona, in tutto questo caos che mi sta succedendo, con cui potrei anche solo provare a parlare apertamente… senza sentirmi pazza.
Martina si fece seria, annuì lentamente, mentre Alessia iniziava a raccontare. Dall’odore misterioso, ai blackout di memoria, ai messaggi lasciati sul telefono, al contratto firmato senza sapere come, fino alla trasformazione del suo corpo e del suo desiderio.
Ogni parola era un frammento di verità che cercava un appiglio. Ogni sguardo tra loro due era un tentativo di capire se fosse il momento giusto per fidarsi.
Martina ascoltava in silenzio, incantata, e forse anche un po’ turbata. Ma i suoi occhi — truccati di scuro e profondi — non si allontanarono mai da quelli di Alessia.
Martina restò in silenzio per qualche istante, i suoi occhi neri come la notte fissi su quelli brillanti di Alessia, come se cercassero di cogliere ogni singola sfumatura di quella confessione, ogni non detto, ogni vibrazione sottopelle. Aveva ascoltato con attenzione, ma ora sembrava agire d’istinto, guidata da qualcosa di più primitivo della ragione.
Fece un piccolo passo avanti, poi un altro, il calore dei loro corpi iniziava già a fondersi nell’aria sospesa tra loro. Con gesti lenti e morbidi, Martina portò una mano al fianco di Alessia, la sfiorò con le dita aperte, come se stesse verificando che fosse davvero lì, che fosse reale. Poi le fece scivolare la giacca dalle spalle con naturalezza, come si spoglia un’amante prima di un rituale, e la lasciò scivolare a terra senza distogliere lo sguardo dal suo volto.
«È tutto vero quello che mi hai detto… ma tu sei ancora più vera,» sussurrò, con un tono basso, graffiato dal desiderio trattenuto.
Le loro bocche si cercarono ancora una volta, stavolta senza esitazione. Non fu un bacio rubato, ma un incontro voluto, languido, lungo, pieno di tensione e di promesse. Le mani di Martina si poggiarono sui fianchi di Alessia, esplorandola lentamente, mentre la sua bocca si apriva alla sua con dolce avidità.
Non c’erano più segreti né paure. Solo pelle, respiro, sguardi che parlavano il linguaggio del desiderio. E la notte era appena cominciata.
Alessia prese Martina per mano, conducendola con delicatezza fino alla penisola della cucina. Le fece segno di sedersi, mentre lei si posizionava tra le sue gambe, lo sguardo fisso nei suoi occhi, come a voler leggere ogni emozione che le attraversava il volto.
Martina, ancora scossa dalla forza dei sentimenti che la serata stava facendo emergere, si abbandonò a quell’invito muto, lasciando che le mani di Alessia le accarezzassero le cosce con una lentezza carica di tensione. L’atmosfera era densa, quasi sospesa, come se il tempo avesse deciso di rallentare per permettere ai loro respiri di fondersi.
Alessia si chinò, posando un bacio sul ventre teso di Martina, poi un altro più in basso, in una traiettoria che faceva vibrare la pelle e l’attesa. Le mani di Martina si aggrapparono ai bordi della superficie sotto di lei, il capo leggermente all'indietro, gli occhi chiusi, mentre un fremito le attraversava il corpo.
Fece scivolare in alto l'orlo inferiore della minigonna e scostato lo splendido perizoma di pizzo si tuffò con la bocca ad esplorare il caldo e profumato anfratto, con le dita si aiutò a scoprire la parte rosa nascosta e con la lingua cominciò a stuzzicare la sua parte più sensibile, dove le labbra si uniscono in un invito al peccato. I gemiti emessi dalla ragazza le fecero capire immediatamente che il trattamento era più che gradito, la ragazza era bagnata dal piacere che stava provando adesso e dall'eccitazione che aveva provato prima. Ma non le bastava, iniziò a succhiare quella piccola cellula di piacere fino a rendere la sua azione un piacere dolore misto, all'ennesimo mugolio di piacere inserì due dita dentro alla sua tana mentre continuava il lavorio con la sua bocca e la sua lingua, i mugolii divennero veri e propri gemiti di piacere con un intensità sempre crescente, la lubrificazione interna causata dalla lingua e dalle due dita dentro di lei fecero infiammare Alessia, che senza alcun preavviso divise le due dita per profanare contemporaneamente gli antri del piacere di Martina, questo colse di sorpresa la ragazza, che dopo un piccolo urlo, si lasciò andare ad un orgasmo intenso, prolungato e molto liquido.
Risalì lentamente lungo il corpo di Martina, assaporando ogni sfumatura del contatto appena consumato. Le sue mani continuavano a massaggiarla delicatamente per farle calmare l'orgasmo appena provato. I loro occhi si incrociarono, lucidi e profondi, mentre l’aria intorno a loro sembrava essersi fatta più densa, carica di una tensione elettrica che faceva vibrare ogni centimetro della pelle.
Martina chiuse gli occhi per un istante, pronta a lasciarsi cullare da quella quiete, ma un aroma improvviso, avvolgente e sconosciuto, le colpì le narici. Non era un semplice profumo: era qualcosa di più primordiale, come se portasse con sé un richiamo ancestrale.
L’impulso fu immediato, quasi animalesco. Una scossa percorse il suo corpo, attraversandole la schiena e dirigendosi in basso, nel suo profondo, dove il desiderio si fece impellente e totalizzante. Il suo respiro si spezzò, il busto si arcuò in un movimento istintivo e travolgente. Le mani a serrare il piano della penisola fino a sbiancarsi le dita per l'intensità, la tensione del suo corpo era al limite quando la scossa la fece venire nuovamente, ma in modo ancora più intenso, più prolungato, furono secondi di occhi sbarrati ed in apnea, fu un orgasmo devastante e squassante, nulla era mai stato, in tutta la sua vita, minimamente paragonabile a quanto provato in quello momento. Poi lentamente il piacere lasciò il posto ad una sensazione di appagamento strabiliante.
Aprì gli occhi, ancora inebriata, e incontrò lo sguardo placido e sicuro di Alessia.
Lei con in mano il suo bicchiere di aperitivo, la guardava sorniona con un sorriso soddisfatto sul volto «Ma che begli occhi azzurri, tesoro,» sussurrò lei con un sorriso soddisfatto. «Benvenuta.»
«Alessia…» sussurrò con un filo di voce, «non ho mai sentito nulla di simile. Era… travolgente. Irreale.»
Alessia le accarezzò lentamente l’interno coscia, con un tocco che non voleva eccitare, ma rassicurare. «Lo so,» rispose, con dolcezza. «Neanche per me è stato normale. Ma non c’è niente che non vada, ho fatto tutti gli esami. Sono perfetta, almeno per la medicina.»
Martina le prese il viso tra le mani, osservandola a fondo. «E gli occhi? Quel bagliore azzurro… è come se entrassero in me.»
Un sorriso complice increspò le labbra rosse di Alessia. «Lo stesso che ho visto nei tuoi, tesoro. Forse siamo cambiate entrambe.»
Ci fu una pausa, silenziosa e piena di senso. Le due donne si baciarono lentamente, senza urgenza, con labbra morbide e lingue che si sfioravano con grazia e desiderio. Era un bacio carico di nuove promesse, più che di ardore.
Poi si staccarono, sorridendo come due complici sorprese dalla propria intesa.
«Vieni,» disse Alessia, prendendole la mano. «Ti preparo una cena che non dimenticherai.»
Martina rise, scendendo dalla penisola con la leggerezza di chi ha appena scoperto un nuovo mondo. «Dopo quello che ho appena provato… voglio scoprire tutto. Ogni dettaglio.»
La cena fu un intreccio di sapori e sguardi. Le cruditè, croccanti e profumate, sembravano danzare sul palato amplificato dai sensi risvegliati. La trota, morbida e delicata, si scioglieva in bocca come un bacio leggero, e ogni brindisi era un’occasione per un nuovo sorriso, un contatto di dita, uno scambio di complicità sempre più profondo.
Le candele sulla tavola proiettavano ombre tremule sulle pareti, e il riflesso azzurro dei loro occhi creava un’aura quasi mistica tra i cristalli dei bicchieri e le posate d’argento. Alessia si scopriva più leggera, più viva, e notava come anche Martina si fosse lasciata andare, il suo corpo più rilassato, la sua risata più calda, il suo sguardo pieno di un desiderio morbido e presente.
Parlavano. Di loro, delle stranezze accadute, ma anche di sogni e fantasie. Nessuna delle due sentiva il bisogno di etichette o spiegazioni razionali. Quel momento era autentico, fluido, e bastava da solo.
Martina si alzò, il bicchiere ancora in mano, e si avvicinò ad Alessia. Le si avvicinò all’orecchio, e con un tono che era un sussurro e una carezza insieme, disse:
«Andiamo a letto?»
Alessia la guardò sorpresa. «Martina… sono solo le dieci.»
Martina sorrise con malizia, le dita che giocherellavano con il primo bottone della giacca di Alessia. «Mica per dormire.»
Un brivido percorse la schiena della padrona di casa. Senza aggiungere altro, prese la mano di Martina e la condusse nella penombra soffusa della camera da letto, dove il resto della notte era ancora tutto da scrivere.
La camera era pervasa da una luce calda e soffusa, quella delle candele che ancora tremolavano sui mobili. Quando Alessia e Martina si stesero sul letto, i loro corpi si attrassero come due poli magnetici finalmente liberi di congiungersi. Le labbra si cercarono senza fretta, con una dolcezza carica di promessa, e le mani iniziarono il loro viaggio alla scoperta di curve, respiri e sussulti.
Ogni tocco era una scintilla, ogni carezza un crescendo. Si scambiavano piacere in silenzi interrotti solo da sospiri, parole sussurrate e nomi pronunciati con voce spezzata dal desiderio. Le due donne esplorarono ogni centimetro l’una dell’altra con una naturalezza che sembrava scritta nel loro istinto, come se si fossero sempre appartenute.
Il tempo perse significato. Si spostarono, si rincorsero, si trovarono ancora. Tra lenzuola stropicciate e corpi intrecciati, provarono e riprovarono tutte le forme che il piacere può assumere quando è condiviso, quando è puro e travolgente. Nessuna regola, nessuna inibizione: solo libertà, fiducia e un desiderio che sembrava inesauribile.
E quando infine il sole cominciò a filtrare dalle tende leggere, illuminando i loro corpi sfiniti, si abbracciarono, nude e sazie, con la pelle ancora calda e il cuore ancora in tumulto. Nessuna delle due disse nulla. Non ce n’era bisogno.
Si addormentarono così, l’una tra le braccia dell’altra, con un sorriso sulle labbra e gli occhi socchiusi che ancora brillavano di azzurro.
Il silenzio ovattato della stanza venne infranto dal trillo insistente di un cellulare. Martina, ancora immersa nel tepore del letto e del corpo nudo di Alessia accanto a lei, si stirò lentamente prima di allungarsi verso il comodino. Guardò il display: “Amore mio” lampeggiava accanto a una foto sorridente di suo marito.
Uno sguardo a Alessia fu sufficiente per capirsi. La donna le passò con dolcezza una mano tra i capelli scompigliati, come a rassicurarla. Martina rispose con voce ancora impastata di sonno:
«Ciao amore… Sì, tutto bene. Volevo proprio scriverti. Hanno prolungato la convention di un giorno, torno domani sera… Sì, tranquillo, tutto a posto. Ti scrivo più tardi.»
Chiuse la chiamata con un sospiro leggero. Poi si voltò verso Alessia, che la guardava in silenzio, con un’espressione calma e serena. Si baciarono piano, con la tenerezza delle prime luci del mattino, poi si alzarono senza fretta, si infilarono due camicie leggere e andarono in cucina.
Sedute una di fronte all’altra, con tazze di caffè fumante tra le mani, si studiarono a lungo. I loro occhi erano cambiati. Il cerchio azzurro intorno alle pupille, nitido e luminoso, sembrava quasi pulsare lentamente, come il battito di un cuore che comunica.
Martina fu la prima a rompere il silenzio. «Hai visto anche tu, vero? I nostri occhi… non sono più gli stessi.»
Alessia annuì. «Sì. Ma non è solo quello. È come se tutto in me fosse... più vivo. Più intenso. Il piacere, i sensi, perfino i pensieri.»
Martina sorrise, ma era un sorriso velato da una nuova consapevolezza. «Non ho mai provato niente del genere. Mai. Con nessuno. È stato… totale. E tu, tu eri perfetta. Mi bastava un tuo sguardo per sentire il sangue bollire.»
«E non era solo fisico,» aggiunse Alessia, con tono più profondo. «Era come se le nostre menti si fossero toccate. Come se i nostri corpi sapessero esattamente cosa fare, dove cercare, dove dare piacere. E non era solo istinto. Era… connessione.»
Martina abbassò lo sguardo nella tazza, riflettendo. «Ti rendi conto? Ieri eravamo semplicemente due colleghe. E adesso… sento come se avessimo scoperto qualcosa di sacro, di irripetibile.»
«Oppure di appena iniziato,» sussurrò Alessia, con un filo di voce, guardandola dritta negli occhi.
Martina le prese la mano e la strinse tra le sue. «Hai paura?»
«No. Ma mi sento diversa. E non solo per ciò che abbiamo fatto. È come se ci fosse una parte di me che si è svegliata. Come se tutto il resto fosse stato solo un’attesa. Di te, di questo. Di noi.»
Le due donne restarono in silenzio per qualche istante, lasciando che il momento si sedimentasse nei loro cuori.
Poi Alessia sorrise con leggerezza. «Abbiamo tutto il giorno. E occhi azzurri come il cielo. Vediamo dove ci porteranno.»
Spero che vi sia piaciuto, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com
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