Sospesa nel vento seconda parte

di
genere
etero

Ancora stordita da quella visione riflessa nello specchio, Alessia si ritirò nel bagno privato del suo ufficio, chiudendosi la porta alle spalle con un gesto lento, quasi automatico. Aveva bisogno di tempo, di solitudine, di uno spazio chiuso in cui far respirare i pensieri, che ora si accalcavano nella sua mente come onde in piena.

Si avvicinò al lavabo, appoggiò entrambe le mani sul marmo freddo e si guardò ancora una volta allo specchio, più piccolo, più intimo. I suoi occhi la osservavano con uno scintillio che non riconosceva. "Che diavolo mi sta succedendo?" sussurrò, come se potesse trovare una risposta nel proprio riflesso.

Poi si sedette sul water, più per necessità di fermarsi che per altro. Fu lì, in quel gesto meccanico e quotidiano, che avvenne un piccolo shock: non aveva le mutandine. Si bloccò. Il respiro si mozzò per un istante. La consapevolezza le attraversò il corpo come una scarica.

E proprio allora, come una diga che si rompe, arrivarono i ricordi.

Flash.
L'acqua calda della doccia che le scivolava sulla pelle, lei che si massaggiava lentamente le gambe, le spalle, il collo, con un'espressione languida, come se il piacere del risveglio avesse lasciato tracce ancora vive.
Flash.
Il vapore che si dissolveva nello specchio, e il suo volto che appariva da dietro, bellissimo e diverso, con occhi già truccati e labbra già rosse.
Flash.
La scelta dell’outfit. Il push-up nero, la giacca, la gonna, i tacchi: ogni gesto compiuto con una sicurezza estranea, come se seguisse una coreografia che qualcun altro aveva scritto per lei.
Flash.
In macchina, accanto a Gianni, l’autista di sempre, a cui non aveva mai rivolto più di due parole. Ma quella mattina, no. Quella mattina rideva con lui. Gli parlava con dolcezza, con sguardo acceso e voce morbida, quasi seducente. Gianni l’aveva guardata negli specchietti più volte, gli occhi lucidi come se stesse osservando un miraggio.

Flash.
L'ingresso in azienda. I corridoi si aprivano come davanti a un passaggio regale. Ogni sguardo la seguiva. Uomini e donne. Famelici. Attoniti. Confusi. Alessia camminava con passo deciso, i tacchi che scandivano il tempo come un metronomo sensuale. Nessuno parlava, ma l’aria vibrava. E lei sorrideva. Non un sorriso compiaciuto. Qualcosa di più profondo. Di più potente.

Tornò alla realtà nel bagno. Il cuore le batteva forte, il respiro corto. Non sapeva se sentirsi oltraggiata, impaurita o… esaltata.

Si alzò lentamente, lo sguardo fisso nel vuoto.

"Cos'è questa cosa… dentro di me?" mormorò, senza attendere risposta.

Ancora stordita, Alessia si sistemò i capelli con un gesto istintivo e uscì dal bagno. Tornò alla scrivania e, senza pensarci due volte, afferrò il telefono e compose il numero del suo medico personale, il dottor Renato Vismara, un luminare della medicina interna con cui aveva un rapporto professionale di lunga data.

«Renato, ho bisogno di un check-up completo. Subito.»
La sua voce era calma, ferma, ma non lasciava spazio a esitazioni.

Dall’altra parte della linea, un lieve silenzio precedette la risposta.
«Alessia, tutto bene?»
«No. Ma ne parliamo dopo. Mi serve ora.»

Mezz’ora dopo era nel suo studio, al decimo piano di una clinica privata in centro. Vismara la accolse con la solita compostezza, ma appena la vide sollevò impercettibilmente le sopracciglia. Lei era visibilmente diversa. C’era qualcosa nel modo in cui camminava, nel modo in cui lo guardava, persino nel modo in cui respirava.

«Ti vedo… in forma. Forse anche troppo.»
«Ecco il problema,» rispose lei mentre si sedeva, incrociando le gambe con elegante precisione. «Fammi tutti gli esami che puoi. Non lascio questo studio senza sapere cosa ho.»

In meno di un’ora, tra prelievi, test ormonali, riflessi, parametri vitali e qualche domanda clinica di rito, il dottore aveva un quadro abbastanza ampio da poter stilare un primo bilancio.

«Alessia, devo essere sincero. Fisicamente stai benissimo. I tuoi organi sono perfetti, la pressione è regolare, la frequenza cardiaca eccellente, i valori ematici perfetti. Non c’è nulla che non vada… salvo…»
«Salvo cosa?» lo incalzò, seduta dritta come una statua d’ebano, lo sguardo fisso nei suoi occhi.
«Hai livelli estremamente alti di testosterone e di estrogeni. Non patologici, ma… fuori scala. Sembra il risultato di un’attività sessuale intensissima e recente. E intendo molto intensa. Cosa che, per una donna della tua età, è piuttosto inconsueta.»

Alessia lo guardò in silenzio. L’informazione si sedimentò lentamente. Non disse nulla. Non lo negò. Non lo confermò. Semplicemente… registrò il dato.

«Ci sono integratori, farmaci, stimolanti che possano provocare un tale picco?» chiese infine.
«Nulla che non dia effetti collaterali evidenti. Ma tu non hai nulla di tutto questo. Hai solo… un’energia che sembra arrivare da una fonte interna, naturale. Come se il tuo corpo avesse deciso di ringiovanire improvvisamente.»

Il dottore la guardava con curiosità scientifica, ma anche con un vago senso di soggezione. Alessia gli sembrava… diversa. Troppo.

Lei si alzò.
«Fammi avere i risultati dettagliati. E non parlare con nessuno di quanto hai visto oggi.»
«Alessia… sei sicura di non voler parlare di questo con qualcuno? Uno psicoterapeuta magari…»
Lei si voltò e lo trafisse con un sorriso appena accennato, affilato come un rasoio.
«No, Renato. Non ho bisogno di qualcuno che mi spieghi chi sono. Ho solo bisogno di capire cosa sto diventando.»

Il viaggio verso l’ufficio fu silenzioso. Gianni, il suo autista, aveva provato ad attaccare discorso, come sempre, ma bastò un solo sguardo nello specchietto retrovisore per capire che non era il momento. Alessia guardava fuori dal finestrino, apparentemente assorta nel traffico milanese, ma in realtà intenta a trattenere il vortice di domande che le martellavano in testa.

Una volta arrivata, si immerse nel lavoro come una nuotatrice esperta che si tuffa in acque familiari. I suoi gesti erano precisi, efficaci, ogni appuntamento, ogni telefonata, ogni firma scorreva fluida. Ma c’era qualcosa, una nota diversa nell’aria: lo notava nei colleghi, nei clienti, nei manager venuti appositamente da altre sedi. Ogni volta che qualcuno le parlava, i loro occhi finivano inevitabilmente sul suo viso, poi si abbassavano, impacciati, verso il suo petto, enfatizzato dal push-up. Era come se il suo stesso aspetto si fosse trasformato in una forza gravitazionale, capace di destabilizzare anche il più navigato tra i professionisti.

Lei non faceva nulla per incoraggiare o scoraggiare quegli sguardi. Li registrava. Li archiviava. Li interpretava. Ma dentro, qualcosa stava cambiando.

La giornata si dissolse tra riunioni, decisioni, ordini impartiti con la consueta fermezza. Arrivata a sera, nel silenzio dello studio vetrato, Alessia chiuse l’agenda dopo aver spuntato l’ultimo impegno. Premette il pulsante d’arresto del Mac con un gesto quasi affettuoso, come se volesse ringraziare la macchina per averle offerto un angolo di normalità in quella giornata surreale.

Poi si stirò, allungando braccia e schiena in un gesto involontario, liberatorio. Inspirò profondamente.

Ed eccolo.

Il profumo.

Non c’era alcuna fragranza nell’aria, nessuna finestra aperta, nessun flacone dimenticato. Eppure il profumo era lì, denso, inesorabile, e come un fiume in piena le invase i sensi.

BUIO.

Alessia si risvegliò lentamente, gli occhi socchiusi che si adattavano alla luce tenue filtrata dalle tende della camera. Era semisdraiata sul letto, il corpo ancora avvolto nei vestiti con cui era uscita dall’ufficio. La giacca a doppio petto era leggermente disallineata, un lembo sollevato lasciava intravedere il push-up che stringeva e sollevava il suo seno con forza e grazia insieme. La minigonna era salita lungo le cosce, lasciandole scoperte fino quasi ai fianchi. Nessun segno di slip.

Un brivido le corse lungo la pelle nuda sotto la gonna. Si sollevò appena, sistemandosi i lembi della giacca senza un vero motivo, forse per riappropriarsi di un minimo di controllo. C’era uno strano sapore in bocca, indefinito. Non era spiacevole, ma diverso, persistente, come se portasse con sé una memoria che il cervello non riusciva a decifrare.

Allungò la mano verso il comodino, prese il cellulare. Le 21:27.

Istintivamente guardò verso l’orologio da scrivania: aveva spento il Mac alle 19:18. Il tragitto verso casa, con il traffico della sera, le richiedeva mediamente cinquanta minuti. Mancava all’appello almeno un’ora piena. Sessanta minuti svaniti nel nulla.

Il cuore le accelerò il ritmo. Tentò di ricostruire, come in un puzzle, gli istanti precedenti. Ricordava il respiro profondo, il profumo che le aveva attraversato i sensi, e poi… il buio. Nessuna immagine, nessun suono, nessuna emozione. Solo un vuoto, profondo e liscio come vetro.

Scivolò giù dal letto, a piedi scalzi, cercando invano nella mente un dettaglio, un frammento, qualcosa che potesse riempire quello spazio assente. Niente. Solo l’abito sgualcito, la pelle ancora scoperta sotto la gonna, e quel sapore. Quella sensazione.

Alessia si mosse lentamente per la stanza, ancora avvolta in quella sensazione di smarrimento. Camminava quasi per inerzia, i piedi nudi sul parquet freddo, fino a ritrovarsi davanti allo specchio del suo bagno. Non era una scelta razionale, ma un impulso, come se una parte di lei sapesse di doverlo fare.

Lo specchio le restituì un’immagine ambigua: i capelli ancora lucenti e lisci, ma leggermente spettinati, come se qualcuno ci avesse affondato le mani con desiderio e impazienza. Si avvicinò. Aprì lentamente la giacca. Il push-up, impeccabile quella mattina, era adesso disallineato, tirato di lato. Uno dei seni, quasi completamente scoperto, le sembrava arrossato, forse per il contatto, forse per altro. Una sensazione di fastidio, o meglio, di pressione rimasta impressa nella pelle.

Fu allora che notò la goccia. Sul lato alto del seno sinistro. Una perla opaca, densa, leggermente filamentosa. La sfiorò con le dita e la raccolse con cautela, portandola istintivamente al naso. Il profumo era inconfondibile. Intenso, animale, inebriante. Maschile.

Si bloccò, raggelata. Il pensiero fu istantaneo, seppure sussurrato nella mente come se temesse di dar voce a una bestemmia: sperma.

Un brivido le percorse la schiena. Si aggrappò al bordo del lavandino per non perdere l’equilibrio, il fiato spezzato in gola. Si guardò ancora, come se dallo specchio potesse emergere una verità, un volto, una traccia.

Ma la domanda che ora le bruciava dentro era una sola.
Di chi?

Si aggrappò con più forza al bordo del lavandino, chiuse gli occhi, e come un lampo a ciel sereno, un’immagine la colpì.

Flash.

Una stanza soffusa, luci basse, pelle contro pelle. Le sue mani affondavano con sicurezza in qualcosa di caldo, vivo, pulsante, duro liscio e vellutato. Le dita si muovevano lente, consapevoli, come se conoscessero ogni risposta del corpo che toccavano. Un fremito le attraversò la colonna vertebrale.

Altro flash.

La sua bocca. Il calore. Il ritmo. L’intensità di uno sguardo che non riusciva a mettere a fuoco, ma che sentiva addosso come un fuoco liquido. Le sue labbra rosse che scorrono lungo l'asta, una mano che le spinge la testa per affondare di più, due mani che la spettinano.

Flash.

Lei sopra. Le mani appoggiate su un petto che non riusciva a vedere, ma che sentiva solido sotto di sé, dentro di se, fino in fondo. Il suo corpo si muoveva con una sicurezza che non le apparteneva. Era dominatrice e preda, insieme. Sentiva ogni scossa, ogni contrazione, ogni gemito che le saliva in gola senza controllo. E l'orgasmo, forte potente e liberatorio, intenso come e più reale di quelli vissuti con il solo profumo. Un fiume liquido che scende tra le sue gambe, il suo urlo liberatorio, "siiiii scopami", ma in realtà era lei a guidare quell'intensissimo amplesso

Flash.

Il culmine. Un calore improvviso, violento, le colpì la bocca, le sue labbra strette sull'erezione profumata del suo piacere, appena uscito dalla sua vulva. Poi la lentezza di un liquido denso che le sfiorava la lingua e scivolava, dolce e salato, lungo le labbra. Un rivolo scese lento verso il mento… no. Era scivolato sul seno. Lì dove l’aveva trovato pochi istanti prima. Lei che lascia il membro che si sta già ritirando, il segno del suo rossetto sull'asta del maschio, l'orgoglio di averlo fatto godere.

Aprì gli occhi di scatto, respirando a fatica.

Ora non aveva più dubbi. Qualcosa era accaduto. Ma il volto dell’uomo… ancora le sfuggiva.

Alessia si trovò di nuovo sotto l'acqua della doccia, la pelle che ancora vibrava, il corpo leggermente scosso da quella sensazione che sembrava non volerla abbandonare. Ogni goccia che scivolava sul suo corpo sembrava risvegliare un piacere latente, un’eco di ciò che aveva provato poco prima. La sensazione di essere cambiata, di non essere più la stessa, la accompagnava come una costante sottile, come un’impronta che non riusciva a cancellare.

Si insaponò lentamente, lasciando che la schiuma scivolasse sulla pelle, senza una meta precisa, quasi come se stesse cercando di cancellare il ricordo, ma qualcosa dentro di lei si ribellava a quell’idea. Non era solo il corpo che aveva cambiato, ma anche la sua mente. Ogni movimento, ogni respiro sembrava più intenso, come se il mondo fosse diventato più vivo, più presente.

Una volta uscita dalla doccia, Alessia si asciugò con cura, guardandosi allo specchio. Il volto che le restituiva l’immagine era quello di sempre, ma qualcosa nei suoi occhi grigi sembrava più profondo, più magnetico. Il riflesso le dava un senso di potere che non aveva mai provato, come se avesse attraversato una soglia senza nemmeno rendersene conto.

Si vestì rapidamente, la mente che ancora cercava di mettere ordine in tutto ciò che stava accadendo. Poi, il cellulare vibrò. Un messaggio.

"Sei stata fantastica, una vera furia. Grazie. Marco."

Il suo cuore balzò in gola. Non riusciva a ricordare esattamente cosa fosse accaduto, ma le parole di Marco, così dirette e familiari, la confondevano ancora di più. Chi era questo Marco? E cosa significava quel messaggio? Quella sensazione di straniamento si faceva sempre più intensa, e Alessia si ritrovò a chiedersi se davvero fosse riuscita a mantenere il controllo di tutto ciò che stava accadendo.

Alessia uscì dalla doccia, sentendo ancora il calore dell’acqua che le scivolava sulla pelle. Si asciugò con calma, lasciando che l’umidità del suo corpo scomparisse sotto l’asciugamano morbido. I suoi capelli erano lucidi e setosi, scivolavano sulle spalle in un movimento che le dava una sensazione di leggerezza. Si fermò davanti allo specchio, guardandosi con attenzione. I suoi occhi grigi sembravano diversi, più intensi, come se avessero acquisito una lucentezza nuova. Il cerchio azzurro attorno alle iridi risplendeva con una sfumatura più evidente, un azzurro nuovo che da soli due giorni trovava nel suo sguardo. Alessia si chinò leggermente, osservando il riflesso, tentando di capire cosa fosse cambiato. Ma non riusciva a trovare una spiegazione.

Con un sospiro, si allontanò dallo specchio e si diresse verso il comodino, dove il suo cellulare giaceva. Lo prese e accese lo schermo. Il messaggio che era comparso pochi minuti prima attirò immediatamente la sua attenzione. "Sei stata fantastica, una vera furia. Grazie. Marco."

Un brivido le percorse la schiena. Marco. Chi era Marco? Non riusciva a collegare quel nome a nessun volto. Il messaggio era vago, ma la sua mente non riusciva a fare a meno di continuare a pensarci. Si sentiva confusa, ma anche in qualche modo… liberata.

Appoggiò il telefono sul comodino e si sedette sul letto. Le mani tremavano leggermente, ma non era paura. Era qualcosa di più profondo, una miscela di eccitazione e smarrimento. Si chiese, per l’ennesima volta, cosa fosse realmente accaduto nelle ultime 24 ore. Non riusciva a mettere insieme tutti i pezzi, eppure sentiva che qualcosa dentro di lei era cambiato. Il corpo rispondeva in modo diverso, il suo sguardo era diverso, e il modo in cui il mondo la percepiva, evidentemente, era cambiato. Alessia, tuttavia, non si sentiva pronta a trovare una risposta definitiva. Si limitò a riflettere: "Sono una donna libera, non c'è nulla di riprorevole in quanto è successo. Il mio corpo sta rispondendo in un modo che non avevo mai sperimentato prima."

Alessia si svegliò la mattina seguente con un senso di calma apparente, il suo corpo, pur avvertendo ancora una leggera tensione sotto la superficie, sembrava più equilibrato, come se tutto fosse tornato alla normalità. Il giorno trascorse senza eventi particolari: a lavoro, le sue mansioni si svolsero come al solito, con il ritmo frenetico di sempre. L’unica cosa che le sfuggiva era il pensiero persistente di Marco, ma cercava di concentrarsi sugli incontri e sugli appuntamenti.

Non successe nulla di straordinario durante la giornata. Si occupò delle sue riunioni, chiacchierò con colleghi e dipendenti, ma nessuna interazione la fece sentire diversa. Anche se notava sguardi più ammirati e forse un po' più imbarazzati da parte di alcuni uomini, non si soffermò su di essi. Tornò a casa prima del solito, un po’ più presto del normale, avendo un incontro con un cliente del Nord Europa per una cena di lavoro. Era sempre un po’ tesa prima di questi appuntamenti, sapendo quanto fosse importante mantenere un'immagine impeccabile.

Appena varcò la soglia di casa, lasciò che la frenesia della giornata si allontanasse un po'. Si sentiva sollevata all'idea di poter concentrarsi su una serata tranquilla, ma sapeva anche che, per quanto il cliente fosse di buon umore, il suo atteggiamento professionale e il suo fascino personale dovevano prevalere. Si preparò in fretta, facendo attenzione ai dettagli, come sempre.

ornata a casa, Alessia si sentiva pronta a staccare dalla frenesia della giornata. Si tolse la giacca, facendo scivolare via la stanchezza, e si diresse verso il suo bagno. La doccia calda le infuse una sensazione di sollievo immediato. I getti d’acqua scivolavano sul suo corpo, eliminando ogni traccia di stress accumulato. Dopo essersi asciugata con delicatezza, applicò la sua crema corpo, quella che aveva sempre usato, con un tocco di lucentezza che la faceva sentire incredibilmente levigata e fresca.

Si guardò allo specchio mentre si preparava per la serata, prendendo un profondo respiro per inalare l'essenza della sua crema corpo, ed eccolo, diretto al cervello, sempre più rapido, come se la strada che il profumo deve percorrere si stesse allargando per portare la sua mente ed il suo corpo a sentire tutto più a fondo. Naso, centri nervosi, cervello, neuroni.

BUIO

La sveglia trillò insistente, riportandola alla realtà. Alessia aprì gli occhi lentamente, confusa. L’orologio sul comodino segnava le 7:12. Si voltò leggermente e vide, poggiata accanto alla lampada, una cartelletta elegante in pelle nera. Al suo interno, ordinato e perfetto, un contratto firmato: condizioni favorevoli, durata pluriennale, sigle e loghi della sua azienda e di una delle più importanti realtà del nord Europa.

Un accordo eccezionale. Eppure… non ricordava nulla.

Il corpo, però, parlava al suo posto. Un languore nel basso ventre, muscoli tesi, una leggera stanchezza sensuale che pareva provenire dalle ossa. E fu in quel momento, mentre con le dita reggeva la cartelletta e ne assaporava il prfumo, che cominciarono i flash.

Flash.
Un uomo biondo, carnagione chiara, occhi chiari e profondi. Il suo viso si avvicina, le labbra sfiorano le sue con una dolcezza inattesa lei lo abbraccia dolcemente, poi porta una mano sulla sua nuca e lo attira a se. Il bacio si fa più deciso, parte la danza delle lingue e insieme a quelle il piacere liquido comincia a sgorgare dall'universo che ha in mezzo alle gambe, le mani dell’uomo le stringono i fianchi, corrono sul suo corpo, la toccano, la sentono, la bramano.

Flash.
Alessia sdraiata su un tavolo elegante, addosso solo il reggiseno e un paio di autoreggenti che non ricordava neanche di avere, le braccia aperte tese a darle stabilità, le gambe oscenamente aperte a formare una V verso il cielo, il capo reclinato all’indietro. La bocca dell’uomo su di lei, lingua, dita respiro, piacere, tra le gambe. Il suo respiro spezzato, il fremito dell'orgasmo violento e impetuoso, l'uomo che si bea del piacere che le sta donando bevendo tutto il suo nettare, il corpo che vibra.

Flash.
Lei piegata in avanti sullo stesso tavolo, il seno sfrega sul piano in legno, i capezzoli eretti trasmettono scosse di piacere ad ogni spinta. Le mani di lui sui suoi fianchi, il movimento deciso del bacino, lungo, profondo, continuo. Il suono ovattato della pelle contro la pelle. Il piacere che torna a salire, implacabile. La sua voce rauca che emette lamenti di piacere mentre il maschio continua a martellarla senza accusare stanchezza.

Flash.
Ora è nuovamente sdraiata sul tavolo, le sue gambe tese sul petto del maschio, lui ancora dentro di lei, il piacere che continua a crescerle dentro e di nuovo la fanno arrivare al paradiso che solo una donna durante un orgasmo può toccare. Le contrazioni della sua vagina portano al capolinea anche il suo compagno di giochi proibiti, che accelera il ritmo sfilandosi un attimo prima dell'orgasmo, l'umo lo tiene in mano e inonda il ventre il seno e parte del collo con il suo piacere, la quantità le fa presumere in piacere lungo ed intenso. Le dita dell’uomo che la seguono, la accarezzano, la calmano.

Flash.
Lui che le porge una penna dopo avere firmato, il contratto tra di loro. Lei che firma con un sorriso stranamente sereno. Gli occhi di lui che brillano.

Si risveglia dalla trance delle immagini, ansimando, il petto si alza e si abbassa ferocemente nella disperata ricerca di aria fresca. A differenza delle altre volte questi flash le hanno provocato nuovo piacere, un nuovo orgasmo, senza doversi minimamente sfiorare. Uno sguardo al telefono, un messaggio da leggere, una foto con un testo. Lei ripresa dall'alto mentre è intenta a coccolare con la bocca un grosso organo maschile, sull'asta il segno del suo rossetto rosso come il ricordo del livello della piena di un fiume esondato, sei stata a dir poco incredibile, avrei comunque firmato il contratto, ma farlo dopo avere goduto delle tue gioie più intime ha dato un nuovo profumo a tutto. Spero di incontrarti nuovamente e presto.

Spero che vi sia piaciuto, come per la scorsa serie prediligo l'approccio mentale e non quello fisico per la descrizione dei miei racconti. Se avete commenti li leggerò volentieri qui o via mail a mogliemonella2024@gmail.com
scritto il
2025-04-30
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