Una scopata in solitudine

di
genere
sadomaso

Il Master era eccitato, molto eccitato. La cosa bella era che, dopo tanto tempo, se lo sentiva duro da scoppiare. Una durezza scevra da ogni sentimento o trasporto emotivo verso quella cagna inginocchiata tra le sue gambe che lo stava succhiando.
Il dominio era la sessualità che aveva condiviso con Manuela per anni, troppi anni, soprattutto gli ultimi nei quali il rapporto era vissuto per l’abitudine e per la paura di abbandonare una comfort zone che, alla fine, era diventata troppo ingombrante.
Basta, basta, basta emozioni e trasporto verso una donna. Aveva passato in solitudine l’ultimo anno, nel corso del quale aveva annegato ogni pulsione erotica in estenuanti allenamenti per far tacere corpo, anima e mente, per dimenticare l’amore vissuto e perduto ancor prima che si lasciassero, molto prima.
Alla fine la natura emerge sempre e la voglia di dominio aveva fatto capolino tra un muscolo stanco e l’altro, nonostante lo sfinimento fisico sul quale si era concentrato con la falsa scusa di ricominciare a prendere aria, ma che nascondeva la rabbia per averla persa e, soprattutto, per non volerla più avere.
Quella puttanella lo stava succhiando da Dio. Era eccitatissimo e pensava solamente al piacere che quella giovane bocca gli stava regalando.
Non aveva mai vissuto l’esperienza di dominare una coppia. Li aveva conosciuti per caso in rete e l’idea gli era piaciuta al punto da fargli riscoprire la voglia di sentire il suono di un frustino sulla pelle fresca di una schiena femminile.
Il suo inconscio gli nascondeva che la frequentazione di una coppia lo metteva al riparo da implicazioni emotive, quelle delle quali non aveva bisogno e, anzi, rifuggiva temendole.
I polsi della cagnetta ammanettati dietro alla schiena, in uno con il guinzaglio che teneva in mano, gli trasmetteva quel senso di potere e di controllo che glielo faceva sempre diventare durissimo. La bocca e la lingua femminile al servizio del suo piacere erano la conferma del potere assoluto, seppur temporaneo, su quella coppia.
Cazzo!!! quanto gli piaceva farselo succhiare mentre stava seduto sul petto del compagno della schiava steso sul divano.
Prima che la serata iniziasse, aveva pensato di costringere l’uomo a starsene inginocchiato e legato, in un angolo, mentre usava la sua amata. Una volta entrato nel vortice delle emozioni sessuali, la presenza e la vicinanza dell’uomo non gli aveva dato quel fastidio che avrebbe immaginato.
Quella sera aveva fatto la sua prima conoscenza con la sottomissione maschile.
Cazzo! se ne stava seduto sul suo petto, rendendogli difficile la respirazione, mentre la sua compagna gli succhiava il cazzo, inginocchiata e legata, e quello aveva il cazzo duro come il suo.
Era convinto che avrebbe tratto eccitazione dall’umiliazione di quel giovane, invece quel tipo stava provando le medesime sue sensazioni, seppur speculari.
Non sapeva gestire questa cosa. Si stava trovando di fronte ad una reazione inaspettata che gli toglieva il piacere dell'umiliazione del maschio, mentre la sua donna veniva schiavizzata. Questa era la fantasia che si era immaginato da quando aveva preso contatti con quella coppia di schiavi.
La tipa glielo succhiava che era un piacere.
La frusta sulla sua schiena altro non aveva fatto che darle più energia nel donargli piacere sessuale.
Guardò la candela spenta accanto a lui. Vicino ad essa c’era ancora l’accendino.
Diede uno schiaffo all’uomo sul quale stava seduto.
La reazione fu un sussulto del cazzo dello schiavo e la lingua della schiava ebbe un moto di ulteriore vigore che gli donò piacere.
Cazzo!!!
Picchiava il ragazzo e quei due si eccitavano per l’umiliazione.
Questa cosa da una parte lo eccitava, ma dall’altra gli faceva nascere qualcosa che non sapeva definire.
Diede ancora qualche schiaffo per prendere ulteriore piacere, ma qualcosa gli dava fastidio, non tanto nell’eccitazione di lei, ma in quella di lui.
Strattonò il guinzaglio per far uscire il cazzo dalla bocca della cagnetta.
Si alzò e si sedette sulla faccia dello schiavo che fece appena in tempo a offrirgli la guancia.
Provò piacere nel sentire sotto il culo e le palle, la pelle del giovane. Immaginava che la saliva e la bava che usciva dalla bocca della schiava, scivolasse lenta e inesorabile sulla faccia del suo sedile, evidenziando la differenza di posizione.
“Succhia cagna”.
La mano che prese i capelli per spingerle la bocca sul cazzo servì solo per dargli piacere, in quanto la ragazza stava solo aspettando che lui prendesse posto sulla faccia del suo amato.
Il cazzo del sedile restava duro.
Quella sensazione stonata gli restava dentro. Per un attimo pensò che gli stesse dando fastidio la complicità di quella coppia, quella forza che unisce due persone e che rende più piacevole atti che, diversamente, potrebbero non produrre i medesimi effetti.
Ecco, quella sensazione prese sempre più possesso e gli fece sentire la mancanza della sua amata, dei loro giochi, della loro unione, quell’unione che alla fine si era sfilacciata al punto che solo il tempo avrebbe potuto restituire il ricordo piacevole di ciò che erano stati.
Doveva scacciare quella sensazione, allontanarla, non voleva sentirne la mancanza e non voleva mettersi nelle condizioni di doverla cercare.
Prese la candela e l’accendino. Attese che si formasse quel tanto di cera da poter far colare sulla pelle della schiava, alla quale aveva schiacciato la testa sul cazzo fino a sentirlo a contatto della sua gola, traendo ulteriore piacere dalla difficoltà di quella succhiacazzi.
La ragazza soffriva e il ragazzo lo aveva duro, nonostante la difficoltà di respirare e di reggere sulla faccia il peso di quell’uomo che li stava usando come oggetti.
La sensazione fastidiosa che aveva iniziato a farsi strada in lui lo abbandonò, cedendo il passo all’eccitazione di quella situazione anomala, sulla quale sola si concentrò, fino a sentire il piacere salire e uscire prepotente nella bocca della schiava.
Il cazzo del suo sedile umano rimase duro, anche quando lui si alzò dalla sua faccia.
Quei due gli erano improvvisamente divenuti estranei, in quella casa estranea, in quella via estranea, in quella città estranea dalla quale ebbe fretta di andarsene.
Probabilmente quei due avrebbero scopato, dimenticandolo, per passare poi la serata abbracciati ripensando all'emozione vissuta.
Guardò l’orologio. La stazione non era lontana. Avrebbe fatto anche in tempo a prendere un caffè e a fumarsi una sigaretta.
di
scritto il
2025-03-06
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