Complicità di coppia (parte 7)

di
genere
sadomaso

Il piede della Padrona era ancora sul divano e l’altro a terra. La lingua della schiava prendeva sempre più confidenza con la figa della donna che avrebbe dovuto soddisfare.
Michelle teneva in mano le mutandine, facendole passare sulla testa e sulla pelle della schiena della ragazza.
La promessa della frustino, tenuto nell’altra mano, aleggiava ancora nell’aria e Michelle, per accertarsi che la schiava non se ne dimenticasse, lo usava per accarezzarle la schiena.
Adorava il contrasto generato dalla carezza data con lo strumento deputato a procurare dolore.
La mano tra i capelli biondi, senza ordine vocale, allontanò la testa di Erica. Tirò verso il basso per farle alzare la testa così da incrociare il suo sguardo.
Marco, al suo fianco, accarezzava il seno dell’amata.
“Apri la bocca, puttanella”.
Fece colare un po’ di saliva nella bocca aperta nella quale, subito dopo, infilò le mutandine ancora umide del suo piacere.
Marco si era seduto sul divano, in attesa che Michelle pensasse alla sua eccitazione.
“Succhiagli il cazzo”.
Il guinzaglio era passato di mano.
Ora Michelle aveva il pieno controllo dell’animaletto che, tra le gambe di Marco, prese in bocca il cazzo.
“Ora ti frusto. Se stringi la bocca per il dolore e gli fai male, te ne darò tante da non farti dormire sulla schiena questa notte”.
La paura di una schiava, soprattutto se alla prima esperienza, emana un profumo nell’aria, alimentando l’eccitazione.
Con la promessa del futuro uso sessuale e con l’eccitazione negli occhi di quella ragazza che succhiava il cazzo del suo compagno, il piacere di ogni singola frustata trasmetteva scosse alla bocca dello stomaco.
Dopo ogni colpo, gli occhi di Michelle si alzavano per incontrare quelli di Marco fino a che il piacere ricevuto dall’uomo non fu abbastanza, sentendo egli la necessità di pensare a quello dell’amata.
I capelli della schiava erano utili per trasmettere ordini muti. Così la mano che li impugnava la costrinse ad allontanarsi.
“Amore, metti le ginocchia sulla seduta del divano e offri culo e figa a questa bestiolina”.
Fu ancora la mano di Marco che, stretta sui capelli, diresse la bocca della schiava inginocchiata verso le terga della sua amata.
Erica si diresse sulla figa ma venne fermata.
“Prima lecca il culo, bestia!”.
Le alzo la testa quel tanto da portarle la bocca a contatto con la zona desiderata.
Sapeva che questa azione avrebbe dato brividi di piacere alla sua compagna, piacere che poi gli sarebbe tornato per desiderio di lei, nel continuo scambio di attenzioni complici.
“Entra con la lingua!”.
Si aspettava qualche reazione ed era pronto a contrastarla, ma l’ubbidienza della schiava gli fece pensare che non fosse la prima volta che la sua lingua entrava in qualche culo.
Questo non gli impedì di schiacciarle bene la faccia tra le natiche, fino a renderle difficile il respiro, mentre con l’altra mano accarezzava la schiena della sua amata, ancora protetta dal leggero vestito alzato per offrire le natiche al servizio sessuale della ragazza.
“Fammi sentire il suono della frusta mentre la sua lingua è nel mio culo”.
Prima di spostarsi alle spalle di Erica, si mosse quel tanto per infilare il cazzo nella bocca di Michelle, chiudendo gli occhi e visualizzando nella sua mente l’immagine che nella realtà era davanti a lui.
Il primo colpo di frusta, abbastanza forte, ottenne l’effetto di far uscire la lingua dal culo con uno scatto all’indietro del corpo colpito.
La reazione fu immediata ed altro colpo, prima che Erica potesse riprendersi, accompagnò l’ordine.
“Rimetti quella cazzo di lingua nel culo e muovila”.
Altri colpi, più leggeri, procurarono quel suono che, unitamente al lavoro servile, regalò eccitazione alla donna amata.
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scritto il
2025-02-23
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