Con i malvagi selvaggia donna dagli occhi color del mare

Scritto da , il 2021-06-27, genere pulp

Fulmini e tempeste, e pure uragani, disse il comandante e quando parlava così era perché la paura lo assaliva, e credetemi se vi dico che la paura lo assaliva raramente, molto raramente.

Così iniziò la mia storia a bordo della fregata verde, chiamata "Perla rara". Un bellissimo legno di 44 metri e 44 cannoni da 18 libbre, armata a nave, solcava i mari delle Antille olandesi a caccia di prede.

Il mio nome? Lucrezia. E sì sono una donna, ed è per questo che il capitano Warren urlava poco fa, considera una donna a bordo una jattura peggiore di un Jona, uno che porta sfortuna per nascita.

Ed io donna, nata donna, a bordo sono una jattura continua secondo ogni marinaio che si rispetti, tranne ovviamente coloro che possono avermi tra le loro braccia per una notte o più ovviamente e in quel preciso momento ero tra le braccia del suo primo ufficiale.

Tu chi sei e come sei salita a bordo, clandestina ti farò mangiare dai pescecani, bastarda, strega, puttana, e giù a snocciolare un rosario di epiteti nessuno dei quali era molto rispettoso nei miei riguardi.

Poi si scagliò contro il suo primo ufficiale, reo di aver profanato la sua nave, e qui non sto a ripetervi cosa uscì da quella bocca, perché irripetibili a orecchio umano.

Io intanto mi ero alzata dalla cuccetta in cui fino a poco prima giacevo col primo ufficiale e mi stavo rivestendo in silenzio, ero tranquilla dato che simili scene si ripetevano in ogni nave in cui ero stata finora.

Nel frattempo il silenzio era sceso tra i due, si guardavano in cagnesco, e qui devo dire che ne il capitano e né il primo ufficiale si erano mai molto amati, il primo figlio di un pirata aveva il mestiere nel sangue, mentre il secondo era stato prima ufficiale su un vascello di sua maestà portoghese, fino a quando aveva disertato per abbracciare il credo dei fratelli della costa.

Il capitano Warren sembrò ad un certo punto rilassarsi, io avevo bisogno di aiuto per allacciarmi il corsetto e presi la parola, ma fui istantaneamente azzittita da quest'ultimo che estrasse lo stocco da combattimento, mi ritrassi in un angolo spaventata, qui si fa sul serio pensai.

E sarebbe davvero finita lì se non si fosse parato fra me e il capitano il mio amato, il quale disse che voleva soddisfazione per me, e la voleva subito; il capitano rise, poi visto che questo non cedeva, comprese che faceva sul serio, mise via lo stocco ed uscì sul ponte principale.

Chiamò a gran voce la ciurma e riunitasi questa intorno a lui, iniziò a spiegare cosa era successo, il perché da dieci giorni non vedevamo una nave all'orizzonte dando la colpa a me, donna e Jona, tutto assieme ovviamente, e infine spiegò che il suo primo ufficiale mi difendeva e per farlo, lo aveva sfidato a duello.

In quel frangente uscii alla luce accecante del sole seguita dal mio amante, subito i più vicini si allontanarono da noi per paura di prendersi una qualsiasi tipo di maledizione, io rimasi sull'uscio, mentre il mio ufficiale, sguainata la sua sciabola di marina chiese ai presenti se qualcuno voleva fare da testimone, tutti muti.

Fu il capitano, chiamato il nocchiero a chiedere di fare da testimone, dicendo di essere stato sfidato a duello dal suo primo ufficiale e che quindi, avendo lui accettato, la sfida sarebbe iniziata subito e si sarebbe protratta fino alla morte di uno dei due, la sua, aggiunse con una risata e indicò con lo stocco il suo ufficiale.

I due si misero subito in guardia, e dopo un po' di schermaglie, si scagliarono immediatamente uno contro l'altro; c'è da dire che si conoscevano bene, dato che avevano già combattuto fianco a fianco per due anni in numerosi arrembaggi.

Il primo a colpire al braccio sinistro fu proprio il primo ufficiale, aveva dalla sua la tecnica imparata in Accademia e in combattimento singolo aveva una marcia in più, ma Warren combatteva con un leone e parava colpo su colpo con lo stocco, e alla fine ebbe la meglio, quando durante un affondo superò la guardia del portoghese e lo colpì al fianco destro, poco sopra il fegato.

Dolorante e impossibilitato ad alzare il braccio portante la spada per via della ferita da cui sgorgava sangue, non riuscì a parare il secondo attacco che lo trafisse giusto al collo, tagliando una giugulare e fracassando la trachea, per il mio ufficiale fu la fine ed anche per me.

Ora che il mio difensore era morto, la stessa sorte sarebbe toccata a me, ed infatti mi venne subito incontro puntando lo stocco, io presa da panico, mollai il corsetto che ancora stupidamente tenevo in mano e afferrai lo stocco che un marinaio di guardia portava distrattamente al proprio fianco e mi misi in guardia.

Non ero digiuna di combattimenti, altre volte mi ero dovuta difendere, sia sul mare che in terra ferma, ma qui era diverso, il capitano Warren aveva fama di combattente feroce e capace, come poco fa aveva dimostrato.

A ti difendi, mi urlò contro, come usi tentare di difenderti, di sottrarti alla tua sorte Jona, continuò dicendo, e intanto ci giravamo intorno stando in guardia.

Gli sguardi travisati dalla paura e dalla ferocia, io misi un piede sulla balza della gonna e mi resi conto che con quella roba addosso non avrei avuto scampo, ero troppo goffa nei movimenti, quindi la slacciai e lasciai cadere rimanendo in mutandoni. Risate generali, ecco, disse Warren, nel pericolo tenta di ammaliarci con le sue grazie, e rise sguaiatamente abbassando la guardia.

In quel frangente compresi che dovevo colpire e affondai il colpo; fece in tempo a scansarsi e lo ferii all'altro braccio, il destro con il quale portava gli assalti, questo lo rese ancora più feroce se possibile e preso dall'ira si scagliò su di me, io indietreggiai ma nel farlo inciampai nel cadavere del mio amato e caddi all'indietro.

Il capitano mi fu addosso in un attimo, io alzai lo stocco nel tentativo di un'ultima disperata difesa e lui che si era avventato su di me vi cadde letteralmente sopra.

Morì subito, lo stocco lo trafisse al petto fuoriuscendo sulla schiena, il suo massiccio corpo incombeva su di me mentre sotto avevo quello del primo ufficiale, ero in una posizione decisamente scomoda.

Fu a quel punto, mentre tentavo invano di fare rotolare via il corpo del fu capitano da sopra di me che una vedetta urlò, vele, vele al mascone di dritta, una nave.

Tutti si mossero a vedere, io urlai, c'è nessuno che mi dà una mano a spostare questo barile di pesce putrido!

Fu il nocchiero a salvarmi togliendo il corpo del capitano da sopra di me, poi porgendomi una mano mi aiutò a rialzarmi; avevo un bel mal di schiena ma corsi anch'io al cassero di prua ad osservare cosa avesse avvistato la vedetta.

Troppo lontana, scesi e corsi nella cabina dove ero stata scoperta, recuperai i miei stivali, presi il cannocchiale, ed anche un tricorno ed uscii al sole.

Mi arrampicai sulle griselle dell'albero maestro e trovata una posizione comoda, guardai.

Cazzo, pensai, un vascello da guerra olandese, quello ci tritura e siamo pure senza comandante.

Fu quella frase gettata lì tra i miei pensieri a farmi prendere la decisione. Scesi di corsa, recuperai lo stocco ancora infilzato al petto del fu Warren e con quello mi precipitai a prua devo gli uomini erano ancora lì a guardare oltre il bordo e urlai.

Ciurma, quello è un vascello da guerra olandese, se ci prende siamo cibo per pesci, se ci fa bene, possiamo fare due cose, scappare ma dove, oppure combattere.

A quel punto si sollevò un urlo dalla folla, combattiamo e iniziarono a sciamare verso le postazioni da combattimento, io cercai il nocchiero, ci guardammo poi esordii, abbiamo il vento a favore, vedi come arranca contro vento, secondo me riusciamo a mandargli a bordo tre bordate, prima di subirne una sua.

Tornammo di corsa al cassero di poppa e urlai all'equipaggio, forza, armate tutti i cannoni, vi voglio svegli e veloci, dobbiamo mandargli almeno tre bordate.

Siamo lontani e i nostri cannoni sono deboli per le loro fiancate, mirate al ponte e ai cassero, dobbiamo fare più morti possibile, voglio palle incatenate, voglio che capiscano con chi hanno a che fare.

Avendo il favore del vento e la velocità, sapevo che potevo azzardare fino a tre bordate, ma poi saremmo stati troppo vicini ai loro cannoni da 80, una sola bordata da parte di quei mostri e saremmo finiti in fondo al mare, dovevo inventarmi qualcosa.

Partì la prima bordata, poi subito dopo aver strambato, mentre quelli di dritta ricaricavano, partì la seconda. Io osservavo un po' a vista e un po' col cannocchiale, la cosa andò così, le nostre 40 palle, 80 essendo incatenate, tranciarono sartie, braccia e teste di chi non si abbassò subito sotto la battagliola.

Sulla nave nemica c'era un gran trambusto, si sentivano le urla di chi era stato colpito e gli ordini concitati di chi cercava di riportare ordine, eravamo oramai a 200 metri circa, dissi di usare ancora le palle incatenate e di mirare alle vele, altezza delle coffe dove c'erano i tiratori, poi dissi al nocchiero di effettuare una strambata stretta, in modo da inclinare la nave, così da compensare la nostra altezza inferiore.

Avevamo il vento, a babordo i cannoni erano pronti, a tribordo chiusi i portelli, diedi il via, c'erano ormai tra noi e loro circa 150 metri, ora o mai più, vedevo i portelli del vascello aperti e i cannoni sporgere, e li vedevano tutti gli uomini dell'equipaggio.

La bordata fece centro, e tre, mi sentivo al settimo cielo, ce l'avevo fatta, uomini, legno, cordame e vele volavano ovunque, sul vascello olandese c'era il caos, non l'avevamo fermato se non per un po' presto sarebbero tornati alla caccia, ma a me bastava.

Diedi l'ordine di fuga, giù coltellacci e scopamare, sotto i piedi la fregata accelerò all'istante, eravamo come in una nuvola bianca, in quell'istante sentii quattro colpi di cannone, merda pensai, i cannoni di caccia a prua della nave avevano aperto il fuoco contro di noi, ma passarono stranamente lontano.

I nostri no, due cannoni a poppa sputarono la loro sentenza di morte dalla cabina del fu capitano, colpirono la polenta, danni ma niente di più, la distanza tra noi e loro aumentava, il vento al traverso ci favoriva, riuscimmo a sparare altre due volte, noi e loro senza esito se non quello di fare capire che la Perla rara, non si arrende facilmente neppure con i più grandi.

Quando capimmo che eravamo lontani e che nessun vascello poteva raggiungerci, ci guardammo in faccia, la tensione si era finalmente allentata. Io e il nocchiero ci guardammo, poi lui chiamò l'equipaggio a raccolta sul ponte.

Vennero tutti, nessuno escluso, e Marco il nocchiero cominciò a parlare: "Signori, sapete tutti che una donna a bordo porta sfortuna, ma sapete anche che lo scompiglio arrecato oggi al vascello olandese è dovuto a questa donna" e nel farlo mi alzò un braccio, la camicia si aprì sul seno mostrandolo, dalla ciurma si alzarono urla di giubilo e fischi a segnalare l'approvazione del gesto, poi Marco placata la folla continuò "ebbene, se un capitano donna riesce a portare sfortuna e scompiglio in un vascello nemico, è meglio averla a bordo che averla contro, non siete d'accordo?" sì urlarono "quindi siete d'accordo con me di eleggere capitan Lucrezia come nostro capitano?".

Ancora un coro di sì sì elevò dalla folla, io ero felicissima, ero scampata per due volte a morte certa per mano del capitano Warren, e poi dal vascello olandese, ero davvero fortunata.

Raggiante mi avvicinai al bordo del cassero, dissi frasi di ringraziamento all'equipaggio, sia per non avermi mandata a ingrassare i pesci e sia per come si erano comportati in battaglia, poi diedi il mio primo ordine come capitano ufficiale della Perla rara: "buttate fuori bordo quei due cadaveri" indicando i corpi di Warren e del primo ufficiale, mio ultimo amante, che ancora giacevano scomposti sul ponte "poi lavate il sangue e facciamo festa".

Detto questo, presi la mano di Marco e scesi le scale per andare verso la mia nuova cabina, dovevo pur ringraziarlo in qualche modo; dentro regnava il caos e nell'aria ristagnava il fumo dei due cannoni che avevano sparato fino a poco fa, accanto i barilotti di polvere da sparo aperti, alzai gli occhi al cielo, ecco una cosa da risolvere al più presto, ma non ora.

Ora c'era Marco qui con me, individuai la branda, tolsi da sopra coperte e altre cianfrusaglie, tutto puzzava di umidità ma non ci badai, non ora, ora mi tolsi gli stivali, e poi mi calai mutandoni a camicia rimanendo nuda, poi misi le braccia intorno al collo di Marco e gli chiesi se non era il caso di mettersi comodo con me su quella branda.

Gli toccai il cazzo e sentii che era ben pronto per il suo capitano, mi girai e misi le braccia sulla branda inchinandomi e così facendo gli diedi la visione del mio culo di cui subito si impadronì.

Sentivo il calore di quell'amplesso contronatura salirmi dentro, montando l'eccitazione e proprio quando stavo per avere il primo orgasmo si spalancò la porta.

Era il mozzo che di corsa era venuto ad avvisare che l'olandese si era rifatto vivo a poppa.

Porca miseria, non era ancora finita, ma di già? Dissi al mozzo di andare di sopra e avvisare il pilota di mettere la nave all'orza e che sarei salita subito di sopra.

Sentivo il cazzo ammosciarsi nel culo, quindi lo spinsi via e guardai Marco con rimprovero, poi cercai in quella cabina delle brache ed una giacca, indossai tutto compresi gli stivali, poi preso il tricorno salii di sopra, la situazione era decisamente peggiore di prima, avevano ripreso l'andatura, riparati i danni ed ora ci erano quasi addosso, in quel momento sentii i colpi, i quattro cannoni di caccia avevano già ripreso a sparare, mi buttai a terra gridando e in quella ci fu un fracasso di vetri rotti, la mia cabina cazzo.

Ordini concitati, vele e rinforzi furono portati fuori e messi in opera, l'andatura aumentò, poi pulita la cabina misi i miei due artiglieri migliori ai pezzi in caccia, due bei cannoni di bronzo da 18 libbre, ora dovevamo divertirci un po' anche noi col tirassegno.

Al primo tiro niente, troppo corto, la distanza era troppa per noi, ma non per loro, ci mancarono perché il timoniere, sentiti gli spari deviava dalla rotta, mentre noi potevamo fare poco; scappare ecco, dovevamo scappare e subito per metterci in una posizione migliore.

Per fortuna eravamo nuovamente più veloci di loro e così anche per loro i tiri in caccia divennero inutili. Avevo contato tre tiri ogni due minuti, bravi ma noi quattro, eravamo decisamente migliori, dovevamo sfruttare questa superiorità poca cosa ma nemmeno tanto.

La nave stava oramai sparendo all'orizzonte mentre la notte sopravveniva, non accendemmo le lanterne e col buio, contravvenendo ad ogni idea di buon senso invertimmo la rotta, dovevo fermarli o ci avrebbero data la caccia fino in capo al mondo.

Intercettammo non visti i loro fanali dopo due ore, la luna non c'era e il buio era davvero pesto, ci mettemmo dietro di loro e iniziammo piano ad avvicinarci, il piano era ardito ma non impossibile.

Dovevamo avvicinarci a meno di 200 metri, poi strambata e bordata sul timone, quindi via di corsa, semplice e pulito se non per il fatto che per una buona vedetta anche con quel buio, presto le nostre vele bianche si sarebbero potute vedere.

Silenzio a bordo, quando decisi che eravamo alla distanza giusta diedi l'ordine, nessuno ci aveva ancora visti ma presto ci avrebbero sentiti.

Passammo relativamente lenti dietro la poppa del vascello ed ogni cannone una volta a tiro fece fuoco, 20 bocche sputarono ognuna 18 libbre di ferro sul dritto di poppa del vascello olandese, sfondandolo e penetrando anche all'interno; non potevo crederci ero riuscita nell'intento di fermarlo, anzi avevamo aperto uno squarcio a poppa, non potevo non approfittare della situazione, così diedi ordine di invertire la rotta per fare un altro passaggio con l'altro lato della fregata.

Anche questa volta 20 cannoni vomitarono il loro contenuto di morte direttamente nello squarcio a poppa, poi via di corsa ad allontanarci il più possibile dal vascello che aveva iniziato a bruciare, urla concitate nella notte e infine un gran botto. La santa Barbara era esplosa, che colpo e che luce nella notte e noi via di corsa.

Decisi di fare festa, ne avevamo tutti bisogno, e fu musica, balli e rum, io mi concessi più volte a chi mi andava di darmi, prima al mozzo però che mi aveva vista piegata in due con il nocchiero che mi prendeva da dietro; povero, gli era rimasta la voglia, a lui, sapeste a me.

E fu festa fino al mattino.

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Devo fare dei ringraziamenti per questo orrendo racconto.

A Salgari e a O'Brian che con i loro racconti, mi hanno riempita la testa di pirati e voglia di avventure.

Poi a Wikipedia per le vaghe informazioni sulle navi e sulle armi che ho messo nel racconto.

E anche a Milo Manara per le sue eroine sempre bellissime e sempre discinte, dalle quali ho preso spunto per capitan Lucrezia.

E infine, ma non ultima, alla birra che mi ha permesso di scrivere questa gran str... ah no, bellissima novella piratesca. Colpa delle idee di qualcuno... di scrivere un racconto con la mente alterata.

E grazie pure a chi riuscirà a leggere fino a qui. Capitan Lucrezia.

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