Era meglio se restavo a dormire
di
Lucrezia
genere
comici
Per dormire ho dormito, da ieri sera verso le 9 e mezza o poco dopo fino alle 5 di questa mattina, ed è stato bellissimo svegliarsi riposata allo stesso tempo è stato un risveglio brusco perché ho dovuto fare tutto di corsa.
Doccia ma non capelli che se no li asciugo domani, vestiti al volo pantaloni puliti, cazzo non posso mettere su la camicetta di ieri troppo frivola quindi: canottiera e sopra maglione a collo alto? Ma sì dai. Trucco!
"Chiodo" sì mi piaccio, borsa stivali e scappa.
"Ciao amore 💞" al solito gridato al nulla che tanto lei dorme come un ghiro.
Ed ora l'auto non parte!
Merda!
Autobus!
Già autobus che passa ah... sì, corsetta e preso al volo, via verso il centro, verso la stazione.
E sono lì che attendo il pullman per le corse regionali, non un gran viaggio dieci minuti al massimo quindici dipende dal traffico e ora non ce n'è ma parte tra dodici minuti da ora.
Mi manca un caffè per la fretta non l'ho preparato ed ora ne sento la mancanza, ho lasciato un biglietto alla Giò in cui le dico che ho fatto tardi, devo ricordarmi di chiamarla verso le otto, anche per dirle che l'auto non è partita mi sa che è ora di cambiarla per forza.
Riflessioni inutili e non ho la forza per portarle avanti, mi stiracchio un poco e sbadiglio decisa; vorrei tornare a dormire al tepore delle coperte e del corpo della mia amata qui fa freddo e tira vento.
Chissà che temperatura c'è i display con orario, calendario e termometro danno 7 gradi, se veri fa più paura ora che ho freddo.
L'autobus però c'è e ha aperto le porte salgo su non c'è vento qui ma non fa certo caldo, era parcheggiato è la sua prima corsa ergo, fa freddo pure qui mi stringo a me stessa tra due sedili.
L'autista ha voglia di chiacchierare io no.
Due parole ed un mezzo sorriso in risposta alle sue parole sul tempo, anche troppo il contributo da parte mia, il pensiero invece urla: parti cazzo!
È partito finalmente passa per strade conosciute da tempo, lambisce il centro e poi percorre i viali fino alla nuova rotonda, che palle le rotonde, e siamo al centro studi, tempo di percorso per i semafori 7 minuti, bravo, forse merita due parole d'accompagnamento mentre ci avviciniamo al semaforo.
"Certo che è strano prendere un pullman da sola".
"E sì la prima corsa è così ma tra poco cominciano a salire i lavoratori, lei dove scende: Fagagna, San Daniele?"
Ma fatti i casi tuoi no!
"Dopo Casanova".
"Ha lavora alla Buiese allora".
"Certo che no" penso ma non dico nulla, non ho voglia di parlare oltre e lo lascio col dubbio, oltre tutto la Buiese è ad un chilometro prima di dove scendo io.
"Scendo dopo ma prima della SME" ma perché gliel'ho detto?
"Ah ho capito, sì bè in effetti lei non è tipo di lavorare alla distilleria".
"Questo è scemo" penso e invece chiedo "perché no?" e intanto siamo al secondo semaforo, spero l'ultimo.
"Troppo bella per fare quel lavoro".
"Questo è davvero scemo!" e invece rispondo "crede? Sapesse che lavori ho fatto si ricrederebbe".
"Ah be' ci credo, non è mica come i giovani di oggi lei che non hanno voglia di lavorare".
"Ok la diagnosi è rimbambito" comincio a crederlo davvero, comincio pure a credere che fare questo lavoro distrugga la maggior parte dei neuroni lasciando solo quei pochi che servono a sopravvivere.
"Veramente lavoro con molti giovani, sono la più vecchia lì".
"Ma come vecchia, al massimo avrà..." ci pensa pure "30 barra 35 anni" pure la barra ha pronunciato, come se un pronunciasse la punteggiatura.
Sì come no! "No ho 44 quasi 45, sicché sono più di quanto pensasse lei".
"Ah ma non mi dia del Lei, siamo coetanei, diamoci del tu, io sono Carlo ".
Ok siamo al rimorchio e sarà l'ora, sarà che sono stanca ma ci sono caduta in pieno: "piacere Alessandra" do un nome falso, non mi va di dare quello vero che poi chissà che film si sarebbe fatto se gli avessi dato quello vero: Lucrezia.
Ancora un semaforo, l'avevo dimenticato nel conto e giusto poi ce n'è ancora uno, la vita scandita da luci colorate.
Sonnecchio quando finalmente passiamo davanti alle distillerie Buiese, mi alzo e mi avvicino alla porta ancora due o trecento metri poi il buio.
Immagino di essere un paracadutista pronto a buttarsi nell'ignoto e più o meno è così.
"Scende qui signora!"
Non una domanda un imperativo, luce verde "Ok sergente mi butto" e scendo senza salutare e sono in strada, ho un chilometro da percorrere a piedi, poi il caldo dell'ufficio, le voci e le domande e le mie risposte e infine l'unica cosa che conta: "qualcuno ha fatto il caffè?"
=======
Perché l'ho segnato tra i comici? Bè perché non c'è una vera categoria per questo generi di racconti sul sito e perché a ripensare alle mie disavventure mi viene da ridere.
L'auto, la vecchia Duster aveva la batteria giù, fortuna, riparata con poco.
Doccia ma non capelli che se no li asciugo domani, vestiti al volo pantaloni puliti, cazzo non posso mettere su la camicetta di ieri troppo frivola quindi: canottiera e sopra maglione a collo alto? Ma sì dai. Trucco!
"Chiodo" sì mi piaccio, borsa stivali e scappa.
"Ciao amore 💞" al solito gridato al nulla che tanto lei dorme come un ghiro.
Ed ora l'auto non parte!
Merda!
Autobus!
Già autobus che passa ah... sì, corsetta e preso al volo, via verso il centro, verso la stazione.
E sono lì che attendo il pullman per le corse regionali, non un gran viaggio dieci minuti al massimo quindici dipende dal traffico e ora non ce n'è ma parte tra dodici minuti da ora.
Mi manca un caffè per la fretta non l'ho preparato ed ora ne sento la mancanza, ho lasciato un biglietto alla Giò in cui le dico che ho fatto tardi, devo ricordarmi di chiamarla verso le otto, anche per dirle che l'auto non è partita mi sa che è ora di cambiarla per forza.
Riflessioni inutili e non ho la forza per portarle avanti, mi stiracchio un poco e sbadiglio decisa; vorrei tornare a dormire al tepore delle coperte e del corpo della mia amata qui fa freddo e tira vento.
Chissà che temperatura c'è i display con orario, calendario e termometro danno 7 gradi, se veri fa più paura ora che ho freddo.
L'autobus però c'è e ha aperto le porte salgo su non c'è vento qui ma non fa certo caldo, era parcheggiato è la sua prima corsa ergo, fa freddo pure qui mi stringo a me stessa tra due sedili.
L'autista ha voglia di chiacchierare io no.
Due parole ed un mezzo sorriso in risposta alle sue parole sul tempo, anche troppo il contributo da parte mia, il pensiero invece urla: parti cazzo!
È partito finalmente passa per strade conosciute da tempo, lambisce il centro e poi percorre i viali fino alla nuova rotonda, che palle le rotonde, e siamo al centro studi, tempo di percorso per i semafori 7 minuti, bravo, forse merita due parole d'accompagnamento mentre ci avviciniamo al semaforo.
"Certo che è strano prendere un pullman da sola".
"E sì la prima corsa è così ma tra poco cominciano a salire i lavoratori, lei dove scende: Fagagna, San Daniele?"
Ma fatti i casi tuoi no!
"Dopo Casanova".
"Ha lavora alla Buiese allora".
"Certo che no" penso ma non dico nulla, non ho voglia di parlare oltre e lo lascio col dubbio, oltre tutto la Buiese è ad un chilometro prima di dove scendo io.
"Scendo dopo ma prima della SME" ma perché gliel'ho detto?
"Ah ho capito, sì bè in effetti lei non è tipo di lavorare alla distilleria".
"Questo è scemo" penso e invece chiedo "perché no?" e intanto siamo al secondo semaforo, spero l'ultimo.
"Troppo bella per fare quel lavoro".
"Questo è davvero scemo!" e invece rispondo "crede? Sapesse che lavori ho fatto si ricrederebbe".
"Ah be' ci credo, non è mica come i giovani di oggi lei che non hanno voglia di lavorare".
"Ok la diagnosi è rimbambito" comincio a crederlo davvero, comincio pure a credere che fare questo lavoro distrugga la maggior parte dei neuroni lasciando solo quei pochi che servono a sopravvivere.
"Veramente lavoro con molti giovani, sono la più vecchia lì".
"Ma come vecchia, al massimo avrà..." ci pensa pure "30 barra 35 anni" pure la barra ha pronunciato, come se un pronunciasse la punteggiatura.
Sì come no! "No ho 44 quasi 45, sicché sono più di quanto pensasse lei".
"Ah ma non mi dia del Lei, siamo coetanei, diamoci del tu, io sono Carlo ".
Ok siamo al rimorchio e sarà l'ora, sarà che sono stanca ma ci sono caduta in pieno: "piacere Alessandra" do un nome falso, non mi va di dare quello vero che poi chissà che film si sarebbe fatto se gli avessi dato quello vero: Lucrezia.
Ancora un semaforo, l'avevo dimenticato nel conto e giusto poi ce n'è ancora uno, la vita scandita da luci colorate.
Sonnecchio quando finalmente passiamo davanti alle distillerie Buiese, mi alzo e mi avvicino alla porta ancora due o trecento metri poi il buio.
Immagino di essere un paracadutista pronto a buttarsi nell'ignoto e più o meno è così.
"Scende qui signora!"
Non una domanda un imperativo, luce verde "Ok sergente mi butto" e scendo senza salutare e sono in strada, ho un chilometro da percorrere a piedi, poi il caldo dell'ufficio, le voci e le domande e le mie risposte e infine l'unica cosa che conta: "qualcuno ha fatto il caffè?"
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Perché l'ho segnato tra i comici? Bè perché non c'è una vera categoria per questo generi di racconti sul sito e perché a ripensare alle mie disavventure mi viene da ridere.
L'auto, la vecchia Duster aveva la batteria giù, fortuna, riparata con poco.
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