Mi insegnò a guardare le stelle

Scritto da , il 2018-01-25, genere sentimentali

Il vento, che da est si è levato impetuoso, portando con sé aromi di luoghi lontani e del mare, solleva oggetti e li fa levitare; il cielo ora è cristallino, lavato, un’azzurra lastra di vetro.
Noi soli, in questa villetta isolata, proprietà di amici, situata fra colline boscose in cui già la primavera sta prendendo dimora.
Sposati da ormai otto anni, una romantica, carnale, erotica fuga, eccitati come fosse la prima volta o come ci si accingesse a compiere qualcosa di segretamente proibito.
Noi soli.
La voglia e la rinnovata emozione di spogliarci.
Di toccarci, di scoprirci.
Le nostre mani brancolanti di desiderio, le tue su di me e dentro di me. Giochi, rimandi dei nostri inizi, sentimenti che riaffiorano, eccitazione che cresce, tracima. I nostri lombi infuocati, le carezze piene di cura, delicate e audaci, allo stesso tempo.
Sovraeccitati.
Un crescendo di piacere.
E’ così bello! Il tempo che passa non ha spento nulla.
Uno specchio restituisce le nostre immagini: ansimiamo e gemiamo, i nostri corpi scintillanti di sudore, tu che affondi il tuo amato volto nel mio fiore ardente e umido; lo scettro del tuo sesso fra le mie mani, nella mia bocca, poi finalmente ecco, si affonda in me.
Il mio cuore prende fuoco e poi si scioglie.
E’ tutto così perfetto.
In questo momento di bellezza, inopinatamente, un elemento estraneo di discontinuità si insinua, si frappone fra me e la mia felicità. Cosa l’abbia generato non capisco, forse un lampo nei suoi occhi, un suono, una percezione olfattiva, oppure…..non so. Mi alzo di scatto, spinta da un impulso irrefrenabile, mi rivesto. Dall’ampia finestra intravedo un cielo terso, stellato. Inseguo i miei pensieri ancora informi, poco definiti.
- Scusa esco un attimo, ho bisogno di restare da sola. -
Nella notte silenziosa, limpidissima dopo la giornata ventosa, alzo lo sguardo: foglie che ondeggiano, si stagliano scure contro la volta di velluto blu del cielo. Il delicato profumo delle robinie, tenue e sfuggente viaggia trasportato dalla brezza che ha preso il posto del vento teso pomeridiano. L’ammasso luminoso di stelle mi sovrasta e sfavilla dalle insondabili profondità dell’universo.
Ora è chiaro. Sento il mio cuore stringersi nel ricordo, da tempo scotomizzato, e che ora si forma, nel laboratorio della mente, nitido, vivo.
“Mi aveva insegnato a guardare le stelle.”
Giovanissima, graziosa, fisico minuto, occhi verdi grandi, proveniente da un’altra terra, l'avevo incontrato in una triste circostanza, in cui una cara amica, versava in condizioni molto gravi in terapia intensiva. Mi aveva colpita per la sua disponibilità e umanità. Frequenti erano stati i nostri colloqui in cui venivo aggiornata sullo stato clinico della mia amica. Era nata un’amicizia. Ci eravamo poi frequentati ed io, nella mia giovane baldanza, mi era innamorata di quell’uomo dal volto solcato, che si muoveva nel suo lavoro, fra morte e vita, rispettoso, dolce e risoluto. Forse era la grande sicurezza che palesava, che mi aveva affascinato. In realtà aveva un cuore ferito, pieno di domande, di incertezze, fragilità; avevo conosciuto le sue nebbie e i suoi scatti d’ira, mai contro di me, tuttavia. Avevo capito che i solchi del suo volto riflettevano quelli della sua anima.
Massi, stupito, grato e meravigliato dell'inattesa storia d'amore che stava illuminando inaspettatamente la sua vita, si era coinvolto totalmente, tenero e appassionato. L'uomo viveva ogni istante, i dolcissimi, ma ardenti, momenti d'amore che gli stavo regalando, come dovessero svanire all’improvviso, lasciandolo da solo, una volta venuto meno quel dolce illusorio inganno che scaldava la sua vita. Un sogno, in fondo, da cui si sarebbe, purtroppo, destato, ritrovandosi nella sua realtà solitaria e tormentata, senza la luce di quei bellissimi occhi verdi.
Poi la vita, la differenza d’età, mi spinsero verso più giovani braccia e la nostra storia finì. Mentre raccoglievo le mie cose, lui mi guardava senza parlare, con occhi pieni di tristezza rassegnata a quella conclusione che lui aveva presentito, temuto da sempre, inevitabile, giá scritta. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo. Avrei preferito, a quella inerte dolcezza, una sua reazione rabbiosa, degli insulti urlatimi furiosamente in faccia. Apprestandomi a varcare la soglia e uscire per sempre dalla casa e dalla vita di lui, Massi mi chiamò, mi girai: - Albina, grazie per il regalo che sei stata alla mia vita. -
Scappai senza voltarmi. Non lo cercai. Non mi cercò, soffrendo, lo so con certezza.
“Mi aveva insegnato a guardare le stelle”: i suoi occhi sembravano fendere l'oscurità attratti dallo sfavillio degli astri nell’immensità.
Come vorrei risentire la sua voce mentre mi indicava l'Orsa, il Carro, la croce di Orione con Rigel e Betelgeuse, Alpha Centauri, Arturo di Boote, ma l 'eco di quel suono si è perso nei meandri del tempo e nella vastità dello spazio e non riesco più a ricordarlo.
Mi aveva parlato dell’infinito, e la mia mente si era smarrita, inebriata da quell’immagine vertiginosa. Mi aveva lasciato attonita, confusa, commossa, quando d’improvviso, sorridendomi, mi aveva detto: -Albina, sai perché esiste l’universo? E’stato creato perché i tuoi occhi potessero ammirarlo. -
Il mio cuore palpita e ora si strugge nella memoria di lui. Lui nella mia mente. -Dove sarai? Sarai? - Questa notte il tuo ricordo risplende; come la luce delle stelle persiste per innumerevoli anni, e sopravvive alla loro stessa scomparsa. Sto piangendo, naufragando fra le tumultuose acque dei miei pensieri.
Una voce preoccupata mi desta: - Tutto bene Alba?-
- Si, amore, adesso vengo. Rientro, le sue braccia mi accolgono, stringendomi teneramente. Lo amo.
Ma, Massi mi aveva insegnato a guardare le stelle.

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