Nel bagno del cinema

di
genere
bisex

Mi trovavo a Milano per lavoro e un sabato sera non sapendo dove andare decisi di andare al cinema vicino casa su viale Argentina. Non sapevo neache che film dessero. sono entrati e mi sono seduto in una delle ultime file vicino al corridoio, appena è iniziato il film ho capito che non era il film che volevo vedere ma ho deciso comunque di rimanere seduto perché non avevo nulla di meglio da fare mentre aspettavo l'uscita di un collega con cui avevo un appuntamento di lavoro dopo la mezzanotte. Ero stanco e volevo solo riposare un po' prima della riunione quindi ho deciso di chiudere gli occhi per un momento mentre il film continuava sullo schermo.

Dopo qualche minuto però qualcosa mi ha fatto aprire gli occhi: le immagini sullo schermo erano diventate più vivide e realistiche rispetto a prima, quasi come se stessi guardando un documentario anziché un film. Ho notato che gli attori non recitavano ma sembravano persone comuni che interagivano tra loro in modo naturale, senza alcuna sceneggiatura evidente. La cosa più strana era che nessuno nel cinema sembrava accorgersene o preoccuparsene, tutti continuavano a guardare lo schermo come se fosse perfettamente normale vedere quella scena di intimità così cruda e senza filtri.

Avevo iniziato a sudare freddo mentre mi chiedevo se fossi l'unico a percepire quella sensazione di disagio crescente. Ma allo stesso tempo non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo, affascinato dalla naturalezza con cui quei corpi si muovevano insieme, dalla luce che accarezzava le loro curve e dalle espressioni sincere sui loro volti. Sentivo il battito del cuore accelerare mentre osservavo ogni dettaglio: le mani che si stringevano, i respiri affannosi che sembravano quasi uscire dalle casse del cinema e invadere la sala buia.

E poi arrivò quella scena. Una figura alta e sinuosa si avvicinò alla coppia al centro dell'inquadratura. Inizialmente non capii, poi il movimento della cinepresa rivelò quel corpo androgino, quei fianchi larghi e quel membro enorme che sembrava quasi pulsare sotto i riflettori. La bocca mi si seccò mentre guardavo l'adulto e sua moglie accogliere il nuovo arrivato senza esitazione, come se fosse un ospite atteso da tempo. Le loro mani si intrecciarono con una familiarità che non aveva nulla di recitato, mentre il trans li guidava verso il letto con movimenti sicuri.

"Adesso," sussurrò la voce roca, e per un momento credetti che la colonna sonora stesse giocando un trucco alle mie orecchie. Ma no, era tutto reale. La donna si mise all'opera con esperienza, massaggiando il marito mentre il trans si spalmava del lubrificante sulle dita lunghe e affusolate. Vidi l'uomo irrigidirsi quando quelle dita iniziarono a prepararlo, ma poi il suo corpo si rilassò sotto il tocco sapiente di entrambi. Il mio respiro si fece affannoso quando finalmente il trans si sistemò dietro di lui, quel cazzo enorme che luccicava di sudore sotto le luci del set improvvisato.

Un rumore di stoffa accanto a me mi fece sobbalzare. Un uomo sui cinquant'anni, vestito con un trench beige, si era seduto due posti più in là senza che io me ne accorgessi. Aveva le mani incrociate sulle ginocchia e fissava lo schermo con un'intensità che mi fece venire i brividi. "Si vede che è un habitué," pensai, mentre sul maxischermo il marito gemeva con un misto di dolore e piacere mentre il trans lo prendeva con movimenti lenti ma profondi.

"Ti piace quello che vedi?" La voce mi arrivò come un soffio caldo nell'orecchio. L'uomo si era spostato e ora occupava il sedile accanto al mio. Sentii l'odore del suo aftershave, troppo dolce per essere naturale, mescolato a qualcosa di muschiato e animale. "Non fare il timido," continuò, sfiorandomi il polso con un dito che tremava leggermente. "Lo so che ti sta piacendo. Lo sento nell'aria, quel misto di vergogna e desiderio."

Era vero. Il calore che mi pulsava nell'inguine era diventato impossibile da ignorare, anche con lo sforzo di mantenere le gambe strette e le mani appoggiate sulle ginocchia come un ragazzino impaurito. Sullo schermo, la scena era progredita in qualcosa che non avrei mai immaginato di vedere in un cinema pubblico: il trans si era staccato dal marito solo per farsi prendere a sua volta dalla moglie, mentre l'uomo ora li osservava con uno sguardo pieno di ammirazione e desiderio. "Santo cielo," sussurrai senza volerlo. Il mio respiro era diventato un rantolo, e ogni goccia di sangue sembrava essersi concentrata là sotto, rendendo i miei pantaloni improvvisamente troppo stretti.

L'uomo accanto a me rise piano, un suono raschiato che mi fece rabbrividire. "Ti piacciono gli uomini così, eh? Quelli che sanno come trattare un altro uomo." La sua mano scivolò dalla mia spalla fino alla coscia, e io non riuscii a muovermi. Era come se fossi inchiodato alla poltrona, ipnotizzato sia dallo schermo che da quella presenza invadente. Sentii le dita dell'uomo premere contro la mia gamba, lasciando una scia di calore anche attraverso il tessuto dei pantaloni. "Lo vedi come lo prepara bene?" continuò, indicando il trans che ora stava massaggiando il marito con movimenti circolari delle anche mentre la moglie lo accarezzava. "Prima di ficcarglielo tutto, deve farlo desiderare ancora di più. È un'arte."

Il mio corpo reagì prima del mio cervello. Un gemito mi sfuggì quando la mano dell'uomo trovò la mia erezione, palpandola attraverso i pantaloni con una sicurezza che faceva capire quanto fosse abituato a certe situazioni. "Ah, eccoci," sussurrò, avvicinandosi così tanto che il suo alito mi sfiorò il collo. "Non sei mai stato con un uomo, vero? Si sente." Le sue parole mi bruciarono più del tocco.

Con un movimento improvviso ma preciso, afferrò il mio polso e lo guidò verso il suo inguine. La cerniera dei suoi pantaloni era già aperta, e quando le mie dita incontrarono la carne nuda e bollente, un brivido mi percorse la schiena. Era enorme, pulsante, ricoperto di una leggera peluria che sembrava elettrizzarsi sotto le mie dita tremanti. "Toccalo bene," ordinò, premendo la mia mano contro di lui. "Senti come è eccitato per te?" La sua voce era diventata un ringhio soffocato.

Sullo schermo, il trans aveva ora afferrato il marito per i fianchi e lo stava penetrando con una lentezza crudele, ogni centimetro che entrava seguito da un gemito strozzato dell'uomo. La moglie li osservava con gli occhi lucidi, una mano tra le gambe mentre si massaggiava in sincronia con i loro movimenti. Ero incollato alla scena, incapace di distogliere lo sguardo anche mentre le dita dell'uomo accanto a me iniziavano a sbottonare i miei pantaloni con destrezza. "Ecco il bravo ragazzo," sussurrò contro la mia tempia. "Vediamo quanto resisti."

La sua mano mi scivolò dentro le mutande e trovò la mia erezione, già bagnata di precum. Lo stridore della cerniera che si apriva si perse nel frastuono del film, dove ora i gemiti della coppia si mescolavano in un coro di piacere. La sua stretta era ferma, esperta, le dita che sapevano esattamente dove premere per farmi contorcere. "Guarda bene," mi ordinò, mentre con l'altra mano mi girava il mento verso lo schermo. "Guarda come lo prende tutto. Non sarebbe bello essere al suo posto?"

Balbettai e poi dissi forse sì, la voce così bassa che nemmeno io la sentii. Ma lui capì, e il suo ghigno si allargò mentre la mano accelerava il ritmo. Sullo schermo, il trans aveva ormai ridotto il marito a un tremolio di spasmi, ogni spinta seguita da un gemito che mi faceva rabbrividire di invidia. Sentii le mie gambe aprirsi da sole, il corpo che si arrendeva alla sensazione mentre la sua mano continuava a lavorarmi con una precisione chirurgica.

"Ti va di seguirmi in bagno?" mi disse all'improvviso, la voce un soffio caldo contro l'orecchio mentre le dita si fermavano appena sotto il glande, premendo quel punto sensibile che mi fece vedere stelle. La sua bocca era così vicina che sentii il sapore del suo respiro, quel misto di menta e tabacco che mi fece venire voglia di leccargli i denti. Lo guardai negli occhi per la prima volta: erano neri come la sala vuota che ci circondava, eppure scintillavano di una luce perversa che mi fece annuire senza pensarci.

Non sapevo esattamente cosa volesse fare, ma ogni cellula del mio corpo urlava di sì. Mi alzai tremante, i pantaloni ancora aperti, mentre lui si sistemava il trench con nonchalance come se niente fosse successo. La sua mano mi afferrò il polso e mi guidò lungo la fila vuota verso le uscite laterali, le nostre ombre che danzavano sul pavimento sporco di popcorn e bicchieri di plastica abbandonati. Sul maxischermo, il trans aveva ora inchiodato il marito contro il muro, le cosce che tremavano ad ogni colpo mentre la moglie li guardava con gli occhi socchiusi e la lingua tra le labbra.

Il corridoio era buio e puzzava di disinfettante rancido, ma quando spingemmo la porta del bagno degli uomini, l'odore si trasformò in qualcosa di più denso, metallico, come il sudore asciugato e ricominciato mille volte. "Qui nessuno ci disturba," sussurrò, mentre il lucchetto della cabina scattava con un click che mi fece trasalire. La luce al neon tremolava sopra di noi, rendendo i suoi lineamenti ancora più spigolosi, quasi demoniaci. "Girati," ordinò, e io obbedii, le mani che si appoggiavano al vetro sporco dello specchio mentre sentivo il suo respiro diventare affannoso dietro di me.

Abbassò i miei pantaloni con una rapidità che mi lasciò senza fiato. Il tessuto si bloccò alle ginocchia, intrappolandomi in una posizione sgraziata mentre la sua mano si posava sulle mie naticche nude e sudate. "Che bel culo," sussurrò, massaggiandomi con una lentezza che mi fece venire i brividi. Sentii il suo cazzo enorme premere contro di me, ancora più impressionante di quanto sembrasse sotto quei pantaloni larghi. "Sei mai stato preso così?" chiese, mentre le sue dita mi separavano con una delicatezza che contrastava con la voce roca. La mia risposta fu un gemito strozzato quando sentii la punta del suo lubrificante freddo tra le mie pieghe.

"No, non mentire," continuò, spingendosi dentro senza aspettare una risposta. Il dolore fu acuto, bruciante, ma già dopo pochi istanti si trasformò in qualcosa di più profondo, quasi ipnotico. Le sue mani mi afferrarono i fianchi con una forza che avrebbe lasciato lividi, guidandomi in un ritmo primitivo che sembrava sincronizzato con i gemiti amplificati della sala. "Guarda," mi ordinò, costringendomi a sollevare lo sguardo verso lo specchio appannato. Nella penombra tremolante, vidi il mio viso distorto dal piacere, la bocca aperta in un'espressione che non avevo mai visto prima. "Vedi com'è bello?" sibilò, accelerando i colpi mentre il suo ventre sudato schiacciava contro le mie naticche. "Finalmente capisci cosa ti sei perso tutti questi anni."

Il mio riflesso annuì, incapace di formulare parole mentre quel corpo massiccio mi possedeva con una ferocia che mi faceva sentire vivo per la prima volta in quarant'anni. Ogni spinta sembrava scardinare qualcosa dentro di me, ogni gemito dell'uomo alle mie spalle si fondeva con quelli provenienti dallo schermo, creando un coro perverso che risuonava nelle mie ossa. Sentii le sue unghie scavarmi nella carne, i denti affondarmi nella spalla mentre il suo respiro diventava sempre più affannoso. "Adesso vieni," ringhiò, e una mano callosa mi afferrò il cazzo, strizzandolo con una brutalità che mi fece esplodere contro lo specchio in lunghi fili bianchi.

Il mio corpo si contorse tra le sue braccia mentre le ultime contrazioni mi attraversavano come scosse elettriche, ma lui non rallentò. Al contrario, i suoi fianchi presero a sbattere con ancora più violenza contro di me, ogni colpo che mi sollevava sulla punta dei piedi, facendomi sentire quel cazzo enorme raspare in profondità. "Sì, così," ansimai senza volerlo, le dita che graffiavano il muro bagnato di sudore mentre una nuova erezione, impossibile, iniziava già a formarsi.

Il dolore iniziale si era trasformato in qualcosa di più profondo, una sensazione di pienezza che mi faceva sentire spezzato e ricomposto ad ogni spinta. Sentivo ogni singolo centimetro di lui scivolare dentro di me, la peluria ruvida del suo pube che mi sfiorava le naticche, il suo respiro affannoso che mi scaldava la nuca. "Ti piace, eh? Sentirti riempire come una puttana," ringhiò, afferrandomi i capelli e tirandomi indietro la testa fino a sentire le vertebre scricchiolare. Non potevo negarlo - ogni cellula del mio corpo urlava di sì.

Quando iniziò a muoversi con ritmo regolare, qualcosa dentro di me cedette. Un'ondata di piacere così intensa che mi fece vedere stelle, come se quel cazzo enorme avesse trovato un punto segreto che neppure sapevo di avere. Gemetti, una voce roca che non riconoscevo come mia, mentre le sue mani mi scolpivano i fianchi con una ferocia che avrebbe lasciato lividi a forma di impronte digitali. "Ecco, così," sibilò, accelerando mentre i suoi testicoli sbattevano contro di me con un rumore umido che si mischiava ai gemiti provenienti dalla sala.

Ogni spinta mi faceva oscillare contro lo specchio appannato, il vetro freddo che si mescolava al sudore caldo del mio petto. Ad un tratto, sentii le sue dita stringermi la gola con giusta pressione - abbastanza da farmi vedere lampi bianchi ai margini della vista, non abbastanza da soffocarmi davvero. Fu quella combinazione di controllo e crudeltà che mi fece esplodere una seconda volta, senza nemmeno toccarmi, uno schizzo di sperma che macchiò la parete davanti a me come un graffio bianco nell'oscurità.

Lui reagì come se quel tremore del mio corpo fosse stato un segnale. Le sue braccia si irrigidirono intorno a me come cerchi di ferro, i muscoli della schiena che si contraevano in rilievi duri sotto le mie dita artigliate. Un suono gutturale gli uscì dalla gola, qualcosa tra un ringhio e una preghiera, mentre il suo cazzo pulsava dentro di me come un secondo cuore. Lo sentii gonfiarsi ancora di più nell'attimo prima dell'orgasmo, quell'istante di perfetta consapevolezza in cui percepii ogni vena, ogni lieve asperità della sua pelle contro le mie pareti interne.

Poi esplose. Fiumi di sborra calda che mi inondavano con una pressione che sembrava non finire mai, ogni scossa del suo bacino che spingeva il fluido più in profondità. "Dentro... tutto dentro..." ansimava contro la mia nuca, i denti affondati nella mia spalla mentre il suo corpo continuava a scaricare ondate di seme come se volesse svuotarsi completamente. Lo sentivo scorrere, caldo e denso, lungo le mie cosce, una sensazione così visceralmente umida che mi fece tremare a mia volta.

Il suo respiro si fece roco, quasi animale, mentre le ultime gocce sgorgavano lentamente. Rimase immobile per un eterno istante, ancora infilzato in me fino all'ultimo centimetro, il ventre che pulsava contro le mie naticche. Poi, con un sospiro che sembrava venire dal profondo del petto, si ritrasse con una lentezza quasi cerimoniale, facendomi sentire ogni anello muscolare che si richiudeva a fatica dietro di lui. Una stilla di sperma mi colò lungo la coscia, tiepida e compromettente.

"Pulisciti," disse poi, fissandomi nello specchio con occhi che ormai conoscevano ogni mia vergogna. La sua voce non ammetteva repliche. Le sue dita, ancora appiccicose, mi porsero un fazzoletto di carta sgualcito, macchiato di rosso labbra da chissà quale precedente incontro. Lo presi con mani che tremavano più del necessario, le ginocchia che ancora faticavano a reggermi. Il gesto fu meticoloso, quasi rituale: ogni striscia bianca cancellata dalla pelle, ogni traccia fisica eliminata. Eppure sapevo già che certe macchie non si lavano via con un tovagliolo di fortuna.

Aprii la porta del bagno con la cautela di un ladro, il cigolio delle cerniere che sembrava un urlo nel silenzio improvviso. Fuori, il corridoio era deserto, illuminato solo dalla luce intermittente di un neon morente. I gemiti del film ormai si erano trasformati in sussurri indistinti, la colonna sonora che ondeggiava tra il jazz e il respiro affannoso di qualcuno che non ero più io. Feci un passo, poi un altro, le suole delle scarpe che si attaccavano al pavimento unto come se il mondo non volesse lasciarmi andare.

Mi pulii lentamente con il fazzoletto rosso di labbra, le dita che inseguivano rivoli di sudore e altro lungo l’interno coscia. Ogni passata era un tentativo di cancellare non solo il suo seme, ma anche l’impronta delle sue dita, il ricordo della sua voce roca che diceva "guarda come ti sei sporcato". Il tessuto si strappò tra le mie dita, lasciando dietro di sé brandelli di carta macchiati come prove di un crimine mai commesso davvero.

Aprii la porta del bagno con un colpo di spalla, troppo debole per farlo con eleganza. Il corridoio era una gola nera, inghiottita dal silenzio. Qualche metro più in là, la luce intermittente della sala proiettava ombre danzanti di persone che non esistevano più—o forse non erano mai esistite. Feci un passo, poi un altro, il mio riflesso nello specchio appannato che si dissolveva come nebbia al sole.

Fuori, la città aveva cambiato pelle. Milano era diventata un set cinematografico abbandonato, le strade vuote e le vetrine animate solo dal tremolio dei neon. Camminavo avvolto in una cappa di umidità che sembrava seguirmi, attaccarsi alla pelle come la patina di sudore asciugato male. Ogni passo risuonava troppo forte, l'eco che rimbalzava tra i muri sordi dei palazzi, come se fossi l'ultimo uomo rimasto in un mondo che aveva dimenticato di spegnere le luci.
scritto il
2025-11-25
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