Le lavoratici nude
di
Maktero
genere
sadomaso
Ci presentiamo al nostro primo giorno di lavoro.
La ditta che ci ha "assunte" non lo ha fatto per le nostre capacità lavorative ma per una combinazione per le sue necessità e le nostre necessità masochistiche.
Il titolare della ditta è un nostro amante e ha assecondato i nostri desideri perversi.
E' domenica; quando i veri lavoratori riposano e gli schiavi volontari come noi si danno da fare.
Noi ci presentiamo davanti alla casa in ristrutturazione, il nostro amico ci fà entrare e ci obliga di spoglairci nude.
Noi obbediamo immediatamente poi ci spiega quale sarà il nostro lavoro io e mia sorella dovremo scalcinare l'intonaco dalle pareti di una stanza per riportare il muro a mattone.
Nude e scalze in mezo alla sporcizia ed ai detriti che feriscono i nostri piedi ci avviamo verso la stanza che saràa il nostro luogo di lavoro.
Lui ci fornisce di scalpelli e martelli e poi ci di dice di avviarci al lavoro.
Noi con gli attrezzi cominciamo il nostro compito.
Ci sentiamo eccitate; siamo come delle vere schiave come nell'antichità, costrette a lavorare nude e duramente.
Cominciamo il nostro compito maneggiando faticosamente i nostri strumenti, ben presto la polvere, i detriti avvolgono i nostri corpi sudati.
I detriti feriscono i nostri piedi scalzi, quanto ci piace!
Ci sentiamo al settimo cielo, ci sembra di essere come quegli schiavi che hanno costruito nudi le grande opere dell'antichità.
Il nostro amico fà di tutto per avvolarore la nostra sensazione, mentre seduto comodamente beve birra e fuma comodo e strabaccatto quando vede qualche nostra incertezza ci picchia con un bastone.
Noi entusiasmate da quella situazione ci diamo da fare per scalpellare i muri.
La fatica si fa sentire, ma le botte ci incitano a darci da fare.
Dopo molte ore abbiamo eseguito il nostro lavoro; siamo esauste; sporche e doloranti per la fatica.
Il nosto "datore di lavoro" sembra contento getta sul pavimento una ciotola e vi versa dentro dell'acqua invitandoci a bere.
Io e mia sorella assettate ci gettiamo sulla ciotola per soddisfare la nostra sete.
Dopo quel breve ristoro il padrone ci ordina di ripulire la stanza dai detriti.
Ci indica una carriola ed una pala dove caricare i detriti da gettare all'esterno.
Cominciammo quel pesante compito.
Il mio cazzo stava esplodendo per per il piacere di quel lavoro da schiave.
Mal "datore di lavoro" si era accorto della mia erezione ed eccittato a sua volta, scoprendo il suo membro mi butto con violenza contro un muro ed ncominciò ad incularmi.
Fù un coito molto doloroso, per quanto avessi il culo aperto, la sabbia e la polvere che ricoprivano il mio corpo sfregavano contro il mio sfintere anale e mi bruciavano ad ogni colpo del cazzo del padrone.
Mente strillavo inculata dolorosamente, mia sorella si masturbava eccitata da quella mia dolorosa sottomissione.
Il tizio mi arrivò dentro.
Poi si sfilò esausto.
Io dolorante eo così eccitata per il trattamento che il mio cazzo era diventato estremamente duro.
Sotto gli occhi di mia sorella che aveva già goduto abbondantemete guardando la mia sottommissione mi masturbai irrorando di sperma le macerie che poi avrei dovuto rimuovere.
Io e mia sorella ci osservammo profondamente negli occhi; eravamo contentissime di quella situazione di schiavitù, come quella che avevano dovuto sopportare altri schiavi per centinaia di anni.
Ma noi adesso eravamo contente perchè avevamo voluto sottopporci volontariamente a quella condizione.
Il padrone ci concesse qualche minuto per riprenderci, poi con il bastone cominciò a picchiarci per farci riprendere il lavoro.
Noi ricominciammo di buona lena, ripulendo a fondo la stanza; ci sentivamo felici di lavorare come schiave nella sporcizia e nella sottommissione.
Quando avemmo finito di ripulire la prima stanza il padrone ci fece passare ad un altra ancora più grande.
E noi da buone schiave ci demmo da fare per eseguire il lavoro.
Durante la faticosa attivvità il padrone prese da parte mia sorella, evidentemente si era di nuovo eccitato.
Non si allontanò molto mentre io martellavo l'intonaco, lui spinse mia sorella in un angolo della stanza.
Con la coda dell'occho mentre lavoravo vidi che la stava montando violentemente.
il rumore dell mie martellate si alternavano ai suo gemiti ed ai grugniti di eccitazzione del padrone.
Poi vidi che lui contento abbandonnò il corpo di mia sorella ansimante e tremante su un cumulo di detriti.
Venne verso di me e mi diede un paio di bastonate per invogliare il mio lavoro.
Io convinta dal suo stimolo mi misi a martellare con più foga.
Poi mia sorella si unì a me unendo le martellate alla masturbazione.
Evidentemente si era eccitata profondamente da quello stupro e csi sentiva calda.
Anche il mio cazzo era eccitato per la fatica ed il dolore delle botte.
Osservando che il padrone ormai ubriaco per tutta la birra che si era bevuto ed inconsapevole di ciò che stava succedendo decisi di prendere la nostra ibertà.
Avvolsi mia sorella in un profondo abbraccio, e con il cazzo duro che scorreva sul pube di mia sorella finalmente trovai la sua fessura.
Spinsi il mio pene all'interno del suo utero; mia sorella sussultò come una pazza a quell'ingresso.
I suoi occhi si rivoltaro verso l'alto ed io cominciai a pomparla con delicatezza seguendo le sue sensazioni.
La feci godere più volte rallentando il più possibile il mio piacere.
Poi quando non ne potei più finalmente le arrivai dentro.
Ci abbandonammo esauste sul pavimento polveroso e coperto da macerie.
Il padrone intontito dal suo precedente godimento e dall'ebrezza non si era accorto di nulla.
Rimanemmo per qualche minuto abracciate, esauste, sfiancate, ma contente.
Poi ripreseci mentre il padrone era sempre semi incosciente, riprendemmo il nostro duro lavoro.
Lavorammo la stanza a dovere e la ripulimmo dai detriti e dalla polvere.
Quando il nostro "datore di lavoro" si riprese dall'ebrezza apprezzò il nostro lavoro.
Erano passate diccianovve ore da quando avevamo iniziato, era oramai sera avanzata, non si vedeva più nulla ed il nostro padrone ci disse che il nostro compito era finito.
Noi tirammo un sospiro di sollievo eravamo stanche come bestie, sporche in ogni poro.
Lui raccatto i vestiti che avevamo gettate arrivate al cantiere; ci fece entrare nel bagagliaio del suo pick-up gettndoci addosso i nostri indumenti.
Poi si fermò davanti a casa ci fece scendere, nude dvanti agli eventuali sguardi dei vicini, dicendo che aveva provato una esperienza che voleva replicare.
Anche noi nude con i nostri vesti in mano sostenemmo che eravamo rimaste contente e che eravamo disponibili ad ulteriori iniziative.
Poi lui senza replicare ci sputò addosso e se ne andò.
Noi entrammo in casa e sfinite, sporche e luride, incapaci per la stanchezza di farci una doccia ci gettammo sul letto sprofondando in un lungo sonno profondo e ristoratore.
La ditta che ci ha "assunte" non lo ha fatto per le nostre capacità lavorative ma per una combinazione per le sue necessità e le nostre necessità masochistiche.
Il titolare della ditta è un nostro amante e ha assecondato i nostri desideri perversi.
E' domenica; quando i veri lavoratori riposano e gli schiavi volontari come noi si danno da fare.
Noi ci presentiamo davanti alla casa in ristrutturazione, il nostro amico ci fà entrare e ci obliga di spoglairci nude.
Noi obbediamo immediatamente poi ci spiega quale sarà il nostro lavoro io e mia sorella dovremo scalcinare l'intonaco dalle pareti di una stanza per riportare il muro a mattone.
Nude e scalze in mezo alla sporcizia ed ai detriti che feriscono i nostri piedi ci avviamo verso la stanza che saràa il nostro luogo di lavoro.
Lui ci fornisce di scalpelli e martelli e poi ci di dice di avviarci al lavoro.
Noi con gli attrezzi cominciamo il nostro compito.
Ci sentiamo eccitate; siamo come delle vere schiave come nell'antichità, costrette a lavorare nude e duramente.
Cominciamo il nostro compito maneggiando faticosamente i nostri strumenti, ben presto la polvere, i detriti avvolgono i nostri corpi sudati.
I detriti feriscono i nostri piedi scalzi, quanto ci piace!
Ci sentiamo al settimo cielo, ci sembra di essere come quegli schiavi che hanno costruito nudi le grande opere dell'antichità.
Il nostro amico fà di tutto per avvolarore la nostra sensazione, mentre seduto comodamente beve birra e fuma comodo e strabaccatto quando vede qualche nostra incertezza ci picchia con un bastone.
Noi entusiasmate da quella situazione ci diamo da fare per scalpellare i muri.
La fatica si fa sentire, ma le botte ci incitano a darci da fare.
Dopo molte ore abbiamo eseguito il nostro lavoro; siamo esauste; sporche e doloranti per la fatica.
Il nosto "datore di lavoro" sembra contento getta sul pavimento una ciotola e vi versa dentro dell'acqua invitandoci a bere.
Io e mia sorella assettate ci gettiamo sulla ciotola per soddisfare la nostra sete.
Dopo quel breve ristoro il padrone ci ordina di ripulire la stanza dai detriti.
Ci indica una carriola ed una pala dove caricare i detriti da gettare all'esterno.
Cominciammo quel pesante compito.
Il mio cazzo stava esplodendo per per il piacere di quel lavoro da schiave.
Mal "datore di lavoro" si era accorto della mia erezione ed eccittato a sua volta, scoprendo il suo membro mi butto con violenza contro un muro ed ncominciò ad incularmi.
Fù un coito molto doloroso, per quanto avessi il culo aperto, la sabbia e la polvere che ricoprivano il mio corpo sfregavano contro il mio sfintere anale e mi bruciavano ad ogni colpo del cazzo del padrone.
Mente strillavo inculata dolorosamente, mia sorella si masturbava eccitata da quella mia dolorosa sottomissione.
Il tizio mi arrivò dentro.
Poi si sfilò esausto.
Io dolorante eo così eccitata per il trattamento che il mio cazzo era diventato estremamente duro.
Sotto gli occhi di mia sorella che aveva già goduto abbondantemete guardando la mia sottommissione mi masturbai irrorando di sperma le macerie che poi avrei dovuto rimuovere.
Io e mia sorella ci osservammo profondamente negli occhi; eravamo contentissime di quella situazione di schiavitù, come quella che avevano dovuto sopportare altri schiavi per centinaia di anni.
Ma noi adesso eravamo contente perchè avevamo voluto sottopporci volontariamente a quella condizione.
Il padrone ci concesse qualche minuto per riprenderci, poi con il bastone cominciò a picchiarci per farci riprendere il lavoro.
Noi ricominciammo di buona lena, ripulendo a fondo la stanza; ci sentivamo felici di lavorare come schiave nella sporcizia e nella sottommissione.
Quando avemmo finito di ripulire la prima stanza il padrone ci fece passare ad un altra ancora più grande.
E noi da buone schiave ci demmo da fare per eseguire il lavoro.
Durante la faticosa attivvità il padrone prese da parte mia sorella, evidentemente si era di nuovo eccitato.
Non si allontanò molto mentre io martellavo l'intonaco, lui spinse mia sorella in un angolo della stanza.
Con la coda dell'occho mentre lavoravo vidi che la stava montando violentemente.
il rumore dell mie martellate si alternavano ai suo gemiti ed ai grugniti di eccitazzione del padrone.
Poi vidi che lui contento abbandonnò il corpo di mia sorella ansimante e tremante su un cumulo di detriti.
Venne verso di me e mi diede un paio di bastonate per invogliare il mio lavoro.
Io convinta dal suo stimolo mi misi a martellare con più foga.
Poi mia sorella si unì a me unendo le martellate alla masturbazione.
Evidentemente si era eccitata profondamente da quello stupro e csi sentiva calda.
Anche il mio cazzo era eccitato per la fatica ed il dolore delle botte.
Osservando che il padrone ormai ubriaco per tutta la birra che si era bevuto ed inconsapevole di ciò che stava succedendo decisi di prendere la nostra ibertà.
Avvolsi mia sorella in un profondo abbraccio, e con il cazzo duro che scorreva sul pube di mia sorella finalmente trovai la sua fessura.
Spinsi il mio pene all'interno del suo utero; mia sorella sussultò come una pazza a quell'ingresso.
I suoi occhi si rivoltaro verso l'alto ed io cominciai a pomparla con delicatezza seguendo le sue sensazioni.
La feci godere più volte rallentando il più possibile il mio piacere.
Poi quando non ne potei più finalmente le arrivai dentro.
Ci abbandonammo esauste sul pavimento polveroso e coperto da macerie.
Il padrone intontito dal suo precedente godimento e dall'ebrezza non si era accorto di nulla.
Rimanemmo per qualche minuto abracciate, esauste, sfiancate, ma contente.
Poi ripreseci mentre il padrone era sempre semi incosciente, riprendemmo il nostro duro lavoro.
Lavorammo la stanza a dovere e la ripulimmo dai detriti e dalla polvere.
Quando il nostro "datore di lavoro" si riprese dall'ebrezza apprezzò il nostro lavoro.
Erano passate diccianovve ore da quando avevamo iniziato, era oramai sera avanzata, non si vedeva più nulla ed il nostro padrone ci disse che il nostro compito era finito.
Noi tirammo un sospiro di sollievo eravamo stanche come bestie, sporche in ogni poro.
Lui raccatto i vestiti che avevamo gettate arrivate al cantiere; ci fece entrare nel bagagliaio del suo pick-up gettndoci addosso i nostri indumenti.
Poi si fermò davanti a casa ci fece scendere, nude dvanti agli eventuali sguardi dei vicini, dicendo che aveva provato una esperienza che voleva replicare.
Anche noi nude con i nostri vesti in mano sostenemmo che eravamo rimaste contente e che eravamo disponibili ad ulteriori iniziative.
Poi lui senza replicare ci sputò addosso e se ne andò.
Noi entrammo in casa e sfinite, sporche e luride, incapaci per la stanchezza di farci una doccia ci gettammo sul letto sprofondando in un lungo sonno profondo e ristoratore.
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