Il corso del maestro zen

di
genere
sadomaso

Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.

Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.

Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.
Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.

Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.

Abbiamo cominciato a frequentare un maestro zen che propone la sua particolare religione.
Siamo diversi adepti interessati ai suoi insegnamenti.
Il maestro propone una disciplina religiosa basata sul sesso; un sesso particolare scevro da qualsiasi convenzionalità.
Il suo seminario si sviluppa in un mucchio di chiacchiere che noi adepti ascoltiamo nudi in ginocchio.
Siamo cinque o sei a lezione, che ascoltiamo con deferenza.
In realtà a me e a mia sorella non ce ne frega molto delle chiacchiere filosofiche/religiose di quello che è un vero porco.
Infatti dopo averci intontiti con il suo blaterare, comincia quella che lui definisce spiritualmente “La cerimonia di discesa materiale”, che lui considera il passaggio dalla filosofia verbale alla filosofia materiale ed altre stronzate simili.
Per realizzare il rito lui si pone al centro della stanza, tira fuori il suo uccello dal suo kimono ed invita un adepto, maschio o femmina, a succhiarglielo.
Lui emana estasiato delle litanie in una lingua sconosciuta; ma in fin ei conti quel porco sta godendo dalla succhiatura del cazzo.
Poi all’improvviso come preso da una folgorazione mistica allontana il pompinaro o pompinara per indicare un altro soggetto a succhiarli il cazzo.
La cerimonia prosegue così; il maestro sceglie diversi adepti per succhiarli il cazzo finchè qualcuno particolarmente bravo non lo fa arrivare.
Quello o quella sarà il “Prescelto”, ed il maestro si apparterà con lui per “approfondire l’insegnamento in privato”.
Noi siamo liberi di tornare a casa.
Dopo alcune settimane di apprendistato con quel porco, passiamo ad un livello successivo di conoscenza “spirituale”.
Gli studenti ammessi a quel corso di “conoscenza” superiore sono quattro.
Io e mia sorella, un ragazzo e una ragazza.
Come al solito noi quattro nudi ed in ginocchio attendiamo al centro della sala l’arrivo del maestro.
Lui arriva splendido nel suo kimono bianco; come al solito ci aspettiamo di dover succhiare il suo uccello come di consueto.
Ma lui ci dice che prima di poter accedere al culto del suo pene dovremo attraversare le prove necessarie a renderci degne del culto del suo cazzo.
Batte le mani e fa entrare due ragazze nude munite di frustini da cavallerizza.
Ci spiega che sono le sue assistenti necessarie per farci arrivare al prossimo livello di preparazione spirituale.
Loro, aggiunge, ci daranno lo stimolo, l’indicazione della via per arrivare alla nostra prossima meta.
Ci spiega che sono donne esperte tramite l’uso della frusta a far intuire agli adepti la “destinazione”.
Noi entusiasmate dalle parole non vediamo l’ora di essere indotte al nuovo livello di conoscenza.
Ed applaudendo sollecitiamo la lezione.
Il maestro fa un gesto e indica alle sue collaboratrici di cominciare.
Quelle cominciano a frustarci; i colpi sono duri, ma tutti quanti siamo contenti di subire quel dolore che ci avvicina alla “conoscenza”.
La lezione dura moltissimo perché ovviamente abbiamo bisogno di molto insegnamento.
Dopo due o tre ore tutti quanti siamo ridotti a corpi martoriati.
Sdraiati per terra ansimanti e gementi, supplichiamo pietà; ma il maestro sostiene che non siamo ancora pronti per vedere la “luce”.
Poi qualcuna afferma di vedere la luce, ed il maestro ordina alle assistenti di fermarsi, chiedendo chi ha visto la luce.
Una ragazza sdraiata per terra con il corpo martoriato come noialtri alza stancamente la mano.
E balbettando afferma di aver visto la luce.
Il maestro ordina di portarla a lui, le ragazze la raccattano a terra e la posano esamine davanti al maestro.
Lui le posa una mano sulla testa benedicendola ed ordina che noi altri ancora viventi nell’oscurità si sia ancora sottoposti alla prova di redenzione.
Le assistenti riprendono a frustarci duramente; mentre vediamo che il maestro che si scopa la ragazza che ha visto la “luce”.
Dopo un poco di tempo sbavando per il dolore anche noi altri vediamo la “luce”.
Il maestro ordinando di fermare la nostra fustigazione, mentre si fa succhiare il cazzo dalla ragazza già “redenta” ci guarda con attenzione e sostiene i non credere alla sincerità della nostra illuminazione.
Ritiene che sarà necessario ancora qualche stimolo fisico che provochi il nostro sviluppo spirituale.
Ordina alle sue assistenti di farci rinchiudere nel “pensatoio” dove riusciremmo a meditare quanto basta.
Le assistenti ci portarono doloranti per le sevizie subite verso un piccolissimo sgabuzzino.
Era uno spazio così ristretto che dovettero spingere la porta per farci entrare.
Eravamo ristretti come acciughe e facevamo fatica a respirare.
Il dolore delle frustate ci tormentava ed eravamo sconvolte dall’eccitazione per quella situazione così opprimente.
Agitandoci e soffrendo per la ristrettezza del luogo cominciammo ad arrivare ripetutamente.
E nelle pause cominciavamo a comprendere la religione zen del nostro maestro.


































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2025-09-14
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