Brividi osceni della mente
di
rotas2sator
genere
corna
Mi sedetti davanti al computer. Annoiato. Distratto. Poi il racconto mi colpì. Fulvio, romano. In viaggio verso Cesena. Federica, madre di tre figli, lavoro di gestione risorse.
Il nome mi fermò. Federica. Il nome di mia moglie. Coincidenza? No. Mi entrò dentro come un coltello. Gelosia e eccitazione insieme, brucianti.
Fulvio guardava fuori dal finestrino. Alberi gialli, campi arsi, borghi che correvano via. Ma dentro, la testa era già a Federica. A Cesena. A quella carne che conosceva così bene. Il treno martellava sulle rotaie. Il cuore di Fulvio batteva forte. Il mio battito ricalcava ogni colpo. Scese. La macchina di Federica. Il sorriso che conoscevo. La porta chiusa dietro di loro. Il mondo sparì.
Fulvio le spalancò le cosce. La lingua scivolò sulla figa calda, bagnata, aperta, succhiandola avidamente. Federica gemeva. Tirava i capelli di Fulvio. Il bacino si spingeva in avanti, implorando di più. Il rumore bagnato di succhi e lingua riempiva la stanza. Io vedevo mia moglie lì. I seni che si muovevano, gonfi. Il corpo che tremava. Il brivido mi scese lungo la schiena. Il cazzo pulsava, pronto a esplodere. Lei sopra di lui. Il cazzo di Fulvio dentro, duro, scivolava fino al fondo. Muoveva il bacino veloce, sbattendo, ansimando. Le tette rimbalzavano violentemente. Capezzoli duri che colpivano il petto di lui. Le mani piantate sul letto. Il culo aperto, lucido, che schioccava ad ogni colpo. — Stupendo, stupendo… più dentro… ancora! — urlava. Io tremavo. Gelosia. Piacere. Dolore.
Federica piegata contro l’armadio. Mani sul vetro. Fulvio dietro. Colpi profondi. Lo schiocco dei sessi che sbattevano. I seni che balzavano, pesanti, colpendo il vetro. I capezzoli gonfi, rossi, tremanti. La bocca aperta. La lingua fuori. La bava colava. Gli occhi persi. Il sesso grondava succhi e seme. Il corpo scosso da orgasmi violenti. Lei gemeva, urlava, chiedeva di più. Implorava di farsi spaccare ancora. Fulvio venne dentro di lei. Il suo seme cFulvio scivolò tra le cosce, colando sul culo e sulle gambe. Lei tremava, persa. Distrutta. Felice.
Io non leggevo più. Guardavo. Chissà…mia moglie. Forse mia moglie. Sicuramente mia moglie Seni che rimbalzavano, culo aperto, voce roca che implorava arrendevole. Gelosia e piacere mi divorarono. Il mio cazzo duro. Il desiderio marcio che mi attraversava.
Quando Fulvio se ne andò, Federica lo accompagnò. Cosce ancora bagnate. Pelle sudata che odorava di cazzo. Capelli incollati al viso. Nella mia mente la scena non finiva mai.
Federica. Cesena. Tre figli. L’orologio al polso destro. La bruna selva inguinale. Le forme morbide. La descrizione della casa. Ogni dettaglio era lei. E quella parola — stupendo — la stessa che mia moglie mi sussurra quando gode. Coincidenza? No. Troppi indizi.
La vedevo scopata da un altro. I seni che rimbalzavano. La voce roca che implorava. Io godevo e soffrivo insieme. Un vortice di carne, sudore, fluidi. Gelosia e piacere fuse in un unico morso. Fantasia, ricordo o verità? Non importa. Il tormento stesso era desiderio. E in quel desiderio marcio avrei continuato a bruciare.
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