Lenzuola fradicie
di
ottinton palent
genere
trio
Sentimmo la porta d’ingresso aprirsi all’improvviso.**
Giulia sussultò appena, ma non si ricoprì. Era nuda accanto a me, con la coscia ancora incollata alla mia figa umida. Sorrise come se sapesse già cosa stava per accadere.
— È Cosimo — disse piano, senza imbarazzo.
Lo vedemmo comparire sulla soglia della stanza, con lo zaino buttato a terra e gli occhi sbarrati. Restò un attimo immobile, a fissarci nude e intrecciate sul letto, i nostri capezzoli lucidi di saliva e i nostri corpi ancora in fremito.
— Cazzo… — mormorò.
Giulia non si coprì. Al contrario, gli fece cenno con un dito di avvicinarsi. Io arrossii, ma il calore che avevo dentro non si spense: mi sentivo esibita, offerta. La sua erezione premeva già evidente nei jeans.
Lei si mise a cavalcioni sopra di me e, fissandolo, iniziò a leccarmi di nuovo, lenta, facendo rumore con la bocca. Voleva provocarlo. E riuscì. Cosimo si slacciò i pantaloni e liberò il cazzo duro, gonfio, che pulsava come se stesse per scoppiare.
Giulia lo prese in mano senza smettere di succhiarmi. Lo guidò verso la mia bocca. — Aprila — mi disse.
Lo feci. Sentii la cappella calda, pesante, spingermi contro le labbra. L’odore maschio, acre, mi invase. Gli succhiai la punta mentre lei, sotto, mi divorava la figa. Il piacere mi esplose in un brivido violento: la mia bocca riempita del cazzo di Cosimo, la lingua di Giulia che mi scavava dentro.
Lui gemette, spingendomi la testa verso il basso. Lo presi più a fondo, sentendo le vene rigonfie sfiorarmi la gola. Lei sollevò la testa, mi guardò: aveva la bocca bagnata del mio piacere. — Voglio che ci scopi tutte e due — disse.
Cosimo non se lo fece ripetere. Mi sollevò per i fianchi, mi mise a quattro zampe sul letto. Giulia si sdraiò davanti a me, gambe aperte, la figa lucida e profumata. — Leccala mentre ti prende — sussurrò.
E fu così: lui mi entrò da dietro con un colpo secco, riempiendomi la figa fino in fondo. Urlai, affondando il viso tra le cosce di lei. La sua figa mi grondava in bocca mentre Cosimo mi scopava con forza crescente, le palle che sbattevano contro di me a ogni colpo.
Giulia gemeva forte, stringendomi i capelli, guidandomi sul suo clitoride. Io succhiavo e gemetti uscivano soffocati tra le sue labbra gonfie. Cosimo ci possedeva entrambe: il mio culo sbatteva contro il suo ventre, la mia bocca divorava la fica di lei.
Il ritmo diventò martellante. Sentivo il cazzo farsi più grosso dentro di me, pronto a venire. Giulia strillò di piacere, venendomi in bocca con scosse rapide, mentre io mi lasciavo penetrare sempre più forte.
Cosimo gemette, mi strinse i fianchi e mi riempì con una sborra calda e abbondante che colò giù per le mie cosce. Rimase dentro fino all’ultimo getto, ansimando, mentre Giulia rideva piano, accarezzando i miei capelli.
Eravamo sudati, esausti, annodati l’uno all’altra. Nessuna vergogna. Nessuna parola. Solo il rumore del respiro e l’odore di sesso che impregnava la stanza.
Per una notte non eravamo più in due. Eravamo tre corpi fusi, senza limiti, senza nome.
Cosimo si sdraiò un attimo accanto a me, ansimante, il cazzo ancora lucido della mia figa. Io tremavo, la pelle arrossata, le cosce bagnate. Ma non era finita: Giulia, col viso malizioso, lo accarezzò piano e poi si chinò a sussurrarmi nell’orecchio:
— Prova… è bellissimo. Fidati.
Sentii il cuore impazzire. Capii subito cosa intendeva. Il cazzo duro di Cosimo premeva già sul mio fianco, cercando un nuovo varco. Io arrossii, esitante. L’avevo sempre immaginato come un limite. Un tabù.
Giulia mi baciò sulla bocca, lenta, spingendo due dita unte di saliva tra le mie chiappe. Le muoveva piano, circolari, mentre mi sussurrava: — Rilassati… lasciati andare… con lui sarà diverso…
Cosimo si avvicinò da dietro. Lo sentii spingere piano contro l’ano, la cappella gonfia che cercava di entrare. Sussultai, stringendomi alle lenzuola. — Piano… — gemetti.
Giulia mi teneva la mano, incitandomi: — Sì… lascia che entri… lo sentirai dappertutto…
Il cazzo di Cosimo scivolò lentamente dentro, bruciando e dilatandomi in un piacere nuovo, crudo, feroce. Mi sembrava impossibile contenerlo, eppure il corpo lo accoglieva. A ogni centimetro gemevo, metà dolore e metà estasi.
— Dio, che stretta… — ringhiò lui, spingendo più a fondo.
Giulia guardava la scena incantata, con la mano già tra le gambe. Mi baciava mentre lui mi prendeva il culo, la sua lingua che mi rassicurava, il cazzo di Cosimo che mi sfondava piano ma senza fermarsi.
Poi iniziò a muoversi davvero, con colpi lenti e profondi. Mi sentii invasa come mai prima, ogni spinta mi faceva urlare contro la bocca di Giulia, che godeva nel vedermi così. — Ti piace… vero? — mi sussurrò. E io, ormai senza difese, ansimai: — Sì… sì… continua…
Cosimo mi teneva stretta per i fianchi, il suo respiro caldo sulla schiena, e mi scopava l’ano con forza crescente. Io ero persa: il clitoride pulsava come impazzito, la figa gocciolava, mentre ogni colpo nel culo mi faceva vibrare tutta.
Quando venni, fu violento. Un orgasmo che mi squassò il ventre, misto di dolore e piacere, un’urgenza incontrollata. Urlai mentre Cosimo mi riempiva fino in fondo, spingendo e gemendo, la sborra che esplodeva dentro di me.
Caddi sul letto distrutta, con Giulia che mi accarezzava e rideva piano, complice: — Te l’avevo detto…
Non avevo ancora ripreso fiato quando Giulia, con gli occhi lucidi di eccitazione, si piegò su di me. Mi baciò forte, con la bocca ancora intrisa del mio sapore, poi si voltò verso Cosimo che ci guardava con il cazzo rigido, luccicante della mia umidità e del mio ano.
— Adesso fammi vedere quanto puoi prenderne — sussurrò, accarezzandomi tra le chiappe.
Il suo dito, bagnato di saliva, scivolò subito dentro il mio culo ancora dilatato, facendomi gemere. Io ero già stanca, ma il brivido di quella penetrazione doppia mi incendiava. Lei rise piano, stringendomi forte al fianco: — Una davanti, una dietro… vedrai che goduria.
Cosimo mi prese per i fianchi e, senza attendere, spinse di nuovo il cazzo nella mia figa, gonfia e grondante. Entrò tutto d’un colpo, profondo, mentre allo stesso tempo Giulia affondava due dita nell’ano, ruotandole piano, poi sempre più forte.
Urlai. Il corpo mi esplose. Sentivo la figa squarciata dal cazzo duro, e dietro il culo riempito dalle sue dita veloci, che mi massaggiavano dentro come a volermi possedere fino in fondo. — Dio, è strettissima! — ansimò Cosimo, scopandomi con colpi secchi.
Giulia mi teneva il viso, mi baciava, e intanto mi spingeva le dita sempre più a fondo. — Senti com’è bello? Una doppia, tutta per te… — gemeva all’orecchio.
Il mio corpo era una scossa continua. Ogni affondo mi faceva perdere il respiro, la figa inondata dal cazzo, il culo allargato dalle sue dita senza pietà. Mi sentivo spaccata in due eppure viva come mai prima.
Venni urlando, stringendo la faccia di Giulia tra le mani, mentre Cosimo mi riempiva con colpi rabbiosi. Lei non smise di spingere dentro il mio culo finché anche lui non esplose, sborra calda che mi riempì tutta la figa fino a colare giù per le cosce.
Crollai sul letto tra i loro corpi, tremante, distrutta, ma col sorriso sulle labbra. Giulia mi accarezzava i capelli, soddisfatta, e sussurrò piano: — Ora sì che sei stata tutta nostra.
La luce del mattino filtrava dai vetri, tagliando la stanza con lame dorate. Aprii gli occhi stordita: il corpo era pesante, le cosce indolenzite, la pelle ancora umida di sudore rappreso. Lenzuola inzuppate, appiccicate, impregnate dell’odore acre del seme e dei nostri umori.
Mi mossi appena e sentii la fessura tra le gambe pulsare, gonfia, arrossata. Ogni movimento faceva colare ancora fiotti caldi e lattiginosi che Cosimo mi aveva lasciato dentro. La figa, rilassata e dolente, restituiva piano la sborra della notte, imbrattandomi le cosce e la stoffa sotto di me. Anche l’ano, sensibile, sembrava un’altra bocca socchiusa, un confine violato che tratteneva e lasciava uscire tracce, mischiandole all’odore pungente che saturava la stanza.
Voltandomi vidi Giulia: dormiva nuda accanto a me, le gambe divaricate, il pube lucido della mia saliva secca e del seme che anche lei aveva raccolto. Il suo respiro lento, il corpo abbandonato, un braccio posato molle sul ventre. Cosimo invece russava piano, steso dall’altra parte del letto, esausto, con il cazzo flaccido ma sporco, segnato di tutto quello che aveva preso e dato.
La camera era un nido di odori: sperma, sudore, saliva, il dolciastro della figa, il ferroso delle lenzuola umide. Ogni cosa parlava di ciò che avevamo fatto. Nessuna vergogna, solo la brutalità e la bellezza di una notte che ci aveva spremuti fino all’ultima goccia.
Spostai piano una gamba e sentii lo sperma caldo colare di nuovo fuori, scivolare giù dall’ano e dalla figa, colarmi lungo l’interno coscia fino al letto. Mi accorsi che il lenzuolo sotto di me era fradicio, chiazzato di macchie bianche e trasparenti, impregnato fino all’osso.
Chiusi gli occhi un istante. Mi sentivo sporca, sfondata, ma anche incredibilmente viva. Una pace animalesca, come dopo una tempesta che ti ha lasciata nuda e senza difese.
** vedi La bocca di lei
— È Cosimo — disse piano, senza imbarazzo.
Lo vedemmo comparire sulla soglia della stanza, con lo zaino buttato a terra e gli occhi sbarrati. Restò un attimo immobile, a fissarci nude e intrecciate sul letto, i nostri capezzoli lucidi di saliva e i nostri corpi ancora in fremito.
— Cazzo… — mormorò.
Giulia non si coprì. Al contrario, gli fece cenno con un dito di avvicinarsi. Io arrossii, ma il calore che avevo dentro non si spense: mi sentivo esibita, offerta. La sua erezione premeva già evidente nei jeans.
Lei si mise a cavalcioni sopra di me e, fissandolo, iniziò a leccarmi di nuovo, lenta, facendo rumore con la bocca. Voleva provocarlo. E riuscì. Cosimo si slacciò i pantaloni e liberò il cazzo duro, gonfio, che pulsava come se stesse per scoppiare.
Giulia lo prese in mano senza smettere di succhiarmi. Lo guidò verso la mia bocca. — Aprila — mi disse.
Lo feci. Sentii la cappella calda, pesante, spingermi contro le labbra. L’odore maschio, acre, mi invase. Gli succhiai la punta mentre lei, sotto, mi divorava la figa. Il piacere mi esplose in un brivido violento: la mia bocca riempita del cazzo di Cosimo, la lingua di Giulia che mi scavava dentro.
Lui gemette, spingendomi la testa verso il basso. Lo presi più a fondo, sentendo le vene rigonfie sfiorarmi la gola. Lei sollevò la testa, mi guardò: aveva la bocca bagnata del mio piacere. — Voglio che ci scopi tutte e due — disse.
Cosimo non se lo fece ripetere. Mi sollevò per i fianchi, mi mise a quattro zampe sul letto. Giulia si sdraiò davanti a me, gambe aperte, la figa lucida e profumata. — Leccala mentre ti prende — sussurrò.
E fu così: lui mi entrò da dietro con un colpo secco, riempiendomi la figa fino in fondo. Urlai, affondando il viso tra le cosce di lei. La sua figa mi grondava in bocca mentre Cosimo mi scopava con forza crescente, le palle che sbattevano contro di me a ogni colpo.
Giulia gemeva forte, stringendomi i capelli, guidandomi sul suo clitoride. Io succhiavo e gemetti uscivano soffocati tra le sue labbra gonfie. Cosimo ci possedeva entrambe: il mio culo sbatteva contro il suo ventre, la mia bocca divorava la fica di lei.
Il ritmo diventò martellante. Sentivo il cazzo farsi più grosso dentro di me, pronto a venire. Giulia strillò di piacere, venendomi in bocca con scosse rapide, mentre io mi lasciavo penetrare sempre più forte.
Cosimo gemette, mi strinse i fianchi e mi riempì con una sborra calda e abbondante che colò giù per le mie cosce. Rimase dentro fino all’ultimo getto, ansimando, mentre Giulia rideva piano, accarezzando i miei capelli.
Eravamo sudati, esausti, annodati l’uno all’altra. Nessuna vergogna. Nessuna parola. Solo il rumore del respiro e l’odore di sesso che impregnava la stanza.
Per una notte non eravamo più in due. Eravamo tre corpi fusi, senza limiti, senza nome.
Cosimo si sdraiò un attimo accanto a me, ansimante, il cazzo ancora lucido della mia figa. Io tremavo, la pelle arrossata, le cosce bagnate. Ma non era finita: Giulia, col viso malizioso, lo accarezzò piano e poi si chinò a sussurrarmi nell’orecchio:
— Prova… è bellissimo. Fidati.
Sentii il cuore impazzire. Capii subito cosa intendeva. Il cazzo duro di Cosimo premeva già sul mio fianco, cercando un nuovo varco. Io arrossii, esitante. L’avevo sempre immaginato come un limite. Un tabù.
Giulia mi baciò sulla bocca, lenta, spingendo due dita unte di saliva tra le mie chiappe. Le muoveva piano, circolari, mentre mi sussurrava: — Rilassati… lasciati andare… con lui sarà diverso…
Cosimo si avvicinò da dietro. Lo sentii spingere piano contro l’ano, la cappella gonfia che cercava di entrare. Sussultai, stringendomi alle lenzuola. — Piano… — gemetti.
Giulia mi teneva la mano, incitandomi: — Sì… lascia che entri… lo sentirai dappertutto…
Il cazzo di Cosimo scivolò lentamente dentro, bruciando e dilatandomi in un piacere nuovo, crudo, feroce. Mi sembrava impossibile contenerlo, eppure il corpo lo accoglieva. A ogni centimetro gemevo, metà dolore e metà estasi.
— Dio, che stretta… — ringhiò lui, spingendo più a fondo.
Giulia guardava la scena incantata, con la mano già tra le gambe. Mi baciava mentre lui mi prendeva il culo, la sua lingua che mi rassicurava, il cazzo di Cosimo che mi sfondava piano ma senza fermarsi.
Poi iniziò a muoversi davvero, con colpi lenti e profondi. Mi sentii invasa come mai prima, ogni spinta mi faceva urlare contro la bocca di Giulia, che godeva nel vedermi così. — Ti piace… vero? — mi sussurrò. E io, ormai senza difese, ansimai: — Sì… sì… continua…
Cosimo mi teneva stretta per i fianchi, il suo respiro caldo sulla schiena, e mi scopava l’ano con forza crescente. Io ero persa: il clitoride pulsava come impazzito, la figa gocciolava, mentre ogni colpo nel culo mi faceva vibrare tutta.
Quando venni, fu violento. Un orgasmo che mi squassò il ventre, misto di dolore e piacere, un’urgenza incontrollata. Urlai mentre Cosimo mi riempiva fino in fondo, spingendo e gemendo, la sborra che esplodeva dentro di me.
Caddi sul letto distrutta, con Giulia che mi accarezzava e rideva piano, complice: — Te l’avevo detto…
Non avevo ancora ripreso fiato quando Giulia, con gli occhi lucidi di eccitazione, si piegò su di me. Mi baciò forte, con la bocca ancora intrisa del mio sapore, poi si voltò verso Cosimo che ci guardava con il cazzo rigido, luccicante della mia umidità e del mio ano.
— Adesso fammi vedere quanto puoi prenderne — sussurrò, accarezzandomi tra le chiappe.
Il suo dito, bagnato di saliva, scivolò subito dentro il mio culo ancora dilatato, facendomi gemere. Io ero già stanca, ma il brivido di quella penetrazione doppia mi incendiava. Lei rise piano, stringendomi forte al fianco: — Una davanti, una dietro… vedrai che goduria.
Cosimo mi prese per i fianchi e, senza attendere, spinse di nuovo il cazzo nella mia figa, gonfia e grondante. Entrò tutto d’un colpo, profondo, mentre allo stesso tempo Giulia affondava due dita nell’ano, ruotandole piano, poi sempre più forte.
Urlai. Il corpo mi esplose. Sentivo la figa squarciata dal cazzo duro, e dietro il culo riempito dalle sue dita veloci, che mi massaggiavano dentro come a volermi possedere fino in fondo. — Dio, è strettissima! — ansimò Cosimo, scopandomi con colpi secchi.
Giulia mi teneva il viso, mi baciava, e intanto mi spingeva le dita sempre più a fondo. — Senti com’è bello? Una doppia, tutta per te… — gemeva all’orecchio.
Il mio corpo era una scossa continua. Ogni affondo mi faceva perdere il respiro, la figa inondata dal cazzo, il culo allargato dalle sue dita senza pietà. Mi sentivo spaccata in due eppure viva come mai prima.
Venni urlando, stringendo la faccia di Giulia tra le mani, mentre Cosimo mi riempiva con colpi rabbiosi. Lei non smise di spingere dentro il mio culo finché anche lui non esplose, sborra calda che mi riempì tutta la figa fino a colare giù per le cosce.
Crollai sul letto tra i loro corpi, tremante, distrutta, ma col sorriso sulle labbra. Giulia mi accarezzava i capelli, soddisfatta, e sussurrò piano: — Ora sì che sei stata tutta nostra.
La luce del mattino filtrava dai vetri, tagliando la stanza con lame dorate. Aprii gli occhi stordita: il corpo era pesante, le cosce indolenzite, la pelle ancora umida di sudore rappreso. Lenzuola inzuppate, appiccicate, impregnate dell’odore acre del seme e dei nostri umori.
Mi mossi appena e sentii la fessura tra le gambe pulsare, gonfia, arrossata. Ogni movimento faceva colare ancora fiotti caldi e lattiginosi che Cosimo mi aveva lasciato dentro. La figa, rilassata e dolente, restituiva piano la sborra della notte, imbrattandomi le cosce e la stoffa sotto di me. Anche l’ano, sensibile, sembrava un’altra bocca socchiusa, un confine violato che tratteneva e lasciava uscire tracce, mischiandole all’odore pungente che saturava la stanza.
Voltandomi vidi Giulia: dormiva nuda accanto a me, le gambe divaricate, il pube lucido della mia saliva secca e del seme che anche lei aveva raccolto. Il suo respiro lento, il corpo abbandonato, un braccio posato molle sul ventre. Cosimo invece russava piano, steso dall’altra parte del letto, esausto, con il cazzo flaccido ma sporco, segnato di tutto quello che aveva preso e dato.
La camera era un nido di odori: sperma, sudore, saliva, il dolciastro della figa, il ferroso delle lenzuola umide. Ogni cosa parlava di ciò che avevamo fatto. Nessuna vergogna, solo la brutalità e la bellezza di una notte che ci aveva spremuti fino all’ultima goccia.
Spostai piano una gamba e sentii lo sperma caldo colare di nuovo fuori, scivolare giù dall’ano e dalla figa, colarmi lungo l’interno coscia fino al letto. Mi accorsi che il lenzuolo sotto di me era fradicio, chiazzato di macchie bianche e trasparenti, impregnato fino all’osso.
Chiusi gli occhi un istante. Mi sentivo sporca, sfondata, ma anche incredibilmente viva. Una pace animalesca, come dopo una tempesta che ti ha lasciata nuda e senza difese.
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