“Compimento del piacere” – Capitolo 38
di
penna
genere
confessioni
Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà.
Per contatti: pennaefantasia@gmail.com
Vi invito a lasciare un commento oppure a scrivermi in privato.
Fu Mauro ad aprire il portoncino del loft, la sua tana più intima. Ma Noemi la prima a entrare. Spalancò la porta con naturalezza, come se ci fosse già stata. Come se l’avesse sognato per tutta la sera.
Le luci erano soffuse, calde, quasi rosate. Il pavimento in legno chiaro sembrava rispondere al rumore dei tacchi come un’eco discreta, complice.
Loretta si guardò attorno un istante, poi si avvicinò lentamente a quel centro della scena: il bancone della cucina. Posò la borsa, si sfilò le scarpe. Si voltò verso Carlo con uno sguardo che era già una consegna.
«Cominciamo da qui.»
Carlo la raggiunse senza dire nulla. Si erano già spogliati di tante parole, non ce n’era bisogno adesso. Le sue mani si posarono sui fianchi di lei con naturalezza. Ma la carezza fu attenta, piena, come se ogni curva meritasse una memoria. Lei si voltò appena, allungando il collo. Le dita di Carlo scivolarono lungo la spina dorsale, leggere, fino al bordo dell’abito. Poi lo tirò giù. Lento. Con l’autorità di chi ha già atteso abbastanza.
Loretta era nuda in pochi gesti. Nuda e fiera, con la schiena dritta, lo sguardo fermo verso Mauro che li osservava dal divano. Le gambe incrociate, un calice di vino in mano, la camicia sbottonata. Silenzioso. Coinvolto.
«Guardaci,» sussurrò lei. «Ma resta lì. Ancora.»
Le mani di Carlo esploravano, aprivano, accoglievano. Il bancone freddo contro la pelle le fece chiudere gli occhi. E fu lì che riprese la loro danza, più fisica che verbale, fatta di respiri, di sospiri trattenuti, di parole spezzate.
Nel frattempo, Noemi si era seduta accanto a Mauro. Non lo toccava. Ma la vicinanza era già intima. Il modo in cui il suo ginocchio sfiorava il suo. Il profumo che arrivava a ondate leggere. Il silenzio condiviso.
«È per questo che siete così forti?» chiese Noemi a mezza voce, mentre osservava Loretta che si lasciava andare tra le mani di Carlo.
Mauro si voltò lentamente verso di lei. Non c’era bisogno di fingere distacco. Il desiderio gli attraversava lo sguardo come una crepa sottile.
«Siamo forti... perché sappiamo esporci. Tutto qui.»
Lei annuì, senza commentare. Poi, con un movimento naturale, poggiò la testa sulla sua spalla. Rimasero così, per alcuni minuti, spettatori. Poi qualcosa cambiò.
Quando Loretta, stanca, si scostò da Carlo e si lasciò scivolare sul tappeto, le gambe tremanti e il fiato ancora irregolare, Carlo si voltò verso Mauro.
«È ora,» disse soltanto.
Mauro si alzò. Noemi rimase seduta, ma con il mento alto, come una sacerdotessa che benedice una cerimonia.
Ci fu una tensione nuova, nell’aria. Mauro si avvicinò a Carlo con passo lento, deciso. Non c’era esitazione. Solo la consapevolezza che qualcosa stava per trasformarsi.
Le mani di Carlo si posarono sulle sue spalle. Lo sguardo era calmo, profondo. Poi lo condusse verso la poltrona, facendolo sedere. Si inginocchiò davanti a lui. E il gesto, così semplice, ruppe qualcosa. Mauro si abbandonò. Senza difese. Gli occhi chiusi. Le mani appoggiate ai lati. L’atto fu lento, ma intenso.
Loretta li osservava, le labbra socchiuse, una gamba piegata sotto il corpo.
Noemi si avvicinò a lei in silenzio, si sdraiò dietro e le posò una mano lieve sulla schiena.
«Posso?» chiese.
Loretta annuì, inclinando appena la testa.
Le mani di Noemi erano leggere ma precise. Cominciarono a esplorare le sue spalle, la nuca, poi le braccia. Un massaggio, ma anche qualcosa di più profondo. Una conoscenza che passava attraverso il contatto.
Loretta, rilassata, si lasciò guidare da quel tocco. Quando si voltò, il viso a pochi centimetri da quello di Noemi, non disse nulla. Ma gli occhi di entrambe erano liquidi, aperti. E la distanza si colmò da sola. Un bacio, lento, esplorativo. Un incontro di mondi diversi. Di femminilità che si riconoscevano senza giudizio.
Sulla poltrona, Mauro si lasciava andare alla guida ferma di Carlo. Non era solo desiderio fisico. Era accoglienza. Era essere visti, contenuti, capiti.
La notte si distese in gesti che diventavano sempre più morbidi, più coraggiosi. I corpi si intrecciavano come in una coreografia a quattro. Non c’erano più ruoli fissi. Solo un fluire continuo, dove ogni sguardo era una domanda, ogni contatto una risposta.
Solo all’alba, con la luce che filtrava lieve, i quattro rimasero distesi sul letto, coperti da un’unica coperta. Le teste vicine. I respiri lenti. Le dita che si cercavano ancora, anche nel silenzio.
Nessuno disse nulla. Ma tutti sapevano.
Era successo qualcosa. Una nuova intimità si era aperta.
Una notte che non sarebbe servito raccontare a parole.
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Fu Mauro ad aprire il portoncino del loft, la sua tana più intima. Ma Noemi la prima a entrare. Spalancò la porta con naturalezza, come se ci fosse già stata. Come se l’avesse sognato per tutta la sera.
Le luci erano soffuse, calde, quasi rosate. Il pavimento in legno chiaro sembrava rispondere al rumore dei tacchi come un’eco discreta, complice.
Loretta si guardò attorno un istante, poi si avvicinò lentamente a quel centro della scena: il bancone della cucina. Posò la borsa, si sfilò le scarpe. Si voltò verso Carlo con uno sguardo che era già una consegna.
«Cominciamo da qui.»
Carlo la raggiunse senza dire nulla. Si erano già spogliati di tante parole, non ce n’era bisogno adesso. Le sue mani si posarono sui fianchi di lei con naturalezza. Ma la carezza fu attenta, piena, come se ogni curva meritasse una memoria. Lei si voltò appena, allungando il collo. Le dita di Carlo scivolarono lungo la spina dorsale, leggere, fino al bordo dell’abito. Poi lo tirò giù. Lento. Con l’autorità di chi ha già atteso abbastanza.
Loretta era nuda in pochi gesti. Nuda e fiera, con la schiena dritta, lo sguardo fermo verso Mauro che li osservava dal divano. Le gambe incrociate, un calice di vino in mano, la camicia sbottonata. Silenzioso. Coinvolto.
«Guardaci,» sussurrò lei. «Ma resta lì. Ancora.»
Le mani di Carlo esploravano, aprivano, accoglievano. Il bancone freddo contro la pelle le fece chiudere gli occhi. E fu lì che riprese la loro danza, più fisica che verbale, fatta di respiri, di sospiri trattenuti, di parole spezzate.
Nel frattempo, Noemi si era seduta accanto a Mauro. Non lo toccava. Ma la vicinanza era già intima. Il modo in cui il suo ginocchio sfiorava il suo. Il profumo che arrivava a ondate leggere. Il silenzio condiviso.
«È per questo che siete così forti?» chiese Noemi a mezza voce, mentre osservava Loretta che si lasciava andare tra le mani di Carlo.
Mauro si voltò lentamente verso di lei. Non c’era bisogno di fingere distacco. Il desiderio gli attraversava lo sguardo come una crepa sottile.
«Siamo forti... perché sappiamo esporci. Tutto qui.»
Lei annuì, senza commentare. Poi, con un movimento naturale, poggiò la testa sulla sua spalla. Rimasero così, per alcuni minuti, spettatori. Poi qualcosa cambiò.
Quando Loretta, stanca, si scostò da Carlo e si lasciò scivolare sul tappeto, le gambe tremanti e il fiato ancora irregolare, Carlo si voltò verso Mauro.
«È ora,» disse soltanto.
Mauro si alzò. Noemi rimase seduta, ma con il mento alto, come una sacerdotessa che benedice una cerimonia.
Ci fu una tensione nuova, nell’aria. Mauro si avvicinò a Carlo con passo lento, deciso. Non c’era esitazione. Solo la consapevolezza che qualcosa stava per trasformarsi.
Le mani di Carlo si posarono sulle sue spalle. Lo sguardo era calmo, profondo. Poi lo condusse verso la poltrona, facendolo sedere. Si inginocchiò davanti a lui. E il gesto, così semplice, ruppe qualcosa. Mauro si abbandonò. Senza difese. Gli occhi chiusi. Le mani appoggiate ai lati. L’atto fu lento, ma intenso.
Loretta li osservava, le labbra socchiuse, una gamba piegata sotto il corpo.
Noemi si avvicinò a lei in silenzio, si sdraiò dietro e le posò una mano lieve sulla schiena.
«Posso?» chiese.
Loretta annuì, inclinando appena la testa.
Le mani di Noemi erano leggere ma precise. Cominciarono a esplorare le sue spalle, la nuca, poi le braccia. Un massaggio, ma anche qualcosa di più profondo. Una conoscenza che passava attraverso il contatto.
Loretta, rilassata, si lasciò guidare da quel tocco. Quando si voltò, il viso a pochi centimetri da quello di Noemi, non disse nulla. Ma gli occhi di entrambe erano liquidi, aperti. E la distanza si colmò da sola. Un bacio, lento, esplorativo. Un incontro di mondi diversi. Di femminilità che si riconoscevano senza giudizio.
Sulla poltrona, Mauro si lasciava andare alla guida ferma di Carlo. Non era solo desiderio fisico. Era accoglienza. Era essere visti, contenuti, capiti.
La notte si distese in gesti che diventavano sempre più morbidi, più coraggiosi. I corpi si intrecciavano come in una coreografia a quattro. Non c’erano più ruoli fissi. Solo un fluire continuo, dove ogni sguardo era una domanda, ogni contatto una risposta.
Solo all’alba, con la luce che filtrava lieve, i quattro rimasero distesi sul letto, coperti da un’unica coperta. Le teste vicine. I respiri lenti. Le dita che si cercavano ancora, anche nel silenzio.
Nessuno disse nulla. Ma tutti sapevano.
Era successo qualcosa. Una nuova intimità si era aperta.
Una notte che non sarebbe servito raccontare a parole.
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