Diventai l'amante dimiocognato
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genere
confessioni
Fui svegliata dalle sue mani che ispezionavano il mio corpo. Ebbi un sussulto. Cosa faceva?
Avevo stima, rispetto ammirazione per la sua persona. Come se fosse stato un padre. Ma anche timore e sottomissione. Ero stata sempre accondiscendente nei suoi confronti. Aveva 13 anni più di me e mai mi sarei aspettata che potesse arrivare a ciò.
Si era intrufolato di notte nel mio letto e mi carezzava, toccava i seni, la vagina, i glutei. Ma perché? Ebbi paura e provai un senso di angoscia.
“Mi piaci, ti ho sempre desiderata. Lasciati carezzare, se fai quello che ti dico ti faccio un bel regalo. Non dire niente a tua sorella. Questo è il nostro segreto.”
NOSTRO segreto? Ma cosa dice? cercavo di ritrarmi da quelle mani. Mi scostavo. “Dai, lascia che ti carezzi. Non te ne pentirai. Ti faccio un bel regalo, cosa vuoi?” Io non volevo niente, volevo che lui andasse via e mi lasciasse in pace. “Non fare così, io lo so che anche a te piaccio” risposi “Si, ma come cognato, sei il marito di mia sorella.” “Non dire nulla a lei e saremo felici e giocheremo con il nostro corpo.”
Sentivo il suo ansimare, una mazza dura e lunga era uscita dalla sua mutanda. Mi lambiva la pancia e le cosce. Mi chiese di toccarlo. Ubbidii, ma mi fece schifo. Era tutto bagnato, molliccio e spropositato per la mia mano. La ritrassi, ma lui insistette. “Dai, prendilo in mano che domani ti porto un bel regalo”. Feci buon viso a cattivo gioco. Avevo un sogno nel cassetto. Desideravo un braccialetto d’oro. Tutte le mie amiche lo avevano avuto in dono dai loro genitori in occasione della cresima. Io non li avevo i genitori e convivevo con mia sorella e mio cognato. Non avevo diritto, non ne “avevo bisogno” diceva mia sorella di “oggetti effimeri”.
Gli chiesi il braccialetto d’oro. “Va bene, se mi carezzi il cazzo, domani te lo porto”. Lo carezzai, mi insegnò a masturbarlo come voleva lui, con il prepuzio che copriva e scopriva il glande. Mi accompagnò con la sua mano. Prima piano e poi sempre più veloce. Capii il meccanismo, mi lasciò fare ed entrò in una fase che poi avrei capito che era orgasmo ed esplose un sacco di “roba bianca” che imbrattò la mia pancia e le mie cosce.
Che schifo.
Sei stata bravissima. Domani sera ti porto il regalo.
Andò via lasciandomi nel letto tutta sporca e carica di angoscia.
Tutto il giorno lo passai a pensare a cosa sarebbe successo la sera e al regalo che mi aveva promesso. Ero angosciata, ma anche eccitata per quel segreto che dovevo mantenere nei confronti di mia sorella.
Dopo cena andai subito a letto. Mi rannicchiai sotto le coperte. Lo aspettavo con ansia ed angoscia. Aspettavo il regalo. Delle altre cose che lui voleva, non mi interessava. Le avrei fatto, tanto che ci rimettevo?
I minuti, le ore passavano, non arrivava. Ogni rumore mi faceva saltare. Non lo sentii entrare, non lo sentii scoprirmi. Forse mi ero assopita. Di nuovo le sue mani che ispezionavano il mio corpo. Mi girai. “E il regalo?” “Eccolo”. Indicò il comodino. Un grande contenitore da gioielliere. Lo aprii con ansia. dentro un monile d’oro largo cinque centimetri, con due chiusure ermetiche lavorato scolpito a mano da un gioielliere famoso. Sembrava uno di quei monili che le antiche romane, ricche matrone, portavano al polso. Rimasi incantata di siffatta bellezza. Lo abbracciai forte e lo baciai sulla bocca. “Se farai sempre quello che ti chiedo, ti farò tanti regali come questo. Ma non dirai mai nulla a tua sorella e non le farai vedere questi regali”. “Si” dissi, “farò quello che vuoi. Chiedimi tutto. Vuoi che ti tocchi il bastone?”. “No, questa sera voglio che tu scendi, me lo baci e lo lecchi”. Lo feci. andai giù, lo baciai, lo leccai, lo presi in bocca come voleva Lui. “Se mi fai arrivare in bocca, domani ti porto la collanina pendant del bracciale”. Questa promessa mi fece superare tutto lo schifo che provavo a sentire quel coso umido in bocca e soprattutto quando erutto quella sostanza biancastra. Mancava poco che vomitassi. Sputai tutto nel letto. “Sei stata bravissima. Ci vediamo domani sera, ma non dire niente a tua sorella, mi raccomando. Se no, niente regalo”.
Ancora angoscia, ancora ansia. Lo sentii arrivare, gli feci spazio nel letto. Mi dette la scatola con dentro la collana d’oro massiccio che per pendolo aveva un cuore tempestato di brillanti. Un sogno che si realizzava. Ancora una volta lo abbracciai e baciai. “Fai quello che ti chiedo e vedrai ancora poi…”
Quella sera mi abbandonai ai suoi desideri. Mi baciò tutto il corpo, penetrò con la lingua la mia vagina, leccò fino in fondo il buco del mio culo. Si distese su di me. avvicinò quel bastone enorme fra le mie cosce e penetrò nella fessa. Ebbi fastidio e qualcosa colò fra le mie gambe. Ma non poteva arrivarmi dentro. Allora mi girò. Inarcò le mie anche, e spinse il suo cazzo fradicio nel mio culo. Ebbi dolore, ma dopo poco cominciava a piacermi. Mi piaceva quel movimento dell’entrata e dell’uscita, l’alternarsi del vuoto e del pieno. Grazie all’aiuto delle lenzuola che strofinavano il mio clitoride, raggiunsi l’orgasmo nel momento in cui lo sentii vibrare dentro e sbattere violentemente contro le pareti dell’intestino prima di spandere quel liquido caldo nelle mie viscere. Mi fece alzare e trovammo un rivolo di sangue. non preoccuparti, è normale, ora sei una donna. Butta via le lenzuola e domani sera te ne porto di belle in seta.
Così diventai l’amante di mio cognato. Ad ogni prestazione corrispondeva un dono: orecchini, biancheria intima di qualità, vestiti ed anche soldi per le mie “piccole” spese quotidiane.
Avevo stima, rispetto ammirazione per la sua persona. Come se fosse stato un padre. Ma anche timore e sottomissione. Ero stata sempre accondiscendente nei suoi confronti. Aveva 13 anni più di me e mai mi sarei aspettata che potesse arrivare a ciò.
Si era intrufolato di notte nel mio letto e mi carezzava, toccava i seni, la vagina, i glutei. Ma perché? Ebbi paura e provai un senso di angoscia.
“Mi piaci, ti ho sempre desiderata. Lasciati carezzare, se fai quello che ti dico ti faccio un bel regalo. Non dire niente a tua sorella. Questo è il nostro segreto.”
NOSTRO segreto? Ma cosa dice? cercavo di ritrarmi da quelle mani. Mi scostavo. “Dai, lascia che ti carezzi. Non te ne pentirai. Ti faccio un bel regalo, cosa vuoi?” Io non volevo niente, volevo che lui andasse via e mi lasciasse in pace. “Non fare così, io lo so che anche a te piaccio” risposi “Si, ma come cognato, sei il marito di mia sorella.” “Non dire nulla a lei e saremo felici e giocheremo con il nostro corpo.”
Sentivo il suo ansimare, una mazza dura e lunga era uscita dalla sua mutanda. Mi lambiva la pancia e le cosce. Mi chiese di toccarlo. Ubbidii, ma mi fece schifo. Era tutto bagnato, molliccio e spropositato per la mia mano. La ritrassi, ma lui insistette. “Dai, prendilo in mano che domani ti porto un bel regalo”. Feci buon viso a cattivo gioco. Avevo un sogno nel cassetto. Desideravo un braccialetto d’oro. Tutte le mie amiche lo avevano avuto in dono dai loro genitori in occasione della cresima. Io non li avevo i genitori e convivevo con mia sorella e mio cognato. Non avevo diritto, non ne “avevo bisogno” diceva mia sorella di “oggetti effimeri”.
Gli chiesi il braccialetto d’oro. “Va bene, se mi carezzi il cazzo, domani te lo porto”. Lo carezzai, mi insegnò a masturbarlo come voleva lui, con il prepuzio che copriva e scopriva il glande. Mi accompagnò con la sua mano. Prima piano e poi sempre più veloce. Capii il meccanismo, mi lasciò fare ed entrò in una fase che poi avrei capito che era orgasmo ed esplose un sacco di “roba bianca” che imbrattò la mia pancia e le mie cosce.
Che schifo.
Sei stata bravissima. Domani sera ti porto il regalo.
Andò via lasciandomi nel letto tutta sporca e carica di angoscia.
Tutto il giorno lo passai a pensare a cosa sarebbe successo la sera e al regalo che mi aveva promesso. Ero angosciata, ma anche eccitata per quel segreto che dovevo mantenere nei confronti di mia sorella.
Dopo cena andai subito a letto. Mi rannicchiai sotto le coperte. Lo aspettavo con ansia ed angoscia. Aspettavo il regalo. Delle altre cose che lui voleva, non mi interessava. Le avrei fatto, tanto che ci rimettevo?
I minuti, le ore passavano, non arrivava. Ogni rumore mi faceva saltare. Non lo sentii entrare, non lo sentii scoprirmi. Forse mi ero assopita. Di nuovo le sue mani che ispezionavano il mio corpo. Mi girai. “E il regalo?” “Eccolo”. Indicò il comodino. Un grande contenitore da gioielliere. Lo aprii con ansia. dentro un monile d’oro largo cinque centimetri, con due chiusure ermetiche lavorato scolpito a mano da un gioielliere famoso. Sembrava uno di quei monili che le antiche romane, ricche matrone, portavano al polso. Rimasi incantata di siffatta bellezza. Lo abbracciai forte e lo baciai sulla bocca. “Se farai sempre quello che ti chiedo, ti farò tanti regali come questo. Ma non dirai mai nulla a tua sorella e non le farai vedere questi regali”. “Si” dissi, “farò quello che vuoi. Chiedimi tutto. Vuoi che ti tocchi il bastone?”. “No, questa sera voglio che tu scendi, me lo baci e lo lecchi”. Lo feci. andai giù, lo baciai, lo leccai, lo presi in bocca come voleva Lui. “Se mi fai arrivare in bocca, domani ti porto la collanina pendant del bracciale”. Questa promessa mi fece superare tutto lo schifo che provavo a sentire quel coso umido in bocca e soprattutto quando erutto quella sostanza biancastra. Mancava poco che vomitassi. Sputai tutto nel letto. “Sei stata bravissima. Ci vediamo domani sera, ma non dire niente a tua sorella, mi raccomando. Se no, niente regalo”.
Ancora angoscia, ancora ansia. Lo sentii arrivare, gli feci spazio nel letto. Mi dette la scatola con dentro la collana d’oro massiccio che per pendolo aveva un cuore tempestato di brillanti. Un sogno che si realizzava. Ancora una volta lo abbracciai e baciai. “Fai quello che ti chiedo e vedrai ancora poi…”
Quella sera mi abbandonai ai suoi desideri. Mi baciò tutto il corpo, penetrò con la lingua la mia vagina, leccò fino in fondo il buco del mio culo. Si distese su di me. avvicinò quel bastone enorme fra le mie cosce e penetrò nella fessa. Ebbi fastidio e qualcosa colò fra le mie gambe. Ma non poteva arrivarmi dentro. Allora mi girò. Inarcò le mie anche, e spinse il suo cazzo fradicio nel mio culo. Ebbi dolore, ma dopo poco cominciava a piacermi. Mi piaceva quel movimento dell’entrata e dell’uscita, l’alternarsi del vuoto e del pieno. Grazie all’aiuto delle lenzuola che strofinavano il mio clitoride, raggiunsi l’orgasmo nel momento in cui lo sentii vibrare dentro e sbattere violentemente contro le pareti dell’intestino prima di spandere quel liquido caldo nelle mie viscere. Mi fece alzare e trovammo un rivolo di sangue. non preoccuparti, è normale, ora sei una donna. Butta via le lenzuola e domani sera te ne porto di belle in seta.
Così diventai l’amante di mio cognato. Ad ogni prestazione corrispondeva un dono: orecchini, biancheria intima di qualità, vestiti ed anche soldi per le mie “piccole” spese quotidiane.
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