Serena – La regina del microfono
di
Angelo B
genere
etero
Il sipario era ancora chiuso.
Il silenzio, carico di tensione.
Nel centro del palco, il microfono in attesa:
duro, dritto, immobile.
Come un fallo eretto in cerca di padrona.
Lei era dietro le quinte.
Serena.
Pelle lucida, abito attillato, gambe nude, stivali alti.
Un trucco sfacciato, rossetto rosso profondo.
Nessuna esitazione.
Il pubblico era lì per lei.
Ma il vero protagonista, il suo amante notturno, era lui: quel microfono.
Ogni sera le entrava tra le labbra, tra le gambe, tra le corde vocali.
E ogni sera lei lo prendeva, lo usava, lo svuotava.
Il sipario si aprì.
Una sola luce. Lei.
Il pubblico esplose.
Serena non salutò, non sorrise.
Avanzò, lenta, sfrontata.
Camminava come se la terra le dovesse qualcosa.
Arrivò davanti a lui.
Il microfono.
Lo sfiorò.
Lo prese.
Lo accarezzò.
Poi, con una lentezza indecente, se lo portò alle labbra.
Lo leccò.
Lo baciò.
Lo succhiò.
«Questa sera… voglio sentirvi gemere.»
La musica esplose.
Serena non cantava. Serena scopava con la voce.
Ogni strofa era una spinta.
Ogni pausa, un respiro prima di un orgasmo.
Si inginocchiò sul palco, aprì le gambe, infilò il microfono tra le cosce e ci cantò sopra.
Faceva l’amore con lo strumento, con il pubblico, con se stessa.
La pelle bagnata, le labbra sbavate.
Le mani tra le cosce.
Il microfono tra i seni.
Ogni uomo voleva essere lì.
Ogni donna voleva essere lei.
Dietro le quinte, Luca, il fonico, sudava.
Era lui che preparava quel microfono.
Lui che lo caricava, che lo disinfettava, che lo teneva stretto ogni notte…
…sognando di essere lui.
Il microfono.
Il cazzo.
Lo schiavo.
Serena lo vide.
Gli sorrise.
Gli fece cenno.
Luca salì sul palco tremando. Il pubblico lo fissava.
Lei lo avvicinò, gli tolse le cuffie, il badge, l’identità.
Gli prese il viso.
Lo guardò.
«Adesso… sei mio. Davanti a tutti.»
Si voltò.
Sollevò l’abito.
Nuda sotto.
Senza mutandine.
Un culo perfetto, bagnato, pronto.
Luca la prese da dietro, lì, davanti a migliaia di persone, mentre lei continuava a cantare.
Ogni colpo era una nota.
Ogni spinta, un acuto.
Lei gridava, godeva, tremava.
Si toccava il clitoride, si stringeva i seni.
Il microfono ancora tra le mani.
Luca venne urlando il suo nome, come un devoto.
Il palco esplose.
Ma non era finita.
⸻
Backstage – Dopo lo Show
Nel camerino, Serena lo spogliò.
Lo legò con i cavi delle casse.
Lo fece inginocchiare.
«Adesso senti cosa vuol dire essere il mio microfono.»
Gli si sedette sul viso.
Bagnata, aperta, calda.
Gli afferrò i capelli e gli ordinò di leccare senza fiatare.
Lo cavalcò a ritmo, come su un beat ossessivo.
Lui annaspava. Lei gemeva.
Poi lo girò.
Gli leccò la schiena, lo graffiò.
«Adesso il tuo cazzo… è il secondo microfono.»
Glielo prese con foga.
Lo leccò, lo sputò, lo schiaffeggiò sul viso.
Poi si sedette sopra, scivolandoci dentro lentamente, con un urlo roco e profondo.
Lo scopò sopra il divano, sopra lo specchio, contro il mixer.
Ogni volta più forte.
Più sporca.
Più selvaggia.
Lo stava svuotando.
Vennero insieme, tremando.
Sudati.
Violati.
Liberi.
⸻
Epilogo
Il giorno dopo, il microfono era sul palco.
Pulito. Preparato.
Ma non più freddo.
Non più solo.
Dentro, c’era l’eco di lei.
La sua voce, il suo odore, il suo potere.
Serena entrò, fiera, e si fermò davanti a lui.
«Ti sei comportato bene, stanotte…» sussurrò.
«Ma non sarai mai abbastanza.
Perché io…
sono la regina del microfono.
E voi siete tutti solo strumenti del mio piacere.»
Il pubblico esplose.
Il microfono tremò.
E il mondo, per un’altra notte, le si inginocchiò.
Il silenzio, carico di tensione.
Nel centro del palco, il microfono in attesa:
duro, dritto, immobile.
Come un fallo eretto in cerca di padrona.
Lei era dietro le quinte.
Serena.
Pelle lucida, abito attillato, gambe nude, stivali alti.
Un trucco sfacciato, rossetto rosso profondo.
Nessuna esitazione.
Il pubblico era lì per lei.
Ma il vero protagonista, il suo amante notturno, era lui: quel microfono.
Ogni sera le entrava tra le labbra, tra le gambe, tra le corde vocali.
E ogni sera lei lo prendeva, lo usava, lo svuotava.
Il sipario si aprì.
Una sola luce. Lei.
Il pubblico esplose.
Serena non salutò, non sorrise.
Avanzò, lenta, sfrontata.
Camminava come se la terra le dovesse qualcosa.
Arrivò davanti a lui.
Il microfono.
Lo sfiorò.
Lo prese.
Lo accarezzò.
Poi, con una lentezza indecente, se lo portò alle labbra.
Lo leccò.
Lo baciò.
Lo succhiò.
«Questa sera… voglio sentirvi gemere.»
La musica esplose.
Serena non cantava. Serena scopava con la voce.
Ogni strofa era una spinta.
Ogni pausa, un respiro prima di un orgasmo.
Si inginocchiò sul palco, aprì le gambe, infilò il microfono tra le cosce e ci cantò sopra.
Faceva l’amore con lo strumento, con il pubblico, con se stessa.
La pelle bagnata, le labbra sbavate.
Le mani tra le cosce.
Il microfono tra i seni.
Ogni uomo voleva essere lì.
Ogni donna voleva essere lei.
Dietro le quinte, Luca, il fonico, sudava.
Era lui che preparava quel microfono.
Lui che lo caricava, che lo disinfettava, che lo teneva stretto ogni notte…
…sognando di essere lui.
Il microfono.
Il cazzo.
Lo schiavo.
Serena lo vide.
Gli sorrise.
Gli fece cenno.
Luca salì sul palco tremando. Il pubblico lo fissava.
Lei lo avvicinò, gli tolse le cuffie, il badge, l’identità.
Gli prese il viso.
Lo guardò.
«Adesso… sei mio. Davanti a tutti.»
Si voltò.
Sollevò l’abito.
Nuda sotto.
Senza mutandine.
Un culo perfetto, bagnato, pronto.
Luca la prese da dietro, lì, davanti a migliaia di persone, mentre lei continuava a cantare.
Ogni colpo era una nota.
Ogni spinta, un acuto.
Lei gridava, godeva, tremava.
Si toccava il clitoride, si stringeva i seni.
Il microfono ancora tra le mani.
Luca venne urlando il suo nome, come un devoto.
Il palco esplose.
Ma non era finita.
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Backstage – Dopo lo Show
Nel camerino, Serena lo spogliò.
Lo legò con i cavi delle casse.
Lo fece inginocchiare.
«Adesso senti cosa vuol dire essere il mio microfono.»
Gli si sedette sul viso.
Bagnata, aperta, calda.
Gli afferrò i capelli e gli ordinò di leccare senza fiatare.
Lo cavalcò a ritmo, come su un beat ossessivo.
Lui annaspava. Lei gemeva.
Poi lo girò.
Gli leccò la schiena, lo graffiò.
«Adesso il tuo cazzo… è il secondo microfono.»
Glielo prese con foga.
Lo leccò, lo sputò, lo schiaffeggiò sul viso.
Poi si sedette sopra, scivolandoci dentro lentamente, con un urlo roco e profondo.
Lo scopò sopra il divano, sopra lo specchio, contro il mixer.
Ogni volta più forte.
Più sporca.
Più selvaggia.
Lo stava svuotando.
Vennero insieme, tremando.
Sudati.
Violati.
Liberi.
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Epilogo
Il giorno dopo, il microfono era sul palco.
Pulito. Preparato.
Ma non più freddo.
Non più solo.
Dentro, c’era l’eco di lei.
La sua voce, il suo odore, il suo potere.
Serena entrò, fiera, e si fermò davanti a lui.
«Ti sei comportato bene, stanotte…» sussurrò.
«Ma non sarai mai abbastanza.
Perché io…
sono la regina del microfono.
E voi siete tutti solo strumenti del mio piacere.»
Il pubblico esplose.
Il microfono tremò.
E il mondo, per un’altra notte, le si inginocchiò.
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