Sara – Il Colpo Segreto di Como

di
genere
prime esperienze

Era una di quelle sere in cui il lago sembrava trattenere il respiro. Piazza Cavour brillava appena sotto i lampioni, e il bar d’angolo, tutto legno scuro, velluto e luci basse, sembrava fuori dal tempo. Avevo preso posto in un angolo appartato, ordinando un whisky liscio, mentre aspettavo. Ma sapevo già che lei sarebbe arrivata.

Sara.

Tacchi neri, gambe nude e lucide, un vestito corto e tagliato come se ogni centimetro fosse stato pensato per provocare. Si avvicinò con un sorriso di fuoco e senza dire nulla si sedette di fronte a me. Gli occhi verdi tagliavano l’aria. Mi guardò, poi fece scorrere lentamente il dito lungo il bordo del suo bicchiere, senza distogliere lo sguardo.
— Fa caldo qui dentro… — sussurrò.

Io non dissi nulla. Le presi la mano, la portai lentamente sulle mie cosce, la lasciai sentire quanto fossi già duro, pronto, in silenzio. Lei sorrise.

— Così tanto per me?

Si alzò. Un cenno col dito. Mi alzai anche io e la seguii senza parola verso il bagno privato del locale, quello nascosto in fondo, usato solo dai clienti abituali. Aprì la porta, entrò prima di me e mi guardò con quegli occhi da puttana e dea. Appena chiusa la porta alle spalle, mi spinse contro il muro. Mi baciò con violenza, la lingua che cercava, trovava, comandava.

Le mani sue erano ovunque. Le mie le sollevarono il vestito. Non indossava nulla sotto. Gliela trovai calda, umida, pulsante. La toccai piano, poi forte, mentre lei si sfregava contro la mia mano e mormorava:

— Fammi tua qui. Senza pensare.

Obbedii. Tirai giù la zip, il cazzo duro come pietra, e in un gesto preciso la sollevai con le mani sotto il culo. Si aggrappò al mio collo e la penetrai in un colpo solo. Affondai dentro di lei con una forza trattenuta da troppi sguardi, troppi giochi a distanza.

Era caldissima, stretta, gocciolante. Si muoveva con ritmo famelico, le gambe avvolte attorno a me, le unghie nella mia schiena. Ogni affondo era un colpo, un suono bagnato, un gemito nel collo. Le morsi la spalla, lei sussurrò:

— Più forte. Scopami senza pietà.

Obbedii ancora.

L’appoggiai al lavandino, le mani sul vetro, il culo perfetto rivolto verso di me. La presi da dietro con una furia animale. La guardavo nello specchio, i capelli che ondeggiavano, i suoi occhi socchiusi. Lei si toccava mentre io la riempivo fino in fondo. Il rumore del piacere era ovunque. Il suono dei colpi, i respiri, la pelle che si schiantava contro la pelle.

— Sto venendo… — disse. Ma non smisi. La volevo urlante, tremante, distrutta.

Quando venne, lo fece con tutto il corpo. Si contorse, mi graffiò, strinse le gambe e gemette come se il mondo stesse finendo. Io la tenni forte, poi la rovesciai sul pavimento, la bocca sulla mia asta dura ancora grondante. La prese con fame, affamata, feroce.

Le presi la testa e le affondai il cazzo in gola, mentre lei godeva di ogni singolo centimetro, senza esitazione, senza fiato. Quando sentii che stavo per venire, le tirai su il viso e la guardai negli occhi.

— Dentro o fuori? — chiesi.

Lei si morse il labbro e disse piano:

— Dentro. Riempimi.

E così feci. Dentro di lei. Caldo, profondo, mentre lei gemeva come se mi stesse rubando l’anima.

Poi restammo lì, nel bagno profumato di sesso, di whisky e desiderio. Il vestito sgualcito, il rossetto sbavato, il mio seme che colava tra le sue cosce. Sara sorrise.

— Questo è Como, amore mio.

Ma non era finita.

Si passò lentamente la lingua sulle labbra, mentre si rialzava. Il mio seme le colava ancora tra le gambe e lei lo raccolse con due dita, guardandomi fisso.
— Ancora, Angelo.

Mi spinse sulla sedia accanto allo specchio. Si inginocchiò, mi prese in bocca con decisione. La sua lingua sapeva tutto, ogni nervo, ogni punto di resa. Mi succhiava forte, a fondo, con gli occhi che non mollavano mai i miei.

Quando il cazzo fu di nuovo duro come pietra, si alzò e si calò sopra di me con un colpo secco, affondandomi dentro mentre urlava piano, con un ghigno. Si sbatteva su di me senza grazia, come una dannata, come una professionista del godimento. Il seno che rimbalzava, la pelle sudata, il rumore osceno di ogni affondo.

Le presi i fianchi, le andai incontro, ogni colpo più profondo. Lei si toccava con due dita, cercava l’orgasmo come una ladra.

Poi si alzò, scese dal cazzo e si inginocchiò.
— Ora vienimi in faccia. Dammi tutto.

Io mi alzai. Lei mi masturbava veloce, con la bocca aperta e lo sguardo sporco. Venni con uno scatto violento: un getto caldo, denso, le esplose sulla lingua, sul mento, le labbra, le guance. Lei non si mosse. Raccolse tutto con la lingua, lentamente, con devozione, poi si alzò, si sistemò il vestito senza mutande, e sussurrò:

— Ci vediamo alla prossima tempesta.

Aprì la porta, uscì come una diva, e sparì tra le luci della piazza.

Io rimasi lì. Esausto. Sporco. Appagato.

A Como avevo trovato il mio colpo segreto. E si chiamava Sara.
scritto il
2025-05-16
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