Gaia nella chiesa del piacere

di
genere
dominazione

Prefazione

“Esistono luoghi dove il piacere non è più peccato, ma preghiera.
Dove la carne si fa verità, e il desiderio diventa legge.
Questa è la chiesa del piacere.
E io sono Angel, il suo sacerdote.
Stanotte, Gaia non si inginocchia per pregare.
Stanotte, Gaia si inginocchia per essere consacrata.”



Il rito – Parte I: La bocca devota

L’interno della chiesa era rosso, caldo, vivo. Un’eco profonda di tamburi carnali rimbalzava sulle pareti sconsacrate. Al centro, il trono. Io, Angel, padrone del culto. E davanti a me, Gaia. Nuda sotto un mantello chiaro, con lo sguardo di chi è venuta a dannarsi per ritrovarsi.

Si inginocchiò. Le labbra socchiuse, lo sguardo già arreso.

«Angel… fammi tua davanti al tuo dio.»

Non serviva altro. Aprii le gambe, e lei abbassò i miei pantaloni. Il mio cazzo, duro, pulsante, le sfiorò le labbra. Gaia sorrise. Lo prese in bocca, lentamente. Come se stesse assaporando la redenzione.

Gemetti. Era perfetta. Calda, affamata, sottomessa.

Le guidai la testa. Le feci affondare la gola. Lei tossiva, sbavava, e non si fermava. Ogni colpo era più profondo, più osceno. Le sue lacrime scorrevano, e la sua lingua lavorava con una devozione oscena. Mi venne da stringerle i capelli e usarla fino al fondo. E Gaia godeva di essere presa così.

Quando esplosi nella sua bocca, fu un’esplosione rovente, lunga, totale. Lei inghiottì tutto. Le colava dal mento. E lei rideva, con gli occhi lucidi.

«Ora sei mia,» sussurrai.
«Non ancora,» rispose Gaia, alzandosi. «Portami nel confessionale. Prendimi fino in fondo.»



Parte II – Il confessionale

La portai lì.
Dentro al confessionale del piacere. Uno spazio stretto, avvolto nel legno, col profumo dei peccati dei corpi. Gaia si spogliò completamente. Si mise in ginocchio, poi si girò, si appoggiò al legno e spalancò le gambe.

La sua figa era bagnata. Completamente offerta.
Ma fu il suo culo a guardarmi davvero. A sfidarmi.

«Angel… usami tutta. Anche lì. Voglio sentire che non ho più confini. Voglio sentirmi invasa.»

La penetrai con violenza. Nella figa prima. Calda, stretta, grondante. Le mie mani la afferravano forte mentre la scopavo senza pietà. Ogni spinta era un colpo che le toglieva il fiato, e ogni urlo di Gaia era musica liturgica.

Poi, senza avvisarla, abbassai il ritmo, la leccai tra le natiche e la preparai.
Lei capì. Non si mosse. Non disse nulla.

Prese respiro.
E io entrai nel suo culo.
Spesso. Lento. Profondo. Fino al fondo. Gaia gridò. Forte. Un suono misto di dolore e lussuria pura. Ma non scappò. Si aprì. Lo voleva. Lo bramava. La sua figa tremava mentre la prendevo fino in fondo, alternando i colpi tra i due ingressi. La dominavo. Totalmente.

«Sei mia,» le urlai, mentre la prendevo ancora, figa e culo, insieme.
«Tua, Angel… fottimi. Fammi tua per sempre. Riempimi tutta, senza limiti.»

E così feci.
Quando venni dentro il suo culo stretto, lei venne con me, squirtando tra le mie cosce, gemendo, tremando, devastata e felice.



Epilogo

Gaia rimase a terra, sul pavimento del confessionale. Il viso sporco. Il corpo tremante. L’anima svuotata.

Io mi chinai su di lei.
Le baciai la nuca.

«Ora sei consacrata, Gaia.
Ora sei davvero parte del culto.»

Lei rise piano.
«Lo rifacciamo domani, Angel? Magari… davanti a tutti.»
scritto il
2025-05-16
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