Alina – Il colpo finale
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Prefazione
Ci sono notti che non si raccontano. Si tatuano sotto la pelle.
Notti in cui il corpo parla, chiede, prende.
Notti che non tornano più.
E quando è l’ultima… si vive fino all’osso.
⸻
Mi scrisse solo tre parole.
“Stanotte. Vieni. Tutto.”
Non serviva altro.
Sapevo che era la fine.
La fine di noi, ma anche la più folle delle notti.
Quando arrivai, l’appartamento era buio, silenzioso. C’erano scatoloni ovunque, le valigie pronte. Ma lei…
lei era accesa.
Al centro della stanza, vestita solo con un trench leggero, aperto. Nuda sotto. Tacchi alti.
I capelli sciolti, le labbra rosse. Il petto che si sollevava piano.
Fece un passo verso di me, poi si girò. E con un movimento lento, preciso, si chinò davanti a me.
Il trench scivolò via. Rivelò tutto.
Il suo lato B, perfetto, offerto.
Le gambe leggermente aperte, la schiena inarcata.
E poi la voce.
«Stanotte mi prendi da dietro. Voglio che mi resti dentro… ovunque. Fino a domani. Fino a Bucarest.»
Mi si oscurò la mente.
Mi avvicinai da dietro, le afferrai i fianchi, affondai la bocca nella sua pelle.
Lei gemette piano.
Si mosse contro di me, si sfregò, mi guidava come se volesse ogni centimetro.
Ogni spinta era più profonda, più decisa. Mi graffiava, mi mordeva il polso, mi sussurrava oscenità che non le avevo mai sentito dire.
«Non ti trattenere, Adrian… fammelo… fino a farmi urlare. Voglio tremare mentre mi spezzi.»
Le mani sulle sue anche, poi le stringevo i capelli, la piegavo.
Lei si lasciava fare. Totalmente.
Si offriva. E mi sfidava.
Ogni suo gemito era una ferita che volevo riaprire.
Ogni suo movimento, un addio che sapeva di carne.
Quando crollammo, stremati, esausti, sudati, il suo corpo vibrava ancora.
Si voltò. Mi si sdraiò sopra. Il cuore batteva all’unisono.
«Sei stato il mio vizio preferito. Ma ora devo andare.»
⸻
Epilogo
All’alba, il letto era freddo.
Lei non c’era più.
Solo un biglietto, scarabocchiato in fretta:
“Il mio lato più sporco l’hai avuto tu.
Conservalo. Perché non lo darò mai a nessun altro.”
E io…
lo conservo.
Ogni curva. Ogni respiro.
Ogni singola spinta di quell’ultima notte.
Ci sono notti che non si raccontano. Si tatuano sotto la pelle.
Notti in cui il corpo parla, chiede, prende.
Notti che non tornano più.
E quando è l’ultima… si vive fino all’osso.
⸻
Mi scrisse solo tre parole.
“Stanotte. Vieni. Tutto.”
Non serviva altro.
Sapevo che era la fine.
La fine di noi, ma anche la più folle delle notti.
Quando arrivai, l’appartamento era buio, silenzioso. C’erano scatoloni ovunque, le valigie pronte. Ma lei…
lei era accesa.
Al centro della stanza, vestita solo con un trench leggero, aperto. Nuda sotto. Tacchi alti.
I capelli sciolti, le labbra rosse. Il petto che si sollevava piano.
Fece un passo verso di me, poi si girò. E con un movimento lento, preciso, si chinò davanti a me.
Il trench scivolò via. Rivelò tutto.
Il suo lato B, perfetto, offerto.
Le gambe leggermente aperte, la schiena inarcata.
E poi la voce.
«Stanotte mi prendi da dietro. Voglio che mi resti dentro… ovunque. Fino a domani. Fino a Bucarest.»
Mi si oscurò la mente.
Mi avvicinai da dietro, le afferrai i fianchi, affondai la bocca nella sua pelle.
Lei gemette piano.
Si mosse contro di me, si sfregò, mi guidava come se volesse ogni centimetro.
Ogni spinta era più profonda, più decisa. Mi graffiava, mi mordeva il polso, mi sussurrava oscenità che non le avevo mai sentito dire.
«Non ti trattenere, Adrian… fammelo… fino a farmi urlare. Voglio tremare mentre mi spezzi.»
Le mani sulle sue anche, poi le stringevo i capelli, la piegavo.
Lei si lasciava fare. Totalmente.
Si offriva. E mi sfidava.
Ogni suo gemito era una ferita che volevo riaprire.
Ogni suo movimento, un addio che sapeva di carne.
Quando crollammo, stremati, esausti, sudati, il suo corpo vibrava ancora.
Si voltò. Mi si sdraiò sopra. Il cuore batteva all’unisono.
«Sei stato il mio vizio preferito. Ma ora devo andare.»
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Epilogo
All’alba, il letto era freddo.
Lei non c’era più.
Solo un biglietto, scarabocchiato in fretta:
“Il mio lato più sporco l’hai avuto tu.
Conservalo. Perché non lo darò mai a nessun altro.”
E io…
lo conservo.
Ogni curva. Ogni respiro.
Ogni singola spinta di quell’ultima notte.
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