“La casa di legno”

di
genere
tradimenti

Prefazione narrativa
Lorena non ricordava più l’ultima volta in cui si era sentita davvero desiderata. Da fuori sembrava tutto in ordine: un marito presente, una figlia adorabile, una casa tranquilla in una zona residenziale alle porte di Salvador. Ma dentro, dentro ribolliva qualcosa. Qualcosa che il tempo e la routine avevano cercato di spegnere. Invano.

Caio era arrivato come una crepa nel silenzio. Un vicino solitario, con lo sguardo sporco e le mani che sembravano sapere già tutto. Bastò un incontro al mercato, una frase ambigua, uno scambio prolungato. E Lorena si aprì come una ferita. Non aveva più resistito.

Ora, ogni volta che il marito era fuori casa, lei si rifugiava in quella vecchia casa di legno, nascosta tra le piante tropicali e i segreti. Lì dentro, non era madre, né moglie. Era solo corpo.



La scena erotica

Lorena entrò senza bussare. La porta era socchiusa, come sempre. La luce del pomeriggio filtrava tra le tende, tagliando l’aria densa di odori: legno, umidità, sudore maschile.

Caio era lì, seduto sul bordo del letto, a petto nudo, i jeans slacciati, lo sguardo liquido.

«Fechou a porta?» chiese con voce roca.

Lorena annuì. E in quell’istante, lui la raggiunse. Le mani sulle cosce nude, sotto la gonna. Le dita che risalivano rapide, decise. Lei non disse nulla, solo aprì le gambe, il respiro già corto, il battito che martellava alle tempie.

Caio la spinse contro il muro, la lingua nella sua bocca, ruvida, vorace. Le tirò giù le spalline del vestito con uno strappo, le labbra affamate sui suoi capezzoli, già duri, già tesi.

Lorena si aggrappò alle sue spalle. Lo voleva dentro. Subito.

Lui la sollevò di peso, la schiena contro il muro, le cosce serrate attorno ai suoi fianchi. Una mano di lui guidava il suo sesso verso il punto caldo, pulsante, bagnato. Entrò con un colpo solo, profondo, e Lorena gemette. Forte.

«Porra… você tá toda molhada…» sussurrò Caio, affondando con movimenti lenti ma profondi, scivolando dentro di lei come se fosse l’unico posto al mondo in cui voler stare.

Lorena lo graffiava, lo mordeva, lo incitava. Si muovevano come animali, sordi a tutto tranne al rumore del piacere. Ogni colpo la scuoteva. Ogni spinta la faceva urlare. Le mani di lui stringevano i suoi fianchi, le labbra sulla sua gola, il fiato caldo che la incendiava.

«Mais forte…» sibilò Lorena, quasi piangendo.

Caio obbedì. La spinse sul letto, la mise a carponi, la prese da dietro. Le mani sui glutei, lo sguardo fisso su quel corpo che sapeva di donna vera, affamata. La penetrava con violenza crescente, il rumore della carne che sbatteva riempiva la stanza. Lei gemeva, si piegava, si offriva tutta.

Il piacere esplose in un urlo.

Lorena tremava, le gambe molli, la bocca aperta. Caio la strinse a sé da dietro, ancora dentro, ancora duro.

Restarono lì, sudati, nudi, appiccicati.

«Amanhã também?» chiese lui, mordendole l’orecchio.

«Amanhã. Depois de amanhã. Sempre… enquanto não me descobrirem», sussurrò lei, con un sorriso sporco.
scritto il
2025-05-13
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