La nascita di Marika 6
di
Marika Traves Dressi
genere
trans
La nascita di Marika 6
La doppia personalità
Distesa sul letto, ripensavo alle parole pronunciate da Barbara. Era convinta di aver compreso tutto di me, della mia personalità, mentre io sapevo che aveva conosciuto solo la parte: quella femminile.
Aveva iniziato a scoprire e a comprendere Marika, ma poi c'era Marco... già, Marco.
Lei non sapeva chi fosse davvero Marco. Non poteva immaginare cosa si celasse, in profondità, nel suo lato maschile, dietro quell'aria da bravo ragazzo, buono e sensibile.
Un volto sereno, apparentemente limpido, capace di ingannare, che nascondeva molto più di quanto lasciasse trapelare.
Ma per capire chi fosse davvero Marco, bisogna tornare agli anni più bui della sua infanzia. Rimase orfano a soli tre anni, quando i suoi genitori morirono in un terribile incidente stradale. Senza parenti a cui aggrapparsi, poiché entrambi i genitori si erano allontanati dalle rispettive famiglie per divergenze insanabili, si ritrovo completamente solo, abbandonato a un destino crudele, e fu affidato a un orfanotrofio.
Lì la vita gli si presentò senza pietà: picchiato dalle suore, abusato sessualmente e umiliato dai ragazzi più grandi, visse ogni giorno come un piccolo inferno.
Imparò presto a nascondere le lacrime, a sopravvivere nell'indifferenza e nella violenza, a diventare invisibile per non farsi schiacciare. Quei corridoi grigi e quegli sguardi freddi segnarono per sempre la sua anima, temprandola nell'ombra. Quegli anni duri e privi di affetto lasciarono cicatrici profonde in Marco.
Crescendo imparò a celare le proprie emozioni dietro un' apparente calma e un sorriso controllato, diventando abile nel leggere gli altri senza mai rivelare se stesso. Ogni delusione, ogni ingiustizia subita nell'orfanotrofio gli insegnò a difendersi a non fidarsi quasi mai completamente e a trasformare la fragilità in forza silenziosa. Un ragazzo timido e invisibile con dentro un lato oscuro, un misto di dolore, diffidenza e determinazione. Chi lo guardava vedeva solo un giovane ragazzo gentile e sensibile, ma pochi riuscivano a intravedere l'anima temprata dal dolore, pronta a volte ad esplodere in modo violento e a non cedere mai. Quell'inferno durò tre lunghi anni. La salvezza arrivò con Paolo e Silvia, quando decisero di adottarlo. Il loro incontro fu del tutto casuale.
La coppia era stata indirizzata in quella struttura dalle autorità competenti in materia di adozioni per incontrare la madre superiora responsabile della struttura, che avrebbe presentato loro una bambina. Ma il destino aveva in serbo altro.
Marco stava percorrendo il lungo corridoio di ingresso dell'orfanotrofio quando li vide, e rimase colpito soprattutto da Silvia: i capelli lunghi e biondi, gli occhiali da sole, l'elegante vestito blù e bianco, le scarpe col tacco che ne slanciavano la figura.
Paolo, anche lui elegante seppur con un'aria più sportiva, le teneva la mano. Insieme formavano una coppia luminosa, lontana anni luce dal grigiore che Marco conosceva.
Spinto da un istinto improvviso e profondo, Marco corse verso di loro, si aggrappò alle gambe di Silvia e pronunciò una sola parola:"Mamma".
Fu un attimo carico di una tensione emotiva intensa.
Silvia si voltò verso il marito, con gli occhi colmi di emozione, e disse: " Voglio questo bambino".
Paolo non esitò e fu subito d'accordo. Quando arrivò la madre superiora, Paolo le comunicò che avevano fatto la loro scelta, aggiungendo che era stato il destino a guidarli. La suora cercò di dissuaderli, spiegando che il bambino presentava difficoltà caratteriali legate al suo passato recente e che non sarebbe stato facile da gestire. Ma la decisione era ormai presa.
Dopo poche settimane Marco entrò nella sua nuova casa, accolto dai suoi genitori adottivi. I primi tempi trascorsero serenamente, quasi sospesi in una quiete fragile. Poi iniziarono a manifestarsi i primi segnali: esplosioni improvvise di rabbia, reazioni violente e immotivate. Paolo e Silvia non ne comprendevano l'origine. Smarriti ma uniti, decisero di comune accordo di consultare uno psicologo, ignari che quelle ferite affondavano le radici in un passato molto più profondo e doloroso.
Crescendo, le cose migliorarono, almeno fino all'adolescenza, quando riaffiorarono quegli atteggiamenti duri e violenti. Fu proprio in quel periodo che Marco, oltre ad avere accanto il suo amico Fabio, figlio di Cesare, strinse una nuova amicizia con un coetaneo, Sergio, destinata a trascinarlo in seguito in alcuni momenti importanti della propria vita.
Parallelamente a tutto questo, si verificarono due episodi che, pur essendo isolati e avvenuti in momenti diversi, rappresentarono segnali precoci della sua seconda personalità, quella che sarebbe emersa con maggiore chiarezza solo qualche anno più tardi.
Il primo episodio avvenne durante una vacanza in Umbria, dove i suoi genitori erano soliti affittare una casa per un paio di settimane nei periodi estivi, nei pressi del lago di Piediluco nella splendida Valnerina.
In quel luogo Marco, negli anni precedenti, aveva stretto amicizia con molti coetanei; tra questi, due in particolare: Dario, quattordicenne, e Claudio, suo coetanei. I tre erano inseparabili, sempre insieme e costantemente alla ricerca di qualcosa con cui occupare il tempo, pronti a tutto pur di spezzare la noia. Un giorno, mentre si trovavano in una casa abbandonata, Dario propose un gioco erotico con relativa penitenza. Il gioco consisteva nello stabilire chi fosse il più dotato sessualmente e chi meno: quest' ultimo avrebbe dovuto fare ciò che gli altri due avrebbero deciso Tutti accettarono senza esitazioni.
Il gioco ebbe inizio... e Marco perse.
I vincitori decisero per una penitenza umiliante: Marco si doveva inginocchiare davanti a loro e sottomettersi ai loro ordini, sotto i loro sguardi vogliosi, Marco si inginocchiò e quando Dario gli ordino di segare il cazzo a Claudio, lo fece con una naturalezza provocante, come se quel gesto non gli fosse estraneo, lasciando agli altri una sensazione cosi eccitante che Dario si fece avanti e gli disse di succhiargli il cazzo..."Lo avvicinò alla mia bocca, e io aprii la bocca, lasciai che la lingua scivolasse lentamente sulla cappella, il suo sapore invase la mia bocca, iniziai a muovermi prendendolo sempre di più, lavorai con la bocca, succhiando e leccando, scendendo e risalendo su tutta la lunghezza del cazzo, cominciai a segargli il cazzo con le labbra, mentre la lingua leccava la saliva che scorreva lungo il suo cazzo durissimo, poi improvvisamente le sue mani mi afferrarono la testa, guidando il ritmo, e spingendomi verso il suo corpo, me lo spinse in gola e mi disse bevi troia, bevi tutto! Mi riempi la bocca con il suo seme caldo e denso che ingoia quasi tutto, e mentre cercavo di riprendermi mi resi conto che Claudio mi aveva sborrato sulla mano e addosso, li guardai un attimo e abbassai subito lo sguardo...Mentre sentì Dario dire: " chi l'avrebbe mai detto, succhi come una troia" e scoppiarono entrambi a ridere, mentre io ancora in quella posizione inginocchiato e sottomesso mi sentivo eccitato in modo inconfessabile." Nei giorni a seguire li succchiavo entrambi quando loro volevano e pian piano la cosa mi piaceva sempre di più, poi la vacanza ebbe fine e, negli anni successivi, non tornammo più in quel luogo. Tutto si chiuse così, come era iniziato, senza lasciare tracce evidenti. Col passare del tempo ripensai a quei momenti, ma non ebbi più esperienze simili, almeno fino a quando, a sedici anni, iniziai ad andare a ripetizioni dal mio professore di matematica....
Continua...
La doppia personalità
Distesa sul letto, ripensavo alle parole pronunciate da Barbara. Era convinta di aver compreso tutto di me, della mia personalità, mentre io sapevo che aveva conosciuto solo la parte: quella femminile.
Aveva iniziato a scoprire e a comprendere Marika, ma poi c'era Marco... già, Marco.
Lei non sapeva chi fosse davvero Marco. Non poteva immaginare cosa si celasse, in profondità, nel suo lato maschile, dietro quell'aria da bravo ragazzo, buono e sensibile.
Un volto sereno, apparentemente limpido, capace di ingannare, che nascondeva molto più di quanto lasciasse trapelare.
Ma per capire chi fosse davvero Marco, bisogna tornare agli anni più bui della sua infanzia. Rimase orfano a soli tre anni, quando i suoi genitori morirono in un terribile incidente stradale. Senza parenti a cui aggrapparsi, poiché entrambi i genitori si erano allontanati dalle rispettive famiglie per divergenze insanabili, si ritrovo completamente solo, abbandonato a un destino crudele, e fu affidato a un orfanotrofio.
Lì la vita gli si presentò senza pietà: picchiato dalle suore, abusato sessualmente e umiliato dai ragazzi più grandi, visse ogni giorno come un piccolo inferno.
Imparò presto a nascondere le lacrime, a sopravvivere nell'indifferenza e nella violenza, a diventare invisibile per non farsi schiacciare. Quei corridoi grigi e quegli sguardi freddi segnarono per sempre la sua anima, temprandola nell'ombra. Quegli anni duri e privi di affetto lasciarono cicatrici profonde in Marco.
Crescendo imparò a celare le proprie emozioni dietro un' apparente calma e un sorriso controllato, diventando abile nel leggere gli altri senza mai rivelare se stesso. Ogni delusione, ogni ingiustizia subita nell'orfanotrofio gli insegnò a difendersi a non fidarsi quasi mai completamente e a trasformare la fragilità in forza silenziosa. Un ragazzo timido e invisibile con dentro un lato oscuro, un misto di dolore, diffidenza e determinazione. Chi lo guardava vedeva solo un giovane ragazzo gentile e sensibile, ma pochi riuscivano a intravedere l'anima temprata dal dolore, pronta a volte ad esplodere in modo violento e a non cedere mai. Quell'inferno durò tre lunghi anni. La salvezza arrivò con Paolo e Silvia, quando decisero di adottarlo. Il loro incontro fu del tutto casuale.
La coppia era stata indirizzata in quella struttura dalle autorità competenti in materia di adozioni per incontrare la madre superiora responsabile della struttura, che avrebbe presentato loro una bambina. Ma il destino aveva in serbo altro.
Marco stava percorrendo il lungo corridoio di ingresso dell'orfanotrofio quando li vide, e rimase colpito soprattutto da Silvia: i capelli lunghi e biondi, gli occhiali da sole, l'elegante vestito blù e bianco, le scarpe col tacco che ne slanciavano la figura.
Paolo, anche lui elegante seppur con un'aria più sportiva, le teneva la mano. Insieme formavano una coppia luminosa, lontana anni luce dal grigiore che Marco conosceva.
Spinto da un istinto improvviso e profondo, Marco corse verso di loro, si aggrappò alle gambe di Silvia e pronunciò una sola parola:"Mamma".
Fu un attimo carico di una tensione emotiva intensa.
Silvia si voltò verso il marito, con gli occhi colmi di emozione, e disse: " Voglio questo bambino".
Paolo non esitò e fu subito d'accordo. Quando arrivò la madre superiora, Paolo le comunicò che avevano fatto la loro scelta, aggiungendo che era stato il destino a guidarli. La suora cercò di dissuaderli, spiegando che il bambino presentava difficoltà caratteriali legate al suo passato recente e che non sarebbe stato facile da gestire. Ma la decisione era ormai presa.
Dopo poche settimane Marco entrò nella sua nuova casa, accolto dai suoi genitori adottivi. I primi tempi trascorsero serenamente, quasi sospesi in una quiete fragile. Poi iniziarono a manifestarsi i primi segnali: esplosioni improvvise di rabbia, reazioni violente e immotivate. Paolo e Silvia non ne comprendevano l'origine. Smarriti ma uniti, decisero di comune accordo di consultare uno psicologo, ignari che quelle ferite affondavano le radici in un passato molto più profondo e doloroso.
Crescendo, le cose migliorarono, almeno fino all'adolescenza, quando riaffiorarono quegli atteggiamenti duri e violenti. Fu proprio in quel periodo che Marco, oltre ad avere accanto il suo amico Fabio, figlio di Cesare, strinse una nuova amicizia con un coetaneo, Sergio, destinata a trascinarlo in seguito in alcuni momenti importanti della propria vita.
Parallelamente a tutto questo, si verificarono due episodi che, pur essendo isolati e avvenuti in momenti diversi, rappresentarono segnali precoci della sua seconda personalità, quella che sarebbe emersa con maggiore chiarezza solo qualche anno più tardi.
Il primo episodio avvenne durante una vacanza in Umbria, dove i suoi genitori erano soliti affittare una casa per un paio di settimane nei periodi estivi, nei pressi del lago di Piediluco nella splendida Valnerina.
In quel luogo Marco, negli anni precedenti, aveva stretto amicizia con molti coetanei; tra questi, due in particolare: Dario, quattordicenne, e Claudio, suo coetanei. I tre erano inseparabili, sempre insieme e costantemente alla ricerca di qualcosa con cui occupare il tempo, pronti a tutto pur di spezzare la noia. Un giorno, mentre si trovavano in una casa abbandonata, Dario propose un gioco erotico con relativa penitenza. Il gioco consisteva nello stabilire chi fosse il più dotato sessualmente e chi meno: quest' ultimo avrebbe dovuto fare ciò che gli altri due avrebbero deciso Tutti accettarono senza esitazioni.
Il gioco ebbe inizio... e Marco perse.
I vincitori decisero per una penitenza umiliante: Marco si doveva inginocchiare davanti a loro e sottomettersi ai loro ordini, sotto i loro sguardi vogliosi, Marco si inginocchiò e quando Dario gli ordino di segare il cazzo a Claudio, lo fece con una naturalezza provocante, come se quel gesto non gli fosse estraneo, lasciando agli altri una sensazione cosi eccitante che Dario si fece avanti e gli disse di succhiargli il cazzo..."Lo avvicinò alla mia bocca, e io aprii la bocca, lasciai che la lingua scivolasse lentamente sulla cappella, il suo sapore invase la mia bocca, iniziai a muovermi prendendolo sempre di più, lavorai con la bocca, succhiando e leccando, scendendo e risalendo su tutta la lunghezza del cazzo, cominciai a segargli il cazzo con le labbra, mentre la lingua leccava la saliva che scorreva lungo il suo cazzo durissimo, poi improvvisamente le sue mani mi afferrarono la testa, guidando il ritmo, e spingendomi verso il suo corpo, me lo spinse in gola e mi disse bevi troia, bevi tutto! Mi riempi la bocca con il suo seme caldo e denso che ingoia quasi tutto, e mentre cercavo di riprendermi mi resi conto che Claudio mi aveva sborrato sulla mano e addosso, li guardai un attimo e abbassai subito lo sguardo...Mentre sentì Dario dire: " chi l'avrebbe mai detto, succhi come una troia" e scoppiarono entrambi a ridere, mentre io ancora in quella posizione inginocchiato e sottomesso mi sentivo eccitato in modo inconfessabile." Nei giorni a seguire li succchiavo entrambi quando loro volevano e pian piano la cosa mi piaceva sempre di più, poi la vacanza ebbe fine e, negli anni successivi, non tornammo più in quel luogo. Tutto si chiuse così, come era iniziato, senza lasciare tracce evidenti. Col passare del tempo ripensai a quei momenti, ma non ebbi più esperienze simili, almeno fino a quando, a sedici anni, iniziai ad andare a ripetizioni dal mio professore di matematica....
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