La traversata fortunata.
di
Sophos
genere
etero
Mi trovavo a bordo del traghetto appena staccatosi dalla banchina del porto. Tanta gente sui parapetti ad osservare i parenti ed amici che salutavano, sbracciandosi e gridando buon viaggio; c'era anche qualcuno che, goliardicamente, sventolava un fazzoletto bianco.
Un bel sole ed una piacevole brezza accompagnavano, in questa domenica di luglio, il mio stare sul ponte superiore, seduto su una delle tante scomode panchine, mentre il traghetto era già in mare aperto. Una traversata non lunghissima, ma sicuramente tediosa; per questo motivo avevo portato con me un buon libro da leggere.
All'improvviso una pallonata sulla spalla; un bambino di 10 anni circa, particolarmente iperattivo, stava giocando tra le persone presenti sul ponte.
“Luca, chiedi scusa al signore e smetti di giocare con la palla, disturbi tutti”, una voce femminile quasi urlata e con una cadenza toscana mi arrivò da dietro.
Il tempo di rendermi conto da dove esattamente provenisse quella voce, mi ritrovai davanti una donna giunonica. Alta, mora, vestita con un abito a fiori che, grazie alla brezza marina che spingeva il leggero tessuto, non riusciva a nascondere quasi nulla delle sue generose forme; era possibile intravedere anche il sottile filo del perizoma che indossava. Gambe scoperte dal ginocchio alla caviglia, seno prosperoso a stento trattenuto da un reggiseno nero di pizzo che voleva a tutti i costi fare capolino dalla scollatura, occhiali da sole avvolgenti, sandali aperti con un tacco pronunciato.
Il suo viso dimostrava tra i 60 ed i 65 anni, il suo corpo almeno dieci anni in meno.
“Ti ho sempre detto che quando giochi a palla devi stare attento”.
“Mah nonna, non l'ho fatto a posta. È colpa del vento “, facendo rimbalzare la palla con le mani, imperterrito.
“Lo scusi, mi dispiace tanto. È un discolaccio!”, sorridendo leggermente imbarazzata.
“Non si preoccupi signora, non è accaduto nulla”, ricambiando il suo sorriso.
“Nonna, dove posso continuare a giocare con la palla?”.
“Da nessuna parte, adesso la riponiamo nello zaino e ti siedi a leggere un fumetto!”.
“No nonna, voglio giocare, cattiva, cattiva!”, iniziando a fare capricci, urlare e versare qualche lacrima.
Si avvicinò un marinaio e rivolgendosi alla sexy nonnina, con occhio molto attento alla sua scollatura:”Signora, a bordo forniamo anche un servizio di baby sitting; al ponte inferiore c'è una sala adibita ai giochi dei bambini. Non si preoccupi di nulla, suo nipote verrà seguito da personale specializzato”.
La signora formosa si prese qualche secondo di riflessione; osservò il nipote, guardò me più di qualche secondo, attenzionò le persone presenti e poi disse al marinaio:“Forse sì, è meglio che Luca vada a giocare altrove, così anche io potrò rilassarmi un po'” - tornando a guardarmi coi suoi occhiali da sole e poi, rivolgendosi al nipote - “dai Luca, ti porto a giocare con gli altri bambini, andiamo, su!”.
Si allontanarono tutti e tre insieme ed inforcarono una delle porte stagne del ponte.
Io ripresi la mia lettura, in mezzo al brusìo delle numerose persone presenti.
Trascorsero una ventina di minuti e la signora tornò sul ponte; con passo volutamente cadenzato si diresse verso di me.
“Mi scusi ancora per quel discolo di mio nipote. I suoi genitori hanno ancora da lavorare e quindi ho deciso di portarlo in vacanza con me, ma è un bell'impegno”.
“Nessun problema, davvero. Si accomodi pure. Possiamo darci del tu? Piacere, Davide”.
“Ines, piacere mio”, accavallando le gambe, togliendo gli occhiali da sole con fare sensuale e rivelando la forma ed il colore dei suoi occhi; verde smeraldo, molto belli.
“Tuo nipote ha gradito la sala dei giochi?”.
“Si, infatti s'è subito fiondato sul tappeto elastico, credo che vorrà rimanerci fino al nostro arrivo”.
“Buon per noi Ines. Avevo già prenotato un tavolo per pranzo e visto che è quasi ora, ti va di farmi compagnia?”.
“Molto volentieri, Davide”.
Infilai il mio libro nello zaino, mi alzai dalla panchina, le tesi la mia mano e l'aiutai a sollevarsi. Le cinsi il fianco, con le dita quasi sul gluteo, e ci incamminammo verso il ristorante.
Durante il pranzo parlammo della nostra vita, scambiandoci informazioni tutto sommato di poca rilevanza; numerosi furono invece i doppi sensi a sfondo erotico sessuale volutamente utilizzati da entrambi, fino a quando mi chiese:”Ho visto il titolo del tuo libro e mi ha incuriosita tanto; come mai ti dedichi a queste letture?“.
“Sì, è l'orgasmo e l'occidente di Roberto Muchembled, un bel saggio sul piacere dal rinascimento ad oggi. Sono un cultore delle variegate forme in cui si manifesta l'orgasmo”.
“Lettura originale, non ho mai conosciuto un uomo così interessato alla psicologia ed alla sessuologia; di solito incontro solo maschi materiali, vogliosi di scopare e basta, come il marinaio di prima, giusto per fare un esempio, ahahah”.
“Sono un uomo sicuramente originale, unico e raro, ma sono un maschio voglioso di scoparti anch'io, Ines; potremmo andare via da qui e trovarci un posticino riservato, solo per noi, che ne pensi?”.
“Penso sia un'ottima idea, Davide. La mia fica lacrima piacere già da un po', tanto da avere il perizoma zuppo. Senza tralasciare il fatto che i capezzoli turgidi spingono dentro il reggiseno fino a farmi male“.
“Beh, allora bisogna che tu ti liberi subito di tutte quelle coperture inutili e fastidiose”.
Ci alzammo dal tavolo insieme - lei mi precedeva di qualche passo consentendomi di ammirare il suo culo danzante - e ci dirigemmo verso la poppa del traghetto: ”Prima, accompagnando mio nipote, ho notato una saletta isolata, forse una sorta di magazzino merci; grandi scatoloni all'interno e nessuno nei paraggi”, mi disse girando la testa indietro quel tanto che bastava per guardami negli occhi.
“Mi sta bene, seguo volentieri il tuo splendido culo, fammi strada Ines”.
Arrivati davanti all'ingresso di quel magazzino, mi appoggiai alla sua schiena e spingendola col bacino - era mia intenzione farle sentire la mia erezione sulle chiappe e ci riuscii - entrammo, chiudendoci la porta alle spalle.
Fece alcuni passi, mise la sua capiente borsa su uno scatolone e, girandosi, fece scivolare la spallina destra quasi subito seguita da quella sinistra; mi avvicinai e la baciai con passione.
Le tirai giù il vestito lasciandolo cadere alle caviglie, sollevai il reggiseno liberando la sua quinta misura e, soprattutto, facendo respirare i capezzoli turgidi; ci giocai con le dita mentre i suoi gemiti iniziavano a riempire la stanza.
La sua mano si sistemò sulla mia patta, aprendo la cerniera e tirandolo fuori duro e voglioso:”Scopami, subito Davide, non resisto più, cazzo”.
Le spostai il perizoma, le infilai due dita nella fica - entrarono subito ed a fondo - e la trovai pronta a ricevermi; la penetrai con il cazzo e senza ripensamenti cominciai a scoparmela con vigore, desiderio e passione. Produceva abbondanti umori tali da rendere ogni mio affondo agevole ed intenso; i suoi gemiti divennero dei latrati sempre più profondi:”Scopati questa troia! Perché sono la tua troia, Davide; fammi guaire come una cagna, cazzo!”.
Rallentai il ritmo ed uscii dalla sua fica grondante:”Mettiti a pecorina adesso, voglio scoparti come la cagna che dici di essere!”.
Si girò, mise le mani sullo scatolone dove fino a quel momento si era appoggiata:”Sì, sono una cagna da sfondare per bene; fammi godere”.
Le tolsi le mutandine, le afferrai i fianchi con forza e cominciai a sbattermela per bene.
Raramente ho ascoltato gemiti di donna così intensi ed acuti; non smetteva di schizzare sul mio cazzo e più la pompavo più i suoi muscoli vaginali mi stringevano, regalandomi quella deliziosa sensazione di strettezza, di violazione forzata.
“Vengo, vengoo, vengoo, sì cazzo, sto venendo, non smettere ti prego, non ho mai goduto così tanto. Sfondami, fottimi fino in fondooo!”.
Si contrasse, spinse il culo con forza contro di me e gridò, bestemmiò, si contorse come fosse caduta dentro delle fiamme vive, fino ad acquietarsi lentamente.
Respirava con affanno quando mi fece uscire:”Adesso voglio succhiarti il cazzo, così com'è, sporco del magnifico orgasmo che mi hai regalato”, piegandosi sulle gambe e infilandosi tutta l'asta in bocca. Una vera idrovora, senza se e senza ma.
Una meraviglia di pompino!
“Da quanto tempo non scopavi, Ines? Sembri un assatanata, ma sei fantastica!”.
“Da quando ho divorziato mi sono riscoperta troia e mi piace da impazzire”.
Le strinsi i capelli, le sollevai il viso affinché mi guardasse dritto negli occhi e dissi: “Voglio il tuo culo, Ines! E voglio sborrarci dentro”.
“Prendilo, sì, ma fai piano, è un po' stretto. In molti ci hanno provato, ma in pochissimi ci sono riusciti”.
‘Leccami ancora il cazzo allora, bagnalo bene della tua saliva”.
“Sì, con molto piacere, mi fa impazzire il tuo cazzo in bocca”, piantandoselo fino in gola.
Quando fui sicuro che fosse ben lubrificato, la feci mettere in piedi, la spinsi delicatamente indietro, la sollevai con il culo poggiato su uno scatolone, le alzai le gambe con le ginocchia quasi sul petto, fica e buco del culo completamente esposti:”Voglio guardarti negli occhi mentre ti inculo, osservare ogni tua espressione di dolore e piacere, godendomi ogni istante”.
“Sì, mi eccita questa posizione. Fai di me ciò che vuoi, Davide. Fammi male e fammi bene! Nell'esatto istante in cui ti ho visto, la mia passera ha cominciato a bagnarsi e non ha più smesso. Un bell'uomo acculturato, gentile, elegante ed anche porco; non potevo sperare in una traversata più fortunata di questa”.
La leccai tra le cosce dalla clitoride allo sfintere, più e più volte, il suo odore e sapore di femmina in calore mi inebriò; uno sputo copioso della mia saliva la colpì dritta su ciò che stavo per profanare.
“Sì, cazzo. Sputami, monta la tua vacca, sfondami il culo. Sento la fica sbrodolare sempre di più, talmente tanto sono eccitata”.
Il glande la percorse lentamente, dapprima sulla clitoride e poi tra le grandi labbra, dove assorbì calore e maggiore umidità; si fermò giusto un attimo sullo sfintere e poi, accompagnato da un deciso colpo di reni, si infilò nel suo culo:”Guardami Ines, rilassati ed allenta i muscoli, non contrarre”, spingendo dentro il cazzo fino a metà dell'asta.
“Sì, cazzo fa un po' male, ma posso e voglio resistere”.
Iniziai a muoverlo lentamente avanti e indietro, dentro e fuori finché non sentii le pareti anali cedere; fu a quel punto che lo spinsi in fondo:”Oh sì, lo sento tutto Davide, è come se una mazza da baseball mi avesse sfondata! Dolore e bruciore, ma misti a piacere”.
Dentro e fuori, dentro e fuori, a ritmo sempre più pronunciato. Il culo, adesso adeguatamente dilatato, mi accoglieva sempre più a fondo ad ogni colpo di reni ed il cazzo si bagnava di densi umori bianco rosato che ne sporcavano tutta l'asta.
“Continua a guardarmi, Ines. Voglio i tuoi occhi nei miei”.
“Sì, sì, mi piace. Mi sento il culo aperto a dismisura. Scopami, fottimi, sfondami! È una sensazione bellissima“.
Era veramente ben dilatata, il mio cazzo scivolava dentro senza resistenza alcuna. Il mio bacino si muoveva senza sosta, le mie mani le stringevano le caviglie ed il mio sguardo era penetrante nel suo.
“Sì, sì, pochissime volte ho goduto di una sensazione del genere; non pensavo neanche che si potesse venire col culo, ma sta succedendo ed è bellissimooo”, mentre il cazzo sguazzava nei suoi umori anali, rimpinguati da quelli vaginali che colavano abbondanti.
“Sì, cazzo! Affonda, sfonda, fottimi il culo, Davide! Mi sento una vacca alla monta e tu, mio toro, goditi tutto, senza limiti”.
Dentro e fuori, dentro e fuori, il suo culo ormai un burro! Piccoli schizzi dalla sua vagina contratta sul mio inguine, gemiti gutturali intensi, apnea respiratoria frequente:”Vengo, vengoo, vengooo! Cazzo, sto godendo col culo!”.
Nello stesso istante sborrai a più riprese inondandole il canale. Fantastica venuta!
Rallentai il ritmo, non contraeva più i muscoli anali, mi lasciava fare liberamente mentre cercava di regolarizzare il respiro, sempre guardandomi negli occhi.
“Sei tutta morbida ed aperta Ines, eccitante sensazione muovermi dentro di te così lentamente”.
“Oh sì, meravigliosa sensazione; un massaggio interno fantastico, continua ancora un po’”, e l'accontentai.
Quando mi ritrassi, il buco era vergognosamente aperto ed arrossato, mi godetti il muoversi dei suoi muscoli che si contraevano e decontraevano in modo spasmodico.
“Si avvisano i signori passeggeri che tra circa 45 minuti la nave attraccherà al porto, si prega di non accalcarsi alle uscite ma di seguire con attenzione le indicazioni degli addetti. Grazie per aver viaggiato con noi”.
Con calma ci rasserenammo e ci rivestimmo; nel trambusto Ines aveva perso il perizoma, ma non se ne preoccupò più di tanto:”Grazie della fantastica esperienza, Davide. Un viaggio intenso, travolgente, soddisfacente che conserverò nei miei ricordi più intimi”.
“Grazie a te, Ines. Non ti chiedo un contatto perché ho capito che vuoi goderti la piena libertà delle occasioni e, in fondo, è stato bello così. Sarà il Destino a decidere. Ma questo”, sollevando il perizoma appeso al mio dito indice, “lo porto con me”, sorridendole.
Ricambiò il mio sorriso, si attaccò alla mia bocca per qualche secondo, invadendomi della sua lingua:”Grazie per la tua perspicacia e comprensione, davvero una traversata fortunata! Adesso vado a recuperare mio nipote Luca; eh sì, deciderà il Fato. Ciao”, aprendo la porta ed uscendo.
“Ciao, Ines”, mentre mi riservava un ultimo sguardo languido.
Un bel sole ed una piacevole brezza accompagnavano, in questa domenica di luglio, il mio stare sul ponte superiore, seduto su una delle tante scomode panchine, mentre il traghetto era già in mare aperto. Una traversata non lunghissima, ma sicuramente tediosa; per questo motivo avevo portato con me un buon libro da leggere.
All'improvviso una pallonata sulla spalla; un bambino di 10 anni circa, particolarmente iperattivo, stava giocando tra le persone presenti sul ponte.
“Luca, chiedi scusa al signore e smetti di giocare con la palla, disturbi tutti”, una voce femminile quasi urlata e con una cadenza toscana mi arrivò da dietro.
Il tempo di rendermi conto da dove esattamente provenisse quella voce, mi ritrovai davanti una donna giunonica. Alta, mora, vestita con un abito a fiori che, grazie alla brezza marina che spingeva il leggero tessuto, non riusciva a nascondere quasi nulla delle sue generose forme; era possibile intravedere anche il sottile filo del perizoma che indossava. Gambe scoperte dal ginocchio alla caviglia, seno prosperoso a stento trattenuto da un reggiseno nero di pizzo che voleva a tutti i costi fare capolino dalla scollatura, occhiali da sole avvolgenti, sandali aperti con un tacco pronunciato.
Il suo viso dimostrava tra i 60 ed i 65 anni, il suo corpo almeno dieci anni in meno.
“Ti ho sempre detto che quando giochi a palla devi stare attento”.
“Mah nonna, non l'ho fatto a posta. È colpa del vento “, facendo rimbalzare la palla con le mani, imperterrito.
“Lo scusi, mi dispiace tanto. È un discolaccio!”, sorridendo leggermente imbarazzata.
“Non si preoccupi signora, non è accaduto nulla”, ricambiando il suo sorriso.
“Nonna, dove posso continuare a giocare con la palla?”.
“Da nessuna parte, adesso la riponiamo nello zaino e ti siedi a leggere un fumetto!”.
“No nonna, voglio giocare, cattiva, cattiva!”, iniziando a fare capricci, urlare e versare qualche lacrima.
Si avvicinò un marinaio e rivolgendosi alla sexy nonnina, con occhio molto attento alla sua scollatura:”Signora, a bordo forniamo anche un servizio di baby sitting; al ponte inferiore c'è una sala adibita ai giochi dei bambini. Non si preoccupi di nulla, suo nipote verrà seguito da personale specializzato”.
La signora formosa si prese qualche secondo di riflessione; osservò il nipote, guardò me più di qualche secondo, attenzionò le persone presenti e poi disse al marinaio:“Forse sì, è meglio che Luca vada a giocare altrove, così anche io potrò rilassarmi un po'” - tornando a guardarmi coi suoi occhiali da sole e poi, rivolgendosi al nipote - “dai Luca, ti porto a giocare con gli altri bambini, andiamo, su!”.
Si allontanarono tutti e tre insieme ed inforcarono una delle porte stagne del ponte.
Io ripresi la mia lettura, in mezzo al brusìo delle numerose persone presenti.
Trascorsero una ventina di minuti e la signora tornò sul ponte; con passo volutamente cadenzato si diresse verso di me.
“Mi scusi ancora per quel discolo di mio nipote. I suoi genitori hanno ancora da lavorare e quindi ho deciso di portarlo in vacanza con me, ma è un bell'impegno”.
“Nessun problema, davvero. Si accomodi pure. Possiamo darci del tu? Piacere, Davide”.
“Ines, piacere mio”, accavallando le gambe, togliendo gli occhiali da sole con fare sensuale e rivelando la forma ed il colore dei suoi occhi; verde smeraldo, molto belli.
“Tuo nipote ha gradito la sala dei giochi?”.
“Si, infatti s'è subito fiondato sul tappeto elastico, credo che vorrà rimanerci fino al nostro arrivo”.
“Buon per noi Ines. Avevo già prenotato un tavolo per pranzo e visto che è quasi ora, ti va di farmi compagnia?”.
“Molto volentieri, Davide”.
Infilai il mio libro nello zaino, mi alzai dalla panchina, le tesi la mia mano e l'aiutai a sollevarsi. Le cinsi il fianco, con le dita quasi sul gluteo, e ci incamminammo verso il ristorante.
Durante il pranzo parlammo della nostra vita, scambiandoci informazioni tutto sommato di poca rilevanza; numerosi furono invece i doppi sensi a sfondo erotico sessuale volutamente utilizzati da entrambi, fino a quando mi chiese:”Ho visto il titolo del tuo libro e mi ha incuriosita tanto; come mai ti dedichi a queste letture?“.
“Sì, è l'orgasmo e l'occidente di Roberto Muchembled, un bel saggio sul piacere dal rinascimento ad oggi. Sono un cultore delle variegate forme in cui si manifesta l'orgasmo”.
“Lettura originale, non ho mai conosciuto un uomo così interessato alla psicologia ed alla sessuologia; di solito incontro solo maschi materiali, vogliosi di scopare e basta, come il marinaio di prima, giusto per fare un esempio, ahahah”.
“Sono un uomo sicuramente originale, unico e raro, ma sono un maschio voglioso di scoparti anch'io, Ines; potremmo andare via da qui e trovarci un posticino riservato, solo per noi, che ne pensi?”.
“Penso sia un'ottima idea, Davide. La mia fica lacrima piacere già da un po', tanto da avere il perizoma zuppo. Senza tralasciare il fatto che i capezzoli turgidi spingono dentro il reggiseno fino a farmi male“.
“Beh, allora bisogna che tu ti liberi subito di tutte quelle coperture inutili e fastidiose”.
Ci alzammo dal tavolo insieme - lei mi precedeva di qualche passo consentendomi di ammirare il suo culo danzante - e ci dirigemmo verso la poppa del traghetto: ”Prima, accompagnando mio nipote, ho notato una saletta isolata, forse una sorta di magazzino merci; grandi scatoloni all'interno e nessuno nei paraggi”, mi disse girando la testa indietro quel tanto che bastava per guardami negli occhi.
“Mi sta bene, seguo volentieri il tuo splendido culo, fammi strada Ines”.
Arrivati davanti all'ingresso di quel magazzino, mi appoggiai alla sua schiena e spingendola col bacino - era mia intenzione farle sentire la mia erezione sulle chiappe e ci riuscii - entrammo, chiudendoci la porta alle spalle.
Fece alcuni passi, mise la sua capiente borsa su uno scatolone e, girandosi, fece scivolare la spallina destra quasi subito seguita da quella sinistra; mi avvicinai e la baciai con passione.
Le tirai giù il vestito lasciandolo cadere alle caviglie, sollevai il reggiseno liberando la sua quinta misura e, soprattutto, facendo respirare i capezzoli turgidi; ci giocai con le dita mentre i suoi gemiti iniziavano a riempire la stanza.
La sua mano si sistemò sulla mia patta, aprendo la cerniera e tirandolo fuori duro e voglioso:”Scopami, subito Davide, non resisto più, cazzo”.
Le spostai il perizoma, le infilai due dita nella fica - entrarono subito ed a fondo - e la trovai pronta a ricevermi; la penetrai con il cazzo e senza ripensamenti cominciai a scoparmela con vigore, desiderio e passione. Produceva abbondanti umori tali da rendere ogni mio affondo agevole ed intenso; i suoi gemiti divennero dei latrati sempre più profondi:”Scopati questa troia! Perché sono la tua troia, Davide; fammi guaire come una cagna, cazzo!”.
Rallentai il ritmo ed uscii dalla sua fica grondante:”Mettiti a pecorina adesso, voglio scoparti come la cagna che dici di essere!”.
Si girò, mise le mani sullo scatolone dove fino a quel momento si era appoggiata:”Sì, sono una cagna da sfondare per bene; fammi godere”.
Le tolsi le mutandine, le afferrai i fianchi con forza e cominciai a sbattermela per bene.
Raramente ho ascoltato gemiti di donna così intensi ed acuti; non smetteva di schizzare sul mio cazzo e più la pompavo più i suoi muscoli vaginali mi stringevano, regalandomi quella deliziosa sensazione di strettezza, di violazione forzata.
“Vengo, vengoo, vengoo, sì cazzo, sto venendo, non smettere ti prego, non ho mai goduto così tanto. Sfondami, fottimi fino in fondooo!”.
Si contrasse, spinse il culo con forza contro di me e gridò, bestemmiò, si contorse come fosse caduta dentro delle fiamme vive, fino ad acquietarsi lentamente.
Respirava con affanno quando mi fece uscire:”Adesso voglio succhiarti il cazzo, così com'è, sporco del magnifico orgasmo che mi hai regalato”, piegandosi sulle gambe e infilandosi tutta l'asta in bocca. Una vera idrovora, senza se e senza ma.
Una meraviglia di pompino!
“Da quanto tempo non scopavi, Ines? Sembri un assatanata, ma sei fantastica!”.
“Da quando ho divorziato mi sono riscoperta troia e mi piace da impazzire”.
Le strinsi i capelli, le sollevai il viso affinché mi guardasse dritto negli occhi e dissi: “Voglio il tuo culo, Ines! E voglio sborrarci dentro”.
“Prendilo, sì, ma fai piano, è un po' stretto. In molti ci hanno provato, ma in pochissimi ci sono riusciti”.
‘Leccami ancora il cazzo allora, bagnalo bene della tua saliva”.
“Sì, con molto piacere, mi fa impazzire il tuo cazzo in bocca”, piantandoselo fino in gola.
Quando fui sicuro che fosse ben lubrificato, la feci mettere in piedi, la spinsi delicatamente indietro, la sollevai con il culo poggiato su uno scatolone, le alzai le gambe con le ginocchia quasi sul petto, fica e buco del culo completamente esposti:”Voglio guardarti negli occhi mentre ti inculo, osservare ogni tua espressione di dolore e piacere, godendomi ogni istante”.
“Sì, mi eccita questa posizione. Fai di me ciò che vuoi, Davide. Fammi male e fammi bene! Nell'esatto istante in cui ti ho visto, la mia passera ha cominciato a bagnarsi e non ha più smesso. Un bell'uomo acculturato, gentile, elegante ed anche porco; non potevo sperare in una traversata più fortunata di questa”.
La leccai tra le cosce dalla clitoride allo sfintere, più e più volte, il suo odore e sapore di femmina in calore mi inebriò; uno sputo copioso della mia saliva la colpì dritta su ciò che stavo per profanare.
“Sì, cazzo. Sputami, monta la tua vacca, sfondami il culo. Sento la fica sbrodolare sempre di più, talmente tanto sono eccitata”.
Il glande la percorse lentamente, dapprima sulla clitoride e poi tra le grandi labbra, dove assorbì calore e maggiore umidità; si fermò giusto un attimo sullo sfintere e poi, accompagnato da un deciso colpo di reni, si infilò nel suo culo:”Guardami Ines, rilassati ed allenta i muscoli, non contrarre”, spingendo dentro il cazzo fino a metà dell'asta.
“Sì, cazzo fa un po' male, ma posso e voglio resistere”.
Iniziai a muoverlo lentamente avanti e indietro, dentro e fuori finché non sentii le pareti anali cedere; fu a quel punto che lo spinsi in fondo:”Oh sì, lo sento tutto Davide, è come se una mazza da baseball mi avesse sfondata! Dolore e bruciore, ma misti a piacere”.
Dentro e fuori, dentro e fuori, a ritmo sempre più pronunciato. Il culo, adesso adeguatamente dilatato, mi accoglieva sempre più a fondo ad ogni colpo di reni ed il cazzo si bagnava di densi umori bianco rosato che ne sporcavano tutta l'asta.
“Continua a guardarmi, Ines. Voglio i tuoi occhi nei miei”.
“Sì, sì, mi piace. Mi sento il culo aperto a dismisura. Scopami, fottimi, sfondami! È una sensazione bellissima“.
Era veramente ben dilatata, il mio cazzo scivolava dentro senza resistenza alcuna. Il mio bacino si muoveva senza sosta, le mie mani le stringevano le caviglie ed il mio sguardo era penetrante nel suo.
“Sì, sì, pochissime volte ho goduto di una sensazione del genere; non pensavo neanche che si potesse venire col culo, ma sta succedendo ed è bellissimooo”, mentre il cazzo sguazzava nei suoi umori anali, rimpinguati da quelli vaginali che colavano abbondanti.
“Sì, cazzo! Affonda, sfonda, fottimi il culo, Davide! Mi sento una vacca alla monta e tu, mio toro, goditi tutto, senza limiti”.
Dentro e fuori, dentro e fuori, il suo culo ormai un burro! Piccoli schizzi dalla sua vagina contratta sul mio inguine, gemiti gutturali intensi, apnea respiratoria frequente:”Vengo, vengoo, vengooo! Cazzo, sto godendo col culo!”.
Nello stesso istante sborrai a più riprese inondandole il canale. Fantastica venuta!
Rallentai il ritmo, non contraeva più i muscoli anali, mi lasciava fare liberamente mentre cercava di regolarizzare il respiro, sempre guardandomi negli occhi.
“Sei tutta morbida ed aperta Ines, eccitante sensazione muovermi dentro di te così lentamente”.
“Oh sì, meravigliosa sensazione; un massaggio interno fantastico, continua ancora un po’”, e l'accontentai.
Quando mi ritrassi, il buco era vergognosamente aperto ed arrossato, mi godetti il muoversi dei suoi muscoli che si contraevano e decontraevano in modo spasmodico.
“Si avvisano i signori passeggeri che tra circa 45 minuti la nave attraccherà al porto, si prega di non accalcarsi alle uscite ma di seguire con attenzione le indicazioni degli addetti. Grazie per aver viaggiato con noi”.
Con calma ci rasserenammo e ci rivestimmo; nel trambusto Ines aveva perso il perizoma, ma non se ne preoccupò più di tanto:”Grazie della fantastica esperienza, Davide. Un viaggio intenso, travolgente, soddisfacente che conserverò nei miei ricordi più intimi”.
“Grazie a te, Ines. Non ti chiedo un contatto perché ho capito che vuoi goderti la piena libertà delle occasioni e, in fondo, è stato bello così. Sarà il Destino a decidere. Ma questo”, sollevando il perizoma appeso al mio dito indice, “lo porto con me”, sorridendole.
Ricambiò il mio sorriso, si attaccò alla mia bocca per qualche secondo, invadendomi della sua lingua:”Grazie per la tua perspicacia e comprensione, davvero una traversata fortunata! Adesso vado a recuperare mio nipote Luca; eh sì, deciderà il Fato. Ciao”, aprendo la porta ed uscendo.
“Ciao, Ines”, mentre mi riservava un ultimo sguardo languido.
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