Irma -Da puttanella a escort di lusso.
di
ANNA BOLERANI
genere
incesti
Irma-Da puttanella a escort di lusso.
Sono Irma e volevo raccontarvi un po' della mia vita partendo dalle mie prime esperienze sessuali. Avevo tredici anni e, vivendo in una casa molto piccola, dividevo la stanza con mio fratello Ettore di 17 anni. Una sera mentre dormivamo sentimmo degli strani rumori provenire dalla stanza di mia madre. Dopo essere rimasta vedova per la morte di mio padre in un incidente stradale , non aveva mai voluto un'altra relazione dedicando tutto il suo tempo al lavoro, per farci crescere e non farci mancare niente.
Ma quella sera qualcosa era cambiato. Ettore mi svegliò nel cuore della notte e mi fece accendere la luce e andò a controllare. Quando tornò mentre mi disse che mamma non era sola nella sua stanza. C'era un uomo con lei e che stavano facendo. Io non capii bene cosa intendeva avevo già tredici anni ma ero ancora molto ingenua.
"Non ho capito cosa stanno." dissi io.
Mio fratello mi disse nuovamente che mamma e l'uomo impegnati in un rapporto sessuale e mi spiegò cosa significasse quella cosa con un linguaggio semplice.
"Voi donne avete fra le gambe la farfallina mentre noi uomini abbiamo il pistolino, come lo chiami tu. Quando due adulti si coricano insieme di solito l'uomo mette il pistolino nella farfallina della donna. Poi comincia a muoversi avanti e indietro e dopo un po' gli viene una sensazione così forte che sente il bisogno di fare pipì ma non è pipì quella che gli esce. È un liquido bianco che si chiama seme perché contiene milioni di spermatozoi che sono piccolissimi animaletti che possono trasformarsi in bambini se incontrano un ovulo femminile dentro la donna. Ecco perché quando il pistolino entra nella farfallina e spruzza il seme dentro la donna può rimanere incinta ed avere un bambino."
"E ora mamma e quell'uomo stanno facendo questo? Mamma avrà un bambino?"
"Ma no, ci sono molti modi per non restare incinta, per esempio lui può buttare il liquido fuori prima o dopo. Oppure ci sono dei preservativi che sono delle specie di palloncini che si mettono sul pistolino per raccogliere il seme così non entra nella donna. E poi c'è un metodo più sicuro per fare sesso e non restare incinta ed e quello che mi e parso di capire, sta facendo mamma con quell'uomo."
Io ascoltavo mio fratello senza parlare mentre la luce della lampada sul comodino illuminava la nostra stanza e i rumori soffusi provenivano dalla stanza di mia madre. Ettore sembrava molto sicuro di quello che diceva e io mi sentivo strana mentre lui continuava a spiegarmi queste cose nuove che mi sembravano strane ma anche affascinanti. Mi chiedevo perché lui sapesse tutto questo mentre io non sapevo niente di queste cose che riguardano il nostro corpo.
Mentre Ettore parlava io guardavo la sua bocca muoversi e non riuscivo a smettere di pensare che lui aveva diciassette anni e io tredici e che probabilmente anche lui aveva già fatto queste cose con qualcuno. Sentivo un calore strano nella pancia mentre ascoltavo i suoi dettagli sul liquido bianco e sulla farfallina che lui chiamava vagina usando una parola più seria quando vedeva che io capivo.
Incuriosita insistetti " Spiegati meglio"
In quello stesso momento dall'altra stanza giunsero dei rumori più forti e distinti: un colpo sordo contro il muro seguito da un sussurro soffocato di mia madre. Ettore abbassò la voce ancora di più, quasi un soffio caldo nell'orecchio che mi fece venire i brividi lungo la schiena: "L'altro modo è quando l'uomo mette il pistolino non nella vagina davanti, ma nel buco dietro... nel culetto e lì non ci possono nascere bambini perché non ci sono ovuli".
Comunque alla tue età e meglio che cominci a sapere come si chiamano le cose col loro vero nome, fra poco sarai signorina ed è bene che certe cose tu le sappia.
"Cosa intendi." chiesi io.
"Vedi, quella che tu chiami farfallina in realtà si chiama vagina o più comunemente si chiama Fica." poi aggiunse: "Se togli le mutandine ti spiego un'altra cosa." Interessata al discorso me le tolsi e lui mi spiego, "Queste cose vicino all'ingresso della tua fica si chiamano piccole e grandi labbra, mentre fra poco qui in altro si svilupperà il clitoride che serve alle donne per provare piacere." lo disse mettendoci il dito sopra e spingendolo dentro un pochino. "Senti qualcosa se ti tocco qua?"
"Si sento un certo calore, mi piace." poi col dito accarezzo il buco del mio culetto. "Qua.", disse "Per non fare figli molte donne se lo fanno mettere qua."
"Come sta facendo mamma ora?" chiesi.
"Si come sta facendo mamma ora." I suoi gemiti si facevano sempre più frequenti e fra i mugolii la sentivamo dire. "Si, cosi, spingilo tutto dentro."
Il mio cuore batteva così forte che temevo si sentisse fuori dal mio petto. Le dita di Ettore erano rimaste lì, ferme sulla mia pelle umida, mentre la sua spiegazione si trasformava in un'esplorazione silenziosa che mi faceva trattenere il fiato. Sentivo il tessuto grezzo delle lenzuola sotto le cosce e l'odore dolciastro del sudore misto alla polvere della stanza. Da sotto le sue ciglia abbassate, mio fratello mi osservava con uno sguardo nuovo - non più protettivo ma scrutatore, quasi calcolatore - mentre il suo indice premeva leggermente più a fondo tra le pieghe che non avevo mai considerato parte di me stessa. "Vedi," mormorò, "Qui dentro è caldissimo e stretto ma dopo che lo fai un po' di volte da molto piacere. Non senti mamma come gli piace.." Poi si abbasso i pantaloncini e mi mostrò il suo pisello rigido. "Questo non si chiama pisello ma: Cazzo. Toccalo, senti com'è duro."
Allungai timidamente la mano e lo strinsi, era duro ma era anche molto morbido e liscio al tatto. Stavo per ritirare indietro la mano quando lui me la trattenne e mi disse muovila, cosi sue giù, se lo fai velocemente ti faccio vedere come esce la sborra, il liquido che serve per fare i figli. Iniziai a masturbarlo, come disse che si chiamava quella cosa che stavo facendo, e lui col dito iniziò a toccarmi la dove stava per svilupparsi il clitoride. quella situazione mi piaceva molto, il suo dito mi creava brividi nuovi- Mi fece alzare le gambe in modo che potesse anche accarezzarmi il buco del culo e lentamente vi infilo il dito indice a metà. Non so che tipo di sensazione stessi provando ma mi piaceva molto, poi all'improvviso si irrigidì e dal suo cazzo usci uno zampillo di sperma che mi colpi in piena faccia. Lo sperma usciva copioso e cercavo di trattenerlo con la mano per non sporcare tutto. Quando ebbe smesso di eruttare. avevo le mani e la faccia piene della sua sborra. "Vai a prendere un asciugamano" dissi, " Sono tutta sporca.
"Leccati le mani, vedrai quanto e buona." mi ordinò lui.
Portai le mie dita alla bocca e con la lingua le pulii leccando tutto il liquido, poi raccolsi quello che avevo in faccia e leccai anche quello. "Avevi ragione, mi piace, è buona."
I rumori dalla stanza di mamma non si attutivano e Ettore propose di andare a spiarli dalla finestrella del ballatoio. Mamma era a quattro zampe su letto mentre l'uomo era dietro di lei. La teneva stratta dai fianchi facendola andar avanti e indietro. Continuavamo a sentire i suoi gemiti poi di colpo la sentimmo implorare :"Più forte amore. fai più veloce sto per venire. Sborra anche tu, vienimi nel culo, la voglio sentire dentro di me."
Ettore si voltò verso di me. "Vedi, te lo avevo detto che lo stavano facendo nel culo." mentre me lo diceva allungò una mano e la infilò nelle mie mutandine. infilò il dito nella mia fica e lentamente iniziò a muoverlo poi prese a masturbarmi con più vigore e sentivo che stavo per provare quello che chiamavano piacere. Mi venne un brivido lungo la schiena e poi una sensazione incredibile di piacere che mi fece gridare. Ettore mi copri la bocca con la mano per non farmi sentire. "Stai zitta stupida vuoi che ci sentano?"
Quando smisi di tremare mi disse: "Quello che hai provato si chiama orgasmo. Sei riuscita a venire anche tu, come mamma"
Io ero felice perché finalmente avevo capito cosa intendesse mio fratello quando mi parlava di piacere. Gli dissi che volevo provare anche io quella cosa che facevano mamma e il suo compagno, ma lui mi rispose che forse ero troppo piccola per farlo nel culo, ma che per ora potevamo provare un'altra cosa che non avrebbe fatto male. "Cosa?" chiesi. "Vuoi succhiarmi il cazzo?" Io accettai e lui mi disse allora torniamo in camera.
Estrasse il cazzo nuovamente rigido e disse: "Mettiti in ginocchio ed apri la bocca." lo feci e lui me lo infilò fra le labbra. "Muoviti avanti e indietro e succhia come se fosse una caramella." Io esegui e lui mi disse che ero brava. Dopo un po' gli sentii dire: "Sto per venire." Io non sapevo cosa fare, sentii un primo getto di liquido caldo in bocca ed ingoiai. ma lui mi disse di continuare e di succhiare forte. Poi sentii un nuovo getto e un altro ancora.. Lo inghiotti tutto pulendogli poi il cazzo con la lingua. Gli dissi che mi era piaciuto molto e che potevamo rifarlo il giorno dopo, però volevo fare anche quello che avevo visto fare a mamma. Volevo prenderlo nel culo.
Sentimmo i passi di mamma nel corridoio e la porta di casa sbattere. L'uomo se ne era andato e mamma si era chiusa in bagno e fare una doccia. Noi ci coricammo pensando al domani.
Il mattino seguente, la doccia di mamma scrosciò come una pioggia primaverile dietro la porta del bagno mentre io rimanevo sdraiata sul letto, il sapore salato dello sperma ancora persistente sulle labbra. Ettore fumava una sigaretta rubata affacciato al balconcino, la schiena tesa mentre osservava la strada deserta. La cenere cadde silenziosa sul davanzale polveroso quando si voltò, gli occhi scuri fissi sui miei fianchi sottili. "Hai visto quanto le piaceva ieri sera?" mormorò, indicando col mento verso la stanza vuota dei nostri genitori. "Quando l'ha pregato di sborrarle dentro... Vuoi provare quella sensazione?"
Annodai le dita nel lenzuolo ancora umido dove si era asciugato il suo seme. Un brivido mi attraversò le gambe al ricordo delle sue dita nel mio culo, quella strana pienezza che bruciava eppure faceva venir voglia di spingere indietro. "Ma non fa male?" sussurrai, guardando le sue mani callose da meccanico.
Lui spense la sigaretta sul davanzale con un gesto secco. "All'inizio sì, un po' come quando ti ho messo il dito. Ma poi..." Si avvicinò al letto, l'odore di tabacco e sudore mescolato alla mia eccitazione. "Quando il cazzo entra tutto e comincia a muoversi... senti che ti prende il cervello." Le sue dita scivolarono lungo il mio fianco verso il sedere, premendo sul punto ancora tenero dove aveva esplorato prima. "Vuoi che ti sborri nel culo?" mi richiese, la voce roca mentre il suo respiro si faceva affannoso contro la mia nuca. Sentivo il suo cazzo duro premermi contro la coscia attraverso i pantaloncini.
Annusai l'aria umida del mattino mentre il sole filtrava dalle imposte rotte. Dalla stanza di mamma arrivava il rumore della spazzola sui capelli umidi, un suono normale che contrastava con la follia della notte. "Si lo voglio, ma se mi fa male, ti fermi," sussurrai, voltandomi a pancia in giù . Il lenzuolo ruvido mi pizzicava i capezzoli mentre sollevavo il sedere. Ettore tirò giù le mie mutandine di cotone fino alle ginocchia, le dita tremanti mentre spalmava la saliva sul suo cazzo già rigido. Sentii la punta fredda premere contro il mio buchino stretto, e un dolore improvviso mi fece contorcere le dita nel materasso. "Respira," mormorò lui, spingendo piano mentre io affondavo la faccia nel cuscino per soffocare il gemito. Era come essere strappata in due, ma poi... lentamente... quella sensazione di bruciore si trasformò in calore, un calore che si espandeva dal culo alla pancia mentre lui entrava tutto.
"Stai strettissima," ansimò Ettore, le mani affondate nei miei fianchi mentre cominciava a spingere avanti e indietro. Ogni movimento era un lampo di dolore misto a qualcosa di nuovo, caldo e profondo che mi faceva gemere nel cuscino. "Così... ora spingilo tutto dentro," sussurrai io, ripetendo le parole di mamma come una preghiera. Lui obbedì, spingendo più forte, e all'improvviso il dolore si sciolse in un fiume di calore che mi riempì la pancia. "Senti come ti apre," mormorò, il suo respiro rovente sul mio collo. Afferrai il materasso con le dita tremanti, sentendo ogni centimetro del suo cazzo scivolare dentro quel buco stretto e vergine, mentre fuori gli uccelli cominciavano a cantare nel mattino grigio.
"Fammi sentire una vera donna," implorai, premendo indietro contro di lui con una fame improvvisa. Ettore emise un grugnito animale, le dita che mi serravano le ossa dei fianchi mentre il ritmo diventava più selvaggio. Sotto di me, le molle del letto scricchiolavano in tempo ai suoi colpi, un suono umiliante eppure eccitante quanto il dolore che si trasformava in piacere. Sentivo il suo sudore gocciolarmi sulla schiena, l'odore di tabacco e sesso che riempiva la stanza misero. "Sto per..." ansimò lui, la voce rotta, e io sentii il suo cazzo pulsare dentro di me come un cuore impazzito. " Più forte . fai più veloce sto per venire anche io. Sborra anche tu, vienimi nel culo, la voglio sentire dentro di me" le stesse parole che aveva usato ma mamma con il tizio la notte prima. Ettore riverso tutto il suo sperma nel mio culetto poi soddisfatto. "hai imparato in fretta, hai usate le stesse parole di mamma. siete due troie disse sorridendo." poi aggiunse "Ora puliscimi il cazzo." Lo presi in bocca e leccai fino all'ultima goccia. Mi alzai misi le mutandine e andai a fare una doccia. Nel corridoio incrociai mamma. "Non camminare cosi nuda, ti potrebbe vedere tuo fratello"
" Tranquilla mamma sta dormendo" le risposi. Non immaginava certo che ero piena della sua sborra nel culo.
Da quel giorno il sesso non ebbe più segreti per me. La lezione di Ettore fu la prima di molte, una rivelazione che trasformò il mio corpo in una mappa di piacere da esplorare con avidità. Dopo aver compiuto i quindici anni, creai il mio motto esplicito e ben impresso nella mia mente: "50 bocca, 100 culo, niente fica". La bocca era per il servizio rapido, il culo per il piacere profondo che faceva impazzire gli uomini, la fica... quella rimaneva intatta, un mistero riservato. Diventai la troietta del quartiere, una fama che si sparse come olio sulla strada polverosa tra i cantieri edili e il bar all'angolo. Gli sguardi dei muratori mi seguivano mentre passavo in bicicletta, le loro mani callose che si stringevano attorno alle tazzine di caffè. "Irma!" chiamavano, e io sorridevo, sapendo cosa volevano.
La prima volta a pagamento fu con Marco, l'apprendista diciottenne di mio zio. Mi aspettò dietro i cassonetti dell'immondizia, nervoso mentre si slacciava i pantaloni da lavoro macchiati di calce. "Solo nel culo, eh?" sussurrò, occhi fissi sulle mie labbra. Annui, già inginocchiata sulla ghiaia ruvida che mi graffiava le ginocchia. Succhiarlo fu semplice, un movimento meccanico imparato a perfezione. Ma quando mi voltai, sollevando la gonna a fiori sopra i fianchi, lui imprecò vedendo quanto fosse stretto quel buchino rosa. Spinsi indietro mentre lui ansimava, il suo cazzo che faticava ad entrare nel calore quasi vergine. "Cristo, sei stretta come un pugno..." gemette, le dita che mi affondavano nelle carni dei fianchi. Sentii il dolore trasformarsi in fiamma quando finalmente riuscì a penetrarmi tutto, i suoi colpi che mi sbattevano contro il metallo freddo dei cassonetti. Sborrò in trenta secondi, un getto tiepido dentro di me che colò lungo le cosce quando mi rialzai. Si pulì il cazzo con un fazzoletto poi infilò una banconota da 100 euro nella mia tasca posteriore, gli occhi ancora velati. "Te li sei meritati, Ciao alla prossima."
Il bar "Al Semaforo" diventò il mio quartier generale. Seduta sullo sgabello più alto, sorseggiavo una spuma mentre i muratori passavano ordinazioni sottobanco a Irene la barista a cui lasciavo sempre buone mance. "Per Irma: 100 per il culo, senza preliminari" bisbigliava Beppe, il capocantiere a Irene che mi portava l'ordinazione. Io mi alzavo e lui mi seguiva nel ripostiglio pieno di scatoloni, l'odore di caffè e zucchero che copriva il nostro ansimare. Lui, più lento di Marco, mi fece inginocchiare sulle buste di caffè mentre mi spalancava le natiche con le mani ruvide. "Stai ferma, troietta" ringhiò quando gemetti per il dolore iniziale. Ma quando trovò l'angolo giusto, il suo cazzo massiccio mi fece urlare di piacere contro una confezione di bicchieri di plastica. Pagò con due banconote umide di sudore. "Torna domani. Ti voglio ancora" mi disse.
“Certo, sono sempre qua.”
La voce corse veloce. Arrivarono i camionisti del distributore, poi i ragazzi del liceo. In poco tempo , imparai a distinguere le richieste: chi voleva solo la bocca frettolosa dietro il cassonetto, chi desiderava il culo lento contro il muro scalcinato del cantiere abbandonato oppure nel retro del bar. Il dolore si trasformò sempre più rapidamente in quel brivido caldo che mi faceva contorcere, soprattutto quando qualcuno mi afferrava i fianchi e mi spingeva con forza.
Una sera di luglio, mentre tornavo a casa, Ettore mi aspettava all'angolo della nostra strada. Aveva gli occhi stretti e le mani in tasca. "Sai che tutti parlano?" sibilò, spingendomi nell'androne buio di un palazzo in costruzione. L'odore di polvere e calcestruzzo mi riempì le narici. "Zio mi ha detto che l'hai fatto anche con Marco. E Beppe. E altri." Il suo sguardo scivolò sul mio collo dove si vedeva un livido a forma di dita. "Sei diventata proprio una puttana."
Mi strinsi la borsa più forte. "Ah si? La metti cosi? Allora dimmi, da dove pensi che vengano i soldi per comprare il televisore nuovo che abbiamo a casa? O la macchina usata che mamma ha portato a casa ieri?" La mia voce tremava ma non per la paura.
"Mamma non li aveva di certo, glieli ho dati io. Tutti guadagnati con il mio culo." Gli afferrai il polso. "Vuoi che smetta e torniamo a fare i pezzenti di prima? Senza soldi per la luce o il pane?"
Ettore mi guardò come se fossi un animale sconosciuto, le narici dilatate.
"Tu sei stato buono solo chiedere soldi a mamma. Perché non ti sei chiesto prima da dove venivano? Ieri è arrivato lo sfratto. Cosa stai facendo tu per risolvere il problema? Niente, stai solo a bighellonare e a grattarti le palle e a criticare il mio lavoro. Cercatelo tu uno e aiuta tu la mamma, cosi io posso smettere di fare la puttanella di tutti."
"Lo sto cercando e forse l'ho trovato domani mi daranno una risposta."
"Bene, perché mamma ha trovato un appartamentino da comprare che ci potrebbe far vivere tranquilli. Io, col mio lavoro che tu tanto disprezzi, ho già messo da parte una buona parte della cifra necessaria. Se anche cominciassi a lavorare la potremmo comprare prima che arrivi lo sfratto esecutivo."
"Va bene, ma poi devi smetterla con questa vita."
Dopo qualche tempo ed altri soldi accantonati, tornai a casa e trovai mia madre in lacrime.
Lo sfratto esecutivo pesava come un macigno su di lei. La lettera dell'ufficiale giudiziario era appuntata al frigorifero da una settimana, le parole "esecuzione forzata" stampate in rosso. Quella sera mamma piangeva in silenzio davanti alla lettera con cui la banca le rifiutava il mutuo per acquistare la casa. Lei ci contava tanto e quella delusione era divenuta come macigno caduto su di lei.
Quella sera, prima di incrociare mia madre, avevo portato a casa un altro bel mazzo di banconote arrotolate nelle calze, odoranti di sudore e sperma. "Per il fondo casa," sussurravo tra me mettendole nel barattolo vuoto nel mio comodino. Ogni volta che il barattolo si riempiva, lo nascondevo
sotto una vecchia botola nel bagno, nascosta sotto la console dove mamma usava spazzolarsi.
Entrando in cucina e vedendo mia madre così avvilita, decisi di dirle la verità sul mio lavoro e sui soldi che avevo accumulato. Avrei acquistato io la casa.
“Mamma, devo dirti una cosa.” le dissi abbracciandola. “In questi due anni mi sono data da fare e ho messo da parte un bel po' di soldi. Acquisterò io la casa che volevi, domani andiamo dall'agente immobiliare e gli diamo l'anticipo per il compromesso e poi fisseremo la data per il rogito.”
“Ma ci vogliono novanta mila euro e altri cinquemila fra tasse e spese per il notaio e l'agenzia. Dove li prendiamo?”
"Vieni con me" dissi. Entrammo nel bagno spostai la console e aprii la botola. Tirai fuori una ventina di barattoli trasparenti tutti pieni di rotoli di soldi.
"Aiutami a portali in cucina."
Mia madre incredula mi aiutò a portare tutti i barattoli sul tavolo della cucina.
"Tirali fuori," dissi a mamma "cosi li contiamo.
In silenzio mamma iniziò a svuotare i barattoli mettendo i soldi sul tavolo. Io iniziai a contarli creando mazzette da mille euro. Quando terminai, le mazzette ricoprivano l'intera superficie del tavolo. Mi erano rimasti in mano altre banconote per cinquecento euro poi dissi a mamma di prendere il barattolo che c'era nel mio comodino dove avevo messo i soldi che avevo incassato negli ultimi due giorni. C'erano settecento euro. cosi completai un'altra mazzetta da mille. Iniziai a contare le mazzette, sul tavolo c'erano cinque file con venti mazzette e una fila con otto mazzette. "Mamma, sono cento ottomila euro. Bastano sia per pagare la casa che le spese e ne avanzano per comprare anche dei mobili nuovi.
" Ma da dove arrivano tutti questi soldi?"
"Mamma, lo sai da dove arrivano. Non dirmi che non hai sentito in giro quello che si dice su di me."
"Lei timidamente, si avevo sentito delle voci ma non ci volevo credere, o meglio volevo convincermi che non fosse vero, anche se i soldi che mi portavi per comprare la tv, l'auto mi facevano convincere del contrario. Mi dispiace piccola mia disse abbracciandomi.
"Mamma, non devi dispiacerti, l'ho fatto perché l'ho voluto io. Non volevo continuare con una vita sacrificata come la tua. Io voglio fare la vita da signora e la farò, con il mio lavoro. E sappi che nonostante tutto, sono ancora vergine. Oltre ai soldi è l'unica ricchezza che mi è rimasta. Alla gente piace questo" dissi battendomi una mano sulla natica " ed io lo vendo caro."
Il giorno dopo, con le banconote stracolme nella borsa della spesa ricoperta da un telo, entrammo nell'ufficio dell'agente immobiliare. L'odore di pelle nuova e caffè forte copriva il tanfo della strada. L'uomo dagli occhi di ghiaccio sorrise vedendo i soldi. "Il compromesso è qui," disse, aprendo il registro. Mamma firmò, io puntai l'indice sull'anticipo: "Ottantamila euro, tutto contanti." L'agente contò le banconote con gesti rapidi, la lingua che gli si muoveva tra le labbra come un serpente. "Il rogito fra due settimane," annuì, chiudendo i soldi in una cassaforte luccicante. Fuori, il sole picchiava sull'asfalto. Mamma mi strinse la mano. "È fatta." All'angolo, davanti al bar "Al Semaforo", Beppe mi aspettava con gli occhi iniettati di sangue.
"Mamma vai a casa, fra poco ti raggiungo."
Lei si avviò ed io mi avvicinai a Beppe. Dovevi venire ieri," ringhiò. "Mi hai fatto perdere una giornata di lavoro." Lo seguii nel vicolo più vicino puzzolente di urina.
"Ho avuto da fare e comunque se vuoi scopare oggi mi devi pagare il doppio o non se ne fa niente."
Lui infoiato com'era si abbassò i pantaloni tirandolo fuori gia duro.
"Va bene, ma ora piegati fatti inculare."
Il suo cazzo entrò subito fino in fondo senza regalarmi alcuna emozione. Avevo imparato a conoscere bene i miei clienti e sapevo come dovevo muovermi per farli venire subito. Bastava qualche parolina spinta per farli sborrare. "Si amore, come ce l'hai duro, sborrami nel culo fammi sentire il tuo cazzo fino in fondo." Al termine della frase lui aveva gia finito di sborrare. Presi i duecento euro. mi alzai le mutandine e andai via a casa a lavarmi.
A casa diedi i soldi a mia madre Tieni conservali con quelli che sono rimasti." poi andai in bagno a lavarmi.
Dopo qualche mese ci siamo trasferiti nella nuova casa nella quale avevo ricavato con un parete in cartongesso un appartamentino autonomo per me dove ricevevo i miei clienti. Nn ero più "Irma la puttanella", come mi chiamavano, che si faceva inculare nei vicoli o nel ripostiglio del bar "Al semaforo". Ora ricevevo solo clienti facoltosi su appuntamento con tariffe non inferiori a trecento euro. Mille euro come escort (accompagnatrice)per una serata e duemila per una notte intera di sesso. Guadagnavo tanto a diciannove anni riuscii a comprare una casa in centro tutta per me, arredata finemente, con un lusso ricercato adatta alla clientela selezionata con cui mi accompagnavo. Mio fratello Ettore nel frattempo aveva trovato un buon lavoro e si stava per sposare rimanendo a vivere, nella casa che io avevo pagato, insieme a mamma. Ora nessuno osava parlare male dime, tutti mi stimavano e mi temevano. Nel letto gli uomini raccontano tutti i loro più intimi segreti ed io conoscevo tutti quelli dei miei clienti. Politici, uomini d'affari, direttori di banca e di assicurazioni e persino vescovi e cardinali. Tutti amavano "Irma la rossa" dal colore dei miei capelli. Un nuovo look per una nuova vita.
Sono Irma e volevo raccontarvi un po' della mia vita partendo dalle mie prime esperienze sessuali. Avevo tredici anni e, vivendo in una casa molto piccola, dividevo la stanza con mio fratello Ettore di 17 anni. Una sera mentre dormivamo sentimmo degli strani rumori provenire dalla stanza di mia madre. Dopo essere rimasta vedova per la morte di mio padre in un incidente stradale , non aveva mai voluto un'altra relazione dedicando tutto il suo tempo al lavoro, per farci crescere e non farci mancare niente.
Ma quella sera qualcosa era cambiato. Ettore mi svegliò nel cuore della notte e mi fece accendere la luce e andò a controllare. Quando tornò mentre mi disse che mamma non era sola nella sua stanza. C'era un uomo con lei e che stavano facendo. Io non capii bene cosa intendeva avevo già tredici anni ma ero ancora molto ingenua.
"Non ho capito cosa stanno." dissi io.
Mio fratello mi disse nuovamente che mamma e l'uomo impegnati in un rapporto sessuale e mi spiegò cosa significasse quella cosa con un linguaggio semplice.
"Voi donne avete fra le gambe la farfallina mentre noi uomini abbiamo il pistolino, come lo chiami tu. Quando due adulti si coricano insieme di solito l'uomo mette il pistolino nella farfallina della donna. Poi comincia a muoversi avanti e indietro e dopo un po' gli viene una sensazione così forte che sente il bisogno di fare pipì ma non è pipì quella che gli esce. È un liquido bianco che si chiama seme perché contiene milioni di spermatozoi che sono piccolissimi animaletti che possono trasformarsi in bambini se incontrano un ovulo femminile dentro la donna. Ecco perché quando il pistolino entra nella farfallina e spruzza il seme dentro la donna può rimanere incinta ed avere un bambino."
"E ora mamma e quell'uomo stanno facendo questo? Mamma avrà un bambino?"
"Ma no, ci sono molti modi per non restare incinta, per esempio lui può buttare il liquido fuori prima o dopo. Oppure ci sono dei preservativi che sono delle specie di palloncini che si mettono sul pistolino per raccogliere il seme così non entra nella donna. E poi c'è un metodo più sicuro per fare sesso e non restare incinta ed e quello che mi e parso di capire, sta facendo mamma con quell'uomo."
Io ascoltavo mio fratello senza parlare mentre la luce della lampada sul comodino illuminava la nostra stanza e i rumori soffusi provenivano dalla stanza di mia madre. Ettore sembrava molto sicuro di quello che diceva e io mi sentivo strana mentre lui continuava a spiegarmi queste cose nuove che mi sembravano strane ma anche affascinanti. Mi chiedevo perché lui sapesse tutto questo mentre io non sapevo niente di queste cose che riguardano il nostro corpo.
Mentre Ettore parlava io guardavo la sua bocca muoversi e non riuscivo a smettere di pensare che lui aveva diciassette anni e io tredici e che probabilmente anche lui aveva già fatto queste cose con qualcuno. Sentivo un calore strano nella pancia mentre ascoltavo i suoi dettagli sul liquido bianco e sulla farfallina che lui chiamava vagina usando una parola più seria quando vedeva che io capivo.
Incuriosita insistetti " Spiegati meglio"
In quello stesso momento dall'altra stanza giunsero dei rumori più forti e distinti: un colpo sordo contro il muro seguito da un sussurro soffocato di mia madre. Ettore abbassò la voce ancora di più, quasi un soffio caldo nell'orecchio che mi fece venire i brividi lungo la schiena: "L'altro modo è quando l'uomo mette il pistolino non nella vagina davanti, ma nel buco dietro... nel culetto e lì non ci possono nascere bambini perché non ci sono ovuli".
Comunque alla tue età e meglio che cominci a sapere come si chiamano le cose col loro vero nome, fra poco sarai signorina ed è bene che certe cose tu le sappia.
"Cosa intendi." chiesi io.
"Vedi, quella che tu chiami farfallina in realtà si chiama vagina o più comunemente si chiama Fica." poi aggiunse: "Se togli le mutandine ti spiego un'altra cosa." Interessata al discorso me le tolsi e lui mi spiego, "Queste cose vicino all'ingresso della tua fica si chiamano piccole e grandi labbra, mentre fra poco qui in altro si svilupperà il clitoride che serve alle donne per provare piacere." lo disse mettendoci il dito sopra e spingendolo dentro un pochino. "Senti qualcosa se ti tocco qua?"
"Si sento un certo calore, mi piace." poi col dito accarezzo il buco del mio culetto. "Qua.", disse "Per non fare figli molte donne se lo fanno mettere qua."
"Come sta facendo mamma ora?" chiesi.
"Si come sta facendo mamma ora." I suoi gemiti si facevano sempre più frequenti e fra i mugolii la sentivamo dire. "Si, cosi, spingilo tutto dentro."
Il mio cuore batteva così forte che temevo si sentisse fuori dal mio petto. Le dita di Ettore erano rimaste lì, ferme sulla mia pelle umida, mentre la sua spiegazione si trasformava in un'esplorazione silenziosa che mi faceva trattenere il fiato. Sentivo il tessuto grezzo delle lenzuola sotto le cosce e l'odore dolciastro del sudore misto alla polvere della stanza. Da sotto le sue ciglia abbassate, mio fratello mi osservava con uno sguardo nuovo - non più protettivo ma scrutatore, quasi calcolatore - mentre il suo indice premeva leggermente più a fondo tra le pieghe che non avevo mai considerato parte di me stessa. "Vedi," mormorò, "Qui dentro è caldissimo e stretto ma dopo che lo fai un po' di volte da molto piacere. Non senti mamma come gli piace.." Poi si abbasso i pantaloncini e mi mostrò il suo pisello rigido. "Questo non si chiama pisello ma: Cazzo. Toccalo, senti com'è duro."
Allungai timidamente la mano e lo strinsi, era duro ma era anche molto morbido e liscio al tatto. Stavo per ritirare indietro la mano quando lui me la trattenne e mi disse muovila, cosi sue giù, se lo fai velocemente ti faccio vedere come esce la sborra, il liquido che serve per fare i figli. Iniziai a masturbarlo, come disse che si chiamava quella cosa che stavo facendo, e lui col dito iniziò a toccarmi la dove stava per svilupparsi il clitoride. quella situazione mi piaceva molto, il suo dito mi creava brividi nuovi- Mi fece alzare le gambe in modo che potesse anche accarezzarmi il buco del culo e lentamente vi infilo il dito indice a metà. Non so che tipo di sensazione stessi provando ma mi piaceva molto, poi all'improvviso si irrigidì e dal suo cazzo usci uno zampillo di sperma che mi colpi in piena faccia. Lo sperma usciva copioso e cercavo di trattenerlo con la mano per non sporcare tutto. Quando ebbe smesso di eruttare. avevo le mani e la faccia piene della sua sborra. "Vai a prendere un asciugamano" dissi, " Sono tutta sporca.
"Leccati le mani, vedrai quanto e buona." mi ordinò lui.
Portai le mie dita alla bocca e con la lingua le pulii leccando tutto il liquido, poi raccolsi quello che avevo in faccia e leccai anche quello. "Avevi ragione, mi piace, è buona."
I rumori dalla stanza di mamma non si attutivano e Ettore propose di andare a spiarli dalla finestrella del ballatoio. Mamma era a quattro zampe su letto mentre l'uomo era dietro di lei. La teneva stratta dai fianchi facendola andar avanti e indietro. Continuavamo a sentire i suoi gemiti poi di colpo la sentimmo implorare :"Più forte amore. fai più veloce sto per venire. Sborra anche tu, vienimi nel culo, la voglio sentire dentro di me."
Ettore si voltò verso di me. "Vedi, te lo avevo detto che lo stavano facendo nel culo." mentre me lo diceva allungò una mano e la infilò nelle mie mutandine. infilò il dito nella mia fica e lentamente iniziò a muoverlo poi prese a masturbarmi con più vigore e sentivo che stavo per provare quello che chiamavano piacere. Mi venne un brivido lungo la schiena e poi una sensazione incredibile di piacere che mi fece gridare. Ettore mi copri la bocca con la mano per non farmi sentire. "Stai zitta stupida vuoi che ci sentano?"
Quando smisi di tremare mi disse: "Quello che hai provato si chiama orgasmo. Sei riuscita a venire anche tu, come mamma"
Io ero felice perché finalmente avevo capito cosa intendesse mio fratello quando mi parlava di piacere. Gli dissi che volevo provare anche io quella cosa che facevano mamma e il suo compagno, ma lui mi rispose che forse ero troppo piccola per farlo nel culo, ma che per ora potevamo provare un'altra cosa che non avrebbe fatto male. "Cosa?" chiesi. "Vuoi succhiarmi il cazzo?" Io accettai e lui mi disse allora torniamo in camera.
Estrasse il cazzo nuovamente rigido e disse: "Mettiti in ginocchio ed apri la bocca." lo feci e lui me lo infilò fra le labbra. "Muoviti avanti e indietro e succhia come se fosse una caramella." Io esegui e lui mi disse che ero brava. Dopo un po' gli sentii dire: "Sto per venire." Io non sapevo cosa fare, sentii un primo getto di liquido caldo in bocca ed ingoiai. ma lui mi disse di continuare e di succhiare forte. Poi sentii un nuovo getto e un altro ancora.. Lo inghiotti tutto pulendogli poi il cazzo con la lingua. Gli dissi che mi era piaciuto molto e che potevamo rifarlo il giorno dopo, però volevo fare anche quello che avevo visto fare a mamma. Volevo prenderlo nel culo.
Sentimmo i passi di mamma nel corridoio e la porta di casa sbattere. L'uomo se ne era andato e mamma si era chiusa in bagno e fare una doccia. Noi ci coricammo pensando al domani.
Il mattino seguente, la doccia di mamma scrosciò come una pioggia primaverile dietro la porta del bagno mentre io rimanevo sdraiata sul letto, il sapore salato dello sperma ancora persistente sulle labbra. Ettore fumava una sigaretta rubata affacciato al balconcino, la schiena tesa mentre osservava la strada deserta. La cenere cadde silenziosa sul davanzale polveroso quando si voltò, gli occhi scuri fissi sui miei fianchi sottili. "Hai visto quanto le piaceva ieri sera?" mormorò, indicando col mento verso la stanza vuota dei nostri genitori. "Quando l'ha pregato di sborrarle dentro... Vuoi provare quella sensazione?"
Annodai le dita nel lenzuolo ancora umido dove si era asciugato il suo seme. Un brivido mi attraversò le gambe al ricordo delle sue dita nel mio culo, quella strana pienezza che bruciava eppure faceva venir voglia di spingere indietro. "Ma non fa male?" sussurrai, guardando le sue mani callose da meccanico.
Lui spense la sigaretta sul davanzale con un gesto secco. "All'inizio sì, un po' come quando ti ho messo il dito. Ma poi..." Si avvicinò al letto, l'odore di tabacco e sudore mescolato alla mia eccitazione. "Quando il cazzo entra tutto e comincia a muoversi... senti che ti prende il cervello." Le sue dita scivolarono lungo il mio fianco verso il sedere, premendo sul punto ancora tenero dove aveva esplorato prima. "Vuoi che ti sborri nel culo?" mi richiese, la voce roca mentre il suo respiro si faceva affannoso contro la mia nuca. Sentivo il suo cazzo duro premermi contro la coscia attraverso i pantaloncini.
Annusai l'aria umida del mattino mentre il sole filtrava dalle imposte rotte. Dalla stanza di mamma arrivava il rumore della spazzola sui capelli umidi, un suono normale che contrastava con la follia della notte. "Si lo voglio, ma se mi fa male, ti fermi," sussurrai, voltandomi a pancia in giù . Il lenzuolo ruvido mi pizzicava i capezzoli mentre sollevavo il sedere. Ettore tirò giù le mie mutandine di cotone fino alle ginocchia, le dita tremanti mentre spalmava la saliva sul suo cazzo già rigido. Sentii la punta fredda premere contro il mio buchino stretto, e un dolore improvviso mi fece contorcere le dita nel materasso. "Respira," mormorò lui, spingendo piano mentre io affondavo la faccia nel cuscino per soffocare il gemito. Era come essere strappata in due, ma poi... lentamente... quella sensazione di bruciore si trasformò in calore, un calore che si espandeva dal culo alla pancia mentre lui entrava tutto.
"Stai strettissima," ansimò Ettore, le mani affondate nei miei fianchi mentre cominciava a spingere avanti e indietro. Ogni movimento era un lampo di dolore misto a qualcosa di nuovo, caldo e profondo che mi faceva gemere nel cuscino. "Così... ora spingilo tutto dentro," sussurrai io, ripetendo le parole di mamma come una preghiera. Lui obbedì, spingendo più forte, e all'improvviso il dolore si sciolse in un fiume di calore che mi riempì la pancia. "Senti come ti apre," mormorò, il suo respiro rovente sul mio collo. Afferrai il materasso con le dita tremanti, sentendo ogni centimetro del suo cazzo scivolare dentro quel buco stretto e vergine, mentre fuori gli uccelli cominciavano a cantare nel mattino grigio.
"Fammi sentire una vera donna," implorai, premendo indietro contro di lui con una fame improvvisa. Ettore emise un grugnito animale, le dita che mi serravano le ossa dei fianchi mentre il ritmo diventava più selvaggio. Sotto di me, le molle del letto scricchiolavano in tempo ai suoi colpi, un suono umiliante eppure eccitante quanto il dolore che si trasformava in piacere. Sentivo il suo sudore gocciolarmi sulla schiena, l'odore di tabacco e sesso che riempiva la stanza misero. "Sto per..." ansimò lui, la voce rotta, e io sentii il suo cazzo pulsare dentro di me come un cuore impazzito. " Più forte . fai più veloce sto per venire anche io. Sborra anche tu, vienimi nel culo, la voglio sentire dentro di me" le stesse parole che aveva usato ma mamma con il tizio la notte prima. Ettore riverso tutto il suo sperma nel mio culetto poi soddisfatto. "hai imparato in fretta, hai usate le stesse parole di mamma. siete due troie disse sorridendo." poi aggiunse "Ora puliscimi il cazzo." Lo presi in bocca e leccai fino all'ultima goccia. Mi alzai misi le mutandine e andai a fare una doccia. Nel corridoio incrociai mamma. "Non camminare cosi nuda, ti potrebbe vedere tuo fratello"
" Tranquilla mamma sta dormendo" le risposi. Non immaginava certo che ero piena della sua sborra nel culo.
Da quel giorno il sesso non ebbe più segreti per me. La lezione di Ettore fu la prima di molte, una rivelazione che trasformò il mio corpo in una mappa di piacere da esplorare con avidità. Dopo aver compiuto i quindici anni, creai il mio motto esplicito e ben impresso nella mia mente: "50 bocca, 100 culo, niente fica". La bocca era per il servizio rapido, il culo per il piacere profondo che faceva impazzire gli uomini, la fica... quella rimaneva intatta, un mistero riservato. Diventai la troietta del quartiere, una fama che si sparse come olio sulla strada polverosa tra i cantieri edili e il bar all'angolo. Gli sguardi dei muratori mi seguivano mentre passavo in bicicletta, le loro mani callose che si stringevano attorno alle tazzine di caffè. "Irma!" chiamavano, e io sorridevo, sapendo cosa volevano.
La prima volta a pagamento fu con Marco, l'apprendista diciottenne di mio zio. Mi aspettò dietro i cassonetti dell'immondizia, nervoso mentre si slacciava i pantaloni da lavoro macchiati di calce. "Solo nel culo, eh?" sussurrò, occhi fissi sulle mie labbra. Annui, già inginocchiata sulla ghiaia ruvida che mi graffiava le ginocchia. Succhiarlo fu semplice, un movimento meccanico imparato a perfezione. Ma quando mi voltai, sollevando la gonna a fiori sopra i fianchi, lui imprecò vedendo quanto fosse stretto quel buchino rosa. Spinsi indietro mentre lui ansimava, il suo cazzo che faticava ad entrare nel calore quasi vergine. "Cristo, sei stretta come un pugno..." gemette, le dita che mi affondavano nelle carni dei fianchi. Sentii il dolore trasformarsi in fiamma quando finalmente riuscì a penetrarmi tutto, i suoi colpi che mi sbattevano contro il metallo freddo dei cassonetti. Sborrò in trenta secondi, un getto tiepido dentro di me che colò lungo le cosce quando mi rialzai. Si pulì il cazzo con un fazzoletto poi infilò una banconota da 100 euro nella mia tasca posteriore, gli occhi ancora velati. "Te li sei meritati, Ciao alla prossima."
Il bar "Al Semaforo" diventò il mio quartier generale. Seduta sullo sgabello più alto, sorseggiavo una spuma mentre i muratori passavano ordinazioni sottobanco a Irene la barista a cui lasciavo sempre buone mance. "Per Irma: 100 per il culo, senza preliminari" bisbigliava Beppe, il capocantiere a Irene che mi portava l'ordinazione. Io mi alzavo e lui mi seguiva nel ripostiglio pieno di scatoloni, l'odore di caffè e zucchero che copriva il nostro ansimare. Lui, più lento di Marco, mi fece inginocchiare sulle buste di caffè mentre mi spalancava le natiche con le mani ruvide. "Stai ferma, troietta" ringhiò quando gemetti per il dolore iniziale. Ma quando trovò l'angolo giusto, il suo cazzo massiccio mi fece urlare di piacere contro una confezione di bicchieri di plastica. Pagò con due banconote umide di sudore. "Torna domani. Ti voglio ancora" mi disse.
“Certo, sono sempre qua.”
La voce corse veloce. Arrivarono i camionisti del distributore, poi i ragazzi del liceo. In poco tempo , imparai a distinguere le richieste: chi voleva solo la bocca frettolosa dietro il cassonetto, chi desiderava il culo lento contro il muro scalcinato del cantiere abbandonato oppure nel retro del bar. Il dolore si trasformò sempre più rapidamente in quel brivido caldo che mi faceva contorcere, soprattutto quando qualcuno mi afferrava i fianchi e mi spingeva con forza.
Una sera di luglio, mentre tornavo a casa, Ettore mi aspettava all'angolo della nostra strada. Aveva gli occhi stretti e le mani in tasca. "Sai che tutti parlano?" sibilò, spingendomi nell'androne buio di un palazzo in costruzione. L'odore di polvere e calcestruzzo mi riempì le narici. "Zio mi ha detto che l'hai fatto anche con Marco. E Beppe. E altri." Il suo sguardo scivolò sul mio collo dove si vedeva un livido a forma di dita. "Sei diventata proprio una puttana."
Mi strinsi la borsa più forte. "Ah si? La metti cosi? Allora dimmi, da dove pensi che vengano i soldi per comprare il televisore nuovo che abbiamo a casa? O la macchina usata che mamma ha portato a casa ieri?" La mia voce tremava ma non per la paura.
"Mamma non li aveva di certo, glieli ho dati io. Tutti guadagnati con il mio culo." Gli afferrai il polso. "Vuoi che smetta e torniamo a fare i pezzenti di prima? Senza soldi per la luce o il pane?"
Ettore mi guardò come se fossi un animale sconosciuto, le narici dilatate.
"Tu sei stato buono solo chiedere soldi a mamma. Perché non ti sei chiesto prima da dove venivano? Ieri è arrivato lo sfratto. Cosa stai facendo tu per risolvere il problema? Niente, stai solo a bighellonare e a grattarti le palle e a criticare il mio lavoro. Cercatelo tu uno e aiuta tu la mamma, cosi io posso smettere di fare la puttanella di tutti."
"Lo sto cercando e forse l'ho trovato domani mi daranno una risposta."
"Bene, perché mamma ha trovato un appartamentino da comprare che ci potrebbe far vivere tranquilli. Io, col mio lavoro che tu tanto disprezzi, ho già messo da parte una buona parte della cifra necessaria. Se anche cominciassi a lavorare la potremmo comprare prima che arrivi lo sfratto esecutivo."
"Va bene, ma poi devi smetterla con questa vita."
Dopo qualche tempo ed altri soldi accantonati, tornai a casa e trovai mia madre in lacrime.
Lo sfratto esecutivo pesava come un macigno su di lei. La lettera dell'ufficiale giudiziario era appuntata al frigorifero da una settimana, le parole "esecuzione forzata" stampate in rosso. Quella sera mamma piangeva in silenzio davanti alla lettera con cui la banca le rifiutava il mutuo per acquistare la casa. Lei ci contava tanto e quella delusione era divenuta come macigno caduto su di lei.
Quella sera, prima di incrociare mia madre, avevo portato a casa un altro bel mazzo di banconote arrotolate nelle calze, odoranti di sudore e sperma. "Per il fondo casa," sussurravo tra me mettendole nel barattolo vuoto nel mio comodino. Ogni volta che il barattolo si riempiva, lo nascondevo
sotto una vecchia botola nel bagno, nascosta sotto la console dove mamma usava spazzolarsi.
Entrando in cucina e vedendo mia madre così avvilita, decisi di dirle la verità sul mio lavoro e sui soldi che avevo accumulato. Avrei acquistato io la casa.
“Mamma, devo dirti una cosa.” le dissi abbracciandola. “In questi due anni mi sono data da fare e ho messo da parte un bel po' di soldi. Acquisterò io la casa che volevi, domani andiamo dall'agente immobiliare e gli diamo l'anticipo per il compromesso e poi fisseremo la data per il rogito.”
“Ma ci vogliono novanta mila euro e altri cinquemila fra tasse e spese per il notaio e l'agenzia. Dove li prendiamo?”
"Vieni con me" dissi. Entrammo nel bagno spostai la console e aprii la botola. Tirai fuori una ventina di barattoli trasparenti tutti pieni di rotoli di soldi.
"Aiutami a portali in cucina."
Mia madre incredula mi aiutò a portare tutti i barattoli sul tavolo della cucina.
"Tirali fuori," dissi a mamma "cosi li contiamo.
In silenzio mamma iniziò a svuotare i barattoli mettendo i soldi sul tavolo. Io iniziai a contarli creando mazzette da mille euro. Quando terminai, le mazzette ricoprivano l'intera superficie del tavolo. Mi erano rimasti in mano altre banconote per cinquecento euro poi dissi a mamma di prendere il barattolo che c'era nel mio comodino dove avevo messo i soldi che avevo incassato negli ultimi due giorni. C'erano settecento euro. cosi completai un'altra mazzetta da mille. Iniziai a contare le mazzette, sul tavolo c'erano cinque file con venti mazzette e una fila con otto mazzette. "Mamma, sono cento ottomila euro. Bastano sia per pagare la casa che le spese e ne avanzano per comprare anche dei mobili nuovi.
" Ma da dove arrivano tutti questi soldi?"
"Mamma, lo sai da dove arrivano. Non dirmi che non hai sentito in giro quello che si dice su di me."
"Lei timidamente, si avevo sentito delle voci ma non ci volevo credere, o meglio volevo convincermi che non fosse vero, anche se i soldi che mi portavi per comprare la tv, l'auto mi facevano convincere del contrario. Mi dispiace piccola mia disse abbracciandomi.
"Mamma, non devi dispiacerti, l'ho fatto perché l'ho voluto io. Non volevo continuare con una vita sacrificata come la tua. Io voglio fare la vita da signora e la farò, con il mio lavoro. E sappi che nonostante tutto, sono ancora vergine. Oltre ai soldi è l'unica ricchezza che mi è rimasta. Alla gente piace questo" dissi battendomi una mano sulla natica " ed io lo vendo caro."
Il giorno dopo, con le banconote stracolme nella borsa della spesa ricoperta da un telo, entrammo nell'ufficio dell'agente immobiliare. L'odore di pelle nuova e caffè forte copriva il tanfo della strada. L'uomo dagli occhi di ghiaccio sorrise vedendo i soldi. "Il compromesso è qui," disse, aprendo il registro. Mamma firmò, io puntai l'indice sull'anticipo: "Ottantamila euro, tutto contanti." L'agente contò le banconote con gesti rapidi, la lingua che gli si muoveva tra le labbra come un serpente. "Il rogito fra due settimane," annuì, chiudendo i soldi in una cassaforte luccicante. Fuori, il sole picchiava sull'asfalto. Mamma mi strinse la mano. "È fatta." All'angolo, davanti al bar "Al Semaforo", Beppe mi aspettava con gli occhi iniettati di sangue.
"Mamma vai a casa, fra poco ti raggiungo."
Lei si avviò ed io mi avvicinai a Beppe. Dovevi venire ieri," ringhiò. "Mi hai fatto perdere una giornata di lavoro." Lo seguii nel vicolo più vicino puzzolente di urina.
"Ho avuto da fare e comunque se vuoi scopare oggi mi devi pagare il doppio o non se ne fa niente."
Lui infoiato com'era si abbassò i pantaloni tirandolo fuori gia duro.
"Va bene, ma ora piegati fatti inculare."
Il suo cazzo entrò subito fino in fondo senza regalarmi alcuna emozione. Avevo imparato a conoscere bene i miei clienti e sapevo come dovevo muovermi per farli venire subito. Bastava qualche parolina spinta per farli sborrare. "Si amore, come ce l'hai duro, sborrami nel culo fammi sentire il tuo cazzo fino in fondo." Al termine della frase lui aveva gia finito di sborrare. Presi i duecento euro. mi alzai le mutandine e andai via a casa a lavarmi.
A casa diedi i soldi a mia madre Tieni conservali con quelli che sono rimasti." poi andai in bagno a lavarmi.
Dopo qualche mese ci siamo trasferiti nella nuova casa nella quale avevo ricavato con un parete in cartongesso un appartamentino autonomo per me dove ricevevo i miei clienti. Nn ero più "Irma la puttanella", come mi chiamavano, che si faceva inculare nei vicoli o nel ripostiglio del bar "Al semaforo". Ora ricevevo solo clienti facoltosi su appuntamento con tariffe non inferiori a trecento euro. Mille euro come escort (accompagnatrice)per una serata e duemila per una notte intera di sesso. Guadagnavo tanto a diciannove anni riuscii a comprare una casa in centro tutta per me, arredata finemente, con un lusso ricercato adatta alla clientela selezionata con cui mi accompagnavo. Mio fratello Ettore nel frattempo aveva trovato un buon lavoro e si stava per sposare rimanendo a vivere, nella casa che io avevo pagato, insieme a mamma. Ora nessuno osava parlare male dime, tutti mi stimavano e mi temevano. Nel letto gli uomini raccontano tutti i loro più intimi segreti ed io conoscevo tutti quelli dei miei clienti. Politici, uomini d'affari, direttori di banca e di assicurazioni e persino vescovi e cardinali. Tutti amavano "Irma la rossa" dal colore dei miei capelli. Un nuovo look per una nuova vita.
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