Antonella 6

di
genere
corna

Capitolo 6
A casa di Ilenia

Il mattino seguente mi svegliai con una fitta al bacino. Le lenzuola erano impregnate dell'odore di sesso e whisky della notte prima. Accanto a me, il cuscino di Ettore era vuoto, era già in ufficio per l'ultimo giorno prima della promozione. Andai al lavoro e alle undici precise, il cellulare vibrò sulla mia scrivania. Il numero di Ilenia. Risposi con voce ancora roca , avevo dormito pochissimo ed ero ancora assonnata.
"Pronto?"
"Ciao Antonella? Sono Ilenia. La promozione è stata firmata e protocollata stamattina. Decorrerà da domani." La sua voce era professionale, ma sentii un tremito appena percettibile. "Se passi nel pomeriggio verso le cinque a casa mia... prendiamo un caffè. Ti darò la lettera.
Accettai con un monosillabo. Riagganciò senza aggiungere altro. Rimasi immobile a fissare il soffitto, le dita che stringevano ancora il telefono. "A casa sua", pensai, "chissà se avrà in mente qualcosa ,dopo i discordi che ha fatto ieri?"
Il ricordo della sua espressione, quando ci aveva sorpresi sulla scrivania di Monti, mi tornò vivida. Quel lampo di desiderio non del tutto nascosto che avevo captato nei suoi occhi mi portò a fantasticare. Mi immaginai sul divano di casa sua, con le cosce aperte, mentre mi leccava la fica. L'idea mi eccitò al punto che non riuscii a trattenermi dall'inserire la mano nelle mutandine e trastullarmi in po' il clitoride. Lei aveva visto il mio culo aperto esposto e, mentre mi toccavo, mi venne voglia di vedere il suo e magari leccarlo e sentirne il sapore e l'odore. Mi ricomposi subito quando nella stanza entrarono alcuni dei miei colleghi che erano andati a prendere un caffè.
Alle cinque precise bussai alla porta di Ilenia. La villetta a schiera odorava di lavanda e legno di sandalo. Lei aprì con un sorriso timido, i capelli sciolti sulle spalle invece della solita coda di cavallo da ufficio. "Entra" sussurrò, facendomi strada verso un salottino intimo. Sul tavolino basso, due tazzine fumavano accanto alla busta con il logo dell'agenzia. Mentre mi porgeva la lettera, le nostre dita si sfiorarono. Un brivido improvviso mi attraversò la schiena quando notai il suo sguardo scorrere sul mio collo ancora segnato dalle dita di Ettore. "Hai... hai dei lividi" mormorò, indicando la mia clavicola con un gesto esitante. La sua mano si poso sulla pelle irritata.
"Ti fa male?" chiese con discrezione. "E' stato ieri il Direttore a farteli?"
"No, è stato mio marito. Lui, quando facciamo sesso, a volte è un po' eccessivo, ma a me piace così."
Osservai le sue pupille dilatarsi. Quando il suo respiro si fece più rapido, mi sfiorò il polso con il pollice. Un istante di silenzio carico di elettricità. Poi si chinò lentamente verso la mia bocca. "Ti ho sognata" mi sussurrò prima che le nostre labbra si incontrassero. Il bacio fu inizialmente incerto, come se stesse spettando la mia reazione. Quando ricambiai il bacio, infilò la sua lingua nella mia bocca ricercandone ogni angolo. Quando le sue dita mi sbottonarono la camicetta, non opposi resistenza. Sotto, non avevo il reggiseno e le mie tette serrate dalla camicetta saltarono fuori dure e sode. I capezzoli già duri sotto la lingua. Gemetti, un suono strozzato che mi fece arrossire. "Da quando...mi hai desiderato" chiesi tra un morso leggero e l'altro sul suo collo. "Da quando ti ho vista sulla scrivania" confessò con voce rotta "con le gambe aperte e quel... quel buco così esposto". Le mani mi guidarono tra le sue cosce, sotto la gonna. Le mutandine erano già bagnate quando le abbassai. "Mostrami il tuo " implorai, spingendola sul divano. Si girò a pancia in giù, sollevando il sedere in un'offerta tremante. Quando le separai le natiche con le mani, lo sfintere rosa pulsò sotto il mio sguardo. Il profumo acre mi fece girare la testa mentre la mia lingua iniziava a esplorare quel piccolo anello stretto che sapeva ancora di sapone e desidero represso. La sua schiena si inarcò quando penetrai più profondamente. "Continua" gemette afferrando un cuscino "non fermarti". Mentre le leccavo l'ano sentivo il piacete scorrere in lei mentre le mie mani le aprivano le chiappe per meglio penetrarla con la lingua. La sentivo fremere sotto la mia bocca. Quando sentii le sue dita affondare nei miei capelli per spingermi più forte contro di lei, un brivido di possessività mi percorse la schiena. La "segretaria perfetta" mi aveva conquistato.
Fuori, il primo tuono dell'acquazzone autunnale scosse i vetri quando le mie dita sostituirono la lingua nello sfintere di Ilenia.
"Ora voglio leccarti ," sussurrai separandomi dal suo ano pulsante. Un filo di saliva mi collegava ancora alle sue labbra anali mentre mi spostavo tra le sue cosce tremanti. "Voglio sentire il profumo della tua fica." Il mio naso affondò nell'incavo caldo del suo pube rasato, respirando a fondo quel misto agrodolce di secrezioni femminili e sudore. Un odore selvaggio, terroso, come muschio bagnato dopo temporale. La mia lingua tracciò un solco lento lungo la sua fessura gonfia, raccogliendo gli umori densi che colavano sulle lenzuola di lino. Ogni ruga del suo clitoride rigonfio aveva un sapore diverso: salato sulla punta, metallico alla base, dolciastro sulla membrana interna. "Si, cosi continua. Mi piace molto sentire la tua lingua."
Voglio leccarti anche io." disse e si allungò in modo da poterci leccare reciprocamente. Un sessantanove che non avevo mai pensato di sperimentare con una donna. La sua lingua si spostava dalla mia fica ed il buco del culo e viceversa regalandomi sensazioni mai provate.
"Ti piace prenderlo nel culo?" mi domandò all'improvviso.
"Si molto risposi io."
"Aspetta." mi disse scendendo dal divano e interrompendo quell'intenso momento di piacere. Aprì un cassetto della credenza ed estrasse un fallo in lattiche con le fibbie. Mi guardo e disse "Voglio scoparti il culo. L'ho desiderato da ieri mattina da quando l'ho visto cosi aperto sulla scrivania del direttore."
Era un fallo di lattiche di notevoli dimensioni, poco più piccolo di quello di Luis. Lo indossò lentamente e con grazia poi si avvicinò e mi disse mettiti in ginocchio sul divano. Spalmò del gel sul fallo e un poi disse "Rilassati vedrai che ti piacerà." Iniziò a spingermelo dentro senza trovare resistenza, era morbido anche se corposo e mi diede subito piacevoli sensazioni. Ad un certo punto dimenticai che fosse un fallo di plastica e che fosse una dona a scoparmi è comincia a godere perdendo il controllo.
"Si, Ilenia scopami mi piace, aprimi il culo, sfondamelo. Cosi , cosi , più veloce sborrami dentro." Quella frase mi venne spontanea anche se sapevo che non poteva accadere ed invece, con mia somma meraviglia e piacere, sentii un liquido caldo riversarsi nel mio culo.
Ilenia aveva azionato una pompetta che riscaldava del liquido lattiginoso contenuto in una sacca al suo interno e che dava la stessa sensazione della sborra calda. Quando tutto il liquido fu dentro di me, tolse il fallo di lattice e cominciò a laccare tutto quel liquido che fuoriusciva dal mio sedere.
La sua lingua, che scavava sempre più a fondo, mi regalava sensazioni paradisiache e quando cominciò a stuzzicarmi il clitoride con le dita, la mia eccitazione arrivo al culmine e venni abbondantemente. Ilenia si affrettò a leccare tutti i miei umori finiti sul divano di pelle poi adagiandosi disse "Sei stata fantastica Antonella, il tuo culo è una fonte di piacere i ineguagliabile..
Fuori, la pioggia batteva ancora contro i vetri quando il mio telefono vibrò sul pavimento. Era Ettore. Risposi con un filo di voce ancora affannata, mentre Ilenia continuava a tracciare cerchi umidi sulla mia coscia interna.
"Dove sei?"
"Sono a casa di llenia. la segretaria del direttore. Sono venuta a prendere al tua lettera di promozione, è pronta ed ha decorrenza da domani" Mentre palavo Ilenia continuava ad accarezzarmi i seni e a baciarmi sui collo.
"Fra poco torno a casa e te la porto amore e poi festeggiamo."
Lo salutai mentre Ilenia mi aiutava a rivestirmi con movimenti lenti, le sue dita che indugiavano sui bottoni della mia camicetta come un'ultima carezza. Mentre mi allacciavo il reggiseno, mi sussurrò all'orecchio: "Penserai un po' a me quando stasera quando ti scoperà?"
"Si amore ti penserò." le risposi baciandola sulla bocca mentre lei mi infilava nuovamente una mano fra le cosce.
“Ho ancora voglia di te.” mi disse.
"Basta Ilenia, continuerei volentieri ma per me e tardi. Ma ci vedremo ancora, anche io ho voglia di te."
"Tornerai dal direttore?" Mi chiese quasi con celata gelosia.
"Non lo so. Non vorrei compromettere la promozione di mio marito se mi chiamasse e non andassi da lui."
Lei tentò di tranquillizzarmi. "Ormai la promozione à stata ratificata dalla Direzione Centrale. Lui non può fare più niente per annullarla."
"Meglio, cosi sarò libera di scegliere."
"Mi chiamerai?" mi disse quando ero sulla porta.
"Si, ti chiamerò, stai tranquilla." dissi chiedendo la porta dietro di me.
Il taxi scivolava tra le pozzanghere lucenti mentre osservavo il riflesso della mia immagine nel vetro appannato: il collare nero spiccava contro la pelle pallida, un marchio silenzioso. Quando entrai in salotto, Ettore era già in piedi con due flûte di champagne. Gli porsi la busta sigillata senza parlare. La aprì con gesti lenti, gli occhi che divoravano ogni riga del documento ufficiale. Quando alzò lo sguardo, un lampo primordiale gli attraversò lo sguardo. "È fatta," sibilò. Mi spinse contro il muro, il bicchiere che si rovesciava sul tappeto persiano mentre la sua bocca divorava la mia. Sentii le sue dita frugare sotto la gonna, cercando l'ingresso ancora umido. "Niente mutande?" ringhiò contro le mie labbra. "Le ho tolto nelle scale, come hai ordinato," ansimai, aprendo le gambe mentre la sua mano mi penetrava con violenza improvvisa. Le dita ruvide mi scorticavano le pareti interne ancora sensibili. "Sei tutta bagnata," osservò con voce strozzata dalla bramosia, "Chi ti ha eccitata? La segretaria?" Annuii, gemendo quando le nocche mi sfiorarono il punto segreto.
Mi trascinò sul tavolo della sala da pranzo, spazzando via cestino di centrotavola. Mentre mi apriva le cosce il suo telefono squillò sul mobiletto. Il nome "Direttore Monti" lampeggiò sullo schermo. Ettore fissò la chiamata con occhi di ghiaccio, le dita ancora piantate dentro di me.
“Qualsiasi cosa voglia, digli di no.” dissi io “Ilenia mi ha detto che la promozione è stata già omologata dalla Direzione Centrale e lui non può fare più nulla per annullarla. Possiamo stare tranquilli.”
"Ora lo sistemo io. Pronto," disse, premendo il pulsante vivavoce senza staccarsi dal mio corpo e indirizzando la punta del suo cazzo contro mio buco del culo. La voce oleosa di Monti riempì la stanza: "Ettore, congratulazioni la promozione è operativa da domani mattina. Vi aspetto alle 10 nel mio ufficio. Dillo alla nostra troietta, voglio rivedere quel buco del culo che mi ha fatto perdere la testa." Un silenzio pesante. Poi Ettore si chinò sul microfono, il suo respiro caldo sulla mia pelle: "Direttore... " disse con tono sprezzante. "Antonella sarà occupata a succhiare il cazzo del suo nuovo amante negro." Poi diede un colpo di reni e mi penetrò spingendo il suo cazzo fino in fondo.
"Ettore non capisco." disse Monti, "Ti ho fatto avere la promozione, avevamo un accordo, tua moglie era d'accordo, dovete stare ai patti oppure...".
" Oppure niente." disse mio marito, spingendomelo dentro con aumentata foga.
"Rassegnati Mauro, ora il culo di mia moglie non è più tuo. Hai gia avuto la tua ricompensa e... non essere minaccioso con me"
"Non potete fare questo, gli accordi erano diversi."
"Non insistere Mauro o vuoi che si sappia in giro che conferisci promozioni solo a chi si fa scopare la moglie?.
"Me la pagherete. " disse chiudendo la telefonata mentre mio marito, al colmo della soddisfazione per la risposta data, raggiunse l'orgasmo inondando il mio culo di sperma calda.
Ettore si ritrasse lentamente, lasciandomi tremante sul tavolo macchiato. Mi sollevò con cura insolita, le mani che tremavano leggermente mentre mi sistemava il collare storto. La sua espressione era un misto di trionfo e stanchezza. Quando mi portò alla finestra, le sue braccia mi avvolsero dalla schiena mentre guardavamo la città illuminarsi nella notte. Sotto di noi, un uomo nero attraversava la strada sotto la pioggia battente. Il passo sicuro, aveva la stessa sagoma di Luis ed il ricordo del suo membro mi venne alla mente. Ettore appoggiò il mento sulla mia spalla.
accorgendosi che la mia mente era altrove
"Pensi a Monti e alle sue minacce?" Mi chiese
"No, pensavo a Luis, quell'uomo che à passato prima me lo ha ricordato."
"Chiamalo," disse, sfregando il naso contro la mia nuca, "Digli di venire domani. Voglio vederti mentre gli lecchi quel cazzo enorme." La sua mano scivolò fra le mie cosce ancora aperte, raccogliendo il miscuglio di sperma che colava verso le mie ginocchia. "Fallo," ripeté portandosi le dita bagnate alle labbra.
Accesi il telefono con mani tremanti. Luis rispose al secondo squillo. "Antonella?" La sua voce profonda mi fece rabbrividire. "Sei libero... domani? Ti va di venire a casa mia" Sussurrai, mentre Ettore mi mordeva il lobo dell'orecchio. "Ho bisogno del tuo cazzo nel mio culo." Dal silenzio seguì un respiro roco. "Anche io ho voglia di te , ti ho pensato molto da ieri. Dimmi quando e dove. "
"Domani alle 19 a cena. Via Cernaia 19, ci sarà anche mio marito, vuole conoscerti. Lui guarderà solamente."
"Bene, a domani allora, buonanotte"
"Domani quel cazzo ti sfonderà di nuovo per il mio e il tuo piacere." disse soddisfatto Ettore.
Sentii la punta del suo membro flaccido sfregarmi l'ano dilatato, raccogliendo il suo stesso sperma che colava. Un gemito mi sfuggì quando la lingua rimpiazzò la carne, leccando con voracità quel miscuglio salmastro. Lo specchio di fronte rifletteva la scena: la mia schiena curva, le ginocchia tremanti, il collare nero che luccicava sotto la lampada. Nella penombra, gli occhi di Ettore erano pozze nere di possesso.


scritto il
2025-11-04
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