Luna di miele
di
lucen warrant
genere
scambio di coppia
Durante il viaggio di nozze quando incontrammo, Greta e Antonio, non ne avrei mai immaginato tali sviluppi. Di dieci anni più grandi di noi, piuttosto simpatici e coinvolgenti, dovevano rapidamente rivelarsi spregiudicati e viziosi. Non ci volle molto per comprenderlo — una gita, un paio di cene —. I discorsi scivolarono irresistibilmente, grazie alla loro abilità, su terreni sempre più morbosi e sconci. Io rimanevo in silenzio sopraffatto e stupito, mentre persino gli sguardi si facevano più densi. Greta, era abile, insinuante, martellante. Antonio sornione e mellifluo. Ma la vera sorpresa fu mia moglie Concita: davanti a loro, in quel clima perverso e pervasivo, si lasciò andare a confidenze, raccontò di esperienze trascorse che mi risultarono sconosciute. Emerse il lei un desiderio di sperimentare. Brillava di eccitazione, partecipe e coinvolta in quei ragionamenti osceni e dissoluti, rivelando di sé un lato oscuro. Io oscillavo tra gelosia e attrazione, senza fiato davanti al gioco di sguardi e sottintesi che si apriva davanti a noi.
Una sera, dopo cena, salimmo nella loro suite. L’alcol scioglieva le ultime resistenze. Greta, che fumava sul balcone, rientrò, e fissò Concita con sfrontata cupidigia:
— Sei bellissima.
Mia moglie arrossì, ma sostenne lo sguardo. Antonio mi si avvicinò, la mano sulla mia spalla:
— Non sei geloso, vero? Un po’ di gioco vi farà bene. Vi aprirà a nuove esperienze interessanti.
Non ci fu tempo per rispondere. La donna era già accanto a mia moglie, la mano sulla coscia. Poi le loro bocche si presero, lente, affamate. Io rimasi immobile, il fiato spezzato, mentre Concita si abbandonava a quel bacio. Un attimo dopo, era nuda tra loro. Antonio la prendeva con forza, Greta la stringeva, la incitava. Io non resistetti: mi spinsi tra le sue labbra assetate. Mia moglie mi accolse con un ardore che non avevo mai visto.
— Brava… fai la troia, fammi vedere quanto sai resistere,— le sibilava la donna.
Antonio la piegava sul letto, la scopava senza tregua. Lei urlava, persa, e Greta, che avevo preso a cavalcare a mia volta, mi avvelenava malignamente l’orecchio:
— Guarda tua moglie… guarda come gode per mio marito. Sollevai lo sguardo: mia moglie spalancata, scossa da colpi rabbiosi, il volto trasfigurato. Io mi spingevo nella donna — la sua figa un gorgo che mi risucchiava—, che graffiava la mia schiena e, ogni volta, allungava le mani sul corpo della mia sposa, per non lasciarci separare.
Poi Greta decise: scivolò dal mio sesso, mi prese in mano e mi guidò verso mia moglie, ancora aperta sotto l’altro.
— Adesso insieme. Riempitela. Io esitai. Ma mia moglie, sognante, occhi lucidi e bocca ansimante, supplicò:
— Sì… vi prego.
Antonio le bloccò le gambe spalancate. Io entrai da dietro. Lei urlò, stretta in modo impossibile, la voce spezzata tra dolore e piacere feroce.
— Così… prendili tutti e due,» la incitava la donna, succhiandole il clitoride.
Io e l’altro ci muovevamo in sincronia, la stanza tremava di colpi e gemiti. Mia moglie non era più la sposa che conoscevo: era una creatura nuova, divisa e felice, che godeva nell’essere usata fino all’ultimo respiro. Non c’era più ordine, solo corpi intrecciati, lingue e mani che cambiavano posto senza tregua.
Dopo la doppia penetrazione, mia moglie crollò ansimante. Greta mi spinse giù e mi salì sopra con lentezza feroce, tenendomi prigioniero con lo sguardo mentre mi strizzava dentro di sé. Il marito non smise: piegò di lato mia moglie, le gambe raccolte, e continuò a martellarla mentre cercava la bocca della sua compagna. Le due si baciarono sopra di noi, sporche di saliva e gementi di piacere.
Poi di nuovo scambi: Greta gocciolante guidò la testa di mia moglie sul suo sesso, costringendola a leccarla senza tregua, mentre si faceva prendere da me a pecora. Antonio infilava la mia sposa in bocca, affondandole fino a farla soffocare di piacere. Il letto era un campo di battaglia: sudore, colpi, grida. Nessuno si fermava, nessuno cedeva. Quando uno veniva, l’altro prendeva il posto.
Alla fine crollammo.
Il mattino seguente, nel silenzio della nostra stanza, restammo fronte contro fronte. Lei mi sussurrò:
— Adesso sai che parte di me non ti avevo mai mostrato. Avrei potuto sentirmi tradito. Invece la desideravo ancora di più.
— Amore sei geloso? mi chiese. Inspirai:
— Sì. E no. Ti ho vista davvero… e non smetto di volerti. Lei sorrise piano:
— Allora abbiamo aperto una porta. Ora decidiamo insieme se lasciarla socchiusa… o spalancarla del tutto.
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