Tra pelle e stoffa

di
genere
tradimenti

Era una mattina di luglio, e il caldo avvolgeva ogni cosa, pervasivo, soffocante. Il marito era uscito presto, lasciandole la casa vuota e silenziosa e Sandra approfittò di quell’assenza per dedicarsi agli ultimi preparativi prima della partenza, prevista per l’indomani.
Chinata a infilare un paio di vecchie ballerine consumate, sentì il tessuto impregnato di estati trascorse cedere sotto i piedi. Un odore acre e familiare si mescolò all’umidità della pelle, al sudore che l’afa richiamava senza pietà. Non le dispiaceva però: era un richiamo ancestrale della sua carnalità ardente.
Scese in garage, cercando una borsa da mare tra scatole impolverate e valigie sospese nel tempo. L’aria lì dentro sembrava più spessa. Il sudore le scivolava lungo la schiena, impregnando la canotta sottile che le aderiva al busto, mentre gli shorts scoloriti seguivano fedeli la morbidezza dei fianchi.
Fu allora che un rumore la fece voltare. La serranda si era aperta: erano i coniugi Resi, appena tornati dalle vacanze. Tra loro, Ciro, il nipote, - era molto cresciuto da quando lo aveva visto l’ultima volta - corpo gonfio di muscoli e sguardo diretto, quasi sfacciato. Scambiarono le solite frasi di circostanza, poi si allontanarono, ma Ciro, dopo un ripensamento, tornò indietro.
— Non ci penso proprio a lasciarla salire così con quei pesi - disse lui, con un sorriso sfrontato. Non attese risposta: afferrò la borsa e la scatola che Sandra stava per sollevare. Lei rimase ferma, sorpresa da quel gesto sicuro, decisa a non mostrare nulla di ciò che le attraversava il corpo.
Salivano le scale in silenzio. Lei sentiva il proprio fiato negli spazi stretti delle ballerine, ogni passo risvegliava l’odore acceso dei tessuti vissuti e del desiderio che in silenzio le scaldava il ventre. Sentiva i glutei muoversi sotto il tessuto umido, maliziosamente consapevole di essere osservata, analizzata.
Una volta in casa, Ciro si fermò di fronte a lei, troppo vicino. Il silenzio si gonfiò tra i due, denso come il caldo di fuori.
Sandra comprese il potere sottile della sua presenza: pur trasandata e accaldata com’era, si sentiva molto desiderabile.
— Posso offrirti qualcosa? - sussurrò Sandra, incerta se fosse imbarazzo o eccitazione quella che le velava la voce. Sentiva ancora l’odore dei propri piedi chiusi nelle ballerine, il tepore appiccicoso dei vestiti sudati che le si incollavano alla pelle, mettendo in risalto ogni curva, ogni battito del suo corpo.
Quell’odore, quella calura, quello sguardo posato su di lei come se la stesse già spogliando con la mente: tutto si mescolava in un richiamo silenzioso, ardente, che la trascinava verso un confine fragile.
Per qualche secondo rimasero immobili, sospesi. Si guardarono e basta.
Un tremito le attraversò lo stomaco, una scarica che le salì al petto come un sussurro elettrico.
— Grazie… per l’aiuto - insistette - desideri qualcosa?
Ciro sorrise appena, un mezzo sorriso che sembrava già una promessa. Sollevò lo sguardo su di lei, gli occhi scuri e fissi, e disse con voce bassa, quasi intima:
— Certo…qualcosa…signora…
Il modo in cui pronunciò quella parola, signora, era una carezza nascosta: non rispetto, ma possesso.
Sandra sentì l’aria intrappolarsi nei polmoni. La stanza sembrava priva d’ossigeno. Una goccia di sudore le scivolò lentamente lungo il braccio, lucida, lenta, e gli occhi di Ciro la seguirono, senza fretta, centimetro per centimetro.
Lei rimase ferma. Respirò piano. Sentiva il sangue pulsarle nel collo, le gambe diventare leggere.
Lui alzò una mano, con una calma inquietante, poi le scostò una ciocca di capelli dal viso. Un gesto quasi casto, ma che bastò a spezzare l’ultima distanza.
Sandra trattenne il fiato.
La luce di luglio entrava dalla finestra, bianca e implacabile, come se volesse sciogliere la pelle e ogni resistenza.
Quando Ciro le si avvicinò e le sfiorò le labbra, lei chiuse gli occhi. E quando la baciò, all’improvviso, con foga, si lasciò andare, senza peso, trascinata solo dal calore del momento e dalla consapevolezza nuova di sentirsi viva.
Le mani di lui scivolarono sulle sue braccia, poi sui fianchi, trattenendola con una forza che sfiorava la pretesa. Lui si distaccò appena, guardandola dall’alto in basso, e sussurrò:
— Sei tutta bagnata…
Non parlava solo del sudore.
Con lo sguardo il ragazzo scivolava lungo il collo imperlato di gocce, poi seguiva la curva umida tra i seni stretti dalla canotta, fino al ventre teso che fremeva attraverso il tessuto sottile.
— Tuo marito non tornerà fino a stasera… vero?
Sandra abbozzò un sorriso — nervoso, ma acceso. Le mani le andarono istintivamente ai fianchi, come a coprirsi. Ma il gesto tradiva il contrario: era eccitazione, sfida. E il ragazzo lo vide, le afferrò i suoi polsi con decisione e la spinse contro la parete, senza dirle nulla. Il corpo di Ciro era tutto muscoli tesi e calore virile, robusto e pieno di forza, il suo respiro affannoso si mescolava al profumo caldo e sudato di Sandra, e ogni contatto risultava più intenso, quasi travolgente. Non c’era delicatezza nei suoi gesti, ma una brutalità che la fece fremere: le mani grandi e forti scivolavano sui fianchi, afferrandola con ruvidezza, spingendola contro la parete senza esitazione, la virilità esplosiva dei vent’anni che non conosceva freni, tutto contribuiva a farla sciogliere. Non era solo eccitazione: era un assalto sensoriale, un fuoco che le percorreva la schiena fino alle tempie.
Il contatto con Ciro la turbava più di quanto avrebbe mai immaginato. Provava paura di ciò che stava vivendo, di oltrepassare confini che fino a poco prima sembravano inviolabili. Ma accanto a quella paura cresceva un brivido elettrico, un’eccitazione pura, che la faceva tremare e le faceva ardere.
— Sto davvero facendo questo… ma non voglio fermarmi, - pensava, poi lasciò cadere un gemito, quasi un sospiro spezzato, quando sentì la bocca di lui cercarle il collo, poi il petto, respirando il sapore salato della sua pelle.
Ciro si i chinò, sollevò la canotta senza chiederle il permesso e le affondò il volto tra i seni, poi sotto le ascelle, annusandola come una cosa preziosa e proibita.
— Profumi di donna vera - disse, con voce roca, graffiata dal desiderio, mentre la baciava senza più freni.
E Sandra non scappò.
Quel giovane rozzo, con la sua vitalità bruciante, il bisogno viscerale di possederla e la fame primordiale che traspariva da ogni gesto, le stava strappando una parte d’anima che lei credeva inattaccabile. E invece, si riscopriva più disponibile che mai.
Quando si lasciò condurre sul letto, sentì la differenza dei corpi come uno schianto: il suo, maturo, pieno di curve e storie, l’altro giovane e traboccante di vita. Tutto odorava di desiderio incontrollabile. La stoffa della canotta era incollata al seno, il sudore come una seconda pelle. Sentì le mani ruvide e inesperte di lui esplorarla senza pudore, ma con un'urgenza che nessun uomo aveva mai avuto per lei.
— Non dirmi che ti vergogni, signora? —rise lui.
— Zitto, ti prego…
Ciro le prese un piede, lo liberò dalla calzatura, lo portò alla bocca. La lingua gli passò tra le dita, lenta, insistente, e l’odore acre e caldo del sudore lo rese folle. Sandra si coprì il volto con una mano, gemendo come se quel gesto la facesse sentire ancora più esposta, più puttana. — Non puoi… sono sporca…— biascicò, ma le anche già si muovevano.
Lui alternava baci e morsi ai piedi, poi risaliva con le labbra lungo le cosce sudate, lasciando scie di saliva sulla pelle calda. Quando le scostò le mutandine e le leccò di colpo la fessura gonfia, Sandra quasi crollò contro il muro, urlando il suo nome.
— Ti voglio — disse lui, divorandola.
— Prendimi allora… fammi dimenticare ogni cosa — gemette lei, con il respiro spezzato e, tremante lo condusse al suo talamo.
Ciro la sollevò di peso, la adagiò sulle lenzuola fresche, la schiacciò sul letto, che cigolò per il loro peso. Il corpo giovane e muscoloso di Ciro contro quello morbido e procace, grondante di sudore di lei. Sandra, si apriva, sentiva il suo odore forte di maschio misto al proprio, la stoffa bagnata della canotta che ormai non serviva a nulla. Lui gliela tirò via con uno strappo, liberando le mammelle morbide e pesanti che gli saltarono in mano.
— Guarda che tette da porca…— borbottò affondandovi la faccia, succhiando i capezzoli umidi di sudore, stringendoli come frutti maturi, strapazzandoli.
Sandra gemette sguaiata, già senza ritegno.
— Mordili, fammi male… voglio sentirti addosso.
Ciro le abbassò lentamente le mutandine, incollate al pube dall’umidità. L’odore acre e dolce di quella figa sudata gli esplose addosso, facendolo gemere a sua volta. — Cazzo...sei magnifica…— disse, e affondò la lingua.
Sandra si contorceva, gli teneva la testa premuta contro di sé. Il ragazzo la leccava con violenza, masticava i suoi umori, passava la lingua anche lungo le cosce bagnate. Poi tornò ai piedi: li prese entrambi, li portò alla bocca, li baciò, li leccò fino alle caviglie, inspirando come un drogato quell’aroma caldo e salato.
—Ciro… sei una bestia…— ansimava Sandra, col volto arrossato, i capelli incollati alla pelle. Ma nel dirlo si comportava da troia, aprendosi sempre di più, invitandolo.
Il ragazzo si liberò in fretta dei pantaloni. Il cazzo, magnifico nella sua durezza e imponenza, le scivolò contro la pancia. Lei lo prese subito in mano, lo strinse, se lo passò tra i seni sudati.
— Guarda cosa ti faccio…— sussurrò, stringendosi i seni intorno all’asta e muovendosi lentamente, fino a che la cappella non le arrivò al mento, poi fra le labbra bagnandole la bocca di pre-sperma.
Ciro non resse più. Le fu sopra, le gambe aperte, ed entrò con un colpo solo, violento. Sandra gemette, afferrandolo per le spalle. Il cazzo la riempiva fino in fondo, e ogni spinta faceva schioccare i loro corpi sudati.
— Scopami più forte! — urlava lei, sollevando e agitando i piedi nudi, aggrappandosi al collo di lui. — Spaccami a metà, trattami da quella puttana che sono.
Il ritmo diventò feroce. Ogni colpo era un ruggito di carne, un odore di sesso che riempiva la stanza. I seni ondeggiavano selvaggi, il sudore colava dai corpi. Ciro affondava le mani nelle burrose mammelle mentre continuava a scoparla con forza, come se volesse aprirla tutta.
Sandra raggiunse l’orgasmo con un urlo strozzato, scuotendo la testa, mordendosi le labbra.
—Sì… sì…ti prego, continua, riempimi della tua sborra! — sospirando completamente disinibita, mentre sentiva già l’aria capolino il secondo.
Quando anche lui esplose, venne dentro di lei con un gemito animalesco, stringendole i fianchi e affondando fino a toccarle l’utero. Lo sperma caldo le colmò la figa, e Sandra lo accolse senza freni, con espressione soddisfatta e beata.
Restarono ansimanti, corpi intrecciati, l’aria impregnata dell’odore del sesso.
Lei si passò la lingua sulle labbra e sussurrò:
— Grazie… questo era l’inferno che volevo.




scritto il
2025-11-20
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