Mery – Fuga e fame
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Prefazione – Da puttana consapevole
Non sono qui per farti credere che sono una brava ragazza.
Non voglio che tu mi idealizzi.
Io non sono quella che si fa corteggiare.
Io mi faccio scopare.
Senza mezze misure.
Senza pudore.
Io sono Mery.
E quello che mi eccita è sentirmi usata, presa, riempita.
Ovunque.
Da chi mi comanda.
Da chi sa leggermi dentro.
Sono una troia. Sì.
Ma una troia vera.
Con la testa lucida e la figa sempre bagnata.
Io gemo per piacere, piango per godimento, squarto le lenzuola coi denti quando mi prende nel culo e mi guarda negli occhi.
Non c’è amore nel mio piacere.
C’è devozione.
C’è fame.
C’è sottomissione.
E se stai leggendo questo racconto aspettandoti romanticismo…
smetti adesso.
Ma se vuoi entrare nel mio mondo, se vuoi sentire il mio calore tra le gambe, il mio odore sulla pelle, il mio liquido caldo che cola mentre urlo il suo nome…
Allora vieni.
Scendi con me.
Nella mia fuga.
Nel mio inferno.
Nel mio paradiso sporco.
⸻
Il racconto
Mi ha detto solo due parole:
«Andiamo via.»
E io non ho chiesto dove.
Non ho fatto valigie.
Non ho preso nulla.
Solo me stessa.
E la mia fame.
Siamo partiti all’alba, quando la città dormiva e il mondo sembrava fermo.
Io avevo addosso solo una felpa, le mutandine e un desiderio che mi colava tra le cosce.
Lui guidava in silenzio.
Io lo guardavo. Lo volevo. Lo aspettavo.
Dopo un’ora di curve, asfalto e vento in faccia, si è fermato in mezzo al nulla.
Colline, silenzio, un cielo azzurro pieno di promesse sporche.
Mi ha fatto scendere dalla macchina.
Mi ha spinta contro il cofano ancora caldo.
«Spogliati.»
Ho obbedito.
Senza parole.
Senza fiato.
Ero nuda nel sole del mattino.
Lui mi guardava come si guarda una puttana addestrata.
Con fame. Con potere.
Mi si è avvicinato e mi ha baciata.
Forte. Sporco.
Mi ha morso le labbra e poi mi ha spinto in ginocchio.
«Apri la bocca, Mery.»
L’ho fatto.
E lui si è lasciato andare.
Dentro di me.
Fino in fondo.
Mi prendeva la gola con ogni affondo, le sue mani sulla mia testa, la sua voce roca.
Quando è venuto, ho bevuto tutto.
Mi sono leccata le labbra.
E l’ho guardato con gratitudine.
«Brava. Ma non è finita.»
Mi ha girata, piegata sul cofano.
Il sole scaldava la pelle, ma il mio culo era già pronto per lui.
Mi ha preso così, senza avvertirmi.
Un affondo solo. Secco.
Mi ha aperta.
Mi ha scopata come si scopa una bestia in calore.
Io urlavo.
Il mio corpo tremava.
E poi… è arrivato.
Lo squirt.
Forte. Incontrollabile.
Mi ha inzuppato le cosce, il metallo.
E lui godeva, mentre mi prendeva ancora più a fondo.
Abbiamo passato tutto il giorno a scopare ovunque.
Su un prato.
Contro un albero.
Dentro l’auto, mentre pioveva.
Le sue mani su di me.
La sua lingua ovunque.
Ogni mia apertura era sua.
Ogni mio gemito era un grazie.
E poi la notte.
Una locanda sulla strada.
Una camera con un letto sfatto.
Lui nudo sulla sedia.
Io in ginocchio.
Ancora.
Con la bocca. Con la gola.
Con il culo.
Mi ha legata.
Mi ha fatto urlare.
Mi ha fatto venire ancora. E ancora.
Ogni volta più forte.
Ogni volta più bagnata.
L’ultima venuta è stata un’esplosione.
Un urlo che ha bucato il silenzio.
Uno squirt che ha inondato le lenzuola.
E lui ha goduto dentro di me.
Fino a farmi perdere conoscenza.
Mi sono addormentata così.
Vuota.
Felice.
Sporca.
Sazia…
⸻
Epilogo – Mai sazia
No.
Mai davvero sazia.
Perché io sono Mery.
E dentro me brucia un bisogno che non muore mai.
Non sono più la ragazza della porta accanto.
Non sono più quella che arrossiva.
Sono una troia.
Fiera.
Nuda.
Tremante.
Una che apre la bocca prima ancora che glielo chiedano.
Una che gode nel culo, nella gola, tra le gambe, ovunque.
Una che squirtando urla il nome di chi la domina.
Una che si sporca, si inginocchia, si offre.
Una che torna sempre, anche quando non resta niente da dare.
Perché lo vuole.
Perché lo cerca.
Perché ne ha bisogno.
Sono Mery.
E la mia fame non ha fine.
Fammi tua.
Ancora.
Per sempre.
Perché una come me… non è mai sazia.
Non sono qui per farti credere che sono una brava ragazza.
Non voglio che tu mi idealizzi.
Io non sono quella che si fa corteggiare.
Io mi faccio scopare.
Senza mezze misure.
Senza pudore.
Io sono Mery.
E quello che mi eccita è sentirmi usata, presa, riempita.
Ovunque.
Da chi mi comanda.
Da chi sa leggermi dentro.
Sono una troia. Sì.
Ma una troia vera.
Con la testa lucida e la figa sempre bagnata.
Io gemo per piacere, piango per godimento, squarto le lenzuola coi denti quando mi prende nel culo e mi guarda negli occhi.
Non c’è amore nel mio piacere.
C’è devozione.
C’è fame.
C’è sottomissione.
E se stai leggendo questo racconto aspettandoti romanticismo…
smetti adesso.
Ma se vuoi entrare nel mio mondo, se vuoi sentire il mio calore tra le gambe, il mio odore sulla pelle, il mio liquido caldo che cola mentre urlo il suo nome…
Allora vieni.
Scendi con me.
Nella mia fuga.
Nel mio inferno.
Nel mio paradiso sporco.
⸻
Il racconto
Mi ha detto solo due parole:
«Andiamo via.»
E io non ho chiesto dove.
Non ho fatto valigie.
Non ho preso nulla.
Solo me stessa.
E la mia fame.
Siamo partiti all’alba, quando la città dormiva e il mondo sembrava fermo.
Io avevo addosso solo una felpa, le mutandine e un desiderio che mi colava tra le cosce.
Lui guidava in silenzio.
Io lo guardavo. Lo volevo. Lo aspettavo.
Dopo un’ora di curve, asfalto e vento in faccia, si è fermato in mezzo al nulla.
Colline, silenzio, un cielo azzurro pieno di promesse sporche.
Mi ha fatto scendere dalla macchina.
Mi ha spinta contro il cofano ancora caldo.
«Spogliati.»
Ho obbedito.
Senza parole.
Senza fiato.
Ero nuda nel sole del mattino.
Lui mi guardava come si guarda una puttana addestrata.
Con fame. Con potere.
Mi si è avvicinato e mi ha baciata.
Forte. Sporco.
Mi ha morso le labbra e poi mi ha spinto in ginocchio.
«Apri la bocca, Mery.»
L’ho fatto.
E lui si è lasciato andare.
Dentro di me.
Fino in fondo.
Mi prendeva la gola con ogni affondo, le sue mani sulla mia testa, la sua voce roca.
Quando è venuto, ho bevuto tutto.
Mi sono leccata le labbra.
E l’ho guardato con gratitudine.
«Brava. Ma non è finita.»
Mi ha girata, piegata sul cofano.
Il sole scaldava la pelle, ma il mio culo era già pronto per lui.
Mi ha preso così, senza avvertirmi.
Un affondo solo. Secco.
Mi ha aperta.
Mi ha scopata come si scopa una bestia in calore.
Io urlavo.
Il mio corpo tremava.
E poi… è arrivato.
Lo squirt.
Forte. Incontrollabile.
Mi ha inzuppato le cosce, il metallo.
E lui godeva, mentre mi prendeva ancora più a fondo.
Abbiamo passato tutto il giorno a scopare ovunque.
Su un prato.
Contro un albero.
Dentro l’auto, mentre pioveva.
Le sue mani su di me.
La sua lingua ovunque.
Ogni mia apertura era sua.
Ogni mio gemito era un grazie.
E poi la notte.
Una locanda sulla strada.
Una camera con un letto sfatto.
Lui nudo sulla sedia.
Io in ginocchio.
Ancora.
Con la bocca. Con la gola.
Con il culo.
Mi ha legata.
Mi ha fatto urlare.
Mi ha fatto venire ancora. E ancora.
Ogni volta più forte.
Ogni volta più bagnata.
L’ultima venuta è stata un’esplosione.
Un urlo che ha bucato il silenzio.
Uno squirt che ha inondato le lenzuola.
E lui ha goduto dentro di me.
Fino a farmi perdere conoscenza.
Mi sono addormentata così.
Vuota.
Felice.
Sporca.
Sazia…
⸻
Epilogo – Mai sazia
No.
Mai davvero sazia.
Perché io sono Mery.
E dentro me brucia un bisogno che non muore mai.
Non sono più la ragazza della porta accanto.
Non sono più quella che arrossiva.
Sono una troia.
Fiera.
Nuda.
Tremante.
Una che apre la bocca prima ancora che glielo chiedano.
Una che gode nel culo, nella gola, tra le gambe, ovunque.
Una che squirtando urla il nome di chi la domina.
Una che si sporca, si inginocchia, si offre.
Una che torna sempre, anche quando non resta niente da dare.
Perché lo vuole.
Perché lo cerca.
Perché ne ha bisogno.
Sono Mery.
E la mia fame non ha fine.
Fammi tua.
Ancora.
Per sempre.
Perché una come me… non è mai sazia.
1
voti
voti
valutazione
8
8
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Tour del Piacere: Sara e Angelo tra palco, figa e cazzo
Commenti dei lettori al racconto erotico