"Ritmo di desiderio" - Capitolo 3

di
genere
confessioni

Questa serie di racconti prende spunto da un’esperienza dell’autore che, attraverso la penna, confessa con fantasia l’evoluzione della realtà. Per contatti: pennaefantasia@gmail.com

Il giovedì sera, ormai, per i tre, aveva assunto un profumo tutto suo. Un misto di spumante versato con cura, sudore appena accennato e la tensione sottile che si raccoglieva come vapore sullo specchio della sala di ballo. La preparazione della coreografia per il saggio finale proseguiva, con Carlo e Loretta sempre più vicini, distanti dalle altre coppie, sotto lo sguardo complice di Mauro, che ormai aveva rinunciato a provare i passi. Loretta, come ogni volta, uscì per ultima dalla sala, indugiando davanti allo specchio con quella grazia composta e lenta. Aveva cinquantasei anni, e il tempo non l’aveva scalfita, ma l’aveva piuttosto rifinita. La pelle olivastra conservava una morbidezza che pareva sfidare ogni logica, punteggiata solo da quelle rughe leggere attorno agli occhi, segno non di stanchezza, ma di risa vissute. Gli occhi, castani e profondi, avevano quella qualità liquida che rendeva difficile sostenerne lo sguardo senza lasciarsi trasportare. Il suo corpo non era quello che la pubblicità celebra, ma possedeva una pienezza magnetica: gambe forti e sottili, fianchi e vita morbidi che si assottigliavano verso il seno contenuto dal vestito che indossava per le lezioni di ballo. Portava il desiderio come si porta un profumo: senza ostentazione, ma con precisione. Mauro l’aspettava sulla sua berlina, con la radio accesa e un sorriso stanco. Carlo, invece, aveva proposto di accompagnarla lui, per una deviazione non necessaria ma evidentemente voluta. Loretta non disse nulla. Sorrise soltanto, facendo un cenno verso Mauro con la mano, mentre saliva sul sedile del passeggero dell’utilitaria di Carlo. Il silenzio tra loro non era mai vuoto. Era pieno di frasi non dette, di tensioni misurate, di ricordi recenti e sensazioni ancora sospese. Loretta appoggiò una mano sul ginocchio di Carlo mentre lui guidava. Un gesto semplice, ma che accese il sangue del ragazzo come se fosse una miccia. «Lo fai apposta,» disse lui senza guardarla. «Non più di quanto mi provochi tu,» rispose lei, spostando appena la mano, più su. Carlo parcheggiò davanti alla casa di Loretta e Mauro, una villetta silenziosa dove la notte sembrava trattenere il fiato. Entrarono senza parlare. Mauro era già rientrato e li attendeva in salotto, un bicchiere di whisky in mano. Il suo sguardo, quando vide Loretta e Carlo insieme, non era geloso. Era vigile, affamato, complice. Loretta si tolse le scarpe e si avvicinò a lui. Gli prese il bicchiere e bevve un sorso, lasciando una traccia di rossetto sul bordo. Poi si voltò verso Carlo. «Stasera rimani,» disse semplicemente. Non era una domanda. Salì per prima le scale, lasciando che i suoi fianchi disegnassero promesse su ogni gradino. Mauro e Carlo si scambiarono uno sguardo carico di quella tensione rara che unisce, più che divide. Quando la raggiunsero, Loretta era già in camera, ai piedi del letto. Si era sfilata il vestito, lasciando ai due la vista della schiena nuda. Con gesti lenti, si passava una crema profumata sul collo, sulle braccia, sull'interno coscia. «Vi piace guardare? » sussurrò, senza voltarsi. La risposta fu un silenzio denso, carico, seguito da passi lenti. Carlo fu il primo ad avvicinarsi, posando le mani sulla sua vita. Mauro si mise davanti a lei, e per un lungo momento rimasero così, in un triangolo di desiderio che non aveva bisogno di parole. Loretta prese il volto di Mauro tra le mani e lo baciò, profondo e lento. Poi voltò il viso verso Carlo e fece lo stesso con lui. Li guardò entrambi con occhi profondi, come se in quel momento stesse scegliendo, e la scelta fosse di non scegliere affatto. «Questa volta voglio che siate voi a seguire il mio ritmo,» disse. E lo fecero, assecondando le voglie di Loretta. Il letto divenne palcoscenico e rifugio, specchio e naufragio. Le mani si intrecciarono, le bocche si cercarono, i respiri si confusero tra i tre. Loretta conduceva. Ogni suo gemito era una direzione. Ogni carezza, una guida.«Non voglio che finisca,» disse.
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scritto il
2025-07-04
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