Il migliore dei mondi - Capitolo terzo

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Capitolo terzo

Ovviamente come più volte segnalato in questo racconto, quello che succedeva in un clan, immancabilmente, nel giro di qualche ora al più tardi, avveniva, pari pari, anche sull'altro. Prova provata che non sono le persone che fanno la storia ma la fanno le condizioni oggettive ambientali; per l'amor del cielo, anche la componente umana soggettiva ha la sua importanza nel corso degli avvenimenti storici, ma, per così dire, essa stessa sconta gli umori del momento e il comune sentire determinato dalla contingenza ambientale. In altre parole le decisioni che prendevano i clan di Sabrina e Cristina prescindevano dalla persone fisiche che componevano gli stessi clan. I clan avrebbero potuto essere composti da gente presa a caso nella cittadina e le decisioni sarebbero state esattamente le stesse medesime.
Quindi era del tutto ovvio che nessuno dei due clan poteva prevalere sull'altro per le decisioni prese, che appunto erano le medesime. E del resto nemmeno le caratteristiche delle due femmine in competizione poteva determinare una prevalenza dell'una sull'altra poiché entrambe stra-fighe spaziali e, ora, anche troie assolute allo stesso livello.
Tuttavia ogni clan pensava di essere più furbo dell'altro e cercava di prevalere introducendo tecniche e accortezze sempre più sofisticate, che però venivano immediatamente pareggiate dall'altro clan che, appunto, faceva altrettanto.
Così nella preparazione delle troie fu introdotto il mental coach, lo psicologo, il massaggiatore (che, detto per inciso, diventò un incarico molto ambito e prestigioso), e infine il general manager che coordinava tutta questa pletora di professionisti, che, come si comprenderà, costavano un botto. Inevitabilmente, anche se vista la delicatezza della cosa l'informazione viene riportata con la formula “qui si scrive e qui si nega”, ci fu il ricorso pure al doping. A tale scopo furono ingaggiati
a suon di centinaia di migliaia di euro i più spericolati cosiddetti “dottori” che gravitavano nel mondo dello sport professionistico.
In poche parole quando Alberto chiamava l'una ma anche l'altra, queste zoccole si presentavano caricate a molla, motivatissime, preparatissime, concentratissime e pure dopate oltre che, naturalmente, molto troie; e in una mezz'oretta radevano al suolo tutta la verve sessuale dell'ingegnere, destinato – secondo molti – a diventare l'uomo più ricco del mondo e, forse - dicevano nella cittadina – anche il più spompato. In sostanza quando le donzelle uscivano dalla casa di Alberto avevano ancora un enorme potenziale di troiaggine inevaso; molti di questi professionisti che gravitano nell'entourage sostenevano che dopo averle caricate così faceva male alla loro salute non farle sfogare questa carica. E come facilmente si immaginerà tutti questi aiutanti si misero a disposizione per risolvere il problema. Tuttavia il grattacapo fu affrontato in modo compiuto dai preti (ogni clan ne aveva almeno uno perché si può essere atei o credenti ma in ogni caso meglio non rischiare di farlo incazzare, il signor Dio, nel caso esistesse veramente). I preti citando passi dell'antico testamento e anche del nuovo e poi di altri libri sacri, a dire la verità sconosciuti a tutti, dissero che era peccato mortale non utilizzare tutto quel ben di dio (cioè la disponibilità delle troie a fare le troie) e che sarebbero stati loro ad intercedere con l'Altissimo in riservate confessioni con le ragazze affinché il demonio non ci mettesse lo zampino e le facesse perdere tutta la troiaggine così faticosamente ottenuta. I direttivi dei clan non compresero una mazza di tutti quei discorsi complicati conditi con riferimenti in latino, aramaico e greco antico; l'unica cosa che capirono è che dopo ogni seduta delle ragazze da Alberto i preti, usando il loro “zampino”, esaurivano la verve sessuale delle troie a suon di inculate.

Naturalmente come si comprenderà bene la gara determinava anche dei veri e propri scontri fra i due clan delle troie; essi si rinfacciavano di tutto e spesso arrivavano alle mani.

L'episodio più eclatante successe nel liceo classico della cittadina dove lo scontro fu talmente acceso che volarono sedie e banchi di scuola come fossero stati aeroplanini di carta. Addirittura per riportare la calma ci fu bisogno di chiamare i carabinieri i quali dopo tanta fatica riuscirono a sedare i tafferugli e poi anche a ricostruire i motivi degli stessi. In sostanza gli studenti parenti e amici di Cristina avevano preso in giro quelli di Sabrina apostrofando quest'ultima come “suora”; inoltre, come spregio ulteriore, alle sentite proteste della controparte, evidenziarono che il soprannome a Sabrina era stato dato proprio da loro stessi al momento della rottura con Alberto poiché – come si ricorderà - la ragazza non gli dava il culo. Ovviamente a nulla servivano le corrette osservazioni che quella Sabrina non esisteva più: ora era troia almeno quanto Cristina, se non di più. Ma i sostenitori di Cristina, visto il punto debole dell'altro clan, avevano poi intonato dei cori sul tipo: “Sabrina, bambolina, sei solo una suorina”. Al che fu chiaramente comprensibile la reazione e controreazione con tanto di pugni, schiaffi, tirate di capelli, calci nelle palle, sediate in testa e banchi gettati nei gropponi dai più esagitati.
Poi il maresciallo dei carabinieri tentò di spiegare il tutto al nuovo Preside, giunto pochi giorni prima da Torino, un letterato raffinato che conosceva a memoria l'iliade, i promessi sposi, la divina commedia e persino – unico al mondo, si diceva – guerra e pace in lingua originale. Egli tuttavia non capiva proprio il senso dell'accaduto. Alla ventisettesima infruttuosa spiegazione del maresciallo quest'ultimo concluse “questo Preside è duro di comprendonio più della capra di mia zia”; poi aggiunse: “il futuro calcestruzzo del plinto del ponte sullo stretto sarà tenero come il burro, al confronto con la sua capoccia dura inguastita”. Un appuntato che aveva seguito tutta la vicenda ci aggiunse “si ma mica il burro del frigo, piuttosto quello lasciato a temperatura ambiente da tre ore...”.
In pratica il Preside si perdeva completamente e andava in confusione quando gli veniva detto che il clan di Sabrina dava di matto quando la stessa veniva descritta dall'altro clan come una brava ragazza e che era risaputo che “non era una troia”. Il letterato insisteva che si dovevano essere per forza sentiti offesi i parenti e gli amici di quella definita “troia” e non viceversa. Egli era incurante di tutte le spiegazioni che, in preda alla disperazione, vennero fatte anche con l'aiuto di disegnini, che un noto fumettista locale produsse illustrando le troie in azione ma, sia chiaro ai lettori maliziosi, pur senza scadere nel volgare visto il prestigio dell'istituzione coinvolta.
In questa situazione, dove tutti allargavano le braccia in segno di incredulità rispetto all'incapacità del Preside di comprendere l'accaduto, l'appuntato dei carabinieri si volle togliere un sassolino dalle scarpe: “e ora smetterete di romperci il cazzo con le vostre stupide barzellette sui carabinieri....semmai ora le farete sui presidi”.
Il maresciallo poi, vista l'importanza dell'istituzione scolastica, in mano palesemente ad un demente, ebbe modo di riferire ai suoi superiori, sempre in modo delicato, la preoccupante assenza di una qualsivoglia logica nella mente del Preside, che non riusciva a capire una cosa così semplice che persino i neonati della cittadina capivano benissimo; quest'ultimi, infatti, la prima parola che pronunciavano nella loro vita non era più “mamma” come succedeva altrove, ma bensì “troia” e chi se la sentiva rivolgere (di solito proprio la madre) esultava e andava in giro a dire “il mio pargolo mi ha chiamata troia....ha appena 9 mesi ma è di una intelligenza spettacolare...” e tutti non potevano che convenirne e qualche vecchio bavoso ne approfittava per dare anche una pacca sul culo alla madre che, appunto, era pure una troia felicemente confessa e riconosciuta tale anche dal figlioletto appena nato.

Una sera verso le 22:00 una notizia scosse tutta la cittadina. Un lancio di un'agenzia stampa riportava uno stralcio dell'intervista dell'ingegnere Alberto su “Forbes” che sarebbe uscita per esteso la mattina dopo. Lo stralcio dell'intervista oltre a segnalare l'aspettativa del concittadino ingegnere di diventare il più ricco uomo al mondo entro 4 giorni (cosa giustificata dallo stratosferico incremento quotidiano delle azioni in borsa della sua società) aprì anche uno squarcio sulla sua riservatissima vita, tutta dedita al lavoro, sempre secondo i mainstream, notoriamente falsi come la banconota da 622 euro. Egli affermò che nel giro di pochissimo tempo si sarebbe sposato anche se ancora non aveva deciso con chi; egli – continuava nell'intervista – aveva diverse opzioni che avrebbe valutato con attenzione sulla base di parametri che non desiderava rivelare.
Come ben si comprenderà i clan di Sabrina e Cristina, capirono che ormai il momento era giunto. Sorrisero sulla questione dei parametri che non desiderava rivelare poiché essi sapevano benissimo di cosa si trattasse (un mix di culo, figa, lingua e troiaggine). Tuttavia si interrogarono preoccupati sul senso della locuzione “diverse opzioni”. A questo proposito due opzioni (cioè Sabrina e Cristina) potevano essere definite diverse? In sostanza “diverse” poteva essere associato a due? L'interrogativo fu martellante e trasversale nei due clan che come in tutte le guerre, anche quelle più cruente, avevano mantenuto un livello di confronto diplomatico fra loro. Si decise di comune accordo di consultare il Preside del liceo classico, quello duro come il sasso per le vicende linguistico-sessuali, ma forse adatto in quelle linguistico-lessicali. Fu buttato giù dal letto alle 3 di notte con la richiesta di dare la sua interpretazione: “se lei avesse due opzioni...lei le definirebbe diverse”? Lui rispose perdendo la sua proverbiale flemma “se ne ho due dirò che ne ho due; se ne ho tre dirò che ne ho tre; se ne ho più o meno una decina dirò che ne ho diverse”; aggiungendo un bel “e ora non rompetemi il cazzo che ho voglia di dormire” segno evidente che si stava ambientando al clima della cittadina.
A quel punto le cose si succedettero in modo convulso. Si convocò in fretta e furia un direttivo congiunto dei due clan alle 4 di notte vista la gravità della situazione. Alle 5 fu raggiunto un accordo storico, segno evidente della serietà della comunità che, di fronte al rischio “che altri potessero soppiantare le troie nostrane così ben preparate alla troiaggine assoluta attraverso un enorme investimento”, passarono sopra a scontri, insulti, ingiurie etc. L'accordo era semplice: Sabrina e Cristina si alleavano contro tutte le troie del resto del mondo e chiunque avesse vinto fra le due i benefici sarebbero stati equamente distribuiti fra i due rispettivi clan.
Ma dell'accordo l'ing. Alberto se ne sbatté i coglioni; anzi si sentì ancora più libero ordinando alle due troie evoluzioni congiunte con tanto di spettacoli saffici ed altre porcate pensate sul momento.
Dopo alcuni giorni i clan capirono che non ne avrebbero cavato un ragno da un buco; o parafrasando, l'ingegnere avrebbe continuato a ficcare il cazzo nei buchi delle campionesse troie rimandando all'infinito la scelta.
Poi una sera sempre alle 22:00 ci fu un altro lancio di agenzia su un'ulteriore intervista che sarebbe apparsa il giorno dopo sul NYT. L'intervista era fatta all'ing. Alberto, ormai l'uomo più ricco del mondo, che di questo passo contava, nel giro di due mesi, di avere più risorse finanziarie lui che tutto il resto del mondo messo insieme. Egli nello stralcio di intervista diceva che aveva deciso di non sposarsi anche perchè ormai l'istituzione del matrimonio era sorpassata.
Come si diffuse la notizia sulla cittadina calò una cappa di terrore e scoramento totale. Tutto quello che era stato fatto fino a quel momento era stato inutile.
Ci furono pianti e alti lamenti ma anche una vibrante reazione della comunità.
In modo praticamente spontaneo alle 23:00 tutti i cittadini si ritrovarono al palazzetto dello sport in una assemblea di emergenza autogestita.
Alla fine tutti gli intervenuti convennero che se Alberto non si voleva sposare non fregava un cazzo a nessuno, bastava che da scapolo sganciasse – in cambio delle troie Sabrina e Cristina a disposizione - un po' di soldini a tutti loro.
Ci voleva in sostanza un contrattino con tanto di timbri e validazioni notarili. Quindi fu scritto seduta stante un messaggio da inviare al sig. Alberto chiedendo un incontro per definire i dettagli dell'accordo.
scritto il
2025-06-05
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