Tra le siepi, il peccato
di
Angelo B
genere
tradimenti
Prefazione:
Ci sono mattine che iniziano come tante altre. Un caffè, qualche battuta, il sole che filtra tra le tende e il silenzio di una casa che sembra dormire. Ma a volte, il desiderio è lì, nascosto sotto la pelle, pronto a esplodere.
Questa è la storia di una mattina rubata, di un tradimento vissuto con la fame del proibito e l’istinto puro del corpo. Una mattina che non si dimentica, che resta appiccicata addosso come il sudore del piacere.
⸻
Racconto:
Non era previsto. Nessuno dei due lo aveva programmato. Ma quella mattina, appena varcata la soglia di casa sua, l’ho capito dallo sguardo che mi ha lanciato: Emma non era tranquilla, era accesa. Indossava solo una canotta bianca senza reggiseno e delle mutandine leggere, quasi trasparenti. Il suo fidanzato era fuori in giardino, impegnato a sistemare le siepi, ignaro, a pochi metri da noi.
“Vuoi un caffè?” ha chiesto con quel tono mezzo ironico, mezzo affamato. Ma i suoi occhi dicevano: Prendimi.
Non ho risposto. L’ho spinta piano contro il muro della cucina, ho cercato la sua bocca e l’ho baciata con rabbia, con desiderio. Lei non ha detto nulla, ha solo spalancato le labbra e si è lasciata andare.
L’ho condotta in salotto, nuda a metà, con la pelle che tremava sotto le mie dita. L’ho fatta sdraiare sul divano e ho strappato le mutandine con un gesto secco, senza pazienza. Le sue cosce si sono aperte davanti a me come un invito che non si poteva rifiutare.
E lì, tra le sue gambe calde e bagnate, ho trovato il mio paradiso. L’ho leccata con fame, con forza, con la lingua tesa prima, piatta poi, dentro di lei, ovunque. Il suo sapore era una droga. La sua fica gocciolava di eccitazione e le sue mani mi tenevano stretto contro di lei, come se non volesse lasciarmi respirare.
Le sue gambe mi stringevano, la sua voce rotta mi sussurrava parole sporche, sussulti di piacere trattenuti. “Ancora… non fermarti…”
E io non mi fermavo. Le succhiavo il clitoride con decisione, lo tormentavo con la lingua, la osservavo contorcersi, mordere il cuscino per non urlare, mentre veniva più volte, a scatti, bagnandomi il viso.
Quando ha ripreso fiato, con gli occhi lucidi e il corpo ancora scosso, mi ha tirato sopra di sé. “Scopami,” ha sibilato, “voglio sentire tutto… voglio goderti dentro.”
L’ho presa lì, selvaggiamente, con il suo viso premuto contro il bracciolo del divano. Spingevo dentro di lei forte, senza pietà, mentre il suo culo si muoveva contro il mio bacino, affamato, complice. Poi si è voltata, mi ha fatto sdraiare, e si è messa sopra, cavalcandomi con le mani piantate sul mio petto, i seni che ballavano davanti ai miei occhi.
Ogni colpo era più violento, ogni respiro più corto. Era una danza sporca, istintiva, animalesca. Il rumore dei nostri corpi che si scontravano copriva quello del tagliaerba. Ma in quel momento, poteva esplodere anche il giardino, non ci avrebbe fermati.
Siamo venuti insieme, in un’esplosione di carne, sudore e respiro. Poi il silenzio. Solo il battito impazzito dei nostri cuori, e il sapore del peccato che ancora ci mordeva le labbra.
⸻
Epilogo:
Quando sono uscito da casa sua, il sole era ancora alto e il suo fidanzato mi ha salutato con un cenno, ignaro, tranquillo.
Io avevo ancora le gambe molli, la faccia umida del suo sapore, e il cuore che batteva come se avessi corso.
Emma era dietro la tenda, in piedi, nuda, con gli occhi che brillavano. Nessun addio. Nessuna promessa. Solo un segreto sporco inciso sulla pelle.
Ci sono mattine che iniziano come tante altre. Un caffè, qualche battuta, il sole che filtra tra le tende e il silenzio di una casa che sembra dormire. Ma a volte, il desiderio è lì, nascosto sotto la pelle, pronto a esplodere.
Questa è la storia di una mattina rubata, di un tradimento vissuto con la fame del proibito e l’istinto puro del corpo. Una mattina che non si dimentica, che resta appiccicata addosso come il sudore del piacere.
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Racconto:
Non era previsto. Nessuno dei due lo aveva programmato. Ma quella mattina, appena varcata la soglia di casa sua, l’ho capito dallo sguardo che mi ha lanciato: Emma non era tranquilla, era accesa. Indossava solo una canotta bianca senza reggiseno e delle mutandine leggere, quasi trasparenti. Il suo fidanzato era fuori in giardino, impegnato a sistemare le siepi, ignaro, a pochi metri da noi.
“Vuoi un caffè?” ha chiesto con quel tono mezzo ironico, mezzo affamato. Ma i suoi occhi dicevano: Prendimi.
Non ho risposto. L’ho spinta piano contro il muro della cucina, ho cercato la sua bocca e l’ho baciata con rabbia, con desiderio. Lei non ha detto nulla, ha solo spalancato le labbra e si è lasciata andare.
L’ho condotta in salotto, nuda a metà, con la pelle che tremava sotto le mie dita. L’ho fatta sdraiare sul divano e ho strappato le mutandine con un gesto secco, senza pazienza. Le sue cosce si sono aperte davanti a me come un invito che non si poteva rifiutare.
E lì, tra le sue gambe calde e bagnate, ho trovato il mio paradiso. L’ho leccata con fame, con forza, con la lingua tesa prima, piatta poi, dentro di lei, ovunque. Il suo sapore era una droga. La sua fica gocciolava di eccitazione e le sue mani mi tenevano stretto contro di lei, come se non volesse lasciarmi respirare.
Le sue gambe mi stringevano, la sua voce rotta mi sussurrava parole sporche, sussulti di piacere trattenuti. “Ancora… non fermarti…”
E io non mi fermavo. Le succhiavo il clitoride con decisione, lo tormentavo con la lingua, la osservavo contorcersi, mordere il cuscino per non urlare, mentre veniva più volte, a scatti, bagnandomi il viso.
Quando ha ripreso fiato, con gli occhi lucidi e il corpo ancora scosso, mi ha tirato sopra di sé. “Scopami,” ha sibilato, “voglio sentire tutto… voglio goderti dentro.”
L’ho presa lì, selvaggiamente, con il suo viso premuto contro il bracciolo del divano. Spingevo dentro di lei forte, senza pietà, mentre il suo culo si muoveva contro il mio bacino, affamato, complice. Poi si è voltata, mi ha fatto sdraiare, e si è messa sopra, cavalcandomi con le mani piantate sul mio petto, i seni che ballavano davanti ai miei occhi.
Ogni colpo era più violento, ogni respiro più corto. Era una danza sporca, istintiva, animalesca. Il rumore dei nostri corpi che si scontravano copriva quello del tagliaerba. Ma in quel momento, poteva esplodere anche il giardino, non ci avrebbe fermati.
Siamo venuti insieme, in un’esplosione di carne, sudore e respiro. Poi il silenzio. Solo il battito impazzito dei nostri cuori, e il sapore del peccato che ancora ci mordeva le labbra.
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Epilogo:
Quando sono uscito da casa sua, il sole era ancora alto e il suo fidanzato mi ha salutato con un cenno, ignaro, tranquillo.
Io avevo ancora le gambe molli, la faccia umida del suo sapore, e il cuore che batteva come se avessi corso.
Emma era dietro la tenda, in piedi, nuda, con gli occhi che brillavano. Nessun addio. Nessuna promessa. Solo un segreto sporco inciso sulla pelle.
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