“L’ultima volta”
di
Angelo B
genere
tradimenti
Tre giorni prima del suo matrimonio, Emma mi ha scritto solo una parola:
“Adesso.”
Nessun saluto, nessuna spiegazione.
Ho capito tutto.
Sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. E che sarebbe stata diversa da tutte le altre.
La casa era vuota, silenziosa. La musica accesa a basso volume, una bottiglia di vino mezza vuota sul tavolo. Quando è apparsa sulla soglia del corridoio, ho trattenuto il fiato: tacchi neri, un corsetto di pizzo trasparente e nient’altro. I capelli sciolti, gli occhi lucidi.
Non era la solita Emma. Era la donna che si era tenuta dentro per troppo tempo.
“Mi sposo, ma stanotte… voglio darti tutto quello che non ho mai osato.”
Non ho risposto. L’ho guardata mentre si avvicinava, si inginocchiava davanti a me e mi prendeva in bocca con fame, con furia, come se volesse marchiarmi prima di appartenere a un altro.
Mi leccava come una dannata, con le labbra morbide e la lingua calda, mi guardava mentre mi succhiava, mentre si infilava ogni centimetro dentro la gola. Non c’era amore, c’era bisogno.
Poi si è voltata e si è piegata sul divano, sollevando il culo nudo verso di me.
“Voglio che mi scopi dietro,” ha sussurrato, tremando. “Lì dove non mi ha mai preso nessuno. Voglio che sia tuo. Solo tuo.”
Quella era la parte più inibita di Emma.
Quella che aveva sempre tenuto per sé.
E ora la stava regalando a me, per l’ultima volta.
Le ho baciato il fondo schiena, lentamente. Lei gemeva già, ansimava. Ho preso il mio tempo, l’ho preparata con le dita, con la lingua, fino a sentirla rilassarsi, aprirsi. Quando ho affondato, piano ma deciso, il suo urlo strozzato è stato pura musica.
Era stretta, calda, viva.
Mi stringeva come se volesse trattenermi per sempre dentro di lei.
Le sue unghie scavavano il divano, i suoi gemiti diventavano suoni sporchi, incontrollabili. Mi muovevo con forza, con rabbia, con amore. Ogni spinta era un addio. Ogni gemito, un rimpianto.
È venuta piegata in due, tremando, bagnandosi tutta davanti mentre la prendevo dietro. Io l’ho seguita subito dopo, riempiendola con un urlo trattenuto in gola, bagnandole la schiena, il culo, il cuore.
Siamo rimasti lì, nudi, stesi sul pavimento, senza dirci nulla. Solo respiro e pelle.
⸻
Epilogo Finale:
Tre giorni dopo l’ho vista in abito bianco, sorridente, con il suo sposo al fianco.
Nessuno sapeva niente. Ma io sì.
Sapevo che sotto quel vestito, dentro quel corpo, c’era ancora il segno di quella notte.
L’ultima.
La più vera.
Quella dove aveva dato tutto.
A me.
“Adesso.”
Nessun saluto, nessuna spiegazione.
Ho capito tutto.
Sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. E che sarebbe stata diversa da tutte le altre.
La casa era vuota, silenziosa. La musica accesa a basso volume, una bottiglia di vino mezza vuota sul tavolo. Quando è apparsa sulla soglia del corridoio, ho trattenuto il fiato: tacchi neri, un corsetto di pizzo trasparente e nient’altro. I capelli sciolti, gli occhi lucidi.
Non era la solita Emma. Era la donna che si era tenuta dentro per troppo tempo.
“Mi sposo, ma stanotte… voglio darti tutto quello che non ho mai osato.”
Non ho risposto. L’ho guardata mentre si avvicinava, si inginocchiava davanti a me e mi prendeva in bocca con fame, con furia, come se volesse marchiarmi prima di appartenere a un altro.
Mi leccava come una dannata, con le labbra morbide e la lingua calda, mi guardava mentre mi succhiava, mentre si infilava ogni centimetro dentro la gola. Non c’era amore, c’era bisogno.
Poi si è voltata e si è piegata sul divano, sollevando il culo nudo verso di me.
“Voglio che mi scopi dietro,” ha sussurrato, tremando. “Lì dove non mi ha mai preso nessuno. Voglio che sia tuo. Solo tuo.”
Quella era la parte più inibita di Emma.
Quella che aveva sempre tenuto per sé.
E ora la stava regalando a me, per l’ultima volta.
Le ho baciato il fondo schiena, lentamente. Lei gemeva già, ansimava. Ho preso il mio tempo, l’ho preparata con le dita, con la lingua, fino a sentirla rilassarsi, aprirsi. Quando ho affondato, piano ma deciso, il suo urlo strozzato è stato pura musica.
Era stretta, calda, viva.
Mi stringeva come se volesse trattenermi per sempre dentro di lei.
Le sue unghie scavavano il divano, i suoi gemiti diventavano suoni sporchi, incontrollabili. Mi muovevo con forza, con rabbia, con amore. Ogni spinta era un addio. Ogni gemito, un rimpianto.
È venuta piegata in due, tremando, bagnandosi tutta davanti mentre la prendevo dietro. Io l’ho seguita subito dopo, riempiendola con un urlo trattenuto in gola, bagnandole la schiena, il culo, il cuore.
Siamo rimasti lì, nudi, stesi sul pavimento, senza dirci nulla. Solo respiro e pelle.
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Epilogo Finale:
Tre giorni dopo l’ho vista in abito bianco, sorridente, con il suo sposo al fianco.
Nessuno sapeva niente. Ma io sì.
Sapevo che sotto quel vestito, dentro quel corpo, c’era ancora il segno di quella notte.
L’ultima.
La più vera.
Quella dove aveva dato tutto.
A me.
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