“Tu non hai mai conosciuto una come Federica”

di
genere
prime esperienze

Prefazione
Non c’è più vergogna quando il desiderio è sincero.
Non c’è più paura quando l’amore è feroce.
Federica non è un gioco, né una fuga.
È fame vera. È pelle che brucia.
È la donna che mi ha preso la bocca, il sesso, la mente.
E che, ora, non restituisco più.



Capitolo: Federica, la regina del pompino (e poi la mia)
Lei comanda. Poi si arrende. E gode come mai prima.

Era domenica mattina. La casa era silenziosa.
Ero sul divano, ancora in boxer, con la tazza di caffè tra le mani. Il sole entrava lento dalla finestra del soggiorno.

Federica era appena uscita dalla doccia. Nuda. Gocciolante. Meravigliosa.
Camminava per casa con naturalezza, i capelli raccolti alla meglio e quel profumo sulla pelle che mi faceva impazzire.

Si fermò davanti a me. Mi fissò. Un sorriso lento, carico di intenzione.

— «Oggi non ho fame di colazione.»
Si inginocchiò piano.
— «Ho fame di te.»

Mi abbassò i boxer con lentezza teatrale. Il mio sesso era già duro solo per il suo sguardo.
Lo prese tra le mani, poi lo baciò piano, come se fosse un sacramento.
E poi lo inghiottì. Tutto.

Federica lo prese in bocca fino alla radice, affondando il viso con fame, senza esitazione. La sua lingua roteava, le sue labbra stringevano. Il suono umido e il suo respiro profondo mi mandavano fuori di testa.

Mi guardava dal basso, gli occhi lucidi, carichi di potere.
Succhiava con tecnica, con desiderio, con dominio.

— «Lo voglio tutto. Voglio che mi riempi la bocca. Voglio sentire il tuo sapore, la tua voglia, la tua resa.»

Ero in balia sua. Quando venni, lei non si fermò. Ingoiò ogni goccia, poi si alzò lentamente.
Si leccò le labbra e mi guardò soddisfatta.

— «Ora tocca a te. Fammi tremare.»

**

Mi alzai senza dire una parola.
La presi per i fianchi. La sbattei sul tavolo della cucina.
Le mani sulle sue cosce, la lingua tra le sue gambe.

La leccai fino a farla gemere forte.
Le infilai due dita, poi tre. La sentii colare. Impazzire.

— «Sì… così… ancora! Riempimi, fammi tua!»

La voltai e la presi in piedi. La sbattevo con foga. Lei urlava il mio nome, mi graffiava.
La trascinai sul divano, la stesi a pancia in giù. Entrai da dietro, con rabbia e passione.

— «Più forte… più fondo… voglio sentire tutto!»

Poi, lei si voltò a metà, ansimando:

— «Anche lì… prendimi anche lì… voglio tutto di te.»

Le aprii le natiche, le leccai l’ano a lungo, finché non lo implorò.

La penetrati lentamente, con fermezza. Lei si tese, poi si lasciò andare.

— «Sììì… sei dentro… fammi tua… distruggimi… scopami anche lì… fammi volare…»

La presi con forza crescente, affondando fino in fondo, dominandola, amandola in quel modo che non lascia scampo.

Venimmo insieme, urlando, tremando, vivi.

Ci accasciammo nudi, incollati, devastati.

Federica si voltò verso di me. Gli occhi brillanti, il corpo madido di piacere.

— «Ora non sono solo tua. Ora sono te.»

E lo era.

Quella mattina non fu sesso.
Fu identità carnale. Un incastro perfetto tra istinto e amore.
Un rito senza limiti.

FINE.
scritto il
2025-05-11
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