La ragazzina della porta accanto
di
Angelo B
genere
prime esperienze
Racconto erotico completo, vietato ai deboli di cuore)
Prefazione
Non ci sono morali, non ci sono limiti. Solo una porta. E oltre quella porta, una ragazzina sfacciata, bagnata, affamata.
Io? Un uomo troppo grande per cedere, troppo eccitato per resistere.
Questa non è una storia d’amore. È una confessione.
Sporca.
Irresistibile.
Reale.
⸻
Il racconto
La prima volta che la vidi aveva un ghiacciolo in bocca. Lo leccava piano, mentre saliva in ascensore. Jeans sfilacciati, maglietta trasparente senza reggiseno, sguardo da porca.
Diciannove anni appena compiuti, me lo disse sua madre con leggerezza. Non aveva idea.
Io la osservavo dal mio balcone. Lei sapeva. Si piegava apposta. Si metteva di profilo, in controluce. Una sera mi fissò dritto in faccia e si abbassò i pantaloncini. Nessuna mutanda.
E poi venne. Letteralmente. Bussò alla porta.
«Hai da accendere?»
«Hai voglia di farti scopare, vuoi dire.»
Mi guardò. «Fammi entrare. Fammi tua.»
Chiusi la porta. Le tirai su la maglietta. Capezzoli duri, piccoli seni pieni. Leccai tutto, lentamente.
Si sedette sul divano e aprì le gambe. Nessun invito. Solo comando.
Mi inginocchiai tra le sue cosce. La leccai come un animale.
Lei urlava, si contorceva, mi implorava: «Fammi male, ti prego.»
Mi spogliò. Mi prese in bocca come una schiava esperta. Mi guardava mentre lo ingoiava, soffocando e sorridendo.
«Ancora… fammi assaggiare tutto.»
La scopai piegata sul tavolo, in piedi contro il muro, cavalcandomi sul pavimento. Era senza freni. Una piccola ninfomane che voleva essere usata.
La tenevo stretta, le lasciavo i segni sulle cosce, le mani sulla gola.
E lei?
«Più forte, più sporco. Non ti fermare. Fammi tua puttana.»
Le prime settimane fu un inferno. Una droga. Ogni notte bussava. O mi aspettava nuda nel corridoio.
La prendevo ovunque: sulla lavatrice, nel box doccia, sul pianerottolo, con la porta ancora aperta.
Un giorno la trovai in cucina con un’amica.
Giovane, minuta.
Lei mi disse: «Questa è Lidia. Ha visto un video. Ora vuole anche lei.»
Mi si gelò il sangue. Poi mi si alzò.
Lidia era timida, ma obbediente. Si inginocchiò su ordine della mia vicina, che le aprì la bocca con due dita e mi disse:
«Falle sentire quanto sei duro.»
Le presi entrambe. Lidia davanti, lei dietro. Le scopai insieme. Una gridava, l’altra gemeva. Si baciavano, si toccavano, si scambiavano la mia sborra come fosse nettare.
Era troppo.
Ma non bastava mai.
Una mattina, al risveglio, la trovai che si masturbava sul mio petto.
«Non resisto più… mi sento sporca, usata… e voglio di più.»
«Più cosa?»
Mi guardò, con la bocca sporca, e disse:
«Portami dove fanno le cose vere. Quelle da cui non si torna indietro.»
⸻
Epilogo
Ora la porto con me. Club privati, camere senza luci, mani sconosciute, giochi proibiti.
Sta diventando leggenda.
La piccola della porta accanto è la schiava preferita di tutti.
Ma alla fine… torna sempre da me.
Nuda. Distrutta. Fiera.
E sussurra:
«Fammi tua. Ancora. Per sempre.»
Prefazione
Non ci sono morali, non ci sono limiti. Solo una porta. E oltre quella porta, una ragazzina sfacciata, bagnata, affamata.
Io? Un uomo troppo grande per cedere, troppo eccitato per resistere.
Questa non è una storia d’amore. È una confessione.
Sporca.
Irresistibile.
Reale.
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Il racconto
La prima volta che la vidi aveva un ghiacciolo in bocca. Lo leccava piano, mentre saliva in ascensore. Jeans sfilacciati, maglietta trasparente senza reggiseno, sguardo da porca.
Diciannove anni appena compiuti, me lo disse sua madre con leggerezza. Non aveva idea.
Io la osservavo dal mio balcone. Lei sapeva. Si piegava apposta. Si metteva di profilo, in controluce. Una sera mi fissò dritto in faccia e si abbassò i pantaloncini. Nessuna mutanda.
E poi venne. Letteralmente. Bussò alla porta.
«Hai da accendere?»
«Hai voglia di farti scopare, vuoi dire.»
Mi guardò. «Fammi entrare. Fammi tua.»
Chiusi la porta. Le tirai su la maglietta. Capezzoli duri, piccoli seni pieni. Leccai tutto, lentamente.
Si sedette sul divano e aprì le gambe. Nessun invito. Solo comando.
Mi inginocchiai tra le sue cosce. La leccai come un animale.
Lei urlava, si contorceva, mi implorava: «Fammi male, ti prego.»
Mi spogliò. Mi prese in bocca come una schiava esperta. Mi guardava mentre lo ingoiava, soffocando e sorridendo.
«Ancora… fammi assaggiare tutto.»
La scopai piegata sul tavolo, in piedi contro il muro, cavalcandomi sul pavimento. Era senza freni. Una piccola ninfomane che voleva essere usata.
La tenevo stretta, le lasciavo i segni sulle cosce, le mani sulla gola.
E lei?
«Più forte, più sporco. Non ti fermare. Fammi tua puttana.»
Le prime settimane fu un inferno. Una droga. Ogni notte bussava. O mi aspettava nuda nel corridoio.
La prendevo ovunque: sulla lavatrice, nel box doccia, sul pianerottolo, con la porta ancora aperta.
Un giorno la trovai in cucina con un’amica.
Giovane, minuta.
Lei mi disse: «Questa è Lidia. Ha visto un video. Ora vuole anche lei.»
Mi si gelò il sangue. Poi mi si alzò.
Lidia era timida, ma obbediente. Si inginocchiò su ordine della mia vicina, che le aprì la bocca con due dita e mi disse:
«Falle sentire quanto sei duro.»
Le presi entrambe. Lidia davanti, lei dietro. Le scopai insieme. Una gridava, l’altra gemeva. Si baciavano, si toccavano, si scambiavano la mia sborra come fosse nettare.
Era troppo.
Ma non bastava mai.
Una mattina, al risveglio, la trovai che si masturbava sul mio petto.
«Non resisto più… mi sento sporca, usata… e voglio di più.»
«Più cosa?»
Mi guardò, con la bocca sporca, e disse:
«Portami dove fanno le cose vere. Quelle da cui non si torna indietro.»
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Epilogo
Ora la porto con me. Club privati, camere senza luci, mani sconosciute, giochi proibiti.
Sta diventando leggenda.
La piccola della porta accanto è la schiava preferita di tutti.
Ma alla fine… torna sempre da me.
Nuda. Distrutta. Fiera.
E sussurra:
«Fammi tua. Ancora. Per sempre.»
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