Via dei Bardi - 02 Calore sottopelle
di
EssEmmE
genere
prime esperienze
La mattina dopo, Chiara si svegliò con una sensazione diversa. Non era solo il caldo precoce di fine maggio, né l’odore di gelsomino che saliva dal cortile interno. Era qualcosa nella pelle, una vibrazione sottile che partiva dallo stomaco e si irradiava verso il basso, come un languore difficile da ignorare.
La piscina le fece bene, ma non la distrasse.
Durante il nuoto sentiva l’acqua accarezzare il suo corpo nudo sotto il costume, le labbra intime lisce dopo la rasatura della sera prima, la memoria tattile dello sguardo di Giulia che si era posato proprio lì. Aveva pensato a quell’incidente in bagno più volte durante la notte. E, inevitabilmente, si era toccata con più intensità del solito. Aveva scelto il plug rosa e lo stimolatore clitorideo, alternando le due sensazioni con crescente impazienza, lasciando che il gemito esplodesse finalmente tra i denti.
Giulia, nella sua stanza, aveva fatto lo stesso. Ma con un’intenzione diversa.
Aveva spalancato la finestra per far entrare il fresco della notte, si era sdraiata sul letto con solo una maglietta sottile addosso e nulla sotto. Aveva steso le gambe, infilato una pallina vibrante nel suo sesso già bagnato, e poi, a distanza, accendeva e spegneva il telecomando, stringendo le cosce ogni volta che l’onda di piacere la sorprendeva. Ma non era solo il gioco a eccitarla. Era l’immagine precisa di Chiara sul bordo della vasca, il monte di Venere appena depilato, le labbra gonfie, lucide, delicate come frutti proibiti.
Non se l’era inventata: qualcosa tra loro era cambiato. Una corrente silenziosa, invisibile, ma reale.
I giorni passarono. Le due ragazze cominciarono a cenare più spesso insieme.
Una pasta veloce, un’insalata, una birra sul balcone. Chiara rideva di più. Giulia ascoltava con attenzione. I discorsi si allungavano, scivolavano dal mondo accademico a dettagli più intimi: le prime cotte, l’ultimo ex, qualche battuta sulle app di incontri.
E i vestiti cambiavano. Complici le temperature in aumento, le tute lasciarono spazio a shorts leggeri, top senza reggiseno, canottiere sottili che lasciavano intuire capezzoli tesi sotto il cotone. A volte camminavano per casa scalze, in mutandine di cotone, incuranti — o forse no — degli sguardi che l’altra poteva lanciare.
Una sera, Giulia entrò in cucina con solo una camicia bianca addosso, ampia, lasciata aperta fino all’ombelico. Chiara la guardò appena, ma notò tutto: il seno nudo sotto il tessuto trasparente, i capezzoli scuri e pieni, la curva morbida dei fianchi.
«È troppo?» chiese Giulia, fingendo naturalezza. «Fa un caldo assurdo.»
Chiara si schiarì la voce. «No no... ci sta. Anch’io stavo per spogliarmi.»
E infatti tornò in stanza e rientrò in cucina con un top corto e delle mutandine a righe. Nessuna delle due fece commenti. Ma quando si sedettero a tavola, le ginocchia si sfiorarono più volte sotto il tavolo.
Quella notte, si toccarono di nuovo.
Chiara si lasciò andare con più libertà. Usò il wand, tenendolo premuto sul clitoride con entrambe le mani, mentre immaginava le dita di Giulia al posto del silicone caldo. Pensava alla sua bocca, alla voce bassa, a come l’avrebbe guardata mentre la leccava lenta, tenendole le cosce ben aperte. L’orgasmo fu forte, liquido, improvviso. Le lasciò le gambe tremanti per minuti interi.
Giulia fu più teatrale. Si mise davanti allo specchio. Si sedette sulla sedia, una gamba sollevata sul tavolo, il dildo inserito a fondo dentro di sé. Guardandosi, si penetrava con ritmo deciso, mentre con la mano libera si accarezzava i seni e la bocca. Sussurrava il nome di Chiara. Non se ne accorse nemmeno, ma lo disse tre volte.
Il giorno dopo, a colazione, si guardarono più a lungo.
Chiara notò l’arrossamento sulle cosce di Giulia. Giulia vide l’ombra violacea sul collo di Chiara: un segno lasciato dal wand o da un morso di lenzuola, difficile dirlo.
«Hai dormito bene?» chiese Chiara.
«Mmmh. Sì. Piuttosto... profondamente.» rispose Giulia, con un sorrisetto.
Un altro sguardo.
Nessuna disse di più.
Ma la curva era già salita di nuovo.
E stavolta, avrebbe tremato ancora più forte.
La piscina le fece bene, ma non la distrasse.
Durante il nuoto sentiva l’acqua accarezzare il suo corpo nudo sotto il costume, le labbra intime lisce dopo la rasatura della sera prima, la memoria tattile dello sguardo di Giulia che si era posato proprio lì. Aveva pensato a quell’incidente in bagno più volte durante la notte. E, inevitabilmente, si era toccata con più intensità del solito. Aveva scelto il plug rosa e lo stimolatore clitorideo, alternando le due sensazioni con crescente impazienza, lasciando che il gemito esplodesse finalmente tra i denti.
Giulia, nella sua stanza, aveva fatto lo stesso. Ma con un’intenzione diversa.
Aveva spalancato la finestra per far entrare il fresco della notte, si era sdraiata sul letto con solo una maglietta sottile addosso e nulla sotto. Aveva steso le gambe, infilato una pallina vibrante nel suo sesso già bagnato, e poi, a distanza, accendeva e spegneva il telecomando, stringendo le cosce ogni volta che l’onda di piacere la sorprendeva. Ma non era solo il gioco a eccitarla. Era l’immagine precisa di Chiara sul bordo della vasca, il monte di Venere appena depilato, le labbra gonfie, lucide, delicate come frutti proibiti.
Non se l’era inventata: qualcosa tra loro era cambiato. Una corrente silenziosa, invisibile, ma reale.
I giorni passarono. Le due ragazze cominciarono a cenare più spesso insieme.
Una pasta veloce, un’insalata, una birra sul balcone. Chiara rideva di più. Giulia ascoltava con attenzione. I discorsi si allungavano, scivolavano dal mondo accademico a dettagli più intimi: le prime cotte, l’ultimo ex, qualche battuta sulle app di incontri.
E i vestiti cambiavano. Complici le temperature in aumento, le tute lasciarono spazio a shorts leggeri, top senza reggiseno, canottiere sottili che lasciavano intuire capezzoli tesi sotto il cotone. A volte camminavano per casa scalze, in mutandine di cotone, incuranti — o forse no — degli sguardi che l’altra poteva lanciare.
Una sera, Giulia entrò in cucina con solo una camicia bianca addosso, ampia, lasciata aperta fino all’ombelico. Chiara la guardò appena, ma notò tutto: il seno nudo sotto il tessuto trasparente, i capezzoli scuri e pieni, la curva morbida dei fianchi.
«È troppo?» chiese Giulia, fingendo naturalezza. «Fa un caldo assurdo.»
Chiara si schiarì la voce. «No no... ci sta. Anch’io stavo per spogliarmi.»
E infatti tornò in stanza e rientrò in cucina con un top corto e delle mutandine a righe. Nessuna delle due fece commenti. Ma quando si sedettero a tavola, le ginocchia si sfiorarono più volte sotto il tavolo.
Quella notte, si toccarono di nuovo.
Chiara si lasciò andare con più libertà. Usò il wand, tenendolo premuto sul clitoride con entrambe le mani, mentre immaginava le dita di Giulia al posto del silicone caldo. Pensava alla sua bocca, alla voce bassa, a come l’avrebbe guardata mentre la leccava lenta, tenendole le cosce ben aperte. L’orgasmo fu forte, liquido, improvviso. Le lasciò le gambe tremanti per minuti interi.
Giulia fu più teatrale. Si mise davanti allo specchio. Si sedette sulla sedia, una gamba sollevata sul tavolo, il dildo inserito a fondo dentro di sé. Guardandosi, si penetrava con ritmo deciso, mentre con la mano libera si accarezzava i seni e la bocca. Sussurrava il nome di Chiara. Non se ne accorse nemmeno, ma lo disse tre volte.
Il giorno dopo, a colazione, si guardarono più a lungo.
Chiara notò l’arrossamento sulle cosce di Giulia. Giulia vide l’ombra violacea sul collo di Chiara: un segno lasciato dal wand o da un morso di lenzuola, difficile dirlo.
«Hai dormito bene?» chiese Chiara.
«Mmmh. Sì. Piuttosto... profondamente.» rispose Giulia, con un sorrisetto.
Un altro sguardo.
Nessuna disse di più.
Ma la curva era già salita di nuovo.
E stavolta, avrebbe tremato ancora più forte.
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