Le Confessioni di Via dei Neri
di
EssEmmE
genere
etero
La casa di Via dei Neri, al terzo piano di un palazzo antico con i soffitti alti e le travi a vista, era il rifugio perfetto per quattro studentesse universitarie. Ogni sera, dopo le lezioni e gli impegni sparsi per Firenze, si ritrovavano nel grande salotto con divani morbidi, una finestra aperta sulla cupola del Duomo e calici di vino sempre pronti.
Quella sera stavano cenando insieme, un pasto semplice ma condiviso, risate leggere tra un bicchiere e l’altro, il brusio della città che filtrava da una finestra socchiusa. Nessuna intenzione particolare, nessun rito stabilito. Solo la complicità di chi divide le giornate e i segreti.
Fu Ludovica, con un sorriso malizioso, a rompere l'equilibrio.
— Ragazze... oggi mi è successa una cosa che merita di essere raccontata.
Martina si girò subito verso di lei, il cucchiaio ancora sospeso a mezz'aria.
— Oh, avanti. Adoro quando fai quella faccia. Spara.
Ludovica si sistemò meglio sulla sedia, accavallando le gambe con lentezza.
— Dovevo lavorare con Lorenzo per un progetto. Siamo finiti a casa sua. Ma invece di lavorare... lui si è avvicinato e ha cominciato a baciarmi il collo. Lentamente, senza dire una parola. Io parlavo ancora del progetto, ma la voce mi tremava. Le sue mani hanno cominciato a esplorarmi sotto la maglia.
— Ti prego, continua — disse Chiara, già visibilmente divertita, mentre sorseggiava il vino.
— Mi ha sollevata e messa sul tavolo della cucina. Le sue dita erano calde, veloci, ma precise. Ha spostato solo le mutandine. E poi... la sua lingua. Ha iniziato piano, ma con intensità. Mi ha fatta venire così forte che ho graffiato il legno del tavolo.
Martina si morse il labbro.
— Questa la voglio provare. Con chi, non lo so. Ma la provo.
— Aspetta — disse Ludovica — non è finita. Dopo mi ha presa in braccio, mi ha portata sul letto e mi ha girata a pancia in giù. Mi ha leccata da dietro, con lentezza, come se stesse gustando un piatto pregiato. Poi mi ha chiesto se poteva entrare. Aveva il preservativo già pronto. È entrato piano, profondo. Mi parlava all'orecchio. "Così. Rilassati. Sei bellissima." Mi ha fatta venire di nuovo.
Il silenzio che seguì fu pieno. Non imbarazzato. Carico.
Chiara fu la seconda a parlare.
— Io oggi ho incontrato il professore di Restauro. Dovevo consegnargli dei disegni. Mi ha detto che ho mani da artista. Poi ha preso la mia mano e l’ha tenuta nella sua per troppo tempo. Era evidente. Mi sentivo umida sotto ai jeans solo per quello. Poi sono entrata nel suo studio... e c'era silenzio. Solo noi due. Ha chiuso la porta, si è avvicinato, e ha sfiorato i miei capelli. Mi ha detto che il mio tratto è “sensuale”. Poi, senza preavviso, mi ha baciata. E io... gli ho risposto. Con fame.
— Ma siete andati fino in fondo? — chiese Sofia con voce sottile.
Chiara sorrise.
— Sul tavolo. Mi ha fatto sdraiare, ha spostato appena i pantaloni e mi ha leccata. Non smetteva. E io non riuscivo a controllarmi. Alla fine l’ho presa io in mano. L’ho cavalcato, con i disegni sparsi a terra. Nessuna parola dopo. Solo silenzio. Ma un silenzio pieno.
Sofia, visibilmente eccitata, prese un sorso di vino.
— Tocca a me, allora... — disse piano, come se fosse una confessione troppo intima.
— Biblioteca, sabato scorso. Quasi vuota. C’era Tommaso, quello di Storia Moderna. Ci siamo messi a parlare... e poi, all’improvviso, mi ha baciata. Forte. Mi ha spinta contro uno scaffale, mi ha infilato una mano sotto la maglia e ha trovato il seno. Non so cosa mi sia preso, ma l’ho lasciato fare. Poi mi ha sussurrato: “Voglio sentire la tua bocca”. E io... mi sono inginocchiata lì. Sotto le luci fioche. Gli ho preso il cazzo in bocca e lui gemeva come se fossimo in un porno. Mi ha detto: “Voglio restituirti il favore... ma con calma. A casa mia.”
Martina applaudì piano.
— Sei una perla nascosta, Sofi.
E poi, con una risatina:
— Va bene, ora tocca a me. Riccardo. Oggi. Bagno della mensa. Mi ha tirata dentro, mi ha presa da dietro. Forte, veloce. Lo sapevo che lo voleva da tempo. Poi la sera sono andata da Gabriele. Più lento. Più delicato. Ha passato dieci minuti a succhiarmi i capezzoli. Ero già bagnata prima che arrivasse alla figa. E quando ci è arrivato... sono venuta due volte con la sua lingua.
Le parole si fecero più lente. I movimenti anche. Le gambe si sfioravano sotto il tavolo. Gli sguardi erano umidi, lucidi. Nessuna diceva niente, ma tutte lo sapevano. Si stavano eccitando. I respiri erano diventati più profondi. Alcune si mordevano le labbra, altre giocherellavano con il bicchiere o con la forchetta.
Poi, il campanello.
Un brivido attraversò il tavolo.
— Chi è a quest’ora? — chiese Chiara, alzandosi.
Quando aprì la porta, trovò quattro ragazzi. Amici di corso. Con una bottiglia in mano e sorrisi furbi.
— Ciao. Passavamo di qui... disturbo?
Chiara li guardò, poi voltò lo sguardo verso le altre.
Tutte tacquero. Ma gli occhi dicevano sì.
— Entrate pure...
I ragazzi entrarono con un’aria che mescolava ironia e aspettativa, quella tipica complicità tra giovani adulti che si conoscono abbastanza da sapere dove spingersi. Erano quattro: Marco, alto, moro, occhi chiari e un’aria da musicista disordinato. Tommaso, lo stesso del racconto di Sofia, che la guardò con un sorriso appena accennato. Andrea, simpatico, sempre con una battuta pronta, e Leonardo, serio, con una voce bassa e calma che faceva venire i brividi.
Le ragazze si ricomposero appena, ma l’eccitazione rimaneva sospesa nell’aria, come una nube profumata di desiderio e vino rosso. I ragazzi si sedettero tra loro, occupando il divano e le poltrone, ridendo, stappando la bottiglia.
— Stavamo parlando di voi, proprio adesso — disse Martina, lanciando un’occhiata provocante.
— Davvero? — rispose Marco. — Spero bene.
— Più che bene, direi... dettagliatamente — aggiunse Chiara, con un mezzo sorriso da gatta sorniona.
Lo scambio di sguardi si fece più denso. Tommaso si avvicinò a Sofia, che abbassò gli occhi, ma sorrise. Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio, e lei arrossì di colpo. Ludovica si sedette accanto a Leonardo, che le offrì un bicchiere di vino e le sfiorò le dita nel passarglielo. Lei non lo ritrasse. Anzi, le lasciò indugiare un attimo in più.
La conversazione si fece più calda. I racconti si trasformarono in giochi. Martina propose di continuare con le "confessioni", ma includendo anche i ragazzi. Chiara, seduta a gambe incrociate sul tappeto, prese il controllo.
— Regole semplici. Si racconta qualcosa di veramente eccitante che ci è successo. Più spinti siamo, meglio è.
Andrea fu il primo. Raccontò di una ragazza incontrata in biblioteca che gli aveva fatto un pompino improvviso tra gli scaffali, poi si era tolta le mutandine e si era seduta su di lui, sussurrandogli di non fare rumore. I racconti successivi seguirono quella scia: Marco raccontò di un ménage con due amiche, Leonardo parlò di un incontro notturno al Piazzale Michelangelo con una sconosciuta che voleva farsi leccare guardando Firenze dall’alto.
Ogni racconto accendeva di più la stanza. Gli sguardi diventavano carezze, le mani iniziavano a posarsi sui fianchi, sui colli, tra le cosce. Tommaso fece scivolare le dita tra le gambe di Sofia. Lei gemette piano. Marco baciò Chiara sul collo, poi sulla bocca. Andrea si trovò con Martina sulle ginocchia, la bocca che cercava la sua, le mani che già sbottonavano i pantaloni.
Leonardo si chinò su Ludovica. Le baciò la spalla, poi scese lungo il seno, la pancia, fino a inginocchiarsi tra le sue gambe aperte. Le leccò piano, con attenzione. Lei gemeva, le dita tra i capelli di lui.
Chiara fu spinta dolcemente sul divano da Marco. Lui la spogliò con lentezza, baciandole ogni centimetro di pelle. Poi la fece girare a quattro zampe, e la prese da dietro, tenendole i fianchi, mentre lei si mordeva il cuscino per non urlare.
Martina era già nuda, cavalcava Andrea sul tappeto. Il suo seno rimbalzava a ogni movimento, mentre le sue mani gli affondavano nelle spalle. Gli diceva: “Guarda come mi prendo quello che voglio.”
Sofia era completamente aperta, sdraiata sul tavolino da caffè, mentre Tommaso la leccava con passione crescente. Ogni colpo di lingua era più deciso. Lei lo tirava a sé, si muoveva, gemeva il suo nome.
Il salotto era diventato un luogo sacro del piacere. I corpi si muovevano in un ritmo comune, come un’unica grande onda erotica che travolgeva ogni cosa.
Dopo i primi orgasmi, nessuno voleva fermarsi. Anzi. Quando si scambiarono gli sguardi tra un respiro e l’altro, fu Chiara a proporlo:
— E se ci scambiassimo?
Marco sorrise al suggerimento di Chiara.
— Un sorteggio? Scambiamoci. Ma a caso.
Fu Ludovica a prendere l'iniziativa: scrisse i nomi su dei foglietti e li infilò in una ciotola. Ogni ragazza pescò il nome di un ragazzo, e viceversa. Le nuove coppie erano:
Martina con Marco
Sofia con Andrea
Chiara con Leonardo
Ludovica con Tommaso
Martina spinse Marco sul divano e si inginocchiò subito tra le sue gambe. Lo guardava mentre lo prendeva in bocca, profondamente, con movimenti decisi ma sensuali. Marco gemeva, la guardava adorante, mentre le mani si infilavano tra i suoi capelli.
Sofia si lasciava condurre da Andrea con una dolcezza che le scioglieva le gambe. Lui la spogliò completamente e la baciò sul ventre, tra i seni, sulle ginocchia. Quando scese tra le sue cosce, la fece impazzire: usava la lingua con maestria, con attenzione, alternando intensità e tenerezza. Lei si contorceva sotto di lui, bagnata, tremante, graffiandogli la schiena.
Leonardo prese Chiara tra le braccia, la portò in camera e la fece stendere sul letto. Le baciò le caviglie, le cosce, l’interno dei polsi. Quando la penetrò, lentamente, Chiara si avvolse attorno a lui con le gambe, baciandolo sulla bocca, gemendo nel suo orecchio.
Ludovica spinse Tommaso sulla sedia. Gli salì in grembo e lo fece entrare dentro di lei con un solo movimento, profondo, bagnatissima. Cominciò a muoversi, avanti e indietro, le mani sulle sue spalle, i capezzoli tesi e duri. Lui le baciava il collo e le mordicchiava il lobo mentre le dita le accarezzavano la schiena.
Quando le coppie si riunirono nel salotto, l’atmosfera era ancora densa. Tutti nudi, sudati, ma ancora affamati.
Chiara sorrise.
— Terzo giro?
Sofia si inginocchiò tra le gambe di Leonardo, lo prese in bocca con lentezza, lasciando scivolare la lingua su tutta la lunghezza. Leonardo le accarezzava i capelli e la guardava con occhi scuri e lucidi.
Martina e Tommaso si ritrovarono sul tappeto: lui le leccava i capezzoli mentre la penetrava con due dita.
Andrea prese Ludovica da dietro, mentre lei si teneva al tavolo della cucina. Le sussurrava parole spinte, e lei gemeva in risposta.
Chiara si sedette sul viso di Marco, che la leccava con avidità, le mani sulle sue cosce, mentre lei si accarezzava i capezzoli e muoveva i fianchi.
Ogni angolo della casa era invaso dal suono di pelle contro pelle, gemiti soffocati, respiri accelerati.
Quando il silenzio sembrava prendere il sopravvento, fu di nuovo Chiara a parlare.
— Nessuno ha voglia di dormire, vero?
I sorrisi furono la sola risposta.
Martina si alzò, ancora nuda, e prese il mazzo di carte da uno dei cassetti sotto la libreria.
— Regole semplici. Chi pesca il re comanda. Chi pesca la regina, obbedisce.
Sofia pescò una regina. Marco il re. Lui la guardò con un sorriso storto.
— Spogliati di nuovo. Ma lentamente. E fallo sopra di me.
Sofia si avvicinò a Marco, si inginocchiò, poi si alzò in piedi davanti a lui e cominciò a sfilarsi la maglietta con movimenti lenti, ondeggiando i fianchi. Si tolse le mutandine con teatralità, poi gli salì sopra. Le sue mani si posavano sul petto di lui, i suoi capezzoli duri sfioravano la sua pelle mentre lo guardava negli occhi.
— Muoviti — sussurrò lui. E lei obbedì. Con lentezza, poi con crescente intensità, finché Marco non la prese per i fianchi e la fece rimbalzare su di sé, facendole emettere gemiti acuti e tremanti.
Leonardo e Chiara erano sul divano. Lui le stava baciando il seno mentre lei gli si strofinava contro, bagnata, ansiosa. Poi si inginocchiò davanti a lui, prese il suo membro tra le mani e lo avvolse con la bocca, lenta e precisa, mentre lo guardava con occhi sottomessi e affamati.
Ludovica pescò una regina. Andrea il re.
— Ti voglio in ginocchio, davanti a tutti. Voglio vederti gemere con la lingua di Tommaso sulla tua figa mentre ti penetro con due dita.
E fu così. Ludovica si mise a quattro zampe. Tommaso si chinò tra le sue cosce, la lingua calda e morbida, mentre Andrea le apriva le labbra con le dita e la penetrava con movimenti sicuri, precisi. Il suo corpo tremava a ogni colpo, i gemiti sempre più alti, più profondi, più arrendevoli.
Martina pescò un re. Guardò tutti.
— Mi voglio sedere sul viso di qualcuno. E voglio due dita dentro mentre vengo.
Leonardo si alzò, si stese sul tappeto. Martina lo cavalcò al contrario, mettendogli la figa sulla bocca, mentre Andrea si avvicinava e la penetrava con le dita da dietro, facendola gridare. I suoi gemiti riempivano l’aria, rotti solo dai suoni umidi del piacere.
Poi i giochi svanirono. Rimase solo il desiderio, puro, selvaggio.
Sofia prese Ludovica per mano e la baciò sulla bocca con una lentezza che fece vibrare la stanza. Le loro mani esplorarono i corpi nude, i capezzoli, le cosce, le bocche che scendevano tra le gambe l’una dell’altra mentre i ragazzi guardavano, eccitati.
Chiara e Martina si accarezzavano sul divano, nude, sdraiate una sopra l’altra, mentre Tommaso e Marco si alternavano nel leccarle, penetrarle, mordicchiarle.
Alla fine, tutti vennero ancora. E ancora.
Corpi che si fondevano. Gocce di sudore che scorrevano lungo le schiene. Urla soffocate contro i cuscini. Capezzoli tirati, clitoridi pulsanti, lingue che non si fermavano, mani ovunque.
E poi il silenzio. Il vero silenzio. Quello sazio. Quello che non chiede altro.
Erano tutti stesi nel salotto, sopra coperte e cuscini, mescolati, abbracciati. Il sole cominciava appena a filtrare dalle finestre, sfiorando i corpi nudi e appagati.
Martina si stiracchiò, sorridendo.
— Forse ora possiamo dormire un po’.
Chiara sbuffò piano.
— Solo se domani si ricomincia.
Fuori, Firenze si svegliava piano. Ma in Via dei Neri, il mondo era già stato riscoperto. Corpo dopo corpo.
Quella sera stavano cenando insieme, un pasto semplice ma condiviso, risate leggere tra un bicchiere e l’altro, il brusio della città che filtrava da una finestra socchiusa. Nessuna intenzione particolare, nessun rito stabilito. Solo la complicità di chi divide le giornate e i segreti.
Fu Ludovica, con un sorriso malizioso, a rompere l'equilibrio.
— Ragazze... oggi mi è successa una cosa che merita di essere raccontata.
Martina si girò subito verso di lei, il cucchiaio ancora sospeso a mezz'aria.
— Oh, avanti. Adoro quando fai quella faccia. Spara.
Ludovica si sistemò meglio sulla sedia, accavallando le gambe con lentezza.
— Dovevo lavorare con Lorenzo per un progetto. Siamo finiti a casa sua. Ma invece di lavorare... lui si è avvicinato e ha cominciato a baciarmi il collo. Lentamente, senza dire una parola. Io parlavo ancora del progetto, ma la voce mi tremava. Le sue mani hanno cominciato a esplorarmi sotto la maglia.
— Ti prego, continua — disse Chiara, già visibilmente divertita, mentre sorseggiava il vino.
— Mi ha sollevata e messa sul tavolo della cucina. Le sue dita erano calde, veloci, ma precise. Ha spostato solo le mutandine. E poi... la sua lingua. Ha iniziato piano, ma con intensità. Mi ha fatta venire così forte che ho graffiato il legno del tavolo.
Martina si morse il labbro.
— Questa la voglio provare. Con chi, non lo so. Ma la provo.
— Aspetta — disse Ludovica — non è finita. Dopo mi ha presa in braccio, mi ha portata sul letto e mi ha girata a pancia in giù. Mi ha leccata da dietro, con lentezza, come se stesse gustando un piatto pregiato. Poi mi ha chiesto se poteva entrare. Aveva il preservativo già pronto. È entrato piano, profondo. Mi parlava all'orecchio. "Così. Rilassati. Sei bellissima." Mi ha fatta venire di nuovo.
Il silenzio che seguì fu pieno. Non imbarazzato. Carico.
Chiara fu la seconda a parlare.
— Io oggi ho incontrato il professore di Restauro. Dovevo consegnargli dei disegni. Mi ha detto che ho mani da artista. Poi ha preso la mia mano e l’ha tenuta nella sua per troppo tempo. Era evidente. Mi sentivo umida sotto ai jeans solo per quello. Poi sono entrata nel suo studio... e c'era silenzio. Solo noi due. Ha chiuso la porta, si è avvicinato, e ha sfiorato i miei capelli. Mi ha detto che il mio tratto è “sensuale”. Poi, senza preavviso, mi ha baciata. E io... gli ho risposto. Con fame.
— Ma siete andati fino in fondo? — chiese Sofia con voce sottile.
Chiara sorrise.
— Sul tavolo. Mi ha fatto sdraiare, ha spostato appena i pantaloni e mi ha leccata. Non smetteva. E io non riuscivo a controllarmi. Alla fine l’ho presa io in mano. L’ho cavalcato, con i disegni sparsi a terra. Nessuna parola dopo. Solo silenzio. Ma un silenzio pieno.
Sofia, visibilmente eccitata, prese un sorso di vino.
— Tocca a me, allora... — disse piano, come se fosse una confessione troppo intima.
— Biblioteca, sabato scorso. Quasi vuota. C’era Tommaso, quello di Storia Moderna. Ci siamo messi a parlare... e poi, all’improvviso, mi ha baciata. Forte. Mi ha spinta contro uno scaffale, mi ha infilato una mano sotto la maglia e ha trovato il seno. Non so cosa mi sia preso, ma l’ho lasciato fare. Poi mi ha sussurrato: “Voglio sentire la tua bocca”. E io... mi sono inginocchiata lì. Sotto le luci fioche. Gli ho preso il cazzo in bocca e lui gemeva come se fossimo in un porno. Mi ha detto: “Voglio restituirti il favore... ma con calma. A casa mia.”
Martina applaudì piano.
— Sei una perla nascosta, Sofi.
E poi, con una risatina:
— Va bene, ora tocca a me. Riccardo. Oggi. Bagno della mensa. Mi ha tirata dentro, mi ha presa da dietro. Forte, veloce. Lo sapevo che lo voleva da tempo. Poi la sera sono andata da Gabriele. Più lento. Più delicato. Ha passato dieci minuti a succhiarmi i capezzoli. Ero già bagnata prima che arrivasse alla figa. E quando ci è arrivato... sono venuta due volte con la sua lingua.
Le parole si fecero più lente. I movimenti anche. Le gambe si sfioravano sotto il tavolo. Gli sguardi erano umidi, lucidi. Nessuna diceva niente, ma tutte lo sapevano. Si stavano eccitando. I respiri erano diventati più profondi. Alcune si mordevano le labbra, altre giocherellavano con il bicchiere o con la forchetta.
Poi, il campanello.
Un brivido attraversò il tavolo.
— Chi è a quest’ora? — chiese Chiara, alzandosi.
Quando aprì la porta, trovò quattro ragazzi. Amici di corso. Con una bottiglia in mano e sorrisi furbi.
— Ciao. Passavamo di qui... disturbo?
Chiara li guardò, poi voltò lo sguardo verso le altre.
Tutte tacquero. Ma gli occhi dicevano sì.
— Entrate pure...
I ragazzi entrarono con un’aria che mescolava ironia e aspettativa, quella tipica complicità tra giovani adulti che si conoscono abbastanza da sapere dove spingersi. Erano quattro: Marco, alto, moro, occhi chiari e un’aria da musicista disordinato. Tommaso, lo stesso del racconto di Sofia, che la guardò con un sorriso appena accennato. Andrea, simpatico, sempre con una battuta pronta, e Leonardo, serio, con una voce bassa e calma che faceva venire i brividi.
Le ragazze si ricomposero appena, ma l’eccitazione rimaneva sospesa nell’aria, come una nube profumata di desiderio e vino rosso. I ragazzi si sedettero tra loro, occupando il divano e le poltrone, ridendo, stappando la bottiglia.
— Stavamo parlando di voi, proprio adesso — disse Martina, lanciando un’occhiata provocante.
— Davvero? — rispose Marco. — Spero bene.
— Più che bene, direi... dettagliatamente — aggiunse Chiara, con un mezzo sorriso da gatta sorniona.
Lo scambio di sguardi si fece più denso. Tommaso si avvicinò a Sofia, che abbassò gli occhi, ma sorrise. Lui le sussurrò qualcosa all’orecchio, e lei arrossì di colpo. Ludovica si sedette accanto a Leonardo, che le offrì un bicchiere di vino e le sfiorò le dita nel passarglielo. Lei non lo ritrasse. Anzi, le lasciò indugiare un attimo in più.
La conversazione si fece più calda. I racconti si trasformarono in giochi. Martina propose di continuare con le "confessioni", ma includendo anche i ragazzi. Chiara, seduta a gambe incrociate sul tappeto, prese il controllo.
— Regole semplici. Si racconta qualcosa di veramente eccitante che ci è successo. Più spinti siamo, meglio è.
Andrea fu il primo. Raccontò di una ragazza incontrata in biblioteca che gli aveva fatto un pompino improvviso tra gli scaffali, poi si era tolta le mutandine e si era seduta su di lui, sussurrandogli di non fare rumore. I racconti successivi seguirono quella scia: Marco raccontò di un ménage con due amiche, Leonardo parlò di un incontro notturno al Piazzale Michelangelo con una sconosciuta che voleva farsi leccare guardando Firenze dall’alto.
Ogni racconto accendeva di più la stanza. Gli sguardi diventavano carezze, le mani iniziavano a posarsi sui fianchi, sui colli, tra le cosce. Tommaso fece scivolare le dita tra le gambe di Sofia. Lei gemette piano. Marco baciò Chiara sul collo, poi sulla bocca. Andrea si trovò con Martina sulle ginocchia, la bocca che cercava la sua, le mani che già sbottonavano i pantaloni.
Leonardo si chinò su Ludovica. Le baciò la spalla, poi scese lungo il seno, la pancia, fino a inginocchiarsi tra le sue gambe aperte. Le leccò piano, con attenzione. Lei gemeva, le dita tra i capelli di lui.
Chiara fu spinta dolcemente sul divano da Marco. Lui la spogliò con lentezza, baciandole ogni centimetro di pelle. Poi la fece girare a quattro zampe, e la prese da dietro, tenendole i fianchi, mentre lei si mordeva il cuscino per non urlare.
Martina era già nuda, cavalcava Andrea sul tappeto. Il suo seno rimbalzava a ogni movimento, mentre le sue mani gli affondavano nelle spalle. Gli diceva: “Guarda come mi prendo quello che voglio.”
Sofia era completamente aperta, sdraiata sul tavolino da caffè, mentre Tommaso la leccava con passione crescente. Ogni colpo di lingua era più deciso. Lei lo tirava a sé, si muoveva, gemeva il suo nome.
Il salotto era diventato un luogo sacro del piacere. I corpi si muovevano in un ritmo comune, come un’unica grande onda erotica che travolgeva ogni cosa.
Dopo i primi orgasmi, nessuno voleva fermarsi. Anzi. Quando si scambiarono gli sguardi tra un respiro e l’altro, fu Chiara a proporlo:
— E se ci scambiassimo?
Marco sorrise al suggerimento di Chiara.
— Un sorteggio? Scambiamoci. Ma a caso.
Fu Ludovica a prendere l'iniziativa: scrisse i nomi su dei foglietti e li infilò in una ciotola. Ogni ragazza pescò il nome di un ragazzo, e viceversa. Le nuove coppie erano:
Martina con Marco
Sofia con Andrea
Chiara con Leonardo
Ludovica con Tommaso
Martina spinse Marco sul divano e si inginocchiò subito tra le sue gambe. Lo guardava mentre lo prendeva in bocca, profondamente, con movimenti decisi ma sensuali. Marco gemeva, la guardava adorante, mentre le mani si infilavano tra i suoi capelli.
Sofia si lasciava condurre da Andrea con una dolcezza che le scioglieva le gambe. Lui la spogliò completamente e la baciò sul ventre, tra i seni, sulle ginocchia. Quando scese tra le sue cosce, la fece impazzire: usava la lingua con maestria, con attenzione, alternando intensità e tenerezza. Lei si contorceva sotto di lui, bagnata, tremante, graffiandogli la schiena.
Leonardo prese Chiara tra le braccia, la portò in camera e la fece stendere sul letto. Le baciò le caviglie, le cosce, l’interno dei polsi. Quando la penetrò, lentamente, Chiara si avvolse attorno a lui con le gambe, baciandolo sulla bocca, gemendo nel suo orecchio.
Ludovica spinse Tommaso sulla sedia. Gli salì in grembo e lo fece entrare dentro di lei con un solo movimento, profondo, bagnatissima. Cominciò a muoversi, avanti e indietro, le mani sulle sue spalle, i capezzoli tesi e duri. Lui le baciava il collo e le mordicchiava il lobo mentre le dita le accarezzavano la schiena.
Quando le coppie si riunirono nel salotto, l’atmosfera era ancora densa. Tutti nudi, sudati, ma ancora affamati.
Chiara sorrise.
— Terzo giro?
Sofia si inginocchiò tra le gambe di Leonardo, lo prese in bocca con lentezza, lasciando scivolare la lingua su tutta la lunghezza. Leonardo le accarezzava i capelli e la guardava con occhi scuri e lucidi.
Martina e Tommaso si ritrovarono sul tappeto: lui le leccava i capezzoli mentre la penetrava con due dita.
Andrea prese Ludovica da dietro, mentre lei si teneva al tavolo della cucina. Le sussurrava parole spinte, e lei gemeva in risposta.
Chiara si sedette sul viso di Marco, che la leccava con avidità, le mani sulle sue cosce, mentre lei si accarezzava i capezzoli e muoveva i fianchi.
Ogni angolo della casa era invaso dal suono di pelle contro pelle, gemiti soffocati, respiri accelerati.
Quando il silenzio sembrava prendere il sopravvento, fu di nuovo Chiara a parlare.
— Nessuno ha voglia di dormire, vero?
I sorrisi furono la sola risposta.
Martina si alzò, ancora nuda, e prese il mazzo di carte da uno dei cassetti sotto la libreria.
— Regole semplici. Chi pesca il re comanda. Chi pesca la regina, obbedisce.
Sofia pescò una regina. Marco il re. Lui la guardò con un sorriso storto.
— Spogliati di nuovo. Ma lentamente. E fallo sopra di me.
Sofia si avvicinò a Marco, si inginocchiò, poi si alzò in piedi davanti a lui e cominciò a sfilarsi la maglietta con movimenti lenti, ondeggiando i fianchi. Si tolse le mutandine con teatralità, poi gli salì sopra. Le sue mani si posavano sul petto di lui, i suoi capezzoli duri sfioravano la sua pelle mentre lo guardava negli occhi.
— Muoviti — sussurrò lui. E lei obbedì. Con lentezza, poi con crescente intensità, finché Marco non la prese per i fianchi e la fece rimbalzare su di sé, facendole emettere gemiti acuti e tremanti.
Leonardo e Chiara erano sul divano. Lui le stava baciando il seno mentre lei gli si strofinava contro, bagnata, ansiosa. Poi si inginocchiò davanti a lui, prese il suo membro tra le mani e lo avvolse con la bocca, lenta e precisa, mentre lo guardava con occhi sottomessi e affamati.
Ludovica pescò una regina. Andrea il re.
— Ti voglio in ginocchio, davanti a tutti. Voglio vederti gemere con la lingua di Tommaso sulla tua figa mentre ti penetro con due dita.
E fu così. Ludovica si mise a quattro zampe. Tommaso si chinò tra le sue cosce, la lingua calda e morbida, mentre Andrea le apriva le labbra con le dita e la penetrava con movimenti sicuri, precisi. Il suo corpo tremava a ogni colpo, i gemiti sempre più alti, più profondi, più arrendevoli.
Martina pescò un re. Guardò tutti.
— Mi voglio sedere sul viso di qualcuno. E voglio due dita dentro mentre vengo.
Leonardo si alzò, si stese sul tappeto. Martina lo cavalcò al contrario, mettendogli la figa sulla bocca, mentre Andrea si avvicinava e la penetrava con le dita da dietro, facendola gridare. I suoi gemiti riempivano l’aria, rotti solo dai suoni umidi del piacere.
Poi i giochi svanirono. Rimase solo il desiderio, puro, selvaggio.
Sofia prese Ludovica per mano e la baciò sulla bocca con una lentezza che fece vibrare la stanza. Le loro mani esplorarono i corpi nude, i capezzoli, le cosce, le bocche che scendevano tra le gambe l’una dell’altra mentre i ragazzi guardavano, eccitati.
Chiara e Martina si accarezzavano sul divano, nude, sdraiate una sopra l’altra, mentre Tommaso e Marco si alternavano nel leccarle, penetrarle, mordicchiarle.
Alla fine, tutti vennero ancora. E ancora.
Corpi che si fondevano. Gocce di sudore che scorrevano lungo le schiene. Urla soffocate contro i cuscini. Capezzoli tirati, clitoridi pulsanti, lingue che non si fermavano, mani ovunque.
E poi il silenzio. Il vero silenzio. Quello sazio. Quello che non chiede altro.
Erano tutti stesi nel salotto, sopra coperte e cuscini, mescolati, abbracciati. Il sole cominciava appena a filtrare dalle finestre, sfiorando i corpi nudi e appagati.
Martina si stiracchiò, sorridendo.
— Forse ora possiamo dormire un po’.
Chiara sbuffò piano.
— Solo se domani si ricomincia.
Fuori, Firenze si svegliava piano. Ma in Via dei Neri, il mondo era già stato riscoperto. Corpo dopo corpo.
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