Via dei Bardi - 13 Di nuovo in Via dei Bardi

di
genere
prime esperienze

Quando Chiara riaprì la porta dell’appartamento, il primo respiro che fece fu un misto di polvere e familiarità. L’aria sapeva di chiuso e di cose lasciate in sospeso. C’erano ancora due tazze nel lavandino, una candela consumata sul tavolo, una finestra lasciata leggermente aperta da chissà quale sera d’estate.

Posò il trolley nell’ingresso e si tolse le scarpe.
Camminò scalza fino al soggiorno.

Tutto era come l’avevano lasciato.
Ma lei non era più la stessa.

Girò per casa con la lentezza di chi rientra in un luogo amato.
Aprì le finestre. Spolverò con un vecchio straccio. Sistemò i cuscini sul divano.
Poi entrò nella camera di Giulia.
Lo fece senza pensarci.
Il letto era rifatto, ma disordinato. C’erano ancora le ciabatte sotto la scrivania. Una bottiglietta d’acqua a metà sul comodino.

Chiara si sedette un attimo lì.
Chiuse gli occhi.
E vide una schiena nuda, sotto quelle stesse lenzuola.
Una mano che si muoveva piano. Un fiato spezzato.

Si alzò di scatto.

Il giorno dopo, Giulia arrivò nel tardo pomeriggio.

Chiara la sentì salire le scale, prima ancora di sentire la chiave nella toppa.
Si mise davanti alla porta.

Quando si aprì, non dissero nulla.
Solo uno sguardo. Lungo.
E poi un abbraccio.
Stretto. Sincero. Un po’ più lungo del necessario.

«Casa nostra,» disse Giulia piano.

Chiara annuì.
«Tua e mia.»

Passarono il resto della serata insieme.
Nessun programma.
Solo casa.

Cucinarono qualcosa di semplice. Riso e zucchine.
Mangiarono in soggiorno, gambe incrociate sul divano.
Ridevano delle solite cose: i rumori del vicino, il frigorifero che vibra a singhiozzi, la porta del bagno che si incastra.

Ma ridevano diversamente.
Con gli occhi che restavano un po’ troppo a lungo addosso all’altra.

Chiara notò che Giulia si toccava spesso la base del collo, come quando era nervosa.
Giulia notò che Chiara si mordeva il labbro inferiore, ogni volta che abbassava lo sguardo sul bicchiere.

Dopo cena, guardarono un film.
Uno scelto a caso.
Ma nemmeno lo seguirono davvero.

Il divano era stretto.
E a un certo punto, le gambe si toccarono.
Prima per sbaglio.
Poi per scelta.

Giulia si appoggiò con la testa alla spalla di Chiara.
Chiara non si mosse.
Anzi.
Le passò una mano tra i capelli.
Una carezza lunga. Lenta.
Poi la lasciò lì.

Nessuna parlò.

Quando il film finì, Giulia sbadigliò.
«Vado a letto.»

Chiara la guardò.
«Buonanotte.»

Giulia si voltò.
«A domani.»

Quella notte, nessuna delle due dormì subito.

Chiara si rigirava tra le lenzuola. Il corpo teso. Il petto caldo.
Aveva il profumo di Giulia sulle dita. Non sapeva come, ma ce l’aveva.

Giulia, dall’altra parte del muro, fissava il soffitto.
E si chiedeva come mai un abbraccio potesse avere quel sapore sulla pelle.

Domani, sarebbe stato il primo giorno di un nuovo anno accademico.
E forse… anche il primo giorno di qualcosa d’altro.

_________

La luce entrava tiepida, sfiorando la parete del corridoio e poi la soglia della cucina. Firenze si stava svegliando lentamente, ancora calda, ma non più feroce come a luglio.
Era la fine dell’estate, quel momento sospeso in cui l’aria ha un odore che non si riesce a descrivere, ma che tutti riconoscono: un misto di novità e malinconia.

Chiara si era svegliata prima.

Era scesa dal letto senza fare rumore, si era infilata una maglietta larga e aveva raccolto i capelli in uno chignon disordinato. Aveva messo su il caffè, tagliato due fette di pane, aperto la finestra.

La casa, silenziosa, sembrava trattenere il respiro.

Alle otto e mezza, la porta della camera di Giulia si aprì.

Chiara non si voltò subito.
Sentì solo il passo nudo sul parquet, e un brivido le attraversò la schiena.

«Buongiorno…»
La voce di Giulia era bassa, roca di sonno.
Quasi un sussurro.

Chiara si voltò.
Giulia era bellissima.

Una canottiera leggera, infilata nei pantaloncini del pigiama. I capelli sciolti, spettinati.
La pelle leggermente arrossata dal caldo. I capezzoli visibili sotto il tessuto chiaro.
Camminava piano, come se non volesse disturbare l’aria.

«Hai fatto il caffè?»
«Sta per salire.»

Giulia si sedette sulla sedia di fronte, a gambe incrociate.
Si strofinò il viso.
Poi sbadigliò.

Chiara le versò il caffè in silenzio.
Poi lo fece per sé.
Si sedettero una di fronte all’altra, come se fosse un giorno qualsiasi.

Ma non lo era.
Niente lo era più.

«Dormito?»
«Poco.»

«Male?»
«No… solo tanto nella testa.»

Chiara annuì.
Capiva benissimo.

Le mani di Giulia si attorcigliavano attorno alla tazza calda.
Chiara la guardava bere, e intanto ripensava al messaggio della sera prima.
Alle parole non dette.
Alla promessa silenziosa di quella mattina.

«Sai che profumo ha la tua maglietta?»
Chiara sollevò lo sguardo.
«Di cosa?»

«Di te, ma dopo una giornata intera. Quando sei un po’ stanca. Quando sudi appena dietro le ginocchia. Quando ti infili sotto le coperte senza toglierti tutto.»

Chiara arrossì appena.
Si mise una mano tra i capelli.
Poi sorrise.

«Sai che cammini scalza come se avessi paura di svegliare qualcuno anche quando siamo solo noi due?»

Giulia rise.
«Tu respiri piano quando sei eccitata. Non gemi. Trattieni. E poi allunghi i piedi. Li spingi avanti, come se il piacere ti salisse dalle caviglie.»

Silenzio.
Poi un altro sorso di caffè.

La tensione era liquida.
Si muoveva tra loro come un’onda, accarezzava tutto, senza ancora colpire.

La mattina passò tra libri aperti, quaderni da riorganizzare, appunti da stampare.
Sparpagliarono tutto sul tavolo.
Ogni tanto le mani si sfioravano.
Ogni tanto no.

Giulia si allungava per prendere qualcosa e la maglietta si sollevava: l’elastico degli slip visibile, il fianco scoperto.
Chiara si chinava in avanti, i capelli che cadevano sul volto, e Giulia si perdeva a guardarle il collo. Le clavicole. Le dita che si muovevano.

Verso le undici, Giulia si stiracchiò.
Le braccia sopra la testa.
Il ventre in tensione. Il seno che si alzava sotto la maglietta.

«Ho bisogno di una doccia. Mi sento appiccicosa.»

«Vai tu. Poi io.»

«Potremmo farla insieme. Ma sarebbe troppo facile, vero?»

Chiara la guardò.
Né sorpresa, né spaventata.

Solo presente.

«Sì. Sarebbe troppo facile.»

Giulia sorrise.
Sparì in corridoio.

Chiara rimase lì.
Il cuore a mille. Il corpo immobile. La pelle che tremava.

Quando Giulia tornò — i capelli umidi, un asciugamano sulle spalle, una nuova maglietta che le cadeva larga fino a metà coscia — la casa si riempì di profumo: sapone, pelle bagnata, qualcosa di dolce.

«Tua la doccia.»
Chiara si alzò.

Passandole accanto, le sfiorò il braccio.
Un attimo.
Ma il fuoco che lasciò dietro…
non si era ancora estinto.
scritto il
2025-04-08
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