Via dei Bardi - 01 Routine, silenzi e segreti
di
EssEmmE
genere
prime esperienze
Firenze si faceva più intima al calare del sole. Le strade si svuotavano, e le luci calde dei lampioni disegnavano riflessi dorati sulle finestre degli appartamenti. In via dei Bardi, al terzo piano di un palazzo d’epoca, due giovani donne dividevano un appartamento dai ritmi ordinati e dai desideri taciuti. Un equilibrio silenzioso, dove le parole erano poche, ma le fantasie abbondanti.
Chiara aveva ventidue anni. Alta, con una figura snella e proporzionata, il corpo tonico di chi è abituata a trattenersi. I fianchi appena accennati, il ventre piatto, le gambe lunghe e affusolate. La pelle color miele, sempre curata, profumata, rasata con precisione quasi chirurgica. I capelli castani raccolti in una coda stretta, gli occhiali sottili sul naso dritto e le labbra carnose, che sembravano fuori posto sul volto da brava ragazza. Aveva la bellezza composta di chi non cerca attenzioni, ma le attira comunque.
Studentessa di medicina, passava le giornate tra libri, corsi e laboratori. Di tempo per uscire ne aveva poco, e la sera, quando la città si spegneva e il rumore del traffico si affievoliva, si rifugiava nella sua stanza come in un santuario. E lì, nel silenzio complice della notte, apriva il secondo cassetto della scrivania.
Non una scatola sola, ma una vera piccola collezione: un plug anale in acciaio con una pietra rosa all’estremità, un vibratore nero satinato, liscio e affusolato; uno stimolatore clitorideo a onde d’aria, discreto ma micidiale; e poi uno strapon che aveva comprato più per gioco che per altro. Tutti puliti, ordinati, sistemati su un panno di raso rosso come gioielli privati.
Chiara amava scegliere con calma. Si spogliava lentamente, indossava a volte una camicia lunga, a volte restava nuda sotto le coperte. Si lubrificava le dita, massaggiava il proprio sesso con lentezza, esplorandosi con delicatezza e attenzione, come se studiasse la sua anatomia non da futura dottoressa, ma da donna assetata di sé. Le piaceva avvicinarsi all’orgasmo e poi fermarsi, trattenersi sul bordo, godere dell’attesa. Aveva imparato a comandarsi. E proprio quel controllo era ciò che la eccitava di più.
Giulia, invece, era un’altra sinfonia. Ventitré anni, iscritta a filosofia, corpo morbido e sinuoso, seno pieno, vita stretta, cosce generose. I capelli neri ricci le incorniciavano il viso come una corona selvaggia, e i suoi occhi grigi sembravano leggere dentro chiunque. Aveva labbra sempre un po’ dischiuse, come se fosse costantemente sul punto di dire qualcosa di audace.
Nella sua stanza, tra pile di libri e candele consumate, custodiva la propria collezione in una scatola di legno intagliata, comprata in un mercatino a San Lorenzo. Il contenuto era variegato: dildo realistici di diverse misure, una pallina vibrante telecomandata, un massaggiatore wand potente, un paio di manette in velluto e persino una mascherina nera in seta. Giulia si concedeva ogni fantasia. Si sdraiava nuda sul letto, con una cuffia nelle orecchie e la playlist giusta: voci sussurrate, ambienti ovattati, suoni che amplificavano il desiderio.
Le piaceva immaginare situazioni: mani sconosciute, bocche esperte, occhi che la guardavano mentre si toccava. Non aveva bisogno di nessuno, ma non si negava nulla. L’orgasmo era il suo modo di rivendicare il piacere, di affermarsi nel silenzio.
Eppure, tra loro, nulla trapelava. Coinquiline perfette. Educate. Gentili. Distanti. O almeno così era stato, fino a quella sera.
Chiara si preparava per andare in piscina la mattina seguente. Una nuova abitudine presa per staccare dallo studio. Era in bagno, nuda, la porta chiusa ma non chiave. Aveva già passato il rasoio su gambe e ascelle. Ora, con estrema cura, si stava depilando il monte di Venere.
Aveva alzato una gamba sul bordo della vasca, specchio appannato, luce calda sopra la testa. Il pube era già umido, ben rasato ai lati, e stava rifinendo con attenzione la zona sopra il clitoride, lasciando una linea sottile, precisa. Si concentrava sulla simmetria, sull’effetto visivo. Lo faceva per sé. Per la sensazione che le dava avere la pelle liscia e nuda sotto le dita, per quella lieve eccitazione che provava nel vedersi così scoperta.
Non si accorse che Giulia era tornata prima del previsto dalla biblioteca.
La porta si aprì piano.
«Oh... scusa!»
Chiara si voltò di scatto, con un piccolo sussulto. Il rasoio in mano, il pube completamente esposto.
«No, aspetta... ormai sei entrata. Mi dai una mano? Mi manca la crema lenitiva. È nel primo cassetto del comodino.»
Giulia rimase ferma un istante, incantata dalla scena. Gli occhi le scivolarono lungo la schiena liscia, i glutei sodi, il taglio netto della rasatura.
Poi sorrise.
«Certo. Subito.»
Entrò in camera di Chiara, aprì il cassetto... e si fermò. Davanti a lei, come in un’esposizione segreta, c’erano tutti i sex toys di Chiara, ordinati, lucidi, provocanti. Una piccola meraviglia.
Allungò la mano per prendere la crema, ma non poté fare a meno di sfiorare il wand, il plug, lo stimolatore. Un brivido.
Tornò in bagno con la crema in mano. Chiara si era seduta sul bordo della vasca, le cosce leggermente divaricate.
«Scusa ancora,» disse Giulia. «Ma... posso farti una domanda?»
Chiara la guardò. «Dimmi.»
«Come la tieni di solito? Intendo… la rasatura.»
Un silenzio carico di elettricità.
Chiara sorrise, mordendosi il labbro.
«Dipende. In inverno vado più soft. In estate… la tengo liscia. Mi piace sentirmi nuda.»
Un altro secondo di tensione.
«Anche a me,» sussurrò Giulia. «Completamente glabra. Mi fa sentire più… sensibile.»
Le dita di Chiara presero la crema. Ma le sue mani tremavano leggermente.
Qualcosa era stato detto. Qualcosa era stato visto.
E da quel momento, nessuna delle due sarebbe più riuscita a ignorare l’altra.
Chiara aveva ventidue anni. Alta, con una figura snella e proporzionata, il corpo tonico di chi è abituata a trattenersi. I fianchi appena accennati, il ventre piatto, le gambe lunghe e affusolate. La pelle color miele, sempre curata, profumata, rasata con precisione quasi chirurgica. I capelli castani raccolti in una coda stretta, gli occhiali sottili sul naso dritto e le labbra carnose, che sembravano fuori posto sul volto da brava ragazza. Aveva la bellezza composta di chi non cerca attenzioni, ma le attira comunque.
Studentessa di medicina, passava le giornate tra libri, corsi e laboratori. Di tempo per uscire ne aveva poco, e la sera, quando la città si spegneva e il rumore del traffico si affievoliva, si rifugiava nella sua stanza come in un santuario. E lì, nel silenzio complice della notte, apriva il secondo cassetto della scrivania.
Non una scatola sola, ma una vera piccola collezione: un plug anale in acciaio con una pietra rosa all’estremità, un vibratore nero satinato, liscio e affusolato; uno stimolatore clitorideo a onde d’aria, discreto ma micidiale; e poi uno strapon che aveva comprato più per gioco che per altro. Tutti puliti, ordinati, sistemati su un panno di raso rosso come gioielli privati.
Chiara amava scegliere con calma. Si spogliava lentamente, indossava a volte una camicia lunga, a volte restava nuda sotto le coperte. Si lubrificava le dita, massaggiava il proprio sesso con lentezza, esplorandosi con delicatezza e attenzione, come se studiasse la sua anatomia non da futura dottoressa, ma da donna assetata di sé. Le piaceva avvicinarsi all’orgasmo e poi fermarsi, trattenersi sul bordo, godere dell’attesa. Aveva imparato a comandarsi. E proprio quel controllo era ciò che la eccitava di più.
Giulia, invece, era un’altra sinfonia. Ventitré anni, iscritta a filosofia, corpo morbido e sinuoso, seno pieno, vita stretta, cosce generose. I capelli neri ricci le incorniciavano il viso come una corona selvaggia, e i suoi occhi grigi sembravano leggere dentro chiunque. Aveva labbra sempre un po’ dischiuse, come se fosse costantemente sul punto di dire qualcosa di audace.
Nella sua stanza, tra pile di libri e candele consumate, custodiva la propria collezione in una scatola di legno intagliata, comprata in un mercatino a San Lorenzo. Il contenuto era variegato: dildo realistici di diverse misure, una pallina vibrante telecomandata, un massaggiatore wand potente, un paio di manette in velluto e persino una mascherina nera in seta. Giulia si concedeva ogni fantasia. Si sdraiava nuda sul letto, con una cuffia nelle orecchie e la playlist giusta: voci sussurrate, ambienti ovattati, suoni che amplificavano il desiderio.
Le piaceva immaginare situazioni: mani sconosciute, bocche esperte, occhi che la guardavano mentre si toccava. Non aveva bisogno di nessuno, ma non si negava nulla. L’orgasmo era il suo modo di rivendicare il piacere, di affermarsi nel silenzio.
Eppure, tra loro, nulla trapelava. Coinquiline perfette. Educate. Gentili. Distanti. O almeno così era stato, fino a quella sera.
Chiara si preparava per andare in piscina la mattina seguente. Una nuova abitudine presa per staccare dallo studio. Era in bagno, nuda, la porta chiusa ma non chiave. Aveva già passato il rasoio su gambe e ascelle. Ora, con estrema cura, si stava depilando il monte di Venere.
Aveva alzato una gamba sul bordo della vasca, specchio appannato, luce calda sopra la testa. Il pube era già umido, ben rasato ai lati, e stava rifinendo con attenzione la zona sopra il clitoride, lasciando una linea sottile, precisa. Si concentrava sulla simmetria, sull’effetto visivo. Lo faceva per sé. Per la sensazione che le dava avere la pelle liscia e nuda sotto le dita, per quella lieve eccitazione che provava nel vedersi così scoperta.
Non si accorse che Giulia era tornata prima del previsto dalla biblioteca.
La porta si aprì piano.
«Oh... scusa!»
Chiara si voltò di scatto, con un piccolo sussulto. Il rasoio in mano, il pube completamente esposto.
«No, aspetta... ormai sei entrata. Mi dai una mano? Mi manca la crema lenitiva. È nel primo cassetto del comodino.»
Giulia rimase ferma un istante, incantata dalla scena. Gli occhi le scivolarono lungo la schiena liscia, i glutei sodi, il taglio netto della rasatura.
Poi sorrise.
«Certo. Subito.»
Entrò in camera di Chiara, aprì il cassetto... e si fermò. Davanti a lei, come in un’esposizione segreta, c’erano tutti i sex toys di Chiara, ordinati, lucidi, provocanti. Una piccola meraviglia.
Allungò la mano per prendere la crema, ma non poté fare a meno di sfiorare il wand, il plug, lo stimolatore. Un brivido.
Tornò in bagno con la crema in mano. Chiara si era seduta sul bordo della vasca, le cosce leggermente divaricate.
«Scusa ancora,» disse Giulia. «Ma... posso farti una domanda?»
Chiara la guardò. «Dimmi.»
«Come la tieni di solito? Intendo… la rasatura.»
Un silenzio carico di elettricità.
Chiara sorrise, mordendosi il labbro.
«Dipende. In inverno vado più soft. In estate… la tengo liscia. Mi piace sentirmi nuda.»
Un altro secondo di tensione.
«Anche a me,» sussurrò Giulia. «Completamente glabra. Mi fa sentire più… sensibile.»
Le dita di Chiara presero la crema. Ma le sue mani tremavano leggermente.
Qualcosa era stato detto. Qualcosa era stato visto.
E da quel momento, nessuna delle due sarebbe più riuscita a ignorare l’altra.
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