Via dei Bardi - 15 Luoghi che ricordano il corpo
di
EssEmmE
genere
etero
Firenze si era vestita di settembre, quella sera.
L’aria era più fresca, ma non abbastanza da far dimenticare l’estate.
I vicoli odoravano ancora di vino bianco e sudore, di pelle scoperta e passi lenti.
Giulia e Chiara salirono insieme le scale di casa di Edo.
Una accanto all’altra, ma senza mai sfiorarsi.
Una borsa con una bottiglia di vino.
Un messaggio letto e non commentato: "Si cena leggeri, ma si beve pesante."
Quando Edo aprì, il suo sorriso era lo stesso di sempre: largo, cordiale, rilassato.
Ma gli occhi… no.
Gli occhi erano attenti.
Da guardone gentile.
Da uomo che sa osservare ma non sporcarsi le mani.
«Benvenute, muse delle notti torbide,» disse.
Le baciò entrambe sulle guance.
Troppo a lungo.
Dentro, Tatiana era già lì.
Jeans stretti, top nero, capelli raccolti, trucco leggero.
Bellissima. Ma distante.
Seduta sul divano, bicchiere in mano, sembrava meno brillante del solito.
Come se avesse dimenticato come si gioca.
O come se non le interessasse più vincere.
«Chiara. Giulia.»
Le salutò con un sorriso che non arrivava agli occhi.
«Bentornate nel luogo delle tentazioni.»
Due ragazzi erano già lì.
Uno si chiamava Luca: barba curata, maglietta bianca, sguardo curioso.
L’altro, Andrea, più silenzioso, mani eleganti, occhi che scivolavano tra le gambe delle ragazze con pudore solo apparente.
Cenarono in salotto, piatti appoggiati sulle ginocchia, coperte sparse, candele accese.
Come sempre.
Come l’altra volta.
Tutto sembrava un déjà-vu.
«È strano,» disse Tatiana, ruotando il bicchiere tra le dita, «entrare in una casa e sentire l’eco dei corpi. Non vi sembra?»
Edo rise.
«I muri ascoltano, ma non giudicano.»
Giulia si bagnò le labbra.
Lo sguardo su Chiara.
«O forse ricordano. E aspettano che succeda ancora.»
Chiara la guardò.
Un sorriso lento.
Nessuna risposta.
Solo una gamba che si incrocia, lasciando intravedere troppo.
Il vino scorreva.
Le parole si alleggerivano.
Tatiana sembrava assente.
Ogni tanto rideva, ogni tanto taceva.
Ogni tanto guardava Edo come se volesse urlargli qualcosa… o leccargli il cuore.
Poi una frase, lanciata a caso.
Ma non troppo.
«Ultimamente, questa casa sembra un posto da film erotico anni ’70. Manca solo la colonna sonora e qualche bastone d’incenso. E forse, la voglia di scopare davvero.»
Il silenzio fu breve.
Poi una risata, una battuta, un brindisi.
Ma Giulia e Chiara si guardarono per un secondo di troppo.
La musica salì.
Qualcuno mise un disco vecchio.
Luca accennò un ballo.
Andrea portò altri bicchieri.
Il divano si fece stretto.
I cuscini scomodi.
Le ginocchia troppo vicine.
Giulia si appoggiò a Luca.
Riso facile.
Spalle sfiorate.
Mano sulla coscia.
Chiara, accanto ad Andrea, fece lo stesso.
Ma non per vero interesse.
Solo per vedere dove guardava Giulia.
Tatiana le osservava entrambe.
In silenzio.
Mordendo il bordo del bicchiere.
Edo era seduto accanto a lei.
Le passò una mano sulla schiena.
Lei lo scansò.
Sottile. Elegante.
Ma definitiva.
Poi, all’improvviso, si alzò.
«Scusate. Ho lasciato una cosa in bagno.»
Edo: «Vuoi che venga con te?»
Tatiana si voltò.
«No, Edo.
Penso che tu voglia restare a guardare.»
E se ne andò.
Silenzio.
Poi, lentamente, come se nulla fosse,
Chiara allungò la mano e appoggiò le dita sulla coscia di Andrea.
Lo fece guardando Giulia.
Giulia rise.
Poi si voltò verso Luca.
E gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Le due si stavano sfidando.
Giocando l’una sull’altra.
Perché nessuna voleva parlare.
Ma il desiderio, sì.
E la casa di Edo… come disse Tatiana… sapeva già cosa aspettarsi.
Il vociare si era abbassato.
Le risate più lontane.
Il tintinnio dei bicchieri sostituito da una porta che si chiude.
Un rumore di chiavi.
Un «torniamo subito» lanciato senza convinzione.
Chiara e Tatiana erano rimaste sole.
Erano sedute in cucina, due sgabelli alti, le ginocchia nude, i bicchieri mezzi pieni.
Sul tavolo, briciole di pane, macchie di vino.
Sotto le scarpe, una sensazione di stanchezza.
Per un attimo, nessuna disse nulla.
Solo i rumori della strada in sottofondo.
Poi Tatiana parlò.
«Sai una cosa?»
La voce più bassa del solito.
Niente toni da sfida.
Solo stanchezza lucida.
Chiara la guardò.
Aspettò.
«Tutti pensano che io sia quella che sa sempre cosa vuole.
Che se entro in una stanza, so chi scopare, come, quando, e anche dove mi piacerà di più.»
Un sorso di vino.
Le dita che giocherellavano con l’anello.
«Ma a volte mi basterebbe che qualcuno mi vedesse.
Vedesse me.
Non solo queste.»
Si indicò il seno.
Il top nero tirato, l’ombra del reggiseno visibile sotto.
«O il modo in cui cammino. O come apro la bocca quando parlo.»
Chiara rimase in silenzio.
Poi:
«Edo?»
Tatiana abbassò lo sguardo.
«Edo… sì.
Lo voglio.
Ma lui vuole solo una cosa da me.
E non è il mio nome.
Non è nemmeno la mia pelle.
È il mio culo, il mio seno, la bocca.
Soprattutto la bocca.»
Chiara annuì piano.
Non per giudicare.
Solo per dire ti sento.
Tatiana sospirò.
«L’altra sera… mi ha preso contro il muro.
Forte.
Violento.
Senza guardarmi.
Mi è piaciuto, sì.
Ma dopo…
sono rimasta lì.
Con le mutandine in mano.
E lui si è girato a cercare da bere.»
Un lungo silenzio.
Solo il battito delle dita contro il vetro.
Poi:
«Io non voglio solo essere scopata bene.
Voglio essere voluta tutta.
Anche quando non mi spoglio.»
Chiara si sporse.
Le sfiorò la mano.
«Tu sei molto più di come ti muovi.»
Tatiana la guardò.
Gli occhi lucidi.
Le labbra strette.
«Tu, Chiara… tu non ti lasci prendere facilmente.
E forse è per questo che Giulia…»
Ma non finì.
Perché in quel momento, la porta si aprì.
E dentro entrarono Giulia e Luca.
Abbracciati.
Ridendo.
Lui con una bottiglia in mano.
Lei appoggiata al suo petto.
E un bacio.
Vero.
Sincero.
Sporco.
Le labbra incollate.
Le mani sulla schiena.
Il corpo che cercava.
Chiara restò immobile.
Il bicchiere in mano.
Tatiana la guardò.
Poi distolse lo sguardo.
E Chiara… non disse nulla.
La musica era ancora accesa, ma nessuno la ascoltava davvero.
Le voci si erano fatte più impastate, le risate più lente, i bicchieri vuoti.
Era quella parte della serata in cui i corpi si rilassano, ma qualcosa comincia a sfuggire di mano.
Giulia era seduta sulle gambe di Luca, la testa contro il suo collo.
Rideva.
Gli sussurrava qualcosa.
Le dita intrecciate alle sue.
Le labbra umide di vino e voglia.
Chiara la osservava dal divano, un cuscino tra le braccia.
Non parlava più da tempo.
Andrea si avvicinò.
Si sedette accanto a lei.
Troppo vicino.
Le sfiorò la gamba con la sua.
«Ti sei zittita… pensi troppo?»
Chiara sorrise.
Falso.
Andrea le passò un braccio dietro la schiena.
Le accarezzò la spalla.
«Possiamo svuotare un po’ la testa, se vuoi.»
Lei si voltò.
Lo guardò.
E per un istante pensò di lasciarsi andare.
Per rabbia.
Per fuga.
Per non sentire.
Ma poi le parole di Tatiana tornarono a galla.
“Voglio essere voluta tutta. Anche quando non mi spoglio.”
E lei non si sentiva voluta.
Non da Andrea.
Non quella sera.
Solo guardata.
Solo disponibile.
Solo il rimpiazzo.
Scosse piano la testa.
«No. Mi sa che torno a casa.»
Andrea non insistette.
Ma lo sguardo fu deluso.
E anche un po’ giudicante.
Giulia non la vide uscire.
O forse sì.
Ma non si mosse.
Firenze, a quell’ora, era vuota.
I sanpietrini bagnati, le finestre chiuse.
Chiara camminava piano.
Non era triste.
Ma nemmeno serena.
Aveva troppe cose addosso.
Desideri incompiuti.
Parole non dette.
E un nome che le bruciava in bocca: Giulia.
Entrò in casa.
L’odore di loro due.
I vestiti buttati.
Lo zaino mezzo aperto.
La tazza ancora sul tavolo.
Poi il telefono vibrò.
Tatiana: Sei tornata?
Chiara: Sì. Giulia è rimasta da lui. Credo.
Tatiana: Dorme? O si fa scopare come vuoi tu?
Chiara: Non lo so.
Non voglio saperlo.
Forse tutte e due.
Tatiana: Stasera… quando parlavamo… era come se qualcosa mi si sciogliesse dentro.
Chiara: Lo so. Anche a me.
Era da tanto che non parlavo così.
Con una donna. Con chi mi guarda e non mi desidera.
O meglio…
non mi consuma.
Tatiana: Già.
È raro.
Sai che mi piaci?
Chiara: Anche tu. Ma non così.
Non ancora, almeno.
Tatiana: Tranquilla.
È bello anche solo così.
Mi sento meno sola.
Chiara: Anche io.
Dobbiamo uscire. Una sera. Solo noi due.
Bere, parlare.
Rimanere sobrie. O ubriacarci bene.
Tatiana: Giurato.
Solo noi.
E niente uomini che ci vogliono a pezzi.
Chiara: Già.
Solo donne che si vedono intere.
Una pausa.
Tatiana: Buonanotte, Chiara.
Ti abbraccio.
Chiara: Anche io.
Forte.
Chiara chiuse il telefono.
Spense la luce.
E per la prima volta da giorni, si mise a letto senza toccarsi.
Senza piangere.
Senza pensare.
Solo respirando.
L’aria era più fresca, ma non abbastanza da far dimenticare l’estate.
I vicoli odoravano ancora di vino bianco e sudore, di pelle scoperta e passi lenti.
Giulia e Chiara salirono insieme le scale di casa di Edo.
Una accanto all’altra, ma senza mai sfiorarsi.
Una borsa con una bottiglia di vino.
Un messaggio letto e non commentato: "Si cena leggeri, ma si beve pesante."
Quando Edo aprì, il suo sorriso era lo stesso di sempre: largo, cordiale, rilassato.
Ma gli occhi… no.
Gli occhi erano attenti.
Da guardone gentile.
Da uomo che sa osservare ma non sporcarsi le mani.
«Benvenute, muse delle notti torbide,» disse.
Le baciò entrambe sulle guance.
Troppo a lungo.
Dentro, Tatiana era già lì.
Jeans stretti, top nero, capelli raccolti, trucco leggero.
Bellissima. Ma distante.
Seduta sul divano, bicchiere in mano, sembrava meno brillante del solito.
Come se avesse dimenticato come si gioca.
O come se non le interessasse più vincere.
«Chiara. Giulia.»
Le salutò con un sorriso che non arrivava agli occhi.
«Bentornate nel luogo delle tentazioni.»
Due ragazzi erano già lì.
Uno si chiamava Luca: barba curata, maglietta bianca, sguardo curioso.
L’altro, Andrea, più silenzioso, mani eleganti, occhi che scivolavano tra le gambe delle ragazze con pudore solo apparente.
Cenarono in salotto, piatti appoggiati sulle ginocchia, coperte sparse, candele accese.
Come sempre.
Come l’altra volta.
Tutto sembrava un déjà-vu.
«È strano,» disse Tatiana, ruotando il bicchiere tra le dita, «entrare in una casa e sentire l’eco dei corpi. Non vi sembra?»
Edo rise.
«I muri ascoltano, ma non giudicano.»
Giulia si bagnò le labbra.
Lo sguardo su Chiara.
«O forse ricordano. E aspettano che succeda ancora.»
Chiara la guardò.
Un sorriso lento.
Nessuna risposta.
Solo una gamba che si incrocia, lasciando intravedere troppo.
Il vino scorreva.
Le parole si alleggerivano.
Tatiana sembrava assente.
Ogni tanto rideva, ogni tanto taceva.
Ogni tanto guardava Edo come se volesse urlargli qualcosa… o leccargli il cuore.
Poi una frase, lanciata a caso.
Ma non troppo.
«Ultimamente, questa casa sembra un posto da film erotico anni ’70. Manca solo la colonna sonora e qualche bastone d’incenso. E forse, la voglia di scopare davvero.»
Il silenzio fu breve.
Poi una risata, una battuta, un brindisi.
Ma Giulia e Chiara si guardarono per un secondo di troppo.
La musica salì.
Qualcuno mise un disco vecchio.
Luca accennò un ballo.
Andrea portò altri bicchieri.
Il divano si fece stretto.
I cuscini scomodi.
Le ginocchia troppo vicine.
Giulia si appoggiò a Luca.
Riso facile.
Spalle sfiorate.
Mano sulla coscia.
Chiara, accanto ad Andrea, fece lo stesso.
Ma non per vero interesse.
Solo per vedere dove guardava Giulia.
Tatiana le osservava entrambe.
In silenzio.
Mordendo il bordo del bicchiere.
Edo era seduto accanto a lei.
Le passò una mano sulla schiena.
Lei lo scansò.
Sottile. Elegante.
Ma definitiva.
Poi, all’improvviso, si alzò.
«Scusate. Ho lasciato una cosa in bagno.»
Edo: «Vuoi che venga con te?»
Tatiana si voltò.
«No, Edo.
Penso che tu voglia restare a guardare.»
E se ne andò.
Silenzio.
Poi, lentamente, come se nulla fosse,
Chiara allungò la mano e appoggiò le dita sulla coscia di Andrea.
Lo fece guardando Giulia.
Giulia rise.
Poi si voltò verso Luca.
E gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Le due si stavano sfidando.
Giocando l’una sull’altra.
Perché nessuna voleva parlare.
Ma il desiderio, sì.
E la casa di Edo… come disse Tatiana… sapeva già cosa aspettarsi.
Il vociare si era abbassato.
Le risate più lontane.
Il tintinnio dei bicchieri sostituito da una porta che si chiude.
Un rumore di chiavi.
Un «torniamo subito» lanciato senza convinzione.
Chiara e Tatiana erano rimaste sole.
Erano sedute in cucina, due sgabelli alti, le ginocchia nude, i bicchieri mezzi pieni.
Sul tavolo, briciole di pane, macchie di vino.
Sotto le scarpe, una sensazione di stanchezza.
Per un attimo, nessuna disse nulla.
Solo i rumori della strada in sottofondo.
Poi Tatiana parlò.
«Sai una cosa?»
La voce più bassa del solito.
Niente toni da sfida.
Solo stanchezza lucida.
Chiara la guardò.
Aspettò.
«Tutti pensano che io sia quella che sa sempre cosa vuole.
Che se entro in una stanza, so chi scopare, come, quando, e anche dove mi piacerà di più.»
Un sorso di vino.
Le dita che giocherellavano con l’anello.
«Ma a volte mi basterebbe che qualcuno mi vedesse.
Vedesse me.
Non solo queste.»
Si indicò il seno.
Il top nero tirato, l’ombra del reggiseno visibile sotto.
«O il modo in cui cammino. O come apro la bocca quando parlo.»
Chiara rimase in silenzio.
Poi:
«Edo?»
Tatiana abbassò lo sguardo.
«Edo… sì.
Lo voglio.
Ma lui vuole solo una cosa da me.
E non è il mio nome.
Non è nemmeno la mia pelle.
È il mio culo, il mio seno, la bocca.
Soprattutto la bocca.»
Chiara annuì piano.
Non per giudicare.
Solo per dire ti sento.
Tatiana sospirò.
«L’altra sera… mi ha preso contro il muro.
Forte.
Violento.
Senza guardarmi.
Mi è piaciuto, sì.
Ma dopo…
sono rimasta lì.
Con le mutandine in mano.
E lui si è girato a cercare da bere.»
Un lungo silenzio.
Solo il battito delle dita contro il vetro.
Poi:
«Io non voglio solo essere scopata bene.
Voglio essere voluta tutta.
Anche quando non mi spoglio.»
Chiara si sporse.
Le sfiorò la mano.
«Tu sei molto più di come ti muovi.»
Tatiana la guardò.
Gli occhi lucidi.
Le labbra strette.
«Tu, Chiara… tu non ti lasci prendere facilmente.
E forse è per questo che Giulia…»
Ma non finì.
Perché in quel momento, la porta si aprì.
E dentro entrarono Giulia e Luca.
Abbracciati.
Ridendo.
Lui con una bottiglia in mano.
Lei appoggiata al suo petto.
E un bacio.
Vero.
Sincero.
Sporco.
Le labbra incollate.
Le mani sulla schiena.
Il corpo che cercava.
Chiara restò immobile.
Il bicchiere in mano.
Tatiana la guardò.
Poi distolse lo sguardo.
E Chiara… non disse nulla.
La musica era ancora accesa, ma nessuno la ascoltava davvero.
Le voci si erano fatte più impastate, le risate più lente, i bicchieri vuoti.
Era quella parte della serata in cui i corpi si rilassano, ma qualcosa comincia a sfuggire di mano.
Giulia era seduta sulle gambe di Luca, la testa contro il suo collo.
Rideva.
Gli sussurrava qualcosa.
Le dita intrecciate alle sue.
Le labbra umide di vino e voglia.
Chiara la osservava dal divano, un cuscino tra le braccia.
Non parlava più da tempo.
Andrea si avvicinò.
Si sedette accanto a lei.
Troppo vicino.
Le sfiorò la gamba con la sua.
«Ti sei zittita… pensi troppo?»
Chiara sorrise.
Falso.
Andrea le passò un braccio dietro la schiena.
Le accarezzò la spalla.
«Possiamo svuotare un po’ la testa, se vuoi.»
Lei si voltò.
Lo guardò.
E per un istante pensò di lasciarsi andare.
Per rabbia.
Per fuga.
Per non sentire.
Ma poi le parole di Tatiana tornarono a galla.
“Voglio essere voluta tutta. Anche quando non mi spoglio.”
E lei non si sentiva voluta.
Non da Andrea.
Non quella sera.
Solo guardata.
Solo disponibile.
Solo il rimpiazzo.
Scosse piano la testa.
«No. Mi sa che torno a casa.»
Andrea non insistette.
Ma lo sguardo fu deluso.
E anche un po’ giudicante.
Giulia non la vide uscire.
O forse sì.
Ma non si mosse.
Firenze, a quell’ora, era vuota.
I sanpietrini bagnati, le finestre chiuse.
Chiara camminava piano.
Non era triste.
Ma nemmeno serena.
Aveva troppe cose addosso.
Desideri incompiuti.
Parole non dette.
E un nome che le bruciava in bocca: Giulia.
Entrò in casa.
L’odore di loro due.
I vestiti buttati.
Lo zaino mezzo aperto.
La tazza ancora sul tavolo.
Poi il telefono vibrò.
Tatiana: Sei tornata?
Chiara: Sì. Giulia è rimasta da lui. Credo.
Tatiana: Dorme? O si fa scopare come vuoi tu?
Chiara: Non lo so.
Non voglio saperlo.
Forse tutte e due.
Tatiana: Stasera… quando parlavamo… era come se qualcosa mi si sciogliesse dentro.
Chiara: Lo so. Anche a me.
Era da tanto che non parlavo così.
Con una donna. Con chi mi guarda e non mi desidera.
O meglio…
non mi consuma.
Tatiana: Già.
È raro.
Sai che mi piaci?
Chiara: Anche tu. Ma non così.
Non ancora, almeno.
Tatiana: Tranquilla.
È bello anche solo così.
Mi sento meno sola.
Chiara: Anche io.
Dobbiamo uscire. Una sera. Solo noi due.
Bere, parlare.
Rimanere sobrie. O ubriacarci bene.
Tatiana: Giurato.
Solo noi.
E niente uomini che ci vogliono a pezzi.
Chiara: Già.
Solo donne che si vedono intere.
Una pausa.
Tatiana: Buonanotte, Chiara.
Ti abbraccio.
Chiara: Anche io.
Forte.
Chiara chiuse il telefono.
Spense la luce.
E per la prima volta da giorni, si mise a letto senza toccarsi.
Senza piangere.
Senza pensare.
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