La bottega dell'antiquario
di
IL MICROBO
genere
gay
LA BOTTEGA DELL'ANTIQUARIO
In vetrina c'era una statuetta di porcellana un po' oscena ma molto carina che mi ha fatto subito gola. Sono entrato per chiedere quanto costava. Un po' troppo per le mie tasche.
-”Non ti preoccupare tesoro. Per te faccio meno”.
-”Quanto?”
-”Non ci pensare. Vieni nel retro che te la confeziono e ti spiego bene. Ci vogliono le bollicine altrimenti nel trasporto a questa delizia di atleta gli si spezza l'uccellino”.
L'ho seguito anche per curiosare un po' in giro. Intanto che faceva il pacco mi chiedeva da dove venivo e se ero in città da solo. Se avevo la fidanzata. Mi decantava la bellezza di quel nudo, che lustrava con cura facendolo scintillare ancora di più.
Poi è andato a chiudere l'ingresso di strada girando il cartellino del “Torno Subito”.
Ha preso il coraggio a quattro mani dicendomi che l'articolo era mio se gli facevo un piacerino. Ho mangiato la foglia che mi voleva. La tirava per le lunghe.
-”Siediti, mettiti comodo. Se hai caldo puoi pure spogliarti”.
Era agosto e sudavo. Mi sono tolto la maglietta.
-“Che bel torace che hai. Sei Mister Muscoletto. Levati anche il resto”.
Ho cavato le scarpe e sfilato i pantaloni. Mi mangiava con gli occhi. Mi sono liberato degli slip e ho cominciato ad usarli per detergermi il sudore dalla fronte.
-”Sei proprio un porcellino”.
Ci siamo seduti insieme sul divano e ha cominciato ad accarezzarmi la schiena. Ho avuto una erezione. Si è chinato e me l'ha baciata. Gli ho slacciato la patta. Ne è venuto fuori un siluro già sistemato per il lancio.
-”Girati dai che te ne do un assaggio”.
-”Carino! Bellino! Carino! Bellino! Sei miooo”.
Scandiva e intanto mi cucinava. Ci sapeva proprio fare. Ha finito l'imballaggio, che era rimasto a metà, mentre mi rivestivo.
-”Se torni domani ne ho ancora di salsiccia da darti e anche altre statuine della stessa serie, che potrebbero piacerti”.
Ci sono tornato e mi sono fatto tutta la collezione, una parure di sei pezzi d'autore che è diventata mia a forza di cedere il passo a quel venditore innamorato del mio sedere. Ci siamo rivisti spesso e gli ho saccheggiato il negozio almeno quanto lui a svaligiato me da inculatore di gran razza.
Mi ha fatto incontrare un suo amico nel ramo dell'abbigliamento che per riconoscenza mi riforniva il guardaroba. Sono diventato anche l'amichetto di un ristoratore che non mi lesinava certo i tortellini. Ero il loro cocco.
Il padrone del caseggiato era della stessa pasta. Mi offerto gratis un alloggio. Una volta al mese ci entrava col passepartout per riscuotere l'affitto in natura, sempre e solo a pigia pigia.
Una sera hanno fatto gruppo, loro schierati intorno col pistolone in mano ed io al centro, trattato da pompiere e ingozzato più di un porcello. Mi vergognavo un po' di quello che stavo diventando. Non avevano più rispetto, da soli o in compagnia. Si palleggiavano il mio fondoschiena come fosse un giocattolo e mi tiravano in porta tanti di quei goal che a fatica riuscivo a parali di natica.
Ormai mi chiamavano solo la CHIAPPA o il POMPADOURO e mi trattavano anche male.
A forza di sbocchinare cazzi sono diventato un maestro di pompino, di cui mi toccava dare dimostrazione a diversi loro amici. Avanti c'è posto.
Un giorno ero sul marciapiede e ho alzato gli occhi a leggere il nome della strada: “Via del Macello Vecchio”. Accidenti! Proprio vero!
Solo dopo ho saputo che era tutto un rione di recchioni da tenersi alla larga se si voleva conservarsi integri.
Mi avevano davvero rotto a forza di pretendermi. Ho fatto le valige. Cambiato università. Cambiato città. Buonanotte al secchio.
Ma qualche volta se mi prende un raptus di nostalgia ci torno e li faccio ancora contenti alla vecchia maniera. Mi accolgono a braccia aperte in assetto di battaglia e mi sfiniscono a baionetta.
In vetrina c'era una statuetta di porcellana un po' oscena ma molto carina che mi ha fatto subito gola. Sono entrato per chiedere quanto costava. Un po' troppo per le mie tasche.
-”Non ti preoccupare tesoro. Per te faccio meno”.
-”Quanto?”
-”Non ci pensare. Vieni nel retro che te la confeziono e ti spiego bene. Ci vogliono le bollicine altrimenti nel trasporto a questa delizia di atleta gli si spezza l'uccellino”.
L'ho seguito anche per curiosare un po' in giro. Intanto che faceva il pacco mi chiedeva da dove venivo e se ero in città da solo. Se avevo la fidanzata. Mi decantava la bellezza di quel nudo, che lustrava con cura facendolo scintillare ancora di più.
Poi è andato a chiudere l'ingresso di strada girando il cartellino del “Torno Subito”.
Ha preso il coraggio a quattro mani dicendomi che l'articolo era mio se gli facevo un piacerino. Ho mangiato la foglia che mi voleva. La tirava per le lunghe.
-”Siediti, mettiti comodo. Se hai caldo puoi pure spogliarti”.
Era agosto e sudavo. Mi sono tolto la maglietta.
-“Che bel torace che hai. Sei Mister Muscoletto. Levati anche il resto”.
Ho cavato le scarpe e sfilato i pantaloni. Mi mangiava con gli occhi. Mi sono liberato degli slip e ho cominciato ad usarli per detergermi il sudore dalla fronte.
-”Sei proprio un porcellino”.
Ci siamo seduti insieme sul divano e ha cominciato ad accarezzarmi la schiena. Ho avuto una erezione. Si è chinato e me l'ha baciata. Gli ho slacciato la patta. Ne è venuto fuori un siluro già sistemato per il lancio.
-”Girati dai che te ne do un assaggio”.
-”Carino! Bellino! Carino! Bellino! Sei miooo”.
Scandiva e intanto mi cucinava. Ci sapeva proprio fare. Ha finito l'imballaggio, che era rimasto a metà, mentre mi rivestivo.
-”Se torni domani ne ho ancora di salsiccia da darti e anche altre statuine della stessa serie, che potrebbero piacerti”.
Ci sono tornato e mi sono fatto tutta la collezione, una parure di sei pezzi d'autore che è diventata mia a forza di cedere il passo a quel venditore innamorato del mio sedere. Ci siamo rivisti spesso e gli ho saccheggiato il negozio almeno quanto lui a svaligiato me da inculatore di gran razza.
Mi ha fatto incontrare un suo amico nel ramo dell'abbigliamento che per riconoscenza mi riforniva il guardaroba. Sono diventato anche l'amichetto di un ristoratore che non mi lesinava certo i tortellini. Ero il loro cocco.
Il padrone del caseggiato era della stessa pasta. Mi offerto gratis un alloggio. Una volta al mese ci entrava col passepartout per riscuotere l'affitto in natura, sempre e solo a pigia pigia.
Una sera hanno fatto gruppo, loro schierati intorno col pistolone in mano ed io al centro, trattato da pompiere e ingozzato più di un porcello. Mi vergognavo un po' di quello che stavo diventando. Non avevano più rispetto, da soli o in compagnia. Si palleggiavano il mio fondoschiena come fosse un giocattolo e mi tiravano in porta tanti di quei goal che a fatica riuscivo a parali di natica.
Ormai mi chiamavano solo la CHIAPPA o il POMPADOURO e mi trattavano anche male.
A forza di sbocchinare cazzi sono diventato un maestro di pompino, di cui mi toccava dare dimostrazione a diversi loro amici. Avanti c'è posto.
Un giorno ero sul marciapiede e ho alzato gli occhi a leggere il nome della strada: “Via del Macello Vecchio”. Accidenti! Proprio vero!
Solo dopo ho saputo che era tutto un rione di recchioni da tenersi alla larga se si voleva conservarsi integri.
Mi avevano davvero rotto a forza di pretendermi. Ho fatto le valige. Cambiato università. Cambiato città. Buonanotte al secchio.
Ma qualche volta se mi prende un raptus di nostalgia ci torno e li faccio ancora contenti alla vecchia maniera. Mi accolgono a braccia aperte in assetto di battaglia e mi sfiniscono a baionetta.
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