Il prestigiatore
di
IL MICROBO
genere
gay
IL PRESTIGIATORE
Il signor Casimiro era un tipo tostissimo. Coniugato senza figli, gran lavoratore, membro autorevole della comunità, dedito a varie iniziative benefiche.
Due soli difetti o piuttosto fisse aveva forse, se così le posso definire, in quanto ostile all'adulterio e dichiaratamente omofobo.
Un giorno, allo scoccare del mio diciottesimo compleanno, insospettito dal fatto che non avevo la fidanzata e che nemmeno la cercavo mi chiamò a colloquio nel suo studio privato, facendomi diverse domande, alcune delle quali abbastanza imbarazzanti.
-”Ragazzo, leggo del torbido nel tuo sguardo una quantità di inquietudini. Credo che tu abbia bisogno di me”.
Detto questo mi mise fra le mani un libriccino intitolato ANTIDOTARIUM pregandomi di aprirlo a pagina 69 e di scandirne bene le frasi.
Ho studiato latino al liceo ma di sicuro non sono un aquila per cui non ci capivo una mazza. A pressapoco si parlava di un dardo rovente (telum austum) che con impeto doveva penetrare nell'interiorità (ad infimum) del prigioniero di Satana (captivus) in bilico (in libramentum peccati sui) per purificarlo e redimerlo (abluentes et redimentes) dai pericoli del monto (ab ingentis periculis) che su di lui minacciosi (Cum grave mina) incombevano.
Morale della favola mi fece bere una pozione che mi stordì alquanto. Del seguito ricordo poco tranne che mi fece spogliare nudo e distendere su una folta pelliccia
Il resto non so bene come sia accaduto ma mi pare che il suo dardo (telum) mi abbia ferito nell'intimo (ad infimum) per trasfondermi una buona dose di seme (semina sua) destinata ad occhio e croce a raddrizzare (corrigere) le mie insane predisposizione al vizio (affectiones ad vitium) riportandomi sulla buona strada (in recta via) della virtu (virtutis).
Dopo di allora è stata tutta una passeggiata perché sono diventato il suo diletto consenziente (adnuens) a riceverlo nel culo (in terga) tutte le volte che mi reclamava ormai complice (subiectum) ai suoi modi sbrigativi di impalarmi intorno alla sua notevole erezione (maxima erectio) che mi provocava degli stratosferici orgasmi anali (in penito et inclinato ano) a fronte delle inesauribili spinte (impulsa et acta) che di gran voglia mi dedicava.
Alla faccia del latinorum.
Il signor Casimiro era un tipo tostissimo. Coniugato senza figli, gran lavoratore, membro autorevole della comunità, dedito a varie iniziative benefiche.
Due soli difetti o piuttosto fisse aveva forse, se così le posso definire, in quanto ostile all'adulterio e dichiaratamente omofobo.
Un giorno, allo scoccare del mio diciottesimo compleanno, insospettito dal fatto che non avevo la fidanzata e che nemmeno la cercavo mi chiamò a colloquio nel suo studio privato, facendomi diverse domande, alcune delle quali abbastanza imbarazzanti.
-”Ragazzo, leggo del torbido nel tuo sguardo una quantità di inquietudini. Credo che tu abbia bisogno di me”.
Detto questo mi mise fra le mani un libriccino intitolato ANTIDOTARIUM pregandomi di aprirlo a pagina 69 e di scandirne bene le frasi.
Ho studiato latino al liceo ma di sicuro non sono un aquila per cui non ci capivo una mazza. A pressapoco si parlava di un dardo rovente (telum austum) che con impeto doveva penetrare nell'interiorità (ad infimum) del prigioniero di Satana (captivus) in bilico (in libramentum peccati sui) per purificarlo e redimerlo (abluentes et redimentes) dai pericoli del monto (ab ingentis periculis) che su di lui minacciosi (Cum grave mina) incombevano.
Morale della favola mi fece bere una pozione che mi stordì alquanto. Del seguito ricordo poco tranne che mi fece spogliare nudo e distendere su una folta pelliccia
Il resto non so bene come sia accaduto ma mi pare che il suo dardo (telum) mi abbia ferito nell'intimo (ad infimum) per trasfondermi una buona dose di seme (semina sua) destinata ad occhio e croce a raddrizzare (corrigere) le mie insane predisposizione al vizio (affectiones ad vitium) riportandomi sulla buona strada (in recta via) della virtu (virtutis).
Dopo di allora è stata tutta una passeggiata perché sono diventato il suo diletto consenziente (adnuens) a riceverlo nel culo (in terga) tutte le volte che mi reclamava ormai complice (subiectum) ai suoi modi sbrigativi di impalarmi intorno alla sua notevole erezione (maxima erectio) che mi provocava degli stratosferici orgasmi anali (in penito et inclinato ano) a fronte delle inesauribili spinte (impulsa et acta) che di gran voglia mi dedicava.
Alla faccia del latinorum.
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