Sobol. Capitolo 2. L'attracco

di
genere
fantascienza

La Sobol attendeva immobile nell'orbita marziana, pronta a ricevere il segnale di rendez-vous, una procedura operativa di routine. Marte, un tempo battezzato "il Pianeta Rosso" in un'epoca di sogni terrestri, di speranza e unità, prima dell'ombra dei "Nemici", aveva subito una metamorfosi radicale. La terraformazione aveva tessuto un nuovo manto di bianco, verde e azzurro, un habitat su misura per le esigenze umane.
Quel mondo era l'orgoglio della razza umana, la sua nuova capitale. Sotto un'unica bandiera, quasi quindici miliardi di anime, sparse tra i pianeti interni e le colonie esterne del sistema solare, si stringevano, vivevano, lavoravano e avevano combattuto. Un numero dimezzato rispetto all'umanità pre-conflitto. Come molte altre razze sopravvissute nel resto della galassia che aveva affrontato il flagello, gli umani avevano pagato un prezzo incommensurabile per la vittoria contro un nemico, spietato, che si era dimostrato senza onore, ne remore, apparentemente invincibile. Marte era diventata la loro prima casa lontano da casa, un rifugio quando la Terra, sfregiata dalla Guerra dei Varchi, non era più in grado di sostenerli. Per questo nuovo mondo avevano profuso cure e attenzioni, forse trascurate in passato per la loro culla natale.
Dall'oblò dello shuttle, la sagoma della Fregata leggera, Sobol si stagliava nitida contro la tela stellata. Li Qing aveva studiato a fondo le specifiche tecniche e operative del vascello non appena le era stato comunicato il suo incarico. Non era una nave di ultima generazione, ma aveva combattuto con onore nelle fasi finali del conflitto, conclusosi venticinque anni prima. Il suo nome, legato agli atti eroici del suo equipaggio, era inciso nella storia e pronunciato con rispetto da chi quella storia l’aveva vissuta. Forse suggestionata dalla sua leggenda, Li Qing si aspettava qualcosa di più imponente, ma non ne rimase delusa. Più compatta del previsto: circa 95 metri di lunghezza, 24 di larghezza massima e 15 di altezza al ponte di comando. Un profilo basso, senza sovrastrutture esposte. Tutto era integrato, affusolato, come se la nave fosse stata scolpita per minimizzare la sua impronta radar e termica
La Nave, di classe Ferale, era pesantemente armata, il progetto originale non prevedeva un simile equipaggiamento, ma le esigenze belliche avevano apportato parecchie modifiche a scapito dello spazio vitale destinato all’equipaggio, erano state istallate batterie di missili ipersonici, torrette ad energia diretta, cannoni cinetici ad alto potenziale.
Tutto ,però, restava celato sotto la superfice, protetto da una scocca, le cui parti si ritraevano nelle fasi di battaglia per esporre le armi e mostrare la sua enorme capacità distruttiva.
La prora era inclinata, con angoli spezzati che riprendevano le geometrie stealth terrestri. Nessuna verniciatura sgargiante: solo un bianco opaco, quasi ceramico, con riflessi grigi sulle superfici più esposte. Il codice F-74219 era ben visibile sul fianco sinistro, in caratteri neri non riflettenti. Nessun emblema eccetto la stella dorata a prora , onore riservato agli eroi di guerra, nessuna bandiera a dichiararne l’appartenenza, bastava la forma ,le sue linee a dichiarare la sua orgine terrestre. Solo funzionalità. Non che gli umani fossero incapaci di esprimere fantasia o bellezza. Durante la sua permanenza in accademia, e le conseguenti visite sulla Terra, Li Qing era rimasta affascinata dalla capacità di quella specie di tradurre concetti complessi ed emozioni in arte visiva, con una sensibilità rara tra le razze conosciute nella Coalizione.
Ma la Sobol non era nata per essere ammirata, bensì per essere efficiente. Le sue linee nette dovevano incutere rispetto, proclamando la determinazione degli umani. Sul ponte superiore da entrambi i lati si distinguevano tre boccaporti circolari per droni di sorveglianza, scorta e moduli scientifici. La torre centrale ospitava una cupola sensoriale, un nodo di raccolta dati e comunicazioni più che una vera torre di comando. Le antenne erano retratte, i moduli difensivi invisibili: segno che la nave era in assetto di pace, come da protocollo.
Non si distingueva una vera e propria plancia, la sala comando operativa era integrata all’interno di essa restando protetta ed invisibile
Niente orpelli. Niente concessioni al piacere estetico. Eppure, osservandola, l'aliena percepiva la Sobol come un'entità viva. Non in senso biologico, ma operativo. Una macchina pensante, grazie all'intelligenza artificiale avanzata che la animava, un supporto prezioso per l'equipaggio. un entità digitale consapevole, progettata e scritta per osservare, analizzare, mediare, suggerire era il cuore e la mente operativa della nave.
Li Qing sapeva che, in quanto prima della sua specie a servirla, avrebbe dovuto imparare a leggerla come un testo sacro: con pazienza e umiltà.
"Ci siamo quasi," annunciò il pilota, rivolgendosi alla sua passeggera.
"Grazie," rispose Li Qing, un sorriso appena accennato ad increspare le labbra azzurre. Era evidente, l'uomo non fosse ancora abituato all'interculturalità aliena che era diventata normale nel suo mondo. Tre decenni di integrazione, eppure , con lo sguardo che la osservava con la meraviglia che si prova davanti ad una rarità.
L’analizzava, stilando mentalmente un inventario silenzioso delle differenze: la pelle pallida con toni leggermente azzurri, le orecchie ,piccole con forma appuntita, gli occhi più grandi di quelli umani, due braci ambrate che illuminavano il volto dai lineamenti piacevoli e leggeri.
Collo lungo e flessuoso, mani sottili le cui dita erano lunghe ed eleganti. Chissà quali altri segreti anatomici celava la divisa, scatenando la sua curiosità. Li Qing percepì l'onda del suo sguardo indugiare, con una persistenza quasi palpabile, sulle zone più intime, sul suo seno, sulle sue gambe dentro le calze color carne, cercando si spingersi sotto l’orlo corto della sua gonna d’ordinanza che si stringeva sui fianchi e accentuava la forma rotonda e la vita sottile, un preludio silenzioso a fantasie proibite.
Da quando due anni prima era arrivata all’accademia Astrale, non era una novità, quell'attenzione maschile, un interesse che, anziché irritarla, la avvolgeva in un velo di fascinazione.
Era una Xenobiologa e un Antropologa, lo studio di certi comportamenti e rituali legati al corteggiamento, facevano parte dei suoi studi. Ma c'era anche dell’altro. Sul suo pianeta, l'unione carnale era un atto pragmatico, due soggetti venivano selezionati, per qualità fisiche e genetiche, fatti incontrare e si procedeva all’accoppiamento. Gli umani, invece, lo avevano elevato a un rito complesso, intriso di significati che le sfuggivano, un labirinto di emozioni in cui si perdeva, e si era persa altre volte, volentieri.
Gli umani erano stati capaci di enormi conquiste scientifiche, di progressi in moltissimi campi che poche altre specie, potevano eguagliare o superare eppure ,restavano in un certo senso, primitivamente, legati ai lori istinti biologici e al bisogno biologico dei loro maschi di spargere il proprio seme ed attraverso di esso, il proprio DNA, anche se , come aveva già sperimentato in occasioni precedenti, molti maschi con cui si era intrattenuta, preferivano spargere quell’essenza, non all’interno di un utero, che biologicamente era pensato ad accoglierlo, anche se la biologia diversa non avrebbe portato ad un concepimento, ma altrove.
Le sue mani, il suo seno, i suoi glutei, il suo viso, la sua bocca e, soprattutto, la sua lingua – scoperta più lunga e sensibile di quanto natura umana avesse mai concesso – divennero ricettacoli viventi, piastre di Petri pronte a catturare l'essenza fugace di ogni incontro, ogni sapore altrimenti perduto. Li Qing, esploratrice di sensazioni, aveva compreso che ogni uomo custodiva un gusto unico, un'impronta emotiva irripetibile, lasciandole in dono emozioni aliene, vibrazioni profonde che risuonavano nell'eco del suo essere. Ogni amplesso, una sinfonia di carne e spirito, un viaggio alla scoperta di nuovi orizzonti del piacere, un'immersione nell'abisso inesplorato dell'anima maschile e si chiese ,che gusto avrebbe avuto, il suo pilota.
Li Qing lo osservò con attenzione, percepì l'urgenza nel suo ospite: la mandibola tesa come una corda di violino, le pupille dilatate a inghiottire la luce, il respiro che si faceva eco di una tempesta interiore. Il pilota, statuario nella sua compostezza militare, celava a stento l'onda di eccitazione che gli serpeggiava dentro.
Lei lo sezionava con meticolosità scientifica, catalogando ogni fremito, ogni impercettibile mutamento fisiologico, e al contempo sentiva dentro di se la marea montante di quel richiamo ancestrale. Non si trattava di mera curiosità accademica: da quando aveva eletto il mondo umano a sua dimora, aveva riscoperto un bisogno che la sua specie relegava a mero strumento di sopravvivenza. Qui, invece, ogni sguardo, ogni sussurro, ogni tocco si ammantava di sacralità, promessa di un desiderio inconfessabile.
La tensione tra loro era palpabile, un campo elettrico silente. Li Qing si sentiva sospesa sull'orlo di un precipizio morale: scienziata e donna, osservatrice e potenziale attrice in un dramma in cui l'esperimento rischiava di tramutarsi in qualcosa di infinitamente più pericoloso e, al contempo, irresistibilmente seducente.
Per saggiare la reazione, Li Qing sciolse lentamente l'intreccio delle gambe, che, seduta al posto del passeggero, aveva tenuto accavallate fino a quel momento. Un gesto misurato, studiato. Non si trattava di un semplice movimento per trovare una posizione più comoda; era un segnale sottile, un'apertura offerta all'uomo, che il pilota colse con la stessa prontezza con cui avrebbe interpretato un ordine impartito dalla torre di controllo.
Sostenendo lo sguardo, il pilota scoprì che sotto i collant aperti davanti, l'aliena non indossava nulla. Con una punta di sollievo, notò che, almeno in apparenza, l'anatomia tra le gambe della sua passeggera ricordava quella di una femmina umana.
Un brusio elettrico li strappò entrambi alla contemplazione. Il pilota trasalì, colto forse dalla consapevolezza di essere stato scrutato nella mente, o semplicemente sorpreso. Richiamato al rigore del suo ruolo, tornò immediatamente concentrato. Li Qing permise a quella fugace attenzione di irradiarla, analizzandola come un campo di studio. Se il tempo glielo avesse concesso, si sarebbe immersa in un esperimento a lei ben noto, una prassi che si ripeteva puntualmente a ogni incontro con un maschio di quella specie. Le variazioni erano minime, eppure l'intensità con cui si manifestava la sorprendeva sempre, così come la stupefacente compatibilità anatomica tra Terrestri e Syranniti, una sinfonia di possibilità che si apriva ogni volta dinanzi a lei.
"Sobol, qui UCS Icarus, ci avviciniamo da tribordo, richiediamo autorizzazione all'attracco, passo."
"Icarus, vi abbiamo sui nostri sensori da un bel po', vi attendevamo, attracco consentito, passo."
"Mi preparo all'attracco. Frequenza di aggancio ricevuta. passo e chiudo"
Un fremito di emozione tenuto taciuto fino a quel momento , diverso dall’eccitazione che le era montata dentro , si risvegliò in Li Qing, consapevole che di lì a poco avrebbe avuto inizio il suo primo incarico e che davanti a lei ,si stava per aprire un universo infinito di possibilità e nuove esperienze.
“Bene ,da qui in poi è tutto in automatico” le disse lui guardandola
“Permettimi di ringraziarti per il tuo impegno” le rispose lei avvicinandosi
Trovato spazio tra le ginocchia del pilota, mentre la pancia della Sobol si apriva per accoglierli, liberato il suo sesso dal vincolo dei pantaloni della divisa, Li Qing gli regalò quello ,che i maschi umani parevano prediligere.
L’uomo non ebbe modo di resistere, mentre la lunga lingua dell’aliena, lo avvolgeva, lo sollecitava, lo tintinnava e quando le labbre della donna si serrarono sulla sua erezione, le riempii il palato con ciò che aveva serbato nei propri lombi.
78 membri di equipaggio, per lo più uomini pensò Li Qing deglutendo ogni singolo grumo denso, la sua permanenza sulla Sobol ,sarebbe stata un esperienza impegnativa.
scritto il
2025-12-18
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